274 resultados para Gesso


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O presente trabalho foi desenvolvido com o objetivo de avaliar o efeito do cultivo prévio do capim-Marandu (Brachiaria brizantha cv. Marandu), da aplicação de corretivos e da compactação do solo no acúmulo de macronutrientes pela soja cultivada em sucessão. O delineamento experimental foi inteiramente casualizado em esquema fatorial 4 x 6 x 2, com três repetições. Os fatores de estudo foram quatro densidades do solo: 1,0; 1,20; 1,40 e 1,60 Mg m-3; seis tratamentos de correção: 1) controle, sem correção; 2) calcário; 3) silicato de cálcio; 4) gesso; 5) calcário + gesso; 6) silicato de cálcio + gesso; além de dois sistemas de cultivo: com e sem cultivo prévio do capim-Marandu. As unidades experimentais foram compostas por vasos de tubos de PVC de 20 cm de diâmetro, compostos por dois anéis: o anel inferior, de 40 cm de altura, recebeu o solo sob condições naturais e densidade de 1,0 Mg m-3; o anel superior, com 20 cm de altura representando 6,28 dm³, recebeu os tratamentos de densidades, correção e gesso como descrito adiante. Em cada um foram conduzidas três plantas de soja (cv. Conquista) até o final do ciclo, quando o acúmulo de macronutrientes pela cultura foi avaliado. Os resultados mostraram que o cultivo prévio do capim-Marandu e o uso de corretivos amenizaram os efeitos negativos da compactação do solo sobre a nutrição da soja. A utilização de corretivos do solo contribuiu para o aumento no acúmulo de macronutrientes na parte aérea da soja, porém o incremento na compactação diminuiu o acúmulo de N, P, K, Ca, Mg e S. A compactação do solo persistiu parcialmente mediante o cultivo prévio com o capim marandu.

