838 resultados para Debates and debating.


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The neoliberalism based on the Washington Consensus advised privatization as the most effective alternative for the management of natural resources. The question is what is prioritizing efficiency, market or welfare? The growing concern about the water issue has been highlighted in discussions in international policy debates, and what it turns out is the prominence of corporate and economic interests over social and environmental. The water is in crisis, there are several sources of popular conflicts around the world contrary to how this resource is being offered, as the Water War occurred in 2000 in the city of Cochabamba. It is necessary to respect its limitations to ensure their future availability and choose the best development model that favors the effectiveness of their control. The international proliferation of commercial vision concerning water stipulated privatization of their management as ideal rule, which increased rates, concentrated income, has not improved the quality nor promoted the conquest of equal access to water for most systems that provides these services, this is, privatization has not brought positive results that outweigh the harm of its implementation. Water is an essential commodity for life of living beings, in all its stages, basic reason to develop plans, rules and commitments that ensure its conservation and provide, as soon as possible, a valid alternative for the sustainable management in long term

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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We report here some outcomes of a research related to a didactical experience aiming to integrate the History of Science to the Physics Teaching, taking as background the historical development of the gravitational attraction. The research, of qualitative approach, is a case study and it was carried out in a sample of eleven students belonging to an undergraduate physics program (called licenciatura in Brazil) designed to from High School physics teachers in a São Paulo State Public University. We tried initially to reveal prospective teachers’ conceptions in order to provide a prepare that was used to guide the activities from the reality’s diagnosis. The aim was to promote discussions on the existence and persistence of alternative conceptions, on the historical evolution of the subject gravitational attraction, through readings and debates of texts contemplating recent subjects on the Science Education research, in order to generate dissatisfaction with traditional teaching models. The future High School physics teachers were asked to construct their own teaching proposal, through the development, in real situations, in a High School, of a minicourse based on: debates and synthesis developed in University classroom, the History of the Science and the student’s alternative conceptions. In this paper we will analyze future teachers’ alternative conceptions, the development of the course proposed, and details of the mini-courses taught by the prospective teachers in real situations, among High School students, its coherence and the posture changes observed in them.

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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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The PEDAL had beginning with an interested group in accomplishing walks and bicycle trips looking for fruition of the disentailed leisure of the consumption. The objective of this report of experience is to present the cicloturismo as an alternative of fruition of the leisure that has been making possible debates and reflections that seek to the understanding of alunos/as of the basic education on the interface among the themes leisure, environmental education and quality of the life. In this report we considered intervention accomplished at a school of fundamental teaching in the city of Saint Carlos-SP. Starting from the results of the analysis of the registrations produced pelos/as alunos/as, we considered that the theme, of interest of the same ones, raised the construction of significant reflections, such as: the possibility of the use of the bicycle as means of transportation for the work or for the leisure; the need of public politics that promote and guarantee safety and respect to the cyclist.

