927 resultados para ODONTESTHES REGIA REGIA
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ZusammenfassungSchwerpunkt dieser Arbeit war die Verfahrensentwicklung zur Ultraspurenbestimmung der Platingruppenelemente (PGE) in Umwelt- und geologischen Proben unter Verwendung der massenspektrometrischen Isotopenverdünnungsanalyse mit anschließender Bestimmung an einem Quadrupol ICP-MS (ICP-QMSIVA). Geeignete Separationstechniken in der Probenaufbereitung, um die PGE von der Matrix der untersuchten Proben zu trennen, stellten eine richtige und präzise Bestimmung der Ultraspuren an einem Quadrupol ICP-MS sicher.Das Verfahren konnte anhand von geologischen Referenzmaterialien aus Kanada sichergestellt werden. Gerade die Wiederholungsbestimmungen der verschiedenen Referenzmaterialien unter Verwendung des ICP-QMSIVA Verfahrens sind beispiellos und in dieser Form noch nicht in der Literatur beschrieben. Durch systematische Messungen konnten Richtigkeit und Präzision des Verfahrens bestätigt werden und die Inhomogenität des Referenzmaterials UMT-1 bezüglich Pt bewiesen werden. Das in dieser Arbeit entwickelte Verfahren zur Ultraspurenbestimmung der PGE mit ICP-QMSIVA wurde im Rahmen des Projektes 'Production and certification of a road dust reference material for platinum, palladium and rhodium (PGEs) in automative catalytic converters (PACEPAC)' der Europäischen Union zur Zertifizierung von zwei Referenzmaterialien für Umweltproben eingesetzt. Hierbei wurde bei der Zertifizierung ('intercomparison round') eine sehr gute Übereinstimmung der Ergebnisse mit dem gewichteten Mittelwert der Ergebnisse für Pd und Pt mit den übrigen teilnehmenden Laboratorien festgestellt. Die mit der hier entwickelten Methode erhaltenen Ergebnisse wurden ohne Ausnahme für alle gemessenen Elemente zur Zertifizierung herangezogen. Damit leistete die vorliegende Arbeit einen erheblichen Beitrag zum erfolgreichen Abschluß dieses Projekts. Den Erwartungen hinsichtlich Richtigkeit und Reproduzierbarkeit des entwickelten Verfahrens wurde somit voll entsprochen. Erneut konnte die große Bedeutung der Isotopenverdünnungstechnik für die Zertifizierung von Referenzmaterialien aufgezeigt werden, da mit dieser Technik bei sachgerechtem Einsatz Ergebnisse hoher Richtigkeit erzielt werden. Durch vergleichende Messungen mit der NiS-Dokimasie und NAA, die in einer Kooperation mit dem Kernchemischen Institut der Universität Mainz durchgeführt wurden, und dem hier verwendeten Verfahren, konnten übereinstimmende Daten, hinsichtlich der Abnahme der Konzentrationen von Pd und Pt in Abhängigkeit von der Entfernung zu einer Autobahn, erzielt werden. Diese Arbeit und die Forschungsergebnisse, die mit der anerkannten NAA erzielt wurden, zeigen, daß die PGE durch Katalysatoren von Automobilen überwiegend metallisch emittiert werden. Der anthropogene Eintrag der PGE in die Umwelt kann mit dem ICP-QMSIVA Verfahren weiterhin sehr gut verfolgt werden.
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Il presente lavoro di tesi ha affrontato le problematiche legate alla speciazione del cromo in particolare i rischi legati alla forma esavalente che risulta particolarmente tossica per gli organismi acquatici. Sono state svolte diverse prove per la messa appunto di una metodica standar dell’US EPA “Method 3060A” indicata per l’estrazione selettiva del Cr(VI) in campioni di sedimento e suolo. Un set di campioni provenienti da sedimenti della laguna costiera della Pialassa della Baiona sono stati analizzati per quantificare i livelli cromo environmentally available, previa dissoluzione in acqua regia, e livelli di cromo esavalente per valutare l’eventuale rischio per il biota acquatico. Sia i livelli di concentrazione di cromo environmentally available confrontati con le linee guida internazionali che i livelli di cromo e Cr(VI) paragonati ai livelli di effetto ritrovati in letteratura non mostrano un potenziale rischio per gli organismi bentonici. I bassi valori di cromo esavalente sono in accordo con le condizioni riducenti tipiche di ambienti di transizione come quello di studio dove la forma chimica del cromo predominante sembra essere quella trivalente. La metodica seguita per la determinazione del cromo esavalente ha diversi limiti rappresentati dall’azione di interferenti quali AVS, Fe(II) e materia organica naturalmente presenti nei sedimenti, per questo procede ancora la ricerca di analisi di speciazione più selettive.
