999 resultados para Campi di concentramento, Guerra civile spagnola, Letteratura sul franchismo
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Nel panorama videoludico, Final Fantasy IX occupa un posto d’onore. Nonostante conti più di vent’anni alle spalle, rimane in vetta alle classifiche dei titoli Final Fantasy più amati, soprattutto grazie al suo cast di personaggi. Il suo successo, tuttavia, non gli è valso una rivisitazione della sua localizzazione, la stessa dalla prima pubblicazione del gioco che continua a presentare imprecisioni, interpretazioni errate e scelte riguardanti la caratterizzazione dei personaggi che meriterebbero un aggiornamento secondo le linee guida e gli standard odierni. Questo elaborato ha come obiettivo una proposta di ritraduzione di Final Fantasy IX, per modernizzare la lingua non solo dal punto di vista dei dialetti, utilizzati nella versione originale e qui sostituiti da altre strategie, ma anche dell’aderenza al testo originale, restituendo ad alcuni personaggi la caratterizzazione che hanno nella versione giapponese del gioco. Si analizza il giapponese seguendo lo yakuwarigo (Kinsui, 2017), un particolare concetto della lingua giapponese secondo il quale a ogni personaggio viene assegnato un linguaggio mettendone in luce alcuni tratti del loro modo di essere. Si procede all’elaborazione di strategie di traduzione che colmino l’assenza di un concetto simile nella lingua italiana, giocando sui registri linguistici e scelte sintattiche e lessicali pensate appositamente per ogni personaggio. Si analizzano inoltre altri aspetti riguardanti nello specifico la lingua giapponese, come i diversi gradi di formalità e quale effetto abbiano sul testo. Un’analisi di questo tipo risulta funzionale alla resa in italiano di particolarità così legate alla lingua giapponese. Pur perdendo alcune sfumature nel passaggio tra una lingua e l’altra, si tratta pur sempre di un tentativo di aderenza al testo di partenza che permette ai giocatori di fruire di un’esperienza quanto più simile a quella del testo originale.
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La pratica dell’appassimento fa parte della cultura mediterranea sin dall’era del Neolitico. Tale tecnica veniva praticata anche nell’Antica Grecia e successivamente nelle diverse regioni dell’Impero Romano. Il presente elaborato si propone, attraverso lo studio dello stato dell’arte relativamente ai vini passiti, di illustrare alcune tecniche di vinificazione, approfondire le caratteristiche salienti di questa tipologia di vino e delinearne il posizionamento sul mercato. In particolare, si sono prese in considerazione le tre tecniche di appassimento comunemente utilizzate: appassimento in campo, in fruttaio e in cella. Per quanto concerne l’appassimento in campo, si è fatto un approfondimento in merito agli effetti indotti dalla Botrytis cinerea, muffa nobile la cui presenza sulle uve permette di dar vita a vini botritizzati dalle caratteristiche distintive, come nel caso dell’Albana Passito di Romagna. I metodi di appassimento che prevedono l’utilizzo di un locale apposito (fruttaio e cella) si differenziano per il controllo della temperatura e dell’umidità e quindi il processo di disidratazione dell’acino avviene in tempi più rapidi e con minor rischio di sviluppo di patogeni. Lo sviluppo di queste tecniche come ha impattato sul consumo di vino passito? Negli ultimi anni il consumo di vino sta aumentando, e l’Italia è uno dei principali paesi produttori e consumatori. Il vino passito però, data la sua complessità e le particolari occasioni d’uso, occupa un piccolo spazio in questo scenario ed è caratterizzato da una concentrazione nel consumo delle produzioni locali, faticando a occupare un posto di rilievo sul mercato. Nonostante ciò, vi sono anche casi di successo, come quello dell’Amarone della Valpolicella DOCG, che lasciano ben sperare in uno sviluppo futuro.