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Questa tesi di dottorato di ricerca ha come oggetto la nozione di fatto urbano elaborata e presentata da Aldo Rossi nel libro L’architettura della città edito nel 1966. Ne L’architettura della città sono molteplici le definizioni e le forme con cui è enunciata la nozione di fatto urbano. Nel corso della tesi si è indagato come la costruzione nel tempo di questo concetto è stata preceduta da diversi studi giovanili intrapresi dal 1953, poi riorganizzati e sintetizzati a partire dal 1963 in un quaderno manoscritto dal titolo “Manuale di urbanistica”, in diversi appunti e in due quaderni manoscritti. Il lavoro di ricerca ha ricostruito la formulazione della nozione di fatto urbano attraverso gli scritti di Rossi. In questa direzione la rilevazione della partecipazione di Rossi a dibattiti, seminari, riviste, corsi universitari o ricerche accademiche è apparsa di fondamentale importanza, per comprendere la complessità di un lavoro non riconducibile a dei concetti disciplinari, ma alla formazione di una teoria trasmissibile. Il tentativo di comprendere e spiegare la nozione di fatto urbano ha condotto ad esaminare l’accezione con cui Rossi compone L’architettura della città, che egli stesso assimila ad un trattato. L’analisi ha identificato come la composizione del libro non è direttamente riferibile ad un uso classico della stesura editoriale del trattato, la quale ha tra i riferimenti più noti nel passato la promozione di una pratica corretta come nel caso vitruviano o un’impalcatura instauratrice di una nuova categoria come nel caso dell’Alberti. La mancanza di un sistema globale e prescrittivo a differenza dei due libri fondativi e il rimando non immediato alla stesura di un trattato classico è evidente ne L’architettura della città. Tuttavia la possibilità di condurre la ricerca su una serie di documenti inediti ha permesso di rilevare come negli scritti a partire dal 1953, sia maturata una trattazione delle questioni centrali alla nozione di fatto urbano ricca di intuizioni, che aspirano ad un’autonomia, sintetizzate, seppure in modo non sistematico, nella stesura del celebre libro. Si è così cercato di mettere in luce la precisazione nel tempo della nozione di fatto urbano e della sua elaborazione nei molteplici scritti antecedenti la pubblicazione de L’architettura della città, precisando come Rossi, pur costruendo su basi teoriche la nozione di fatto urbano, ne indichi una visione progressiva, ossia un uso operativo sulla città. La ricerca si è proposta come obiettivo di comprendere le radici culturali della nozione di fatto urbano sia tramite un’esplorazione degli interessi di Rossi nel suo percorso formativo sia rispetto alla definizione della struttura materiale del fatto urbano che Rossi individua nelle permanenze e che alimenta nella sua definizione con differenti apporti derivanti da altre discipline. Compito di questa ricerca è stato rileggere criticamente il percorso formativo compiuto da Rossi, a partire dal 1953, sottolinearne gli ambiti innovativi e precisarne i limiti descrittivi che non vedranno mai la determinazione di una nozione esatta, ma piuttosto la strutturazione di una sintesi complessa e ricca di riferimenti ad altri studi. In sintesi la tesi si compone di tre parti: 1. la prima parte, dal titolo “La teoria dei fatti urbani ne L’architettura della città”, analizza il concetto di fatto urbano inserendolo all’interno del più generale contesto teorico contenuto nel libro L’architettura della città. Questo avviene tramite la scomposizione del libro, la concatenazione delle sue argomentazioni e la molteplicità delle fonti esplicitamente citate da Rossi. In questo ambito si precisa la struttura del libro attraverso la rilettura dei riferimenti serviti a Rossi per comporre il suo progetto teorico. Inoltre si ripercorre la sua vita attraverso le varie edizioni, le ristampe, le introduzioni e le illustrazioni. Infine si analizza il ruolo del concetto di fatto urbano nel libro rilevando come sia posto in un rapporto paritetico con il titolo del libro, conseguendone un’accezione di «fatto da osservare» assimilabile all’uso proposto dalla geografia urbana francese dei primi del Novecento. 