979 resultados para Non-coding.


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During seed germination, the endosperm cell walls (CWs) suffer an important weakening process mainly driven by hydrolytic enzymes, such are endo-?- mannanases (MAN; EC. 3.2.1.78) that catalyze the cleavage of ?1?4 bonds in the mannan-polymers. In Arabidopsis thaliana seeds, endo-?-mannanase activity increases during seed imbibition, decreasing after radicle emergence1. AtMAN7 is the most highly expressed MAN gene in seeds upon germination and their transcripts are restricted to the micropylar endosperm and to the radicle tip just before radicle emergence. Mutants with a T-DNA insertion in this gene (K.O. MAN7) have a slower germination rate than the wild type (t50=34 h versus t50=25 h). To gain insight into the transcriptional regulation of the AtMAN7 gene, a bioinformatic search for conserved non-coding cis-elements (phylogenetic shadowing) within the Brassicaceae orthologous MAN7 gene promoters has been done and these conserved motives have been used as baits to look for their interacting transcription factors (TFs), using as a prey an arrayed yeast library of circa 1,200 TFs from A. thaliana. The basic leucine zipper AtbZIP44, but not its closely related ortholog AtbZIP11, has been thus identified and its regulatory function upon AtMAN7 during seed germination validated by different molecular and physiological techniques, such are RT-qPCR analyses, mRNA Fluorescence in situ Hybridization (FISH) experiments, and by the establishment of the germination kinetics of both over-expression (oex) lines and TDNA insertion mutants in AtbZIP44. The transcriptional combinatorial network through which AtbZIP44 regulates AtMAN7 gene expression during seed germination has been further explored through protein-protein interactions between AtbZIP44 and other bZIP members. In such a way, AtbZIP9 has been identified by yeast two-hybrid experiments and its physiological implication in the control of AtMAN7 expression similarly established.

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c-Maf is a bZip transcription factor expressed in developmental and cellular differentiation processes. Recently, a c-maf knockout mouse model, showing abnormal lens development, has been reported. In order to study the regulation mechanisms of c-maf gene expression during the differentiation process we have cloned and functionally characterized the rat c-maf (maf-2) gene. The rat c-maf gene is an intronless gene, covering a length of 3.5 kb. Transient transfection analysis of the 5′-flanking region of the c-maf gene using luciferase as the reporter gene shows that Pax6, a master transcription factor for lens development, strongly activates the c-maf promoter construct. Endogenous c-maf is also activated by the Pax6 expression vector. Electrophoresis mobility shift assay and DNase I footprinting analysis show that at least three Pax6-binding sites are located in the 5′-flanking and 5′-non-coding regions of the rat c-maf gene. The c-maf gene was also markedly activated by its own product, c-Maf, through the MARE (Maf recognition element), suggesting that a positive autoregulatory mechanism controls this gene. In situ hybridization histochemical detection of Pax6 and c-Maf in the E14 lens showed that both mRNAs are expressed in the lens equator where lens epithelial cells are differentiating to lens fiber cells. These results suggest that a Pax6/c-Maf transcription factor cascade is working in lens development.