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L’elaborato di tesi tratta la manutenzione programmata delle gallerie analizzando il caso studio del cantiere Anas nella Galleria Valbiano, posta sulla SS 3 bis "Tiberina". Si è introdotto il tema analizzando la storia di Anas e le varie tipologie di gallerie e pacchetti stradali presenti. Si sono poi descritte le tipologie di manutenzione effettuate sulla rete stradale e le indagini specifiche per valutare lo stato di fatto sia delle pavimentazioni stradali che delle gallerie. Si è introdotto il cantiere oggetto di studio, la Galleria Valbiano, andando ad analizzare le peculiarità dell’opera e il contesto in cui è inserita. Si è dedotto lo stato di fatto della galleria andando ad analizzare i dati ottenuti dalle prove svolte e si sono descritti i difetti riscontrati. Nella fase operativa si è descritta la gestione dei flussi veicolari durante il cantiere, la sua organizzazione, e tutti gli interventi eseguiti nella canna Sud della galleria in oggetto. Gli interventi eseguiti hanno compreso riparazione di fessure, ripristini corticali del rivestimento, ripristini dei giunti degradati, la realizzazione di dispositivi di raccolta delle acque di piattaforma e di drenaggio, il rivestimento illuminotecnico dei piedritti, il ripristino dello strato di usura della pavimentazione e la realizzazione dell’impianto di illuminazione.
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La città di Rimini negli anni della Ricostruzione, a causa delle ampie distruzioni e alla crescita del turismo, è stata sottoposta ad un processo di compromissione dell’identità storica e d’impoverimento del patrimonio architettonico esistente. La tesi verte nell’elaborazione di una proposta progettuale di conversione e rifunzionalizzazione del Mercato Coperto di Rimini, appartenente al centro storico della città, in cui diverse stratificazioni del palinsesto architettonico sono parzialmente sopravvissute all’opera di speculazione edilizia. Col fine di comprendere le diverse stratificazioni presenti all’interno dell’area d’intervento, si è svolta un’analisi storica, individuando come la frammentazione dell’attuale contesto sia debitrice alla mancanza di un piano organico di ricostruzione. Indentificando l’edificio del Mercato Coperto come il fabbricato con le maggiori problematiche all’interno dell’area, si è quindi proceduto ad analizzare il tema architettonico del mercato coperto, approfondendo lo sviluppo dei diversi modelli storici ed analizzando come lo scenario attuale sia in parte debitore al processo di specializzazione che ha coinvolto questo tipo di spazi. La proposta progettuale verte sul superamento dell’attuale modello di riferimento adottato dal Mercato Coperto, che rifiuta il dialogo con il contesto circostante, acuendo le problematiche intrinseche di esso. Gli spazi interni sono stati convertiti grazie all’inserimento di nuovi volumi, capaci di ospitare un mercato coperto, una biblioteca e una piazza coperta, rielaborando in ottica moderna la coesistenza di funzioni sociali e commerciali tipiche dei modelli di riferimento più antichi. All’esterno l’edificio è stato dotato di spazi di mediazione con il contesto grazie alla trasformazione dell’involucro edilizio e all’inserimento velari mobili che definiscono una nuova piazza a disposizione della comunità e un nuovo ingresso, capace di risolvere la tensione con il patrimonio storico preesistente.
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Gli Ultra-High-Energy Cosmic Rays sono dei raggi cosmici-dotati di energia estremamente elevata-che raggiungono la Terra con un bassissimo rateo e dei quali abbiamo pochi dati a riguardo; le incertezze riguardano la loro composizione, la loro sorgente, i metodi di accelerazione e le caratteristiche dei campi magnetici che li deviano durante il loro cammino. L’obiettivo di questo studio è determinare quali modelli di campo magnetico possano descrivere correttamente la propagazione degli UHECRs, andando a fare un confronto con i dati sperimentali a disposizione; infatti, quello che osserviamo è una distribuzione isotropa nel cielo e, di conseguenza, i modelli teorici di propagazione, per poter essere accettati, devono rispecchiare tale comportamento. Sono stati testati nove modelli di campo magnetico tratti da simulazioni cosmologiche, andando a considerare due diverse composizione per i CRs (simil-ferro e simil-protone) e il risultato ha dato delle risposte positive solo per tre di essi. Tali modelli, per cui troviamo accordo, sono caratterizzati da una scala di inomegeneità più ampia rispetto a quella dei modelli scartati, infatti, analizzando il loro spettro di potenza, il maggior contributo è dato da fluttuazioni di campo magnetico su scale di 10 Mpc. Ciò naturalmente, viste anche le poche informazioni riguardo ai campi magnetici intergalattici, ci porta a pensare che campi di questo tipo siano favoriti. Inoltre, per tali modelli, gli esiti sono risultati particolarmente in accordo con i dati sperimentali, considerando CRs con composizione simile al ferro: ciò fa pensare che tale composizione possa essere quella effettiva.