2. la seconda parte, dal titolo “La formazione della nozione di fatto urbano 1953-66”, è dedicata alla presentazione dell’elaborazione teorica negli scritti di Rossi prima de L’architettura della città, ossia dal 1953 al 1966. Questa parte cerca di descrivere le radici culturali di Rossi, le sue collaborazioni e i suoi interessi ripercorrendo la progressiva definizione della concezione di città nel tempo. Si è analizzato il percorso maturato da Rossi e i documenti scritti fin dagli anni in cui era studente alla Facoltà di Architettura Politecnico di Milano. Emerge un quadro complesso in cui i primi saggi, gli articoli e gli appunti testimoniano una ricerca intellettuale tesa alla costruzione di un sapere sullo sfondo del realismo degli anni Cinquanta. Rossi matura infatti un impegno culturale che lo porta dopo la laurea ad affrontare discorsi più generali sulla città. In particolare la sua importante collaborazione con la rivista Casabella-continuità, con il suo direttore Ernesto Nathan Rogers e tutto il gruppo redazionale segnano il periodo successivo in cui compare l’interesse per la letteratura urbanistica, l’arte, la sociologia, la geografia, l’economia e la filosofia. Seguono poi dal 1963 gli anni di lavoro insieme al gruppo diretto da Carlo Aymonino all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, e in particolare le ricerche sulla tipologia edilizia e la morfologia urbana, che portano Rossi a compiere una sintesi analitica per la fondazione di una teoria della città. Dall’indagine si rileva infatti come gli scritti antecedenti L’architettura della città sviluppano lo studio dei fatti urbani fino ad andare a costituire il nucleo teorico di diversi capitoli del libro. Si racconta così la genesi del libro, la cui scrittura si è svolta nell’arco di due anni, e le aspirazioni che hanno portato quello che era stato concepito come un “manuale d’urbanistica” a divenire quello che Rossi definirà “l’abbozzo di un trattato” per la formulazione di una scienza urbana. 3. la terza parte, dal titolo “La struttura materiale dei fatti urbani: la teoria della permanenza”, indaga monograficamente lo studio della città come un fatto materiale, un manufatto, la cui costruzione è avvenuta nel tempo e del tempo mantiene le tracce. Sul tema della teoria della permanenza è stato importante impostare un confronto con il dibattito vivo negli anni della ricostruzione dopo la guerra intorno ai temi delle preesistenze ambientali nella ricostruzione negli ambienti storici. Sono emersi fin da subito importanti la relazione con Ernesto Nathan Rogers, le discussioni sulle pagine di Casabella-Continuità, la partecipazione ad alcuni dibatti e ricerche. Si è inoltre Rilevato l’uso di diversi termini mutuati dalle tesi filosofiche di alcune personalità come Antonio Banfi e Enzo Paci, poi elaborati dal nucleo redazionale di Casabella-Continuità, di cui faceva parte anche Rossi. Sono così emersi alcuni spostamenti di senso e la formulazione di un vocabolario di termini all’interno della complessa vicenda della cultura architettonica degli anni Cinquanta e Sessanta. 1. Si è poi affrontato questo tema analizzando le forme con cui Rossi presenta la definizione della teoria della permanenza e i contributi desunti da alcuni autori per la costruzione scientifica di una teoria dell’architettura, il cui fine è quello di essere trasmissibile e di offrire strumenti di indagine concreti. Questa ricerca ha permesso di ipotizzare come il lavoro dei geografi francesi della prima metà del XX secolo, e in particolare il contributo più rilevante di Marcel Poëte e di Pierre Lavedan, costituiscono le fonti principali e il campo d’indagine maggiormente esplorato da Rossi per definire la teoria della permanenza e i monumenti. Le permanenze non sono dunque presentate ne L’architettura della città come il “tutto”, ma emergono da un metodo che sceglie di isolare i fatti urbani permanenti, consentendo così di compiere un’ipotesi su “ciò che resta” dopo le trasformazioni continue che operano nella città. Le fonti su cui ho lavorato sono state quelle annunciate da Rossi ne L’architettura della città, e più precisamente i testi nelle edizioni da lui consultate. Anche questo lavoro ha permesso un confronto dei testi che ha fatto emergere ne L’architettura della città l’uso di termini mutuati da linguaggi appartenenti ad altre discipline e quale sia l’uso di concetti estrapolati nella loro interezza. Presupposti metodologici Della formulazione della nozione di fatto urbano si sono indagate l’originalità dell’espressione, le connessioni presunte o contenute negli studi di Rossi sulla città attraverso la raccolta di fonti dirette e indirette che sono andate a formare un notevole corpus di scritti. Le fonti dirette più rilevanti sono state trovare nelle collezioni speciali del Getty Research Institute di Los Angeles in cui sono conservati gli Aldo Rossi Papers, questo archivio comprende materiali inediti dal 1954 al 1988. La natura dei materiali si presenta sotto forma di manoscritti, dattiloscritti, quaderni, documenti ciclostilati, appunti sparsi e una notevole quantità di corrispondenza. Negli Aldo Rossi Papers si trovano anche 32 dei 47 Quaderni Azzurri, le