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La diagnosi di neoplasia epiteliale maligna polmonare è legata tradizionalmente alla distinzione tra carcinoma a piccole cellule (small-cell lung cancer, SCLC) e carcinoma non-a piccole cellule del polmone (non-small-cell lung cancer, NSCLC). Nell’ambito del NSCLC attualmente è importante di-stinguere l’esatto istotipo (adenocarcinoma, carcinoma squamocellulare e carcinoma neuroendocrino) perchè l’approccio terapeutico cambia a seconda dell’istotipo del tumore e la chemioterapia si dimostra molto spesso inefficace. Attualmente alcuni nuovi farmaci a bersaglio molecolare per il gene EGFR, come Erlotinib e Gefitinib, sono utilizzati per i pazienti refrattari al trattamento chemioterapico tradizionale, che non hanno risposto a uno o più cicli di chemioterapia o che siano progrediti dopo questa. I test per la rilevazione di specifiche mutazioni nel gene EGFR permettono di utilizzare al meglio questi nuovi farmaci, applicandoli anche nella prima linea di trattamento sui pazienti che hanno una maggiore probabilità di risposta alla terapia. Sfortunatamente, non tutti i pazienti rispondono allo stesso modo quando trattati con farmaci anti-EGFR. Di conseguenza, l'individuazione di biomarcatori predittivi di risposta alla terapia sarebbe di notevole importanza per aumentare l'efficacia dei questi farmaci a target molecolare e trattare con farmaci diversi i pazienti che con elevata probabilità non risponderebbero ad essi. I miRNAs sono piccole molecole di RNA endogene, a singolo filamento di 20-22 nucleotidi che svolgono diverse funzioni, una delle più importanti è la regolazione dell’espressione genica. I miRNAs possono determinare una repressione dell'espressione genica in due modi: 1-legandosi a sequenze target di mRNA, causando così un silenziamento del gene (mancata traduzione in proteina), 2- causando la degradazione dello specifico mRNA. Lo scopo della ricerca era di individuare biomarcatori capaci di identificare precocemente i soggetti in grado di rispondere alla terapia con Erlotinib, aumentando così l'efficacia del farmaco ed evitan-do/riducendo possibili fenomeni di tossicità e il trattamento di pazienti che probabilmente non ri-sponderebbero alla terapia offrendo loro altre opzioni prima possibile. In particolare, il lavoro si è fo-calizzato sul determinare se esistesse una correlazione tra la risposta all'Erlotinib ed i livelli di espressione di miRNAs coinvolti nella via di segnalazione di EGFR in campioni di NSCLC prima dell’inizio della terapia. Sono stati identificati 7 microRNA coinvolti nel pathway di EGFR: miR-7, -21, 128b, 133a, -133b, 146a, 146b. Sono stati analizzati i livelli di espressione dei miRNA mediante Real-Time q-PCR in campioni di NSCLC in una coorte di pazienti con NSCLC metastatico trattati con Erlotinib dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2014 in 2°-3° linea dopo fallimento di almeno un ciclo di chemioterapia. I pazienti sottoposti a trattamento con erlotinib per almeno 6 mesi senza presentare progressione alla malattia sono stati definiti “responders” (n=8), gli altri “non-responders” (n=25). I risultati hanno mostrato che miR-7, -133b e -146a potrebbero essere coinvolti nella risposta al trat-tamento con Erlotinib. Le indagini funzionali sono state quindi concentrate su miR-133b, che ha mo-strato la maggiore espressione differenziale tra i due gruppi di pazienti. E 'stata quindi studiata la capacità di miR-133b di regolare l'espressione di EGFR in due linee di cellule del cancro del polmone (A549 e H1299). Sono stati determinati gli effetti di miR-133b sulla crescita cellulare. E’ stato anche analizzato il rapporto tra miR-133b e sensibilità a Erlotinib nelle cellule NSCLC. L'aumento di espressione di miR-133b ha portato ad una down-regolazione del recettore di EGF e del pathway di EGFR relativo alla linea cellulare A549. La linea cellulare H1299 era meno sensibili al miR-133b up-regulation, probabilmente a causa dell'esistenza di possibili meccanismi di resistenza e/o di com-pensazione. La combinazione di miR-133b ed Erlotinib ha aumentato l'efficacia del trattamento solo nella linea cellulare A549. Nel complesso, questi risultati indicano che miR-133b potrebbe aumentare / ripristinare la sensibilità di Erlotinib in una frazione di pazienti.