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L’attività di tesi ha come oggetto l’ipotesi di restyling del fan coil appartenente alla gamma Estro. Il progetto è nato durante il percorso di tirocinio curricolare ed è poi proseguito durante quello per tesi presso la Galletti s.p.a. Quando parliamo di restyling si intende inizialmente un intervento sulla parte estetica del prodotto, per poi arrivare ad un’analisi critica ed un ripensamento relativo alle funzionalità ed alle peculiarità che deve avere questo tipo di prodotto. Ciò si rende necessario perché il progetto della gamma Estro è ormai datato e nel corso degli anni le esigenze impiantistiche e le tendenze progettuali si sono notevolmente modificate, ad esempio si è passati da una prevalenza di modelli dotati di mobile di copertura, poiché installati a vista, ad una percentuale crescente di unità desinate ad essere installate a scomparsa ed incasso nei contro soffitti o in vani tecnici. Per l’ipotesi di redesign di Estro si è partiti col ripensare l’estetica del prodotto e affiancare tale cambiamento a nuove funzionalità da implementare attraverso un approccio sinestetico, rendendo così il fan coil capace di interfacciarsi con la sfera sensoriale della persona. Una prima ricerca si è focalizzata infatti sull’approfondimento di quella che la sfera sensoriale delle persone, andando ad individuare e studiare quelli che sono i sensi e gli organi di senso. Si è poi studiato come questa percezione simultanea di sensi avviene e quanto incida sul benessere indoor dell’utente, migliorandone le prestazioni psico-fisiche e aiutando le persone a sentirsi concentrate ed in forma. Infine si è deciso di implementare Estro facendolo interagire con i sensi, scegliendone le modalità adatte, il tutto affiancato anche dallo studio della nuova forma che va ad integrarsi con le nuove funzionalità che mirano al benessere dell’utente.
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La presente tesi mostra l’evoluzione del workplace e la sua trasformazione da semplice postazione di lavoro a modern workplace o workplace 4.0, inteso come luogo che va oltre il mero spazio fisico. Dopo avere indagato il nuovo contesto lavorativo e definito i relativi modelli di lavoro a distanza, si è mirato ad esporre i benefici - per i lavoratori, per le aziende e per l’ambiente - e gli svantaggi di tali modelli con particolare riferimento alla reperibilità/connessione costante e quindi al carico di lavoro degli smart worker. In seguito, si sono analizzati sia la struttura aziendale, l’organigramma, il modello di business del gruppo societario di consulenza Lipari People (presso il quale la scrivente ha svolto il tirocinio curriculare) ed in particolare i workplaces della sede di Milano, di cui si sono indagate le caratteristiche di differenziazione, riconfigurabilità, abitabilità ed intelligence; sia la gestione organizzativa smart adottata dall’azienda durante la pandemia da Covid-19 ed in particolare la relativa piattaforma digitale SmaO, progettata da un team del gruppo Lipari con la collaborazione della scrivente laureanda, per la gestione di processi e attività. Inoltre, nell’ottica di migliorare la gestione organizzativa dei workplaces di Lipari People è stata condotta un’indagine, sul modello Forbes e Great Place to Work, che ha raccolto i giudizi dei dipendenti. Da tale indagine, come vedremo, si è evinto che è consigliabile per l’azienda da un lato differenziare maggiormente gli spazi per andare incontro alle diverse esigenze lavorative emerse e per favorire la concentrazione delle risorse umane e dall’altro adottare strategie per migliorare la qualità dei rapporti tra colleghi, anche in modalità ibrida. La tesi si conclude con alcune proposte di miglioramento, nate da una riflessione in merito alla strategia di branding, alla sostenibilità ambientale e al wellness aziendale, che l’azienda Lipari People potrebbe adottare per un futuro upgrade di SmaO.