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Lo studio effettuato verte sulla ricerca delle cave storiche di pietra da taglio in provincia di Bologna, facendo partire la ricerca al 1870 circa, data in cui si hanno le prime notizie cartacee di cave bolognesi. Nella ricerca si è potuto contare sull’aiuto dei Dott. Stefano Segadelli e Maria Tersa De Nardo, geologi della regione Emilia-Romagna, che hanno messo a disposizione la propria conoscenza e le pubblicazioni della regione a questo scopo. Si è scoperto quindi che non esiste in bibliografia la localizzazione di tali cave e si è cercato tramite l’utilizzo del software ArcGIS , di georeferenziarle, correlandole di informazioni raccolte durante la ricerca. A Bologna al momento attuale non esistono cave di pietra da taglio attive, così tutte le fonti che si sono incontrate hanno fornito dati parziali, che uniti hanno permesso di ottenere una panoramica soddisfacente della situazione a inizio secolo scorso. Le fonti studiate sono state, in breve: il catasto cave della regione Emilia-Romagna, gli shape preesistenti della localizzazione delle cave, le pubblicazioni “Uso del Suolo”, oltre ai dati forniti dai vari Uffici Tecnici dei comuni nei quali erano attive le cave. I litotipi cavati in provincia sono quattro: arenaria, calcare, gesso e ofiolite. Per l’ofiolite si tratta di coltivazioni sporadiche e difficilmente ripetibili dato il rischio che può esserci di incontrare l’amianto in queste formazioni; è quindi probabile che non verranno più aperte. Il gesso era una grande risorsa a fine ‘800, con molte cave aperte nella Vena del Gesso. Questa zona è diventata il Parco dei Gessi Bolognesi, lasciando alla cava di Borgo Rivola il compito di provvedere al fabbisogno regionale. Il calcare viene per lo più usato come inerte, ma non mancano esempi di formazioni adatte a essere usate come blocchi. La vera protagonista del panorama bolognese rimane l’arenaria, che venne usata da sempre per costruire paesi e città in provincia. Le cave, molte e di ridotte dimensioni, sono molto spesso difficili da trovare a causa della conseguente rinaturalizzazione. Ci sono possibilità però di vedere riaprire cave di questo materiale a Monte Finocchia, tramite la messa in sicurezza di una frana, e forse anche tramite la volontà di sindaci di comunità montane, sensibili a questo argomento. Per avere una descrizione “viva” della situazione attuale, sono stati intervistati il Dott. Maurizio Aiuola, geologo della Provincia di Bologna, e il Geom. Massimo Romagnoli della Regione Emilia-Romagna, che hanno fornito una panoramica esauriente dei problemi che hanno portato ad avere in regione dei poli unici estrattivi anziché più cave di modeste dimensioni, e delle possibilità future. Le grandi cave sono, da parte della regione, più facilmente controllabili, essendo poche, e più facilmente ripristinabili data la disponibilità economica di chi la gestisce. Uno dei problemi emersi che contrastano l’apertura di aree estrattive minori, inoltre, è la spietata concorrenza dei materiali esteri, che costano, a parità di qualità, circa la metà del materiale italiano. Un esempio di ciò lo si è potuto esaminare nel comune di Sestola (MO), dove, grazie all’aiuto e alle spiegazioni del Geom. Edo Giacomelli si è documentato come il granito e la pietra di Luserna esteri utilizzati rispondano ai requisiti di resistenza e non gelività che un paese sottoposto ai rigori dell’inverno richiede ai lapidei, al contrario di alcune arenarie già in opera provenienti dal comune di Bagno di Romagna. Alla luce di questo esempio si è proceduto a calcolare brevemente l’ LCA di questo commercio, utilizzando con l’aiuto dell’ Ing. Cristian Chiavetta il software SimaPRO, in cui si è ipotizzato il trasporto di 1000 m3 di arenaria da Shanghai (Cina) a Bologna e da Karachi (Pakistan) a Bologna, comparandolo con le emissioni che possono esserci nel trasporto della stessa quantità di materiale dal comune di Monghidoro (BO) al centro di Bologna. Come previsto, il trasporto da paesi lontani comporta un impatto ambientale quasi non comparabile con quello locale, in termini di consumo di risorse organiche e inorganiche e la conseguente emissione di gas serra. Si è ipotizzato allora una riapertura di cave locali a fini non edilizi ma di restauro; esistono infatti molti edifici e monumenti vincolati in provincia, e quando questi devono essere restaurati, dove si sceglie di cavare il materiale necessario e rispondente a quello già in opera? Al riguardo, si è passati attraverso altre due interviste ai Professori Francesco Eleuteri, architetto presso la Soprintendenza dei Beni Culturali a Bologna e Gian Carlo Grillini, geologo-petrografo e esperto di restauro. Ciò che è emerso è che effettivamente non esiste attualmente una panoramica soddisfacente di quello che è il patrimonio lapideo della provincia, mancando, oltre alla georeferenziazione, una caratterizzazione minero-petrografica e fisico-meccanica adeguata a poter descrivere ciò che veniva anticamente cavato; l’ipotesi di riapertura a fini restaurativi potrebbe esserci, ma non sembra essere la maggiore necessità attualmente, in quanto il restauro viene per lo più fatto senza sostituzioni o integrazioni, tranne rari casi; è pur sempre utile avere una carta alla mano che possa correlare l’edificio storico con la zona di estrazione del materiale, quindi entrambi i professori hanno auspicato una prosecuzione della ricerca. Si può concludere dicendo che la ricerca può proseguire con una migliore e più efficace localizzazione delle cave sul terreno, usando anche come fonte il sapere della popolazione locale, e di procedere con una parte pratica che riguardi la caratterizzazione minero-petrografica e fisico-meccanica. L’utilità di questi dati può esserci nel momento in cui si facciano ricerche storiche sui beni artistici presenti a Bologna, e qualora si ipotizzi una riapertura di una zona estrattiva.