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Clusterina (CLU) è una proteina ubiquitaria, presente nella maggior parte dei fluidi corporei e implicata in svariati processi fisiologici. Dalla sua scoperta fino ad oggi, CLU è risultata essere una proteina enigmatica, la cui funzione non è ancora stata compresa appieno. Il gene codifica per 3 varianti trascrizionali identificate nel database NCBI con i codici: NM_001831 (CLU 1 in questo lavoro di tesi), NR_038335 (CLU 2 in questo lavoro di tesi) e NR_045494 (CLU 3 in questo lavoro di tesi). Tutte le varianti sono trascritte come pre-mRNA contenenti 9 esoni e 8 introni e si differenziano per l’esone 1, la cui sequenza è unica e caratteristica di ogni variante. Sebbene in NCBI sia annotato che le varianti CLU 2 e CLU 3 non sono codificanti, tramite analisi bioinformatica è stato predetto che da tutti e tre i trascritti possono generarsi proteine di differente lunghezza e localizzazione cellulare. Tra tutte le forme proteiche ipotizzate, l’unica a essere stata isolata e sequenziata è quella tradotta dall’AUG presente sull’esone 2 che dà origine a una proteina di 449 aminoacidi. Il processo di maturazione prevede la formazione di un precursore citoplasmatico (psCLU) che subisce modificazioni post-traduzionali tra cui formazione di ponti disolfuro, glicosilazioni, taglio in due catene denominate β e α prima di essere secreta come eterodimero βα (sCLU) nell’ambiente extracellulare, dove esercita la sua funzione di chaperone ATP-indipendente. Oltre alla forma extracellulare, è possibile osservare una forma intracellulare con localizzazione citosolica la cui funzione non è stata ancora completamente chiarita. Questo lavoro di tesi si è prefissato lo scopo di incrementare le conoscenze in merito ai trascritti CLU 1 e CLU 2 e alla loro regolazione, oltre ad approfondire il ruolo della forma citosolica della proteina in relazione al signaling di NF-kB che svolge un ruolo importante nel processo di sviluppo e metastatizzazione del tumore. Nella prima parte, uno screening di differenti linee cellulari, quali cellule epiteliali di prostata e di mammella, sia normali sia tumorali, fibroblasti di origine polmonare e linfociti di tumore non-Hodgkin, ha permesso di caratterizzare i trascritti CLU 1 e CLU 2. Dall’analisi è emerso che la sequenza di CLU 1 è più corta al 5’ rispetto a quella depositata in NCBI con l’identificativo NM_001831 e il primo AUG disponibile per l’inizio della traduzione è localizzato sull’esone 2. È stato dimostrato che CLU 2, al contrario di quanto riportato in NCBI, è tradotto in proteina a partire dall’AUG presente sull’esone 2, allo stesso modo in cui viene tradotto CLU 1. Inoltre, è stato osservato che i livelli d’espressione dei trascritti variano notevolmente tra le diverse linee cellulari e nelle cellule epiteliali CLU 2 è espressa sempre a bassi livelli. In queste cellule, l’espressione di CLU 2 è silenziata per via epigenetica e la somministrazione di farmaci capaci di rendere la cromatina più accessibile, quali tricostatina A e 5-aza-2’-deossicitidina, è in grado di incrementarne l’espressione. Nella seconda parte, un’analisi bioinformatica seguita da saggi di attività in vitro in cellule epiteliali prostatiche trattate con farmaci epigenetici, hanno permesso di identificare, per la prima volta in uomo, una seconda regione regolatrice denominata P2, capace di controllare l’espressione di CLU 2. Rispetto a P1, il classico promotore di CLU già ampiamente studiato da altri gruppi di ricerca, P2 è un promotore debole, privo di TATA box, che nelle cellule epiteliali prostatiche è silente in condizioni basali e la cui attività incrementa in seguito alla somministrazione di farmaci epigenetici capaci di alterare le modificazioni post-traduzionali delle code istoniche nell’intorno di P2. Ne consegue un rilassamento della cromatina e un successivo aumento di trascrizione di CLU 2. La presenza di un’isola CpG differentemente metilata nell’intorno di P1 spiegherebbe, almeno in parte, i differenti livelli di espressione di CLU che si osservano tra le diverse linee cellulari. Nella terza parte, l’analisi del pathway di NF-kB in un modello sperimentale di tumore prostatico in cui CLU è stata silenziata o sovraespressa, ha permesso di capire come la forma citosolica di CLU abbia un ruolo inibitorio nei confronti dell’attività del fattore trascrizionale NF-kB. CLU inibisce la fosforilazione e l’attivazione di p65, il membro più rappresentativo della famiglia NF-kB, con conseguente riduzione della trascrizione di alcuni geni da esso regolati e coinvolti nel rimodellamento della matrice extracellulare, quali l’urochinasi attivatrice del plasminogeno, la catepsina B e la metallo proteinasi 9. È stato dimostrato che tale inibizione non è dovuta a un’interazione fisica diretta tra CLU e p65, per cui si suppone che CLU interagisca con uno dei componenti più a monte della via di segnalazione responsabile della fosforilazione ed attivazione di p65.