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La ricerca ha mirato a ricostruire storicamente quali furono le motivazioni che, tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, portarono gli amministratori della Cassa Risparmio in Bologna a progettare la creazione di un Museo d’arte e di Storia della città, delineandone quelli che furono i principali responsabili e protagonisti. Dall’analisi dei documenti conservati presso l’Archivio della Cassa di Risparmio è emerso uno studio approfondito dei protagonisti della politica artistica e culturale dell’Istituto, oltre che dei legami e delle relazioni intessute con le principali istituzioni cittadine. Lo studio si è progressivamente focalizzato su un particolare momento della storia di Bologna, quando, in seguito all’approvazione del Piano Regolatore del 1889, la città fu per oltre un trentennio sottoposta a radicali trasformazioni urbanistiche che ne cambiarono completamente l’aspetto. Tra i personaggi finora ignoti di questa storia è emerso il nome dell’ingegnere Giambattista Comelli, consigliere e vice segretario della banca alla fine del XIX secolo, che per primo, nel 1896, avanzò la proposta di creare un museo dell’Istituto. A differenza di quanto ritenuto sino ad oggi, questo avrebbe dovuto avere, nelle intenzioni originarie, esclusivamente funzione di riunire e mostrare oggetti e documenti inerenti la nascita e lo sviluppo della Cassa di Risparmio. Un museo, dunque, che ne celebrasse l’attività, mostrando alla città come la banca avesse saputo rispondere prontamente e efficacemente, anche nei momenti più critici, alle esigenze dei bolognesi. Personaggio oggi dimenticato, Comelli fu in realtà figura piuttosto nota in ambito cittadino, inserita nei principali sodalizi culturali dell’epoca, tra cui la Regia Deputazione di Storia Patria e il Comitato per Bologna Storico Artistica, assieme a quei Rubbiani, Cavazza e Zucchini, che tanta influenza ebbero, come vedremo in seguito, sugli orientamenti Si dovettero tuttavia aspettare almeno due decenni, affinché l’idea originaria di fondare un Museo della Cassa di Risparmio si evolvesse in un senso più complesso e programmatico. Le ricerche hanno infatti evidenziato che le Raccolte d’Arte della Cassa di Risparmio non avrebbero acquistato l’importanza e la consistenza che oggi ci è dato constatare senza l’intervento decisivo di un personaggio noto fino ad oggi soltanto per i suoi indubbi meriti artistici: Alfredo Baruffi. Impiegato come ragioniere della Cassa fin dai diciotto anni, il Baruffi divenne, una volta pensionato, il “conservatore” delle Collezioni della Cassa di Risparmio. Fu lui a imprimere un nuovo corso all’originaria idea di Comelli, investendo tutte le proprie energie nella raccolta di dipinti, disegni, incisioni, libri, incunaboli, autografi, fotografie e oggetti d’uso quotidiano, col proposito di creare un museo che raccontasse la storia di Bologna e delle sue ultime grandi trasformazioni urbanistiche. Attraverso l’attenta analisi dei documenti cartacei e il raffronto con le opere in collezione è stato quindi possibile ricostruire passo dopo passo la nascita di un progetto culturale di ampia portata. La formazione della raccolta fu fortemente influenzata dalle teorie neomedievaliste di Alfonso Rubbiani, oltre che dalla volontà di salvaguardare, almeno a livello documentario, la memoria storica della Bologna medievale che in quegli anni stava per essere irrimediabilmente cancellata. Le scelte che orientarono la raccolta dei materiali, recentemente confluiti per la maggior parte nelle Collezioni della Fondazione della Cassa di Risparmio in Bologna, acquistano, con questo studio una nuova valenza grazie alla scoperta degli stretti rapporti che Baruffi intrattenne coi principali rappresentanti della cerchia rubbianesca, tra cui Francesco Cavazza, Guido Zucchini e Albano Sorbelli. Con essi Baruffi partecipò infatti a numerosi sodalizi e iniziative quali il Comitato per Bologna Storico Artistica, la “Mostra Bologna che fu” e la società Francesco Francia, che segnarono profondamente l’ambiente culturale cittadino. La portata e la qualità delle scelte condotte da Baruffi nell’acquisto e raccolta dei materiali si