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L'obiettivo della seguente tesi è realizzare il progetto preliminare di una camera a vuoto adatta al test di propulsori elettrici in generale. Di seguito, vengono analizzati i principali vantaggi e svantaggi delle tecnologie maggiormente utilizzate nei sistemi per l'alto vuoto, i criteri per la scelta del tipo di architettura di pompaggio più adatta e per il dimensionamento delle pompe. La ricerca di alcuni test, presenti in letteratura, permette di avere parametri di riferimento in base al tipo e alla potenza dei thruster utilizzati. Tramite l'analisi strutturale di una camera sottoposta a pressione esterna è possibile ricavare dimensioni e spessore delle pareti; viene, poi, realizzato un disegno CAD della camera e verificato il dimensionamento strutturale, simulando il carico di pressione esterna, tramite un'analisi FEM-FEA utilizzando il software Solidworks. Infine, vengono elencate le caratteristiche finali della camera a vuoto e, tramite lo studio di modelli matematici che permettono di studiare e quantificare i principali fattori di perdita (outgassing, infiltrazione, throughput del thruster ecc.), si ricava la curva della pressione rispetto al tempo del sistema completo.
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In questo lavoro di tesi è stato approfondito il modello di coalescenza, ampiamente utilizzato in letteratura per descrivere la formazione di (anti)nuclei leggeri in collisioni ad alta energia negli acceleratori e di antinuclei cosmici, con applicazioni alle ricerche indirette di materia oscura nell’universo. Nello specifico, è stato studiato il parametro di coalescenza per (anti)nuclei con numero di massa A ≤ 4; utilizzando un fit ai dati dell’esperimento ALICE a LHC sulla dimensione della sorgente di protoni in collisioni pp a √s = 13 TeV, si è cercato di esplicitare la dipendenza del parametro di coalescenza dall’impulso trasverso. Dal confronto delle previsioni del modello così ottenuto con le misure del parametro di coalescenza raccolte da ALICE, si osserva che il parametro di coalescenza di d e 3He non segue l’andamento previsto. Questo risultato evidenzia quindi la necessità di rivedere il modello di sorgente adottato o i suoi limiti di applicazione a diversi sistemi di collisione. In vista della possibilità di implementare il meccanismo di formazione per coalescenza nei generatori Monte Carlo per la simulazione degli antinuclei, si è tentato di caratterizzare la sorgente di protoni attraverso l’utilizzo del generatore PYTHIA 8.3. In particolare, è stata effettuata un’analisi delle coordinate spaziali, della quantità di moto e del tempo di produzione dei protoni a rapidità centrale generati in 10^5 collisioni pp. I grafici ottenuti mostrano che la sorgente è sostanzialmente isotropa.
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Il progetto di tesi, inserito nel contesto degli studi sugli effetti dei cambiamenti climatici, si basa sull’utilizzo di dati radar derivanti dalla piattaforma satellitare Sentinel-1 (missione spaziale dell’Agenzia Spaziale Europea, inserita all’interno del progetto Copernicus) e mareografici, e ha l’obiettivo di verificare (e quindi validare) l’affidabilità dei dati Sentinel-1 per il monitoraggio della velocità e delle dinamiche di scioglimento del ghiacciaio Harald Moltke (Groenlandia) e la relazione con i fenomeni di distaccamento del suo fronte (eventi di “ice-calving”). Il monitoraggio del ghiacciaio e lo studio di questi ultimi eventi sono tra le tematiche legate al cambiamento climatico toccate dal progetto MACMAP (“A Multidisciplinary Analysis of Climate change indicators in the Mediterranean And Polar regions”, PI. A. Guarnieri, INGV) finanziate dell’istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Per ottenere i campi di velocità del ghiacciaio sono stati utilizzati due dataset di immagini satellitari SAR (Sentinel-1) e, questi, elaborati con tecnica Offset tracking: il primo elaborato dal programma PROMICE e il secondo processato appositamente per questo lavoro con il tool SNAP (SentiNel Applications Platform, tool opensource creato dall’Agenzia Spaziale Europea, ESA). Per relazionare i fenomeni di calving con l’andamento della velocità del ghiacciaio sono stati integrati dati mareografici forniti dall’istituto INGV.