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La fissazione esterna si propone come una metodica alternativa molto valida nel trattamento delle fratture di bacino e delle ossa lunghe, nel massimo rispetto delle parti molli e dell’osso, e nel recupero precoce del movimento articolare. I maggiori vantaggi nell’utilizzo dei fissatori esterni sono rappresentati: dalla possibilità di essere utilizzati in una gamma di situazioni complesse, nelle quali le tecniche tradizionali non danno buoni risultati (ad esempio fratture esposte), dalla semplicità del procedimento chirurgico, dal fatto che evitano un secondo tempo chirurgico per la rimozione dei mezzi di sintesi. Contrariamente a tutti i mezzi di sintesi inoltre, sono indicati nel caso di infezioni. A livello articolare invece, la loro presenza, contrariamente a un gesso, consente la mobilizzazione precoce, sia passiva che attiva, dell’arto interessato, fondamentale per una completa ripresa funzionale. L'esperienza di questa tesi ha mostrato che i criteri di valutazione di un sistema di fissazione esterna sono rappresentati da: stabilità dell’impianto, cioè la capacità del sistema di mantenere la riduzione ottenuta resistendo alle forze di sollecitazione nel tempo, deformabilità elastica dell’impianto, cioè la possibilità di consentire e promuovere micromovimenti a livello del focolaio di frattura, versatilità dell’impianto, cioè la possibilità di realizzare montaggi diversi per rispondere a specifiche richieste terapeutiche, massimo rispetto biologico da parte degli elementi di presa, con un’accettabile ingombro per evitare intolleranze soggettive e semplicità d’applicazione. Pertanto i vantaggi clinici sono: minima invasività, sintesi stabile, compressione inter-frammentaria, versatilità, mobilizzazione precoce e carico precoce. Il presente lavoro si è rivelato uno strumento utile per arrivare alla progettazione finale di un sistema circolare e di un sistema ibrido che possano rispondere entrambi a tutti i requisiti sopra elencati. Ha focalizzato innanzitutto la propria attenzione su un sistema circolare, con il fine ultimo di descrivere in quale modo esso risponde all’applicazione di differenti cicli di carico. La particolarità del sistema studiato è rappresentata dalla possibilità di combinare il sistema circolare con un dispositivo articolato di ginocchio, costituendo così un sistema ibrido di fissazione esterna. Il sistema ibrido ha unito la rigidezza garantita dal sistema monolaterale all’elasticità dei sistemi circolari, in modo tale che le forze, che altrimenti agirebbero sul focolaio di frattura, si possano scaricare sia sul dispositivo monolaterale sia sui cerchi. L’elaborato ha focalizzato quindi la sua attenzione sul sistema ibrido, formato dalla combinazione del sistema circolare e del dispositivo monolaterale articolato, con il fine ultimo di descrivere come anch’esso risponde all’applicazione di differenti cicli di carico.

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O presente trabalho tem o objetivo de verificar as angulações e as inclinações dentárias obtidas no final do tratamento ortodôntico, em casos tratados com aparelho ortodôntico fixo e prescrição MBT e compará-las com os valores encontrados por Andrews para a oclusão normal natural. Foram utilizados 30 pares de modelos de gesso finais, de 30 pacientes, tratados, na faixa etária de 13 a 23 anos. Como pré-requisitos, estes pacientes não deveriam ter sido submetidos a qualquer tipo de intervenção ortopédica, uso de elásticos intermaxilares, compensações dento-alveolares e tratamentos realizados com extração. Para a mensuração da angulação mésio-distal e da inclinação vestíbulo-lingual utilizou-se um dispositivo, desenvolvido em pesquisa anterior, capaz de realizar tais medições. De acordo com a metodologia empregada e diante dos resultados obtidos, pôde-se concluir que as angulações das coroas dentárias tanto superiores quanto inferiores apresentaram valores positivos. Quanto às inclinações das coroas dentárias, em ambos os arcos dentários, foram encontrados valores positivos para os incisivos centrais e laterais, ao passo que caninos, pré-molares e primeiros molares apresentaram valore s negativos. Variações individuais estiveram presentes nas duas mensurações realizadas. Ao comparar nossos resultados com os de Andrews, obtivemos diferenças estatisticamente significantes para a maioria dos dentes, em ambas as medidas efetuadas.