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Os microRNAs (miRNAs) são pequenos RNAs não codificadores de proteínas presentes na maioria dos eucariotos. Esses RNAs regulam a expressão gênica em nível pós-transcricional através do silenciamento de mRNAs-alvo que possuem sítios complementares às suas sequências, atuando em praticamente todos os processos celulares. Embora a estrutura e função dos miRNAs estejam bem caracterizadas, aspectos relacionados à sua organização genômica, evolução e atuação em doenças são tópicos que apresentam enormes lacunas. Nesta tese, utilizamos abordagens computacionais para investigar estes temas em três trabalhos. No primeiro, processamos e integramos um vasto volume de dados publicamente disponíveis referentes aos miRNAs e genes codificadores de proteínas para cinco espécies de vertebrados. Com isso, construimos uma ferramenta web que permite a fácil inspeção da organização genômica dos miRNAs em regiões inter e intragênicas, o acesso a dados de expressão de miRNAs e de genes codificadores de proteínas (classificados em genes hospedeiros e não hospedeiros de miRNAs), além de outras informações pertinentes. Verificamos que a ferramenta tem sido amplamente utilizada pela comunidade científica e acreditamos que ela possa facilitar a geração de hipóteses associadas à regulação dos miRNAs, principalmente quando estão inseridos em genes hospedeiros. No segundo estudo, buscamos compreender como o contexto genômico e a origem evolutiva dos genes hospedeiros influenciam a expressão e evolução dos miRNAs humanos. Nossos achados mostraram que os miRNAs intragênicos surgem preferencialmente em genes antigos (origem anterior à divergência de vertebrados). Observamos que os miRNAs inseridos em genes antigos têm maior abrangência de expressão do que os inseridos em genes novos. Surpreendentemente, miRNAs jovens localizados em genes antigos são expressos em um maior número de tecidos do que os intergênicos de mesma idade, sugerindo uma vantagem adaptativa inicial que pode estar relacionada com o controle da expressão dos genes hospedeiros, e como consequência, expondo-os a contextos celulares e conjuntos de alvos diversos. Na evolução a longo prazo, vimos que genes antigos conferem maior restrição nos padrões de expressão (menor divergência de expressão) para miRNAs intragênicos, quando comparados aos intergênicos. Também mostramos possíveis associações funcionais relacionadas ao contexto genômico, tais como o enriquecimento da expressão de miRNAs intergênicos em testículo e dos intragênicos em tecidos neurais. Propomos que o contexto genômico e a idade dos genes hospedeiros são fatores-chave para a evolução e expressão dos miRNAs. Por fim, buscamos estabelecer associações entre a expressão diferencial de miRNAs e a quimioresistência em câncer colorretal utilizando linhagens celulares sensíveis e resistentes às drogas 5-Fluoruracil e Oxaliplatina. Dentre os miRNAs identificados, o miR-342 apresentou níveis elevados de expressão nas linhagens sensíveis à Oxaliplatina. Com base na análise dos alvos preditos, detectamos uma significativa associação de miR-342 com a apoptose. A superexpressão de miR-342 na linhagem resistente SW620 evidenciou alterações na expressão de genes da via apoptótica, notavelmente a diminuição da expressão do fator de crescimento PDGFB, um alvo predito possivelmente sujeito à regulação direta pelo miR-342.