rivela ancora oggi, a distanza di quasi un secolo, attenta e mirata per il ruolo documentario che le Raccolte avevano e hanno assunto quali preziose e spesso uniche testimonianze del recente passato cittadino. Esaminata tutta la documentazione inerente la nascita delle Raccolte, la ricerca si è ha successivamente concentrata sulla vicenda di acquisto del fondo delle incisioni carraccesche della collezione Casati. La prima parte del lavoro è consistita nel repertoriare e trascrivere tutti i documenti relativi alla transazione d’acquisto, avvenuta nel 1937, vicenda che per la sua complessità impegnò per molti mesi, in un fitto carteggio, Baruffi, la direzione della Cassa e l’antiquario milanese Cesare Fasella. Il raffronto tra documenti d’archivio, inventari e materiale grafico ha permesso di ricostituire, seppur con qualche margine di incertezza, l’intera collezione Casati, individuando quasi 700 incisioni e 22 dei 23 disegni che la componevano. L’ultima fase di studio ha visto l’inventariazione e la catalogazione delle 700 incisioni. Il catalogo è stato suddiviso per autori, partendo dalle incisioni attribuite con certezza ad Agostino e ai suoi copisti, per poi passare ad Annibale e a Ludovico e ai loro copisti. Le incisioni studiate si sono rivelate tutte di grande qualità. Alcuni esemplari sono inoltre particolarmente significativi dal punto di vista storico-critico, perché mai citati nei tre principali e più recenti repertori di stampe carraccesche. Lo studio si conclude con l’individuazione di una stretta correlazione tra il pensiero e della pratica operatività in qualità di archivista, museografo e opinionista, di un altrettanto decisivo protagonista della ricerca, lo storico dell’arte Corrado Ricci, la cui influenza esercitata nell’ambiente culturale bolognese di quegli anni è già sottolineata nel primo capitolo. La conclusione approfondisce i possibili raporti e legami tra Baruffi e Corrado Ricci i cui interventi attorno alla questione della tutela e della salvaguardia del patrimonio storico, artistico, e paesaggistico italiano furono fondamentali per la nascita di una coscienza artistica e ambientale comune e per il conseguente sviluppo di leggi ad hoc. Numerose furono infatti le occasioni d’incontro tra Baruffi e Ricci. Qesti fu socio onorario del Comitato per Bologna Storico Artistica, nonché, quando era già Direttore Generale delle Belle Arti, presidente della storica mostra “Bologna che fu”. Sia Ricci che Baruffi fecero inoltre parte di quelle iniziative volte alla difesa e alla valorizzazione del paesaggio naturale, inteso anche in un ottica di promozione turistica, che videro la nascita proprio in Emilia Romagna: nel 1889 nasce l’Associazione Pro Montibus et silvis, del 1906 è l’Associazione nazionale per i paesaggi e monumenti pittoreschi, del 1912 è la Lega Nazionale per la protezione dei monumenti naturali. Queste iniziative si concretizzarono con la fondazione a Milano nel 1913 del Comitato Nazionale per la difesa del paesaggio e i monumenti italici, costituitosi presso la sede del Touring Club Italiano. Quelle occasioni d’incontro, come pure gli scritti di Ricci, trovarono certamente un terreno fertile in Baruffi conservatore, che nella formazione delle Collezioni, come pure nelle sua attività di “promotore culturale”, ci appare oggi guidato dalle teorie e dall’esempio pratico dei due numi tutelari: Alfonso Rubbiani e Corrado Ricci. La ricerca di documentazione all’interno di archivi e biblioteche cittadine, ha infine rivelato che il ruolo svolto da Baruffi come “operatore culturale” non fu quello di semplice sodale, ma di vero protagonista della scena bolognese. Soprattutto a partire dal secondo decennio del Novecento, quando fors’anche a seguito della morte del “maestro” Rubbiani, egli divenne uno tra i personaggi più impegnati in iniziative di tutela e promozione del patrimonio artistico cittadino, antico e moderno che fosse, intese a condizionare la progettualità politica e culturale della città. In tale contesto si può ben arguire il ruolo che avrebbero assunto le Collezioni storico artistiche numismatiche, popolaresche, della Cassa di Risparmio, cui Baruffi dedicò tutta la sua carriera successiva.