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Com a finalidade de determinar as formas do arco dentário inferior de maior incidência na oclusão normal natural, utilizou-se um método matemático associado ao emprego de uma função polinomial, o qual foi aplicado a 63 modelos de arcadas inferiores selecionados a partir de 6118 adolescentes. Todos os indivíduos eram portadores de dentição permanente, incluindo os segundos molares, e oclusão normal natural. Em cada dente foi fixada uma esfera de vidro, que teve a função de simular o acessório do aparelho ortodôntico, sendo utilizada na medição das distâncias entre o centro da imagem dessas esferas aos eixos x e y. Após a digitalização dos modelos de gesso, as imagens foram plotadas em um programa de computador, a fim de se obterem a função polinomial de sexto grau e o gráfico dessa função para os 126 segmentos de curva, originados das secções das imagens em lado direito e esquerdo. A seguir organizaram-se esses segmentos, de acordo com as características da curvatura anterior dos arcos dentários, em oito grupos diferentes de formas, que receberam as denominações de Forma A, Forma B, Forma C, Forma D, Forma E, Forma F, Forma G, Forma H. Cada grupo foi, então, dividido em três subgrupos, conforme os tamanhos pequeno, médio e grande. Os resultados indicaram 23 formas representativas do arco dentário inferior e uma forma média para a oclusão normal natural.

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O presente trabalho tem o objetivo de verificar as angulações e as inclinações dentárias obtidas no final do tratamento ortodôntico, em casos tratados com aparelho ortodôntico fixo e prescrição MBT e compará-las com os valores encontrados por Andrews para a oclusão normal natural. Foram utilizados 30 pares de modelos de gesso finais, de 30 pacientes, tratados, na faixa etária de 13 a 23 anos. Como pré-requisitos, estes pacientes não deveriam ter sido submetidos a qualquer tipo de intervenção ortopédica, uso de elásticos intermaxilares, compensações dento-alveolares e tratamentos realizados com extração. Para a mensuração da angulação mésio-distal e da inclinação vestíbulo-lingual utilizou-se um dispositivo, desenvolvido em pesquisa anterior, capaz de realizar tais medições. De acordo com a metodologia empregada e diante dos resultados obtidos, pôde-se concluir que as angulações das coroas dentárias tanto superiores quanto inferiores apresentaram valores positivos. Quanto às inclinações das coroas dentárias, em ambos os arcos dentários, foram encontrados valores positivos para os incisivos centrais e laterais, ao passo que caninos, pré-molares e primeiros molares apresentaram valore s negativos. Variações individuais estiveram presentes nas duas mensurações realizadas. Ao comparar nossos resultados com os de Andrews, obtivemos diferenças estatisticamente significantes para a maioria dos dentes, em ambas as medidas efetuadas.

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Com a finalidade de determinar as formas do arco dentário inferior de maior incidência na oclusão normal natural, utilizou-se um método matemático associado ao emprego de uma função polinomial, o qual foi aplicado a 63 modelos de arcadas inferiores selecionados a partir de 6118 adolescentes. Todos os indivíduos eram portadores de dentição permanente, incluindo os segundos molares, e oclusão normal natural. Em cada dente foi fixada uma esfera de vidro, que teve a função de simular o acessório do aparelho ortodôntico, sendo utilizada na medição das distâncias entre o centro da imagem dessas esferas aos eixos x e y. Após a digitalização dos modelos de gesso, as imagens foram plotadas em um programa de computador, a fim de se obterem a função polinomial de sexto grau e o gráfico dessa função para os 126 segmentos de curva, originados das secções das imagens em lado direito e esquerdo. A seguir organizaram-se esses segmentos, de acordo com as características da curvatura anterior dos arcos dentários, em oito grupos diferentes de formas, que receberam as denominações de Forma A, Forma B, Forma C, Forma D, Forma E, Forma F, Forma G, Forma H. Cada grupo foi, então, dividido em três subgrupos, conforme os tamanhos pequeno, médio e grande. Os resultados indicaram 23 formas representativas do arco dentário inferior e uma forma média para a oclusão normal natural.