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Obiettivo: indagare l’accuratezza diagnostica dei principali test provocativi per la diagnosi di sindrome dello stretto toracico (TOS) neurogena. Metodi: tra Aprile e Settembre 2022 sono state condotte ricerche su 5 banche dati/motori di ricerca elettronici, utilizzando stringhe di ricerca costituite da parole chiave e termini MeSh (Medical Subject Headings). Sono stati inclusi tutti gli studi che indagassero l’accuratezza diagnostica dei test clinici. La valutazione metodologica degli studi è avvenuta attraverso lo strumento di critical appraisal CASP Checklist per gli studi diagnostici. È stata svolta una sintesi qualitativa degli studi considerati eleggibili. Risultati: sono stati identificati in totale 7784 studi, ma solo 12 sono stati inclusi nella revisione. Gli index test indagati erano diversi nei vari studi, così come i reference standard con cui venivano comparati (quando presenti). La qualità metodologica della maggior parte degli studi si è rivelata bassa. L’assenza di reporting standard crea un’eterogeneità tale non permettere la comparazione e la sintesi dei risultati con strumenti statistici. Gli studi sull’accuratezza diagnostica delle manovre provocative sono tra loro contrastanti in termini di risultati e non è possibile trarre conclusioni sicure. Nemmeno gli esami di imaging sembrano così utili per la diagnosi di TOS, ma devono essere utilizzati solo per escludere altre condizioni che possono mimare quadri di TOS neurogenico. Conclusione: la letteratura disponibile non sembra supportare l’utilizzo dei test clinici per la diagnosi di TOS. Al fine di migliorare la ricerca futura, dovrebbero essere introdotti criteri diagnostici univocamente accettati per aiutare nella diagnosi, oltre a ben definite linee guida per il reporting, al fine di creare omogeneità tra gli studi, come suggerito dal comitato della Società di Chirurgia Vascolare.
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Background: L’ictus rappresenta una delle principali patologie neurologiche che causa disabilità a lungo termine con un impatto profondo sulla funzionalità, autonomie della vita quotidiana (ADL) e partecipazione alla vita sociale. Circa il 50% degli individui affetti soffre di deficit cronici dell’arto superiore e solo 1/3 ha un pieno recupero. La realtà virtuale (VR) presenta i presupposti necessari dell’apprendimento motorio come ripetitività, specificità e adattamento del carico di lavoro per favorire la riorganizzazione neurale. Obiettivo: L’obiettivo della scoping review è di svolgere una mappatura della letteratura in cui sia previsto l’impiego della VR come possibile trattamento riabilitativo nel recupero della funzionalità dell’arto superiore in soggetti con esito di stroke in fase cronica, secondo la checklist della PRISMA Extension per le Scoping Review. Disegno dello studio: Sono stati inclusi gli studi pubblicati dall’01 gennaio 2016 al 05 settembre 2022 che prevedessero l’impiego della realtà virtuale, sia immersiva che non immersiva, applicata sull’intero arto superiore nel soggetto con esito di stroke in fase cronica per favorire il recupero della funzionalità dell’arto superiore. I limiti imposti sono: studi in lingua inglese, condotti in un ambiente sanitario con la supervisione di un operatore e il campione coinvolto di età adulta senza ulteriori patologie neurologiche. Le banche dati elettroniche coinvolte sono Pubmed, Cochrane library, PEDro, Scopus e Web of science. Risultati: Sono stati inclusi 5 evidenze scientifiche (1 RCT, 2 trial non controllati e 2 case report) che impiegassero la VR sull’arto superiore e svolgere ADL o attività ludiche nell’ambiente virtuale. Conclusione: Si evince che l’impiego della VR potrebbe favorire il recupero e il mantenimento della funzionalità dell’arto superiore nei soggetti con esito di stroke in fase cronica, ma sono necessari ulteriori studi futuri di maggiore rilevanza e validità scientifica.
