1000 resultados para HD6993.M4 A5 1910


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Oggetto della ricerca è il tema dello spazio delle centrali idroelettriche costruite nella prima metà del Novecento dagli architetti Giovanni Muzio e Piero Portaluppi. L’individuazione del tema sorge dalla volontà di indagare quali siano stati gli sviluppi dal punto di vista architettonico all’interno di un genere così specifico durante un periodo di tempo in cui gli stili architettonici e le tendenze hanno subito stravolgimenti ed evoluzioni che ancora oggi trovano una difficile connotazione e definizione precisa. L’analisi dell’architettura delle centrali idroelettriche, effettuata ripercorrendo le principali vicende del settore idroelettrico dalla fine del secolo scorso al secondo dopoguerra, oltre a considerare il rapporto con il contesto territoriale e culturale del nostro Paese vuole prendere in considerazione anche il particolare rapporto che in più casi si è venuto a creare tra committenti e progettisti. Compito della tesi è rileggere un settore poco indagato finora e capire se vi sia stata effettivamente una evoluzione architettonica dal punto di vista tipologico o se la centrale sia stata sempre affrontata come semplice esercizio di “vestizione” di un involucro precostituito da precise esigenze tecniche. La ricerca infatti si pone come obiettivo lo studio delle centrali non solo dal punto di vista tipologico e spaziale dei suoi principali elementi, ma si pone come obiettivo anche lo studio della loro distribuzione nel sito in cui sono sorte, distribuzione che spesso ha portato alla formazione di una sorta di vera e propria “città elettrica”, in cui la composizione dei vari elementi segue una logica compositiva ben precisa. Dal punto di vista del contributo originale la ricerca vuole proporre una serie di riflessioni ed elaborati inerenti alcune centrali non ancora indagate. Nel caso specifico di Portaluppi l’apporto originale consiste nell’aver portato alla luce notizie inerenti centrali che sono sempre state poste in secondo piano rispetto le ben più note e studiate centrali della Val d’Ossola. Nel caso invece di Muzio il contributo consiste in una analisi approfondita e in una comparazione di documenti che di solito sono sempre stati pubblicati come semplice apparato iconografico, ma che messi a confronto danno una lettura di quelle che sono state le fasi e le elaborazioni progettuali apportate dall’autore. Il tema della ricerca è stato affrontato poi attraverso una lettura delle fonti dirette relative agli scritti degli autori, con una contemporanea lettura di testi, articoli e interventi tratti dalle riviste appartenenti al periodo in esame per comprendere al meglio il panorama culturale e architettonico che hanno fatto da scenario alle esperienze di entrambe le figure oggetto di studio. Infine la ricerca si è concentrata sull’analisi di alcune opere in particolare - due centrali idroelettriche per ciascun autore oggetto della tesi - scelte perché considerate rappresentative sia per impianto spaziale e tipologico, sia per le scelte compositive e stilistiche adottate. La lettura dei manufatti architettonici scelti è stata condotta con l’analisi di copie di elaborati grafici originali, foto d’epoca e altri documenti reperiti grazie ad una ricerca condotta in vari archivi. Le centrali scelte nell’ambito delle esperienze maturate da Muzio e Portaluppi sono state individuate per rappresentare il quadro relativo allo sviluppo e alla ricerca di un nuovo linguaggio formale da adottare nell’ambito dell’architettura di questi manufatti. Per entrambi i protagonisti oggetto della ricerca sono state individuate due centrali in grado di dare una visione il più possibile completa dell’evoluzione della tematica delle centrali idroelettriche all’interno della loro esperienza, prendendo in considerazione soprattutto gli aspetti legati all’evoluzione del loro linguaggio compositivo e stilistico. L’individuazione delle centrali da analizzare è stata dettata prendendo in considerazione alcuni fattori come il tipo di impianto, le relazioni e confronto con il contesto geografico e naturale e le soluzioni adottate.

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Jan Floris de Jongh played an undoubtedly significant role in the development of social work within and beyond The Netherlands. Yet, he and his contributions to the field are barely known, particularly in The Netherlands. His achievements warrant much more attention given that this Dutchman was also one of the most relevant figures in the international social work community.

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Apoptosis, a form of programmed cell death, is critical to homoeostasis, normal development, and physiology. Dysregulation of apoptosis can lead to the accumulation of unwanted cells, such as occurs in cancer, and the removal of needed cells or disorders of normal tissues, such as heart, neurodegenerative, and autoimmune diseases. Noninvasive detection of apoptosis may play an important role in the evaluation of disease states and response to therapeutic intervention for a variety of diseases. It is desirable to have an imaging method to accurately detect and monitor this process in patients. In this study, we developed annexin A5-conjugated polymeric micellar nanoparticles dual-labeled with a near-infrared fluorescence fluorophores (Cy7) and a radioisotope (111In), named as 111In-labeled annexin A5-CCPM. In vitro studies demonstrated that annexin A5-CCPM could strongly and specifically bind to apoptotic cells. In vivo studies showed that apoptotic tissues could be clearly visualized by both single photon emission computed tomography (SPECT) and fluorescence molecular tomography (FMT) after intravenous injection of 111In-labeled Annexin A5-CCPM in 6 different apoptosis models. In contrast, there was little signal in respective healthy tissues. All the biodistribution data confirmed imaging results. Moreover, histological analysis revealed that radioactivity count correlated with fluorescence signal from the nanoparticles, and both signals co-localized with the region of apoptosis. In sum, 111In-labeled annexin A5-CCPM allowed visualization of apoptosis by both nuclear and optical imaging techniques. The complementary information acquired with multiple imaging techniques should be advantageous in improving diagnostics and management of patients.

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