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A preocupação com o estudo das formas e dimensões das arcadas dentárias sempre esteve presente na ciência ortodôntica. Para a Ortodontia Lingual, que surgiu no final da década de 70, o primeiro artigo publicado foi o Fujita, onde relatou sobre a forma do arco a ser utilizado nesta técnica, a forma de cogumelo. Apesar de estar sendo divulgada de uma maneira mais intensa nestes últimos anos como uma solução estética definitiva e eficaz, o enfoque dos estudos sobre esta técnica tem sido a fabricação de novos materiais, técnicas de montagem do aparelho lingual e soluções clínicas, com poucas menções sobre a morfologia das arcadas dentárias. O presente trabalho tem a finalidade de estudar as formas e dimensões linguais das arcadas dentárias de indivíduos leucodermas com oclusão normal. Foram utilizados 47 pares de modelos de gesso de oclusão normal digitalizados pela face olcusal, previamente desgastadas até o terço médio da coroa para proporcionar melhor visualização. Por meio do programa CorelDraw 12 foram determinados pontos de referências e criados alguns pontos virtuais necessários para a realização das medidas. Os resultados determinaram três formas das arcadas dentárias linguais: cogumelo, árvore de Natal e mista. A maior prevalência foi a forma árvore de Natal, mas quando analisadas separadamente as arcadas dentárias linguais, encontrados no superior, maior prevalência da forma de cogumelo e no inferior da forma árvore de Natal. Conseqüentemente, esta foi a combinação mais prevalente entre as arcadas dentárias linguais superiores e inferiores. Propusemos diagramas para conformação de arcos ortodônticos linguais com base nos valores obtidos da amostra, determinando-se o quartil 1, mediana e quartil 3, como definidores dos tamanhos pequeno, médio e grande.

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A preocupação com o estudo das formas e dimensões das arcadas dentárias sempre esteve presente na ciência ortodôntica. Para a Ortodontia Lingual, que surgiu no final da década de 70, o primeiro artigo publicado foi o Fujita, onde relatou sobre a forma do arco a ser utilizado nesta técnica, a forma de cogumelo. Apesar de estar sendo divulgada de uma maneira mais intensa nestes últimos anos como uma solução estética definitiva e eficaz, o enfoque dos estudos sobre esta técnica tem sido a fabricação de novos materiais, técnicas de montagem do aparelho lingual e soluções clínicas, com poucas menções sobre a morfologia das arcadas dentárias. O presente trabalho tem a finalidade de estudar as formas e dimensões linguais das arcadas dentárias de indivíduos leucodermas com oclusão normal. Foram utilizados 47 pares de modelos de gesso de oclusão normal digitalizados pela face olcusal, previamente desgastadas até o terço médio da coroa para proporcionar melhor visualização. Por meio do programa CorelDraw 12 foram determinados pontos de referências e criados alguns pontos virtuais necessários para a realização das medidas. Os resultados determinaram três formas das arcadas dentárias linguais: cogumelo, árvore de Natal e mista. A maior prevalência foi a forma árvore de Natal, mas quando analisadas separadamente as arcadas dentárias linguais, encontrados no superior, maior prevalência da forma de cogumelo e no inferior da forma árvore de Natal. Conseqüentemente, esta foi a combinação mais prevalente entre as arcadas dentárias linguais superiores e inferiores. Propusemos diagramas para conformação de arcos ortodônticos linguais com base nos valores obtidos da amostra, determinando-se o quartil 1, mediana e quartil 3, como definidores dos tamanhos pequeno, médio e grande.