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A terapia antiagregante é comumente indicada na prevenção e tratamento de doenças cardiovasculares. A dupla antiagregação com clopidrogrel e ácido acetilsalicílico (AAS) tem sido frequentemente adotada em pacientes com Doença Arterial Coronariana (DAC), mas apresenta ineficácia em uma parcela significativa da população com genótipo de respondedores. Essa falha terapêutica nos leva a questionar se outros mecanismos moleculares podem estar influenciando na resposta a esses fármacos. Recentes estudos sugerem que pequenas sequências de RNA não codificantes denominadas microRNAs (miRNAs) podem estar fortemente relacionadas com resposta ao tratamento fármaco-terapêutico, controlando as proteínas envolvidas na farmacocinética e farmacodinâmica. Entretanto, os principais miRNAs que atuam na dinâmica da resposta medicamentosa ainda não foram bem definidos. O objetivo deste estudo foi avaliar o perfil de miRNAs no sangue total periférico, procurando melhor esclarecer os mecanismos envolvidos na resposta aos antiagregantes plaquetários AAS e clopidogrel. Para isso, selecionou-se pacientes com DAC, os quais apresentavam diferentes respostas à dupla terapia de antiagregação determinadas pelo teste de agregação plaquetária. Baseados nos fenótipos, os perfis de expressão de miRNAs foram comparados entre os valores da taxa de agregação categorizados em tercis (T) de resposta. O grupo T1 foi constituído de pacientes respondedores, o T2 de respondedores intermediários e o T3 de não respondedores. Os perfis de miRNAs foram obtidos após sequenciamento de última geração e os dados obtidos foram analisados pelo pacote Deseq2. Os resultados mostraram 18 miRNAs diferentemente expressos entre os dois tercis extremos. Dentre esses miRNAs, 10 deles apresentaram importantes alvos relacionados com vias de ativação e agregação plaquetária quando analisados pelo software Ingenuity®. Dos 10 miRNAs, 4 deles, os quais apresentaram-se menos expressos no sequenciamento, demonstraram os mesmos perfis de expressão quando analisados pela reação em cadeia pela polimerase quantitativa (qPCR): hsa-miR-423-3p, hsa-miR-744-5p, hsa-miR- 30a-5p e hsa-let-7g-5p. A partir das análises de predição de alvos, pôde-se observar que os quatro miRNAs, quando menos expressos simultaneamente, predizem ativação da agregação plaquetária. Além disso, os miRNAs hsa-miR- 423-5p, hsa-miR-744-5p e hsa-let-7g-5p mostraram correlação com o perfil lipídico dos pacientes que, por sua vez, apresentou influência nos valores de agregação compreendidos no T3 de resposta a ambos os medicamentos. Sendo assim, conclui-se que maiores taxas de agregação plaquetária podem estar indiretamente relacionadas com os padrões de expressão de hsa-miR- 423-3p, hsa-miR-744-5p e hsa-let-7g-5p. Sugere-se que a avaliação do perfil de expressão destes 3 miRNAs no sangue periférico de pacientes com DAC possa predizer resposta terapêutica inadequada ao AAS e ao clopidogrel