bozze de L’architettura della città e dell’ Autobiografia Scientifica. Per quanto riguarda in particolare L’architettura della città negli Aldo Rossi Papers sono conservati: un quaderno con il titolo “Manuale d’urbanistica, giugno 1963”, chiara prima bozza del libro, degli “Appunti per libro urbanistica estate/inverno 1963”, un quaderno con la copertina rossa datato 20 settembre 1964-8 agosto 1965 e un quaderno con la copertina blu datato 30 agosto 1965-15 dicembre 1965. La possibilità di accedere a questo archivio ha permesso di incrementare la bibliografia relativa agli studi giovanili consentendo di rileggere il percorso culturale in cui Rossi si è formato. E’ così apparsa fondamentale la rivalutazione di alcune questioni relative al realismo socialista che hanno portato a formare un più preciso quadro dei primi scritti di Rossi sullo sfondo di un complesso scenario intellettuale. A questi testi si è affiancata la raccolta delle ricerche universitarie, degli articoli pubblicati su riviste specializzate e degli interventi a dibattiti e seminari. A proposito de L’architettura della città si è raccolta un’ampia letteratura critica riferita sia al testo in specifico che ad una sua collocazione nella storia dell’architettura, mettendo in discussione alcune osservazioni che pongono L’architettura della città come un libro risolutivo e definitivo. Per quanto riguarda il capitolo sulla teoria della permanenza l’analisi è stata svolta a partire dai testi che Rossi stesso indicava ne L’architettura della città rivelando i diversi apporti della letteratura urbanistica francese, e permettendo alla ricerca di precisare le relazioni con alcuni scritti centrali e al contempo colti da Rossi come opportunità per intraprendere l’elaborazione dell’idea di tipo. Per quest’ultima parte si può precisare come Rossi formuli la sua idea di tipo in un contesto culturale dove l’interesse per questo tema era fondamentale. Dunque le fonti che hanno assunto maggior rilievo in quest’ultima fase emergono da un ricco panorama in cui Rossi compie diverse ricerche sia con il gruppo redazionale di Casabella-continuità, sia all’interno della scuola veneziana negli anni Sessanta, ma anche negli studi per l’ILSES e per l’Istituto Nazionale d’Urbanistica. RESEARCH ON THE NOTION OF URBAN ARTIFACT IN THE ARCHITECTURE OF THE CITY BY ALDO ROSSI. Doctoral candidate: Letizia Biondi Tutor: Valter Balducci The present doctoral dissertation deals with the notion of urban artifact that was formulated and presented by Aldo Rossi in his book The Architecture of the City, published in 1966. In The Architecture of the City, the notion of urban artifact is enunciated through a wide range of definitions and forms. In this thesis, a research was done on how the construction of this concept over time was preceded by various studies started in 1953 during the author’s youth, then re-organized and synthesized since 1963 in a manuscript titled “Manual of urban planning” and in two more manuscripts later on. The work of research re-constructed the formulation of the notion of urban artifact through Rossi’s writings. In this sense, the examination of Rossi’s participation in debates, seminars, reviews, university courses or academic researches was of fundamental importance to understand the complexity of a work which is not to be attributed to disciplinary concepts, but to the formulation of a communicable theory. The effort to understand and to explain the notion of urban artifact led to an examination of the meaning used by Rossi to compose The Architecture of the City, which he defines as similar to a treatise. Through this analysis, it emerged that the composition of the book is not directly ascribable to the classical use of editorial writing of a treatise, whose most famous references in the past are the promotion of a correct practice as in the case of Vitruvio’s treatise, or the use of a structure that introduces a new category as in the Alberti case. Contrary to the two founding books, the lack of a global and prescriptive system and the not immediate reference to the writing of a classical treatise are evident in The Architecture of the City. However, the possibility of researching on some unpublished documents allowed to discover that in the writings starting from 1953 the analysis of the questions that are at the core of the notion of urban artifact is rich of intuitions, that aim to autonomy and that would be synthesized, even though not in a systematic way, in his famous book. The attempt was that of highlighting the specification over time of the notion of urban artifact and its elaboration in the various writings preceding the publication of The Architecture of the City. It