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O conhecimento prévio do posicionamento dos dentes nas arcadas dentárias é um dos assuntos importantes em Ortodontia, para que o diagnóstico e a planificação do tratamento sejam corretamente realizados e, principalmente, para que o prognóstico da estabilidade da correção seja favorável. A literatura comprova a necessidade da avaliação das arcadas dentárias quanto à sua forma, dimensão e posição dos dentes, respeitando-se as variações individuais. Este estudo objetivou definir o posicionamento dos dentes nas arcadas dentárias, determinando a média de desvios lineares e angulares, no plano horizontal. Para tanto, utilizou-se uma amostra de 61 pares de modelos de gesso, obtidos de jovens brasileiros, leucodermas, com idades de 12 a 21 anos portadores de oclusão normal. Após o preparo, estes modelos foram digitalizados por vista oclusal e inseridos em um programa computadorizado CorelDraw 9, onde foram obtidas curvas e linhas que determinaram as variáveis lineares e angulares nas arcadas superiores e inferiores. Com base nos resultados obtidos, para esta amostra, pode-se concluir que na arcada superior, os incisivos laterais se posicionam para lingual em relação aos incisivos centrais e caninos; os caninos em relação aos incisivos centrais encontram-se para vestibular; os caninos em relação aos primeiros pré-molares se posicionam para lingual; entre pré-molares não há proeminência de nenhum deles; os segundos pré-molares estão para lingual em relação aos primeiros molares; e, os segundos molares se posicionam para lingual quando comparados aos primeiros molares. Na arcada inferior os caninos se encontram para vestibular em relação aos incisivos; os primeiros pré-molares se posicionam para lingual em relação aos caninos e aos segundos pré-molares; os segundos pré-molares em relação aos primeiros molares estão para vestibular; e, os segundos molares se posicionam para lingual em relação aos primeiros molares. Nas variáveis angulares, com exceção dos segundos molares inferiores em relação aos primeiros molares, todas as porções distais das faces vestibulares dos molares superiores e inferiores se encontram para lingual em comparação com as porções mesiais.

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O conhecimento prévio do posicionamento dos dentes nas arcadas dentárias é um dos assuntos importantes em Ortodontia, para que o diagnóstico e a planificação do tratamento sejam corretamente realizados e, principalmente, para que o prognóstico da estabilidade da correção seja favorável. A literatura comprova a necessidade da avaliação das arcadas dentárias quanto à sua forma, dimensão e posição dos dentes, respeitando-se as variações individuais. Este estudo objetivou definir o posicionamento dos dentes nas arcadas dentárias, determinando a média de desvios lineares e angulares, no plano horizontal. Para tanto, utilizou-se uma amostra de 61 pares de modelos de gesso, obtidos de jovens brasileiros, leucodermas, com idades de 12 a 21 anos portadores de oclusão normal. Após o preparo, estes modelos foram digitalizados por vista oclusal e inseridos em um programa computadorizado CorelDraw 9, onde foram obtidas curvas e linhas que determinaram as variáveis lineares e angulares nas arcadas superiores e inferiores. Com base nos resultados obtidos, para esta amostra, pode-se concluir que na arcada superior, os incisivos laterais se posicionam para lingual em relação aos incisivos centrais e caninos; os caninos em relação aos incisivos centrais encontram-se para vestibular; os caninos em relação aos primeiros pré-molares se posicionam para lingual; entre pré-molares não há proeminência de nenhum deles; os segundos pré-molares estão para lingual em relação aos primeiros molares; e, os segundos molares se posicionam para lingual quando comparados aos primeiros molares. Na arcada inferior os caninos se encontram para vestibular em relação aos incisivos; os primeiros pré-molares se posicionam para lingual em relação aos caninos e aos segundos pré-molares; os segundos pré-molares em relação aos primeiros molares estão para vestibular; e, os segundos molares se posicionam para lingual em relação aos primeiros molares. Nas variáveis angulares, com exceção dos segundos molares inferiores em relação aos primeiros molares, todas as porções distais das faces vestibulares dos molares superiores e inferiores se encontram para lingual em comparação com as porções mesiais.