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La lesione del midollo spinale (LM) è una complessa condizione fisica che racchiude in sé sfide di carattere biomedico nonché etico-giuridico. La complessità della LM nonché la diversificazione delle esperienze dei singoli soggetti affetti da LM rendono questo un topic di grande interesse per la ricerca biomedicale, in relazione a nuovi metodi di cura e di riabilitazione dei soggetti. In particolare, la sinergia tra i saperi medico, informatici e ingegneristici ha permesso di sviluppare nuove tecnologie di comunicazione e di controllo neurologico e motorio che, capaci di sopperire a deficit cerebrali e/o motori causati da LM, consentono ai pazienti di avere una qualità di vita sensibilmente migliore, anche in termini di autonomia. Tra queste nuove tecnologie assistive primeggiano per efficacia e frequenza di utilizzo le Brain Computer Interfaces (BCI), strumenti ingegneristici che, attraverso la misurazione e l’analisi di segnali provenienti dall’attività cerebrale, traducono il segnale registrato in specifici comandi, rappresentando per l’utente con LM un canale di comunicazione con l’ambiente esterno, alternativo alle normali vie neurali. In questo elaborato l’analisi di due sperimentazioni, una su scimmia l’altra su uomo, entrambi affetti da LM, con differenti sistemi di monitoraggio dell’attività neurale, ha permesso di evidenziare un limite della ricerca sul topic: nonostante i promettenti risultati ottenuti su primati non umani, il carattere invasivo del sistema BCI–EES rende difficile traslare la sperimentazione su uomo. La sperimentazione su LM pone delle sfide anche dal punto di vista etico: sebbene siano auspicati lo sviluppo e l’applicazione di metodi alternativi alla sperimentazione animale, l’impiego di primati non umani appare ancora una scelta obbligata nel campo della ricerca di soluzioni terapeutiche finalizzate al ripristino della funzione locomotoria, per via della stretta affinità in termini di conformazione fisica, genetica e anatomica.
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La stenosi spinale lombare (LSS) è un processo degenerativo frequente nell’attuale popolazione anziana e può essere considerata come la causa principale di chirurgia spinale nei pazienti di età superiore ai sessantacinque anni. Comporta un restringimento del forame vertebrale, che, nei casi più gravi, causa una compressione del midollo spinale e degli elementi neurali e vascolari situati nel tratto lombo-sacrale. Uno dei trattamenti chirurgici di decompressione utilizzato è l’emilaminectomia, che, prevedendo la resezione della lamina di un solo lato della vertebra e di parte del legamento giallo, può portare a una riduzione della stabilità spinale. L’obiettivo di questo studio in vitro è quello di analizzare l’impatto dell’emilaminectomia sulla biomeccanica del rachide. Sei provini, estratti da rachide umano e costituiti da quattro vertebre lombari e una sacrale (L2-S1), sono stati testati meccanicamente in flessione, estensione e flessione laterale sinistra e destra in due condizioni di prova: intatti e post emilaminectomia. La stabilità spinale è stata valutata calcolando il Range of Motion tra le vertebre L2 e S1 agli estremi dei provini. Mediante l’algoritmo di Digital Image Correlation (DIC), sono state estratte e valutate le distribuzioni delle deformazioni dell’intero provino, valutando, in particolare, le deformazioni principali massime e minime sulla superficie del disco intervertebrale L4-L5. I risultati hanno mostrato che l’emilaminectomia ha causato una diminuzione significativa della stabilità spinale solo in flessione, con un aumento del Range of Motion del 54%. L’emilaminectomia non ha causato variazioni nelle distribuzioni delle deformazioni in ogni configurazione di carico. Le deformazioni principali minime sul disco intervertebrale L4-L5, tra le due vertebre in cui è stata eseguita l’emilaminectomia, sono aumentate, in modo statisticamente significativo, del 38% nella flessione nel lato in cui è stato svolto l’intervento di emilaminectomia.
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L’immunoterapia è una delle tecniche più all’avanguardia per la lotta contro il cancro e si basa sull’aumento delle prestazioni del sistema immunitario attraverso anticorpi monoclonali (ovvero farmaci immunoterapici). Grazie a questi, la terapia garantisce l’inibizione dei checkpoint immunologici, che permettono alle cellule del sistema immunitario di riconoscere la presenza del tumore e aggredirlo fino a eradicarlo. La tesi propone una soluzione frazionaria al problema della crescita tumorale, basandosi su un modello di Kuznetsov esteso dove viene presa in considerazione anche il parametro di concentrazione di Interleuchina-2. Tramite un’analisi di stabilità del modello proposto è possibile arrivare a un valore di sigma, ovvero il rateo di cellule effettrici, per il quale il sistema delle cellule tumorali viene completamente eradicato. Una volta trovata la condizione di stabilità e calcolato il valore di alpha (ordine della derivata frazionaria) che approssima al meglio la crescita tumorale nel caso reale, viene proposto un sistema di controllo automatico in retroazione basato sul numero di cellule effettrici per automatizzare il processo immunoterapico.