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L’idea iniziale di questo lavoro era di tentare un approccio ad una tematica che, per la cronologia scelta, era stata decisamente poco studiata. Il Quattrocento e gli arcivescovi di Ravenna sembravano formare una diade promettente per i risultati che avrebbe potuto dare in termini di riscoperta dell’antico in ambito urbano, di rinascita umanistica e dei valori culturali che, nel particolare deposito memoriale ravennate, avrebbe potuto configurarsi in maniera particolarmente interessante dati i caratteri di unicità che la città – già imperiale, regia ed esarcale – porta inscritti nella sua identità. Le fonti primarie, rivolte all’analisi della politica degli arcivescovi ravennati per la conservazione e l’innovazione della facies urbana cittadina e ricercate anche all’interno del quadro istituzionale/amministrativo e culturale veneziano e della Ferrara estense, dalla cui società e cultura provengono i più importanti arcivescovi ravennati del periodo, hanno restituito il riflesso di una identità cittadina e urbica indebolita. Una difficoltà oggettiva è venuta da un carattere costante delle consuetudini clericali del tempo, la non residenza del presule nella sua chiesa locale, cui neppure il vescovo ravennate ha fatto eccezione. L’ipotesi di partenza finisce dunque per essere sfumata: le dinamiche della gestione e conservazione del patrimonio monumentale e artistico della città non appaiono più in mano all’arcivescovo, ma ad una pluralità di amministratori ed utilizzatori anche del frammentato mondo ecclesiale cittadino. Vengono peraltro messe in luce le attitudini e la sensibilità tutta umanistica di taluni vescovi – Bartolomeo Roverella in particolare -, qualità che non paiono estendersi fuori dalla vita personale dei presuli e meno ancora fino alla città della loro diocesi, ma che indagate in maniera organica e legate alle testimonianze materiali fino ad oggi disperse e per la prima volta riunite nel presente lavoro, apportano nuova luce e aprono la strada a ulteriori lavori di approfondimento.
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La diga di Ridracoli costituisce la principale riserva di acqua potabile di tutta la Romagna. E’ ubicata nell’alto Appennino romagnolo, nella vallata del fiume Bidente, dal quale riceve le acque sia direttamente sia indirettamente, per mezzo di una galleria di gronda. Lo studio si è concentrato sullo studio dei sedimenti, sia di diga sia dei bacini limitrofi, per effettuare una caratterizzazione geochimica dell’area e un confronto tra i terreni fluviali e di lago. I sedimenti rappresentano un fattore importante perché permettono di determinare le dinamiche che coinvolgono un corso d’acqua, la composizione e i possibili contaminanti presenti. Il lavoro svolto si divide in tre fasi: campionamento, analisi dei campioni e interpretazione dei risultati. Sono stati campionati punti in corrispondenza degli affluenti di diga, punti interni al lago e punti lungo il bacino del Bidente. Le analisi svolte consistono in analisi di spettrometria di fluorescenza a raggi X, analisi all’IPC-MS con pretrattamento in acqua regia, analisi elementari al CHN, analisi granulometriche con sedigrafo e determinazione della LOI. Attraverso analisi statistiche e di correlazione si è osservato il comportamento dei metalli nei confronti dei principali componenti dei sedimenti, della granulometria e del contenuto di materia organica. Sono stati calcolati valori di fondo per i metalli potenzialmente tossici attraverso differenti metodi e confrontati con alcune soglie normative valutando come non vi siano superamenti, a parte per Cr e Ni e Cd, imputabili però semplicemente a caratteristiche geologiche. Si sono costruite infine mappe di concentrazione per evidenziare la distribuzione dei singoli elementi. Si è osservato come i campioni di lago abbiano un andamento corrispondente ai campioni delle zone limitrofe senza presentare alcuna anomalia sia pere con concentrazioni localmente più elevate per la prevalenza di materiale fine. I dati non evidenziano particolari criticità.