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Com a finalidade de determinar as formas do arco dentário inferior de maior incidência na oclusão normal natural, utilizou-se um método matemático associado ao emprego de uma função polinomial, o qual foi aplicado a 63 modelos de arcadas inferiores selecionados a partir de 6118 adolescentes. Todos os indivíduos eram portadores de dentição permanente, incluindo os segundos molares, e oclusão normal natural. Em cada dente foi fixada uma esfera de vidro, que teve a função de simular o acessório do aparelho ortodôntico, sendo utilizada na medição das distâncias entre o centro da imagem dessas esferas aos eixos x e y. Após a digitalização dos modelos de gesso, as imagens foram plotadas em um programa de computador, a fim de se obterem a função polinomial de sexto grau e o gráfico dessa função para os 126 segmentos de curva, originados das secções das imagens em lado direito e esquerdo. A seguir organizaram-se esses segmentos, de acordo com as características da curvatura anterior dos arcos dentários, em oito grupos diferentes de formas, que receberam as denominações de Forma A, Forma B, Forma C, Forma D, Forma E, Forma F, Forma G, Forma H. Cada grupo foi, então, dividido em três subgrupos, conforme os tamanhos pequeno, médio e grande. Os resultados indicaram 23 formas representativas do arco dentário inferior e uma forma média para a oclusão normal natural.

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Com a finalidade de determinar as formas do arco dentário inferior de maior incidência na oclusão normal natural, utilizou-se um método matemático associado ao emprego de uma função polinomial, o qual foi aplicado a 63 modelos de arcadas inferiores selecionados a partir de 6118 adolescentes. Todos os indivíduos eram portadores de dentição permanente, incluindo os segundos molares, e oclusão normal natural. Em cada dente foi fixada uma esfera de vidro, que teve a função de simular o acessório do aparelho ortodôntico, sendo utilizada na medição das distâncias entre o centro da imagem dessas esferas aos eixos x e y. Após a digitalização dos modelos de gesso, as imagens foram plotadas em um programa de computador, a fim de se obterem a função polinomial de sexto grau e o gráfico dessa função para os 126 segmentos de curva, originados das secções das imagens em lado direito e esquerdo. A seguir organizaram-se esses segmentos, de acordo com as características da curvatura anterior dos arcos dentários, em oito grupos diferentes de formas, que receberam as denominações de Forma A, Forma B, Forma C, Forma D, Forma E, Forma F, Forma G, Forma H. Cada grupo foi, então, dividido em três subgrupos, conforme os tamanhos pequeno, médio e grande. Os resultados indicaram 23 formas representativas do arco dentário inferior e uma forma média para a oclusão normal natural.

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O presente trabalho avaliou a precisão do registro do arco facial. Foram selecionados 17 indivíduos com padrão facial tipo II e com idade entre 15 e 46 anos, sendo três do sexo masculino e 14 do sexo feminino. O estudo comparou medidas obtidas a partir de cefalogramas com base em telerradiografias em norma lateral, e de modelos de gesso da arcada dentária superior montados num articulador semi-ajustável. Essas grandezas foram estabelecidas a partir de pontos cefalométricos consagrados, e por novos pontos que tiveram como referências botões ortodônticos colados nos dentes incisivos central superior esquerdo e primeiro molar superior esquerdo, e marcadores metálicos adaptados no alinhamento do