was also specified that, despite building on theoretical grounds, Rossi indicates a progressive version of the notion of urban artifact, that is a performing use in the city. The present research aims to understand the cultural roots of the notion of urban artifact in two main directions: analyzing, firstly, Rossi’s interests along his formation path and, secondly, the definition of material structure of an urban artifact identified by Rossi in the permanences and enriched by various contributions from other disciplines. The purpose of the present research is to revise the formation path made by Rossi in a critical way, starting by 1953, underlining its innovative aspects and identifying its describing limits, which will never lead to the formulation of an exact notion, but rather to the elaboration of a complex synthesis, enriched by references to other studies. In brief, the thesis is composed of three parts: 1. The first part, titled “The Theory of urban artifacts in The Architecture of the City”, analyzes the concept of urban artifact in the more general theoretical context of the book The Architecture of the City. Such analysis is done by “disassembling” the book, and by linking together the argumentations and the multiplicity of the sources which are explicitly quoted by Rossi. In this context, the book’s structure is defined more precisely through the revision of the references used by Rossi to compose his theoretical project. Moreover, the author’s life is traced back through the various editions, re-printings, introductions and illustrations. Finally, it is specified which role the concept of urban artifact has in the book, pointing out that it is placed in an equal relation with the book’s title; by so doing, the concept of urban artifact gets the new meaning of “fact to be observed”, similar to the use that was suggested by the French urban geography at the beginning of the 20th century. 2. The second part, titled “The formation of the notion of urban artifact 1953-66”, introduces the theoretical elaboration in Rossi’s writings before The Architecture of the City, that is from 1953 to 1966. This part tries to describe Rossi’s cultural roots, his collaborations and his interests, tracing back the progressive definition of his conception of city over time. The analysis focuses on the path followed by Rossi and on the documents that he wrote since the years as a student at the Department of Architecture at the Politecnico in Milan. This leads to a complex scenario of first essays, articles and notes that bear witness to the intellectual research aiming to the construction of a knowledge on the background of the Realism of the 1950s. Rossi develops, in fact, a cultural engagement that leads him after his studies to deal with more general issues about the city. In particular, his important collaboration with the architecture magazine “Casabella-continuità”, with the director Ernesto Nathan Rogers and with the whole redaction staff mark the following period when he starts getting interested in city planning literature, art, sociology, geography, economics and philosophy. Since 1963, Rossi has worked with the group directed by Carlo Aymonino at the “Istituto Universitario di Architettura” (University Institute of Architecture) in Venice, especially researching on building typologies and urban morphology. During these years, Rossi elaborates an analytical synthesis for the formulation of a theory about the city. From the present research, it is evident that the writings preceding The Architecture of the City develop the studies on urban artifacts, which will become theoretical core of different chapters of the book. In conclusion, the genesis of the book is described; written in two years, what was conceived to be an “urban planning manual” became a “treatise draft” for the formulation of an urban science, as Rossi defines it. 3. The third part is titled “The material structure of urban artifacts: the theory of permanence”. This research is made on the study of the city as a material fact, a manufacture, whose construction was made over time, bearing the traces of time. As far as the topic of permanence is concerned, it was also important to draw a comparison with the debate about the issues of environmental pre-existence of re-construction in historical areas, which was very lively during the years of the Reconstruction. Right from the beginning, of fundamental importance were the relationship with Ernesto Nathan Rogers, the discussions on the pages of Casabella-Continuità and the participation to some debates and researches. It is to note that various terms were taken by the philosophical thesis by some personalities such