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Mhrauli, New Delhi, India: riqualificazione del parco archeologico e progetto di nuovi spazi museali
Resumo:
Lo spazio periurbano della città di Mehrauli è caratterizzato dalla massiccia presenza di reperti archeologici di importanza rilevante. L’intervento si pone come obbiettivo la valorizzazione di questo vasto patrimonio storico-culturale attraverso il progetto di un parco archeologico che alterna verde attrezzato ad un reticolo di percorsi connettivi. In particolare il parco archeologico individua un sistema museale capace di connettere il tessuto urbano della città ai reperti storici più rilevanti. Il sistema parco si connette quindi alla città attraverso la realizzazione di servizi, dove oltre al museo possono essere individuati: un mercato, un aggregato residenziale e differenti edifici che possono ospitare in maniera flessibile diverse attività.
Resumo:
Riconoscere un gesto, tracciarlo ed identificarlo è una operazione complessa ed articolata. Negli ultimi anni, con l’avvento massivo di interfacce interattive sempre più sofisticate, si sono ampliati gli approcci nell’interazione tra uomo e macchina. L’obiettivo comune, è quello di avere una comunicazione “trasparente” tra l’utente e il computer, il quale, deve interpretare gesti umani tramite algoritmi matematici. Il riconoscimento di gesti è un modo per iniziare a comprendere il linguaggio del corpo umano da parte della macchina. Questa disciplina, studia nuovi modi di interazione tra questi due elementi e si compone di due macro obiettivi : (a) tracciare i movimenti di un particolare arto; (b) riconoscere tale tracciato come un gesto identificativo. Ognuno di questi due punti, racchiude in sé moltissimi ambiti di ricerca perché moltissimi sono gli approcci proposti negli anni. Non si tratta di semplice cattura dell’immagine, è necessario creare un supporto, a volte molto articolato, nel quale i dati grezzi provenienti dalla fotocamera, necessitano di filtraggi avanzati e trattamenti algoritmici, in modo tale da trasformare informazioni grezze, in dati utilizzabili ed affidabili. La tecnologia riguardo la gesture recognition è rilevante come l’introduzione delle interfacce tattili sui telefoni intelligenti. L’industria oggi ha iniziato a produrre dispositivi in grado di offrire una nuova esperienza, la più naturale possibile, agli utenti. Dal videogioco, all’esperienza televisiva gestita con dei piccoli gesti, all’ambito biomedicale, si sta introducendo una nuova generazione di dispositivi i cui impieghi sono innumerevoli e, per ogni ambito applicativo, è necessario studiare al meglio le peculiarità, in modo tale da produrre un qualcosa di nuovo ed efficace. Questo lavoro di tesi ha l’obiettivo di apportare un contributo a questa disciplina. Ad oggi, moltissime applicazioni e dispositivi associati, si pongono l’obiettivo di catturare movimenti ampi: il gesto viene eseguito con la maggior parte del corpo e occupa una posizione spaziale rilevante. Questa tesi vuole proporre invece un approccio, nel quale i movimenti da seguire e riconoscere sono fatti “nel piccolo”. Si avrà a che fare con gesti classificati fini, dove i movimenti delle mani sono compiuti davanti al corpo, nella zona del torace, ad esempio. Gli ambiti applicativi sono molti, in questo lavoro si è scelto ed adottato l’ambito artigianale.