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The Opalinus Clay formation in North Switzerland is a potential host rock for a deep underground radioactive waste repository. The distribution of U-238, U-234 and Th-230 was studied in rock samples of the Opalinus Clay from an exploratory borehole at Benken (Canton of Zurich) using MC-ICP-MS. The aim of U-234 was to assess the in situ, long-term migration behaviour in this rock. Very low hydraulic conductivities of the Opalinus Clay, reducing potential of the pore water and its chemical equilibrium with the host rock are expected to render both U-238 and Th-230 immobile. If U is heterogeneously distributed in the Opalinus Clay, gradients in the supply of U-234 from the rock matrix to the pore water by the decay of U-238 will be established. Diffusive redistribution separates U-234 from its immobile parent U-238 resulting in bulk rock U-234/U-238 activity disequilibria. These may provide a means of estimating the mobility of U-234 in the rock if the diffusion rate of U-234 is significant compared to its decay rate. Sampling was carried out on two scales. Drilling of cm-spaced samples from the drill-core was done to study mobility over short distances and elucidate possible small-scale lithological control. Homogenized 25-cm-long portions of a 2-m-long drill-core section were prepared to provide information on transport over a longer distance. Variations in U and/or Th content on the cm-scale between clays and carbonate-sandy layers are revealed by beta-scanning, which shows that the (dominant) clay is richer in both elements. Samples were digested using aqua regia followed by total HF dissolution, yielding two fractions. in all studied samples U was found to be concentrated in the HF digestion fraction. It has a high U/Th ratio and a study by SEM-EDS points to sub-mu m up to several mu m in size zircon grains as the main U-rich phase. This fraction consistently has U-234/U-238 activity ratios below unity. The minute zircon grains constitute the major reservoir of U in the rock and act as constant rate suppliers of U-234 into the rock matrix and the pore water. The aqua regia leach fraction was found to be enriched in Th, and complementary to the HF fraction, having U-234/U-238 activity ratios above unity. It is believed that these U activity ratios reflect the surplus of having U-234 delivered from the zircon grains. Some cm-spaced samples show bulk rock U-234/U-238 activity ratios that are markedly out of equilibrium. In most of them a striking negative correlation between the total U content and the bulk rock U-234/U-238 activity ratios is observed. This is interpreted to indicate net U-234 transfer from regions of higher supply of U-234 towards those of lower supply which is, in most cases, equivalent to transfer from clayey towards carbonate/sandy portions of the rock. In contrast, the 25 cm averaged samples all have uniform bulk rock U-234/U-238 activity ratios in equilibrium, indicating U immobility in the last 1-1.5 Ma on this spatial scale. It is concluded that the small-scale lithological variations which govern U spatial distribution in the Opalinus Clay are the major factor determining U-234 in situ supply rates, regulating its diffusive fluxes and controlling the observed bulk rock U-234/U-238 activity ratios. A simple box-model is presented to simulate the measured bulk rock U-234/U-238 activity ratios and to give an additional insight into the studied system. (C) 2008 Elsevier Ltd. All rights reserved.