as Antonio Banfi and Enzo Paci, and then re-elaborated by the redaction staff at Casabella-Continuità, which Rossi took part in as well. Through this analysis, it emerged that there were some shifts in meaning and the formulation of a vocabulary of terms within the complex area of the architectonic culture in the 1950s and 1960s. Then, I examined the shapes in which Rossi introduces the definition of the theory of permanence and the references by some authors for the scientific construction of an architecture theory whose aim is being communicable and offering concrete research tools. Such analysis allowed making a hypothesis about the significance for Rossi of the French geographers of the first half of the 20th century: in particular, the work by Marcel Poëte and by Pierre Lavedan is the main source and the research area which Rossi mostly explored to define the theory of permanence and monuments. Therefore, in The Architecture of the City, permanencies are not presented as the “whole”, but they emerge from a method which isolates permanent urban artifacts, in this way allowing making a hypothesis on “what remains” after the continuous transformations made in the city. The sources examined were quoted by Rossi in The Architecture of the City; in particular I analyzed them in the same edition which Rossi referred to. Through such an analysis, it was possible to make a comparison of the texts with one another, which let emerge the use of terms taken by languages belonging to other disciplines in The Architecture of the City and which the use of wholly extrapolated concepts is. Methodological premises As far as the formulation of the notion of urban artifact is concerned, the analysis focuses on the originality of the expression, the connections that are assumed or contained in Rossi’s writings about the city, by collecting direct and indirect sources which formed a significant corpus of writings. The most relevant direct sources were found in the special collections of the Getty Research Institute in Los Angeles, where the “Aldo Rossi Papers” are conserved. This archive contains unpublished material from 1954 to 1988, such as manuscripts, typescripts, notebooks, cyclostyled documents, scraps and notes, and several letters. In the Aldo Rossi Papers there are also 32 out of the 47 Light Blue Notebooks (Quaderni Azzurri), the rough drafts of The Architecture of the City and of the “A Scientific Autobiography”. As regards The Architecture of the City in particular, the Aldo Rossi Papers preserve: a notebook by the title of “Urban planning manual, June, 1963”, which is an explicit first draft of the book; “Notes for urban planning book summer/winter 1963”; a notebook with a red cover dated September 20th, 1964 – August 8th, 1965; and a notebook with a blue cover dated August 30th, 1965 – December 15th, 1965. The possibility of accessing this archive allowed to increase the bibliography related to the youth studies, enabling a revision of the cultural path followed by Rossi’s education. To that end, it was fundamental to re-evaluate some issues linked to the socialist realism which led to a more precise picture of the first writings by Rossi against the background of the intellectual scenario where he formed. In addition to these texts, the collection of university researches, the articles published on specialized reviews and the speeches at debates and seminars were also examined. About The Architecture of the City, a wide-ranging critical literature was collected, related both to the text specifics and to its collocation in the story of architecture, questioning some observations which define The Architecture of the City as a conclusive and definite book. As far as the chapter on the permanence theory is concerned, the analysis started by the texts that Rossi indicated in The Architecture of the City, revealing the different contributions from the French literature on urban planning. This allowed to the present research a more specific definition of the connections to some central writings which, at the same time, were seen by Rossi as an opportunity to start up the elaboration of the idea of type. For this last part, it can be specified that Rossi formulates his idea of type in a cultural context where the interest in this topic was fundamental. Therefore, the sources which played a central role in this final phase emerge from an extensive panorama in which Rossi researched not only with the redaction staff at Casablanca-continuità and within the School of Venice in the 1960s, but also in his studies for the ILSES (Institute of the Region Lombardia for Economics and Social Studies) and for the National Institute of Urban Planning.