Resumo:
La crisi del “teatro come servizio pubblico” degli Stabili, Piccolo Teatro in testa, si manifesta allo stadio di insoddisfazione interna già alla fine degli anni Cinquanta. Se dal punto di vista della pratica scenica, la prima faglia di rottura è pressoché unanimemente ricondotta alla comparsa delle primissime messe in scena –discusse, irritanti e provocatorie- di Carmelo Bene e Quartucci (1959-60) più difficile è individuare il corrispettivo di un critico-intellettuale apportatore di una altrettanto deflagrante rottura. I nomi di Arbasino e di Flaiano sono, in questo caso, i primi che vengono alla mente, ma, seppure portatori di una critica sensibile al “teatro ufficiale”, così come viene ribattezzato dopo il Convegno di Ivrea (1967) il modello attuato dagli Stabili, essi non possono, a ben vedere, essere considerati i veri promotori di una modalità differente di fare critica che, a partire da quel Convegno, si accompagnerà stabilmente alla ricerca scenica del Nuovo Teatro. Ma in cosa consiste, allora, questa nuova “operatività” critica? Si tratta principalmente di una modalità capace di operare alle soglie della scrittura, abbracciando una progressiva, ma costante fuoriuscita dalla redazione di cronache teatrali, per ripensare radicalmente la propria attività in nuovi spazi operativi quali le riviste e l’editoria di settore, un rapporto sempre più stretto con i mass-media quali radio e televisione e la pratica organizzativa di momenti spettacolari e teorici al contempo -festival, convegni, rassegne e premi- per una forma di partecipazione poi identificata come “sporcarsi le mani”. La seconda parte della tesi è una raccolta documentaria sull’oggi. A partire dal Manifesto dei Critici Impuri redatto nel 2003 a Prato da un gruppo di critici dell'ultima generazione, la tesi utilizza quella dichiarazione come punto di partenza per creare un piccolo archivio sull’oggi raccogliendo le elaborazioni di alcune delle esperienze più significative di questi dieci anni. Ricca appendice di materiali.
Resumo:
L’aumento dei costi in sanità, l’aumentata prevalenza delle patologie croniche, le disuguaglianze attuali, evidenziano la domanda crescente di una popolazione fragile che richiede una risposta globale ai bisogni della persona nel suo insieme, attraverso la costruzione di un sistema sanitario integrato che ne garantisca una presa in carico efficace. Riuscire a gestire le patologie croniche in modo appropriato è la sfida a cui sono chiamati i professionisti socio-sanitari; ma quali sono gli elementi per riuscirci? Le evidenze scientifiche dimostrano che è fondamentale l’integrazione tra i professionisti e lo sviluppo dei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA). In quest’ottica, in Italia e in particolare in Emilia-Romagna e nell’Azienda USL di Bologna si sono succeduti, e ancora si stanno evolvendo, diversi modelli di organizzazione per migliorare la gestione appropriata delle patologie croniche e l’aderenza alle linee guida e/o ai PDTA. Il ruolo del medico di medicina generale (MMG) è ancora fondamentale e il suo contributo integrato a quello degli gli altri professionisti coinvolti sono imprescindibili per una buona gestione e presa in carico del paziente cronico. Per questo motivo, l’Azienda USL di Bologna ha sviluppato e implementato una politica strategica aziendale volta a disegnare i PDTA e incoraggiato la medicina generale a lavorare sempre di più in gruppo, rispetto al modello del singolo medico. Lo studio ha individuato nelle malattie cardiovascolari, che rimangono la causa principale di morte e morbilità, il suo focus prendendo in esame, in particolare,lo scompenso cardiaco e il post-IMA. L’obiettivo è verificare se e quanto il modello organizzativo, le caratteristiche del medico e del paziente influiscono sul buon management delle patologie croniche in esame valutando la buona adesione alla terapia farmacologica raccomandata dalle linee guida e/o PDTA dello scompenso cardiaco e post-IMA.
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Se le trasformazioni sociali in atto tendono a esasperare il senso di incertezza, sradicamento ed individualismo, sussistono pratiche che si contrappongono alle tendenze dominanti, finalizzate a ricucire i legami sociali su scala locale. La progettazione urbano-architettonica interiorizza il nuovo bisogno di comunità originando soluzioni abitative tese a favorire gli scambi informali fra vicini, facendo leva sul concetto di capitale sociale, attaccamento al quartiere, identità del luogo e partecipazione. La casa, simbolo di stabilità e sicurezza ma anche di privacy, privatismo familiare, diventa sempre più oggetto di studi, domanda sociale e intervento politico. Soprattutto è sempre più intesa come un nodo di relazioni familiari in una rete di relazioni sociali più ampie. Casa e quartiere incidono nella esperienza di benessere e socialità familiare? In che modo gli spazi urbani e architettonici influenzano la coesione sociale? Quale il ruolo degli abitanti nello sviluppare socialità e integrazione? Sono queste le domande che ci siamo posti per rilevare le dinamiche sociali e culturali dell’abitare attraverso uno studio di caso condotto in due quartieri simili. Dalla ricerca emerge come il significato della casa non sia univoco ma cambi rispetto al ciclo di vita familiare e a quello economico e ciò incide nella partecipazione alle attività di quartiere. Mostriamo inoltre come lo spazio fisico costruito crea importanti opportunità per gli scambi informali e per il benessere familiare e individuale dei bambini ma che, il contesto sociale sia una discriminate fondamentale. Nel quartiere dove è presente una organizzazione di abitanti il numero delle relazioni di vicinato aumenta, cambiano anche la qualità delle relazioni e le distanze fisiche fra i vicini. Emerge inoltre che la reciprocità è il principale strumento di costruzione della coesione comunitaria interna e crea un atteggiamento di apertura e fiducia che va al di là dei confini di quartiere.