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Vegetation history for the study region is reconstructed on the basis of pollen, charcoal and AMS14C investigations of lake sediments from Lago del Segrino (calcareous bedrock) and Lago di Muzzano (siliceous bedrock). Late-glacial forests were characterised byBetula andPinus sylvestris. At the beginning of the Holocene they were replaced by temperate continental forest and shrub communities. A special type of temperate lowland forest, withAbies alba as the most important tree, was present in the period 8300 to 4500 B.P. Subsequently,Fagus, Quercus andAlnus glutinosa were the main forest components andA. alba ceased to be of importance.Castanea sativa andJuglans regia were probably introduced after forest clearance by fire during the first century A.D. On soils derived from siliceous bedrock,C. sativa was already dominant at ca. A.D. 200 (A.D. dates are in calendar years). In limestone areas, however,C. sativa failed to achieve a dominant role. After the introduction ofC. sativa, the main trees were initially oak (Quercus spp.) and later the walnut (Juglans regia). Ostrya carpinifolia became the dominant tree around Lago del Segrino only in the last 100–200 years though it had spread into the area at ca. 5000 cal. B.C. This recent expansion ofOstrya is confirmed at other sites and appears to be controlled by human disturbances involving especially clearance. It is argued that these forests should not be regarded as climax communities. It is suggested that under undisturbed succession they would develop into mixed deciduous forests consisting ofFraxinus excelsior, Tilia, Ulmus, Quercus and Acer.
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A lo largo del siglo XVIII, las fiestas públicas se convirtieron en espacios de negociación y transformación de las estructuras y jerarquías sociales de grupos. Este trabajo se propone analizar las tensiones y conflictos de poder que se manifestaron en las elebraciones públicas, en el período comprendido entre la creación del Virreinato del Río de la Plata y la vacante regia de 1808, en Buenos Aires.
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El autor da a conocer siete formas de la especie Juglall.s regia L. de brotación marcadamente retardada con respecto a las demás cultivadas en la provincia de Mendoza, y se propone designarlas con el nombre de su criador, acompañado del correspondiente número de orden seguido en los estudios.
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Detailed analyses of the Lake Van pollen, Ca/K ratio and stable oxygen isotope record allow the identification of millennial-scale vegetation and environmental changes in eastern Anatolia throughout the last glacial (~75-15 ka BP). The climate within the last glacial was cold and dry, with low arboreal pollen (AP) levels. The driest and coldest period corresponds to Marine Isotope Stage (MIS) 2 (~28-14.5 ka BP) dominated by the highest values of xerophytic steppe vegetation. Our high-resolution multi proxy record shows rapid expansions and contractions of tree populations that reflects variability in temperature and moisture availability. This rapid vegetation and environmental changes can be linked to the stadial-interstadial pattern of the Dansgaard-Oeschger (DO) events as recorded in the Greenland ice cores. Periods of reduced moisture availability were characterized by enhanced xerophytic species and high terrigenous input from the Lake Van catchment area. Furthermore, comparison with the marine realm reveals that the complex atmosphere-ocean interaction can be explained by the strength and position of the westerlies, which is responsible for the supply of humidity in eastern Anatolia. Influenced by diverse topography of the Lake Van catchment, larger DO interstadials (e.g. DO 19, 17-16, 14, 12 and 8) show the highest expansion of temperate species within the last glacial. However, Heinrich events (HE), characterized by highest concentrations of ice-rafted debris (IRD) in marine sediments, are identified in eastern Anatolia by AP values not lower and high steppe components not more abundant than during DO stadials. In addition, this work is a first attempt to establish a continuous microscopic charcoal record over the last glacial in the Near East, which documents an initial immediate response to millennial-scale climate and environmental variability and enables us to shed light on the history of fire activity during the last glacial.