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Die Dissertation untersucht die geistige Produktion im Erziehungssystem anhand des Unterrichtsgegenstands populäre Musik. Hiermit ist sie im Kernbereich der musikpädagogischen Disziplin angesiedelt – Musik und Schule. Ferner rückt die Festlegung auf populäre Musik den Schüler in seinem Alltagswissen in den Vordergrund der Betrachtung. Die Frage nach dem Umgang mit populärer Musik ist somit indirekt eine Frage nach dem Umgang mit schülernahen Erfahrungswelten in der Schule. Innerhalb dieses Forschungsprofils erhält die Arbeit ihre eigentliche Relevanz - sie zeigt auf, wie eine moderne, selbstreferentielle Musikpädagogik eigene bedeutsame Kommunikationen beobachten kann. Entworfen in Anlehnung an die Systemtheorie nach Niklas Luhmann, werden in der Arbeit die unikalen Reflexionszusammenhänge von Pädagogik und Musikpädagogik anhand der folgenden Operationsfelder offengelegt: pädagogische und musikpädagogische Fachliteratur, Lehrpläne und Schulbücher. Nach Luhmann ist es erforderlich verstehend in die Unikalität systemischer Reflexionsleistungen einzudringen, um inkonsistente Anforderungen an die Aufgabe (Musik-)Erziehung und ihre Gegenstände aufzudecken und zukünftige Systemhandlungen zu optimieren. Die Arbeit ist in drei große historische Zeitblöcke gegliedert, die ihrerseits in verschiedene disziplinäre Operationsfelder unterteilt sind. Mit Hilfe dieser zweidimensionalen historisch-interdisziplinären Sichtweise wird populäre Musik als Bezugsgröße aufgewiesen, an der die zentralen Debatten von Pädagogik und Musikpädagogik kondensieren. Anhand von Schlüsselbegriffen wie Kultur, Gesellschaft und Ästhetik aber auch didaktischen Prinzipien wie Schüler- und Handlungsorientierung oder ganzheitliche (Musik-)Pädagogik lässt sich die Vielfalt historisch gewachsener inkonsistenter/konsistenter Forderungen belegen. Aus den Beobachtungen im Umgang mit populärer Musik werden Aufgaben deutlich, die die Disziplinen, vor allem die Musikpädagogik, in der Zukunft zu leisten haben. Diese beschäftigen sich auf der einen Seite mit dem disziplinären Selbstverständnis und auf der anderen Seite mit unbeantworteten didaktischen Fragestellungen wie den Möglichkeiten und Grenzen des einzelnen populären Musikstücks im konkret-situativen Lernkontext von Musikunterricht.

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It is a central premise of the advertising campaigns for nearly all digital communication devices that buying them augments the user: they give us a larger, better memory; make us more “creative” and “productive”; and/or empower us to access whatever information we desire from wherever we happen to be. This study is about how recent popular cinema represents the failure of these technological devices to inspire the enchantment that they once did and opens the question of what is causing this failure. Using examples from the James Bond films, the essay analyzes the ways in which human users are frequently represented as the media connecting and augmenting digital devices and NOT the reverse. It makes use of the debates about the ways in which our subjectivity is itself a networked phenomenon and the extended mind debate from the philosophy of mind. It will prove (1) that this represents an important counter-narrative to the technophilic optimism about augmentation that pervades contemporary advertising, consumer culture, and educational debates; and (2) that this particular discourse of augmentation is really about technological advances and not advances in human capacity.

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An international graduate teaching assistant‘s way of speaking may pose a challenge for college students enrolled in STEM courses at American universities. Students commonly complain that unfamiliar accents interfere with their ability to comprehend the IGTA or that they have difficulty making sense of the IGTA‘s use of words or phrasing. These frustrations are echoed by parents who pay tuition bills. The issue has provoked state and national legislative debates over universities‘ use of IGTAs. However, potentially productive debates and interventions have been stalemated due to the failure to confront deeply embedded myths and cultural models that devalue otherness and privilege dominant peoples, processes, and knowledge. My research implements a method of inquiry designed to identify and challenge these cultural frameworks in order to create an ideological/cultural context that will facilitate rather than impede the valuable efforts that are already in place. Discourse theorist Paul Gee‘s concepts of master myth, cultural models, and meta-knowledge offer analytical tools that I have adapted in a unique research approach emphasizing triangulation of both analytic methods and data sites. I examine debates over IGTA‘s use of language in the classroom among policy-makers, parents of college students, and scholars and teachers. First, the article "Teach Impediment" provides a particularly lucid account of the public debate over IGTAs. My analysis evidences the cultural hold of the master myth of monolingualism in public policy-making. Second, Michigan Technological University‘s email listserve Parentnet is analyzed to identify cultural models supporting monolingualism implicit in everyday conversation. Third, a Chronicle of Higher Education colloquy forum is analyzed to explore whether scholars and teachers who draw on communication and linguistic research overcome the ideological biases identified in earlier chapters. My analysis indicates that a persistent ideological bias plays out in these data sites, despite explicit claims by invested speakers to the contrary. This bias is a key reason why monolingualism remains so tenaciously a part of educational practice. Because irrational expectations and derogatory assumptions have gone unchallenged, little progress has been made despite decades of earnest work and good intentions. Therefore, my recommendations focus on what we say not what we intend.