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Il successo di un’impresa dipende dall’ottima gestione di ogni singolo settore della stessa. La gestione del magazzino è un settore tra i tanti ma riveste un ruolo fondamentale all’interno dell’azienda. La buona gestione di un magazzino, infatti, permette non solo di evitare un’immobilizzazione di capitale eccessiva, un’ottimizzazione degli spazi e un taglio dei costi per la sua gestione, ma anche la soddisfazione del cliente finale dell’azienda. Tuttavia per quanta attenzione richieda la gestione di un magazzino, non essendo il fulcro strategico del business, molte aziende che ovviamente non si occupano di stoccaggio, preferiscono non perdere troppo tempo e risorse nella sua gestione. Questa scelta se sul breve tempo permette una gestione più esile dell’azienda e una maggiore concentrazione sulla creazione di business, a lungo andare essa può creare alcune forti perdite di margine e consistenti costi per risolvere disordini e per ri-ottimizzare un importante processo trascurato. Il presente documento, mostra lo studio di un’applicazione reale dove si ha un primo inquadramento generale che descrive la situazione iniziale di partenza ottenendo una “fotografia” del magazzino, successivamente si individuano le criticità dovute in questo caso alle modalità di stoccaggio errate; infine il documento si sviluppa attraverso due analisi differenti che generano risultati diversi, si deciderà di realizzare l’alternativa che origina i risultati migliori in termini di costi, metri percorsi e tempi che devono essere più ridotti possibile.
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Questo lavoro si occupa di studiare l’effetto delle rappresentazioni sociali della musica degli studenti universitari che diventeranno insegnanti di scuola dell’infanzia e in particolare i cambiamenti che intervengono durante il periodo di formazione universitaria sia italiana sia venezuelana. Obiettivo fondamentale è quindi realizzare un’analisi comparativa sulle seguenti tematiche: bambino musicale, competenze dell’insegnante e finalità dell’educazione musicale. Questo lavoro si è inserito all’interno del progetto “Il sapere musicale come rappresentazione sociale” (Addessi-Carugati 2010). L’ipotesi guida è che le concezioni implicite della musica funzionino come rappresentazioni sociali che influenzano le pratiche dell’insegnamento e dell’educazione musicale. Il primo capitolo, affronta i temi dei bambini, degli insegnanti e dell’educazione musicale nella scuola dell’infanzia in Italia e Venezuela. Nel secondo vengono presentati gli studi sui saperi musicali; la teoria delle rappresentazioni sociali (Moscovici 1981) e il progetto pilota realizzato presso l’Università di Bologna “Il sapere musicale come Rappresentazione Sociale”. Il capitolo successivo presenta l'analisi e l'interpretazione dell’indagine empirica effettuata su un gruppo di studenti dei corsi di formazione per insegnanti dell’Università di Mérida (Venezuela). Nel quarto capitolo si sviluppano riflessioni e discussioni riguardo i risultati dello studio comparativo; i piani e programmi di studio universitari e il profilo professionale musicale dell’insegnante. Le conclusioni finali illustrano come l’ipotesi iniziale sia effettivamente confermata: dall’analisi e interpretazione dei dati sembra che le concezioni implicite sui saperi musicali possedute dagli studenti influiscano sulla loro pratica professionale in qualità di futuri insegnanti. Si è anche osservato che le differenze incontrate sembrano essere dovute ai diversi tipi di variabili del contesto dove si trova l’insegnante di educazione musicale; e soprattutto ai significati espressi dai programmi di studi, dai contenuti didattici diversi, dai contesti sociali e culturali e dal curriculum universitario.