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Os microRNAs (miRNAs) são pequenos RNAs endógenos não codantes de 21-24 nucleotídeos (nt) que regulam a expressão gênica de genes-alvos. Eles estão envolvidos em diversos aspectos de desenvolvimento da planta, tanto na parte aérea, quanto no sistema radicular. Entre os miRNAs, o miRNA156 (miR156) regula a família de fatores de transcrição SQUAMOSA Promoter-Binding Protein-Like (SPL) afetando diferentes processos do desenvolvimento vegetal. Estudos recentes mostram que a via gênica miR156/SPL apresenta efeito positivo tanto no aumento da formação de raízes laterais, quanto no aumento de regeneração de brotos in vitro a partir de folhas e hipocótilos em Arabidopsis thaliana. Devido ao fato de que a origem da formação de raiz lateral e a regeneração in vitro de brotos a partir de raiz principal compartilham semelhanças anatômicas e moleculares, avaliou-se no presente estudo se a via miR156/SPL, da mesma forma que a partir de explantes aéreos, também é capaz de influenciar na regeneração de brotos in vitro a partir de explantes radiculares. Para tanto foram comparados taxa de regeneração, padrão de distribuição de auxina e citocinina, análises histológicas e histoquímicas das estruturas regeneradas em plantas com via miR156/SPL alterada, incluindo planta mutante hyl1, na qual a produção desse miRNA é severamente reduzida. Além disso, foi avaliado o padrão de expressão do miR156 e específicos genes SPL durante a regeneração de brotos in vitro a partir da raiz principal de Arabidopsis thaliana. No presente trabalho observou-se que a alteração da via gênica miR156/SPL é capaz de modular a capacidade de regeneração de brotos in vitro a partir de raiz principal de Arabidopsis thaliana e a distribuição de auxina e citocinina presente nas células e tecidos envolvidos no processo de regeneração. Plantas superexpressando o miR156 apresentaram redução no número de brotos regenerados, além de ter o plastochron reduzido quando comparado com plantas controle. Adicionalmente, plantas contento o gene SPL9 resistente à clivagem pelo miR156 (rSPL9) apresentaram severa redução na quantidade de brotos, além de terem o plastochron alongado. Interessantemente, plantas mutantes hyl1-2 e plantas rSPL10 não apresentaram regeneração de brotos ao longo da raiz principal, mas sim intensa formação de raízes laterais e protuberâncias, respectivamente, tendo essa última apresentado indícios de diferenciação celular precoce. Tomados em conjunto os dados sugerem que o miR156 apresenta importante papel no controle do processo de regeneração de brotos in vitro. Entretanto, esse efeito é mais complexo em regeneração in vitro a partir de raízes do que a partir de cotilédones ou hipocótilos.

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Inducible epigenetic changes in eukaryotes are believed to enable rapid adaptation to environmental fluctuations. We have found distinct regions of the Arabidopsis genome that are susceptible to DNA (de)methylation in response to hyperosmotic stress. The stress-induced epigenetic changes are associated with conditionally heritable adaptive phenotypic stress responses. However, these stress responses are primarily transmitted to the next generation through the female lineage due to widespread DNA glycosylase activity in the male germline, and extensively reset in the absence of stress. Using the CNI1/ATL31 locus as an example, we demonstrate that epigenetically targeted sequences function as distantly-acting control elements of antisense long non-coding RNAs, which in turn regulate targeted gene expression in response to stress. Collectively, our findings reveal that plants use a highly dynamic maternal 'short-term stress memory' with which to respond to adverse external conditions. This transient memory relies on the DNA methylation machinery and associated transcriptional changes to extend the phenotypic plasticity accessible to the immediate offspring.

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Dissertação para obtenção do grau de Mestre no Instituto Superior de Ciências da Saúde Egas Moniz

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Do non-coding RNAs that are derived from the introns and exons of protein-coding and non-protein-coding genes represent a fundamental advance in the genetic operating system of higher organisms? Recent evidence from comparative genomics and molecular genetics indicates that this might be the case. If so, there will be profound consequences for our understanding of the genetics of these organisms, and in particular how the trajectories of differentiation and development and the differences among individuals and species are genomically programmed. But how might this hypothesis be tested?

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The function of the prion protein gene (PRNP) and its normal product PrPC is elusive. We used comparative genomics as a strategy to understand the normal function of PRNP. As the reliability of comparisons increases with the number of species and increased evolutionary distance, we isolated and sequenced a 66.5 kb BAC containing the PRNP gene from a distantly related mammal, the model Australian marsupial Macropus eugenii (tammar wallaby). Marsupials are separated from eutherians such as human and mouse by roughly 180 million years of independent evolution. We found that tammar PRNP, like human PRNP, has two exons. Prion proteins encoded by the tammar wallaby and a distantly related marsupial, Monodelphis domestica (Brazilian opossum) PRNP contain proximal PrP repeats with a distinct, marsupial-specific composition and a variable number. Comparisons of tammar wallaby PRNP with PRNPs from human, mouse, bovine and ovine allowed us to identify non-coding gene regions conserved across the marsupial-eutherian evolutionary distance, which are candidates for regulatory regions. In the PRNP 3' UTR we found a conserved signal for nuclear-specific polyadenylation and the putative cytoplasmic polyadenylation element (CPE), indicating that post-transcriptional control of PRNP mRNA activity is important. Phylogenetic footprinting revealed conserved potential binding sites for the MZF-1 transcription factor in both upstream promoter and intron/intron 1, and for the MEF2, MyTI, Oct-1 and NFAT transcription factors in the intron(s). The presence of a conserved NFAT-binding site and CPE indicates involvement of PrPC in signal transduction and synaptic plasticity. (c) 2004 Elsevier B.V. All rights reserved.