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El trabajo ahonda en un capítulo del proceso de organización de la justicia de paz en Mendoza en el siglo XIX. El recorrido de los debates, las doctrinas y las leyes propuestas en el lapso que abarca el estudio, muestra las soluciones que, frente a la resistencia de antiguas prácticas institucionales, propuso la dirigencia provincial en orden a su organización dentro de los cánones del moderno constitucionalismo.

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Se propone la descripción y el análisis del empleo de la transmisión oral en la narrativa española actual como un recurso para configurar la memoria de la Guerra Civil española y del franquismo. Para ello se atendió especialmente a las estrategias que intervienen en la representación de la oralidad en relación con los diálogos y los relatos orales, entre otros procedimientos a través de los cuales se transmite el pasado traumático dentro de la ficción. Ha sido analizada la representación de la oralidad en la producción narrativa ficcional de diversos autores españoles de finales del siglo XX y comienzos del siglo XXI que han abordado la temática de la Guerra Civil en una situación particular en cuanto al surgimiento de replanteos y debates acerca del tratamiento del conflicto bélico. Los objetivos generales que guiaron el trabajo han sido indagar la presencia y la función de la transmisión oral en la literatura, profundizar el estudio de la oralidad como voz emergente de colectivos sociales desplazados y analizar la funcionalidad del empleo de la oralidad en textos representativos de la narrativa española contemporánea. A su vez, más específicamente, se propuso profundizar en el estudio de la ficcionalización de la transmisión oral como un artificio para la construcción de la memoria en la narrativa española actual, vincular las posibilidades de transmisión de la historia de la Guerra Civil española con medios propios de la historia oral en la literatura -especialmente en la novela-, problematizar determinadas perspectivas sobre el testimonio en la medida en que son literaturizadas para una concepción de la memoria de la Guerra Civil, de la posguerra y de la dictadura, y estudiar algunas miradas contemporáneas acerca de la Guerra Civil y del franquismo desde el campo de la narrativa como un correlato de ciertos reclamos sociales de la actualidad respecto del pasado reciente. Para esto fueron analizadas diversas propuestas que surgieron esencialmente desde la literatura -con algún detenimiento en un texto fílmico- para abordar el pasado traumático y se consideraron las técnicas de transmisión empleadas para la narración ficcional de aspectos largamente silenciados por la historia oficial. El corpus central de textos literarios ha quedado conformado por O lapis do carpinteiro y Os libros arden mal, de Manuel Rivas, Guárdame bajo tierra, de Ramón Saizarbitoria, Soldados de Salamina, de Javier Cercas, Home sen nome, de Suso de Toro, y Mala gente que camina, de Benjamín Prado. Como corpus complementario, se tornó pertinente incorporar un capítulo que articula un texto fílmico (Muerte en El Valle, de Christina Hardt) con un texto literario (Las esquinas del aire. En busca de Ana María Martínez Sagi, de Juan Manuel de Prada). Esto, que en principio puede parecer un apartamiento del corpus central, favoreció el análisis del tratamiento del testimonio desde la estetización de un texto fílmico o literario. Al realizar la selección, se estudiaron, junto con autores que escriben y publican en castellano, algunos textos escritos originariamente en lenguas minorizadas (gallego y euskera)