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A high-resolution multi-proxy record from Lake Van, eastern Anatolia, derived from a lacustrine sequence cored at the 357 m deep Ahlat Ridge (AR), allows a comprehensive view of paleoclimate and environmental history in the continental Near East during the last interglacial (LI). We combined paleovegetation (pollen), stable oxygen isotope (d18Obulk) and XRF data from the same sedimentary sequence, showing distinct variations during the period from 135 to 110 ka ago leading into and out of full interglacial conditions. The last interglacial plateau, as defined by the presence of thermophilous steppe-forest communities, lasted ca. 13.5 ka, from ~129.1-115.6 ka BP. The detailed palynological sequence at Lake Van documents a vegetation succession with several climatic phases: (I) the Pistacia zone (ca. 131.2-129.1 ka BP) indicates summer dryness and mild winter conditions during the initial warming, (II) the Quercus-Ulmus zone (ca. 129.1-127.2 ka BP) occurred during warm and humid climate conditions with enhanced evaporation, (III) the Carpinus zone (ca. 127.2-124.1 ka BP) suggest increasingly cooler and wetter conditions, and (IV) the expansion of Pinus at ~124.1 ka BP marks the onset of a colder/drier environment that extended into the interval of global ice growth. Pollen data suggest migration of thermophilous trees from refugial areas at the beginning of the last interglacial. Analogous to the current interglacial, the migration documents a time lag between the onset of climatic amelioration and the establishment of an oak steppe-forest, spanning 2.1 ka. Hence, the major difference between the last interglacial compared to the current interglacial (Holocene) is the abundance of Pinus as well as the decrease of deciduous broad-leaved trees, indicating higher continentality during the last interglacial. Finally, our results demonstrate intra-interglacial variability in the low mid-latitudes and suggest a close connection with the high-frequency climate variability recorded in Greenland ice cores.
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Las villas y aldeas de Castilla recorrieron juntas un largo y difícil camino desde los siglos medievales, cuando se fueron conformando como cuerpos políticos, basados en servicios recíprocos que aspiraban a alcanzar el bien común del conjunto. La naturaleza jerárquicamente desigual de dicho cuerpo fue acentuándose y las cabezas jurisdiccionales llevaron a la práctica unas relaciones de dominio cada vez más acusado frente a las aldeas. En estas comunidades rurales, linajes en ascenso aspiraban, no obstante, a ampliar sus propias cotas de autogobierno. La armonía que debía presidir el cuerpo común de villas y aldeas fue desapareciendo, y la política regia de ventas de villazgos con fines hacendísticos, iniciada por Carlos V, respondió a una demanda de segregación que solucionaba al mismo tiempo las aspiraciones jurisdiccionales de las comunidades rurales y de sus nuevas oligarquías así como las necesidades de ingresos extraordinarios de la real hacienda
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El trabajo se propone describir con cierto detalle el modo en que un texto ejemplar de la Edad Medía castellana "trabaja" ideológicamente. Para ello se analiza el capítulo XVI del Calda e Dimna, traducción alfonsí del árabe Kalila wa Dimna realizada entre 1251 y 1261, poniendo de relieve el tipo de subjetividad que el texto propone a su público para que, una vez asumido, pueda leerse el texto y situarse en el mundo. Al mismo tiempo, utilizando el cuadrado semiótico según la reformulación de Jameson, se despliega el haz de relaciones significativas que conforman el texto como dispositivo ideológico. La peculiar ubicación de la nobleza y de la naciente burguesía en el orden social diseñado por el texto, junto con la promoción de la figura regia por encima de la estructura estamental, revelan la filiación estrictamente alfonsí del sustento ideológico del Calila e Dimna.
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Las manifestaciones de la ira en el Cantar de Mio Cid engloban un con-junto de tradiciones de diferente índole que constituyen un punto de partida para la cabal interpretación del texto. Por una parte, la ira regia se relaciona con la teoría medieval emocional sobre la ira y, por otra parte, el examen de la dimensión política de la ira en el Cantar y la tradición cidiana precedente aporta nuevos elementos sobre las prácticas culturales y los sistemas jurídicos de la Edad Media.
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La inestabilidad política regia visigoda es un fenómeno tan constante en la documentación de los siglos VI-VIII que motiva una investigación para dar cuenta de sus principios estructurales. Se propone que la evolución política de la realeza visigoda corresponde a lógicas de funcionamiento de las aristocracias en sociedades de dominación incompleta, que expresan una dinámica general de la temprana Edad Media. Las opiniones de los autores sobre este fenómeno son tan variadas que se vuelve imperioso realizar un balance del estado de la investigación, detectar los problemas existentes y, lo más importante, delinear una línea de trabajo a seguir