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Mammalian cells harbor numerous small non-protein-coding RNAs, including small nucleolar RNAs (snoRNAs), microRNAs (miRNAs), short interfering RNAs (siRNAs) and small double-stranded RNAs, which regulate gene expression at many levels including chromatin architecture, RNA editing, RNA stability, translation, and quite possibly transcription and splicing. These RNAs are processed by multistep pathways from the introns and exons of longer primary transcripts, including protein-coding transcripts. Most show distinctive temporal- and tissue-specific expression patterns in different tissues, including embryonal stem cells and the brain, and some are imprinted. Small RNAs control a wide range of developmental and physiological pathways in animals, including hematopoietic differentiation, adipocyte differentiation and insulin secretion in mammals, and have been shown to be perturbed in cancer and other diseases. The extent of transcription of non-coding sequences and the abundance of small RNAs suggests the existence of an extensive regulatory network on the basis of RNA signaling which may underpin the development and much of the phenotypic variation in mammals and other complex organisms and which may have different genetic signatures from sequences encoding proteins.

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In humans, a polymorphic gene encodes the drug-metabolizing enzyme NATI (arylamine N-acetyltransferase Type 1), which is widely expressed throughout the body. While the protein-coding region of NATI is contained within a single exon, examination of the human EST (expressed sequence tag) database at the NCBI revealed the presence of nine separate exons, eight of which were located in the 5'non-coding region of NATI. Differential splicing produced at least eight unique mRNA isoforms that could be grouped according to the location of the first exon, which suggested that NATI expression occurs from three alternative promoters. Using RT (reverse transcriptase)-PCR, we identified one major transcript in various epithelial cells derived from different tissues. In contrast, multiple transcripts were observed in blood-derived cell lines (CEM, THP-1 and Jurkat), with a novel variant, not identified in the EST database, found in CEM cells only. The major splice variant increased gene expression 9-11-fold in a luciferase reporter assay, while the other isoforrns were similar or slightly greater than the control. We examined the upstream region of the most active splice variant in a promoter-reporter assay, and isolated a 257 bp sequence that produced maximal promoter activity. This sequence lacked a TATA box, but contained a consensus Sp1 site and a CAAT box, as well as several other putative transcription-factor-binding sites. Cell-specific expression of the different NATI transcripts may contribute to the variation in NATI activity in vivo.

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Eukaryotic genomes display segmental patterns of variation in various properties, including GC content and degree of evolutionary conservation. DNA segmentation algorithms are aimed at identifying statistically significant boundaries between such segments. Such algorithms may provide a means of discovering new classes of functional elements in eukaryotic genomes. This paper presents a model and an algorithm for Bayesian DNA segmentation and considers the feasibility of using it to segment whole eukaryotic genomes. The algorithm is tested on a range of simulated and real DNA sequences, and the following conclusions are drawn. Firstly, the algorithm correctly identifies non-segmented sequence, and can thus be used to reject the null hypothesis of uniformity in the property of interest. Secondly, estimates of the number and locations of change-points produced by the algorithm are robust to variations in algorithm parameters and initial starting conditions and correspond to real features in the data. Thirdly, the algorithm is successfully used to segment human chromosome 1 according to GC content, thus demonstrating the feasibility of Bayesian segmentation of eukaryotic genomes. The software described in this paper is available from the author's website (www.uq.edu.au/similar to uqjkeith/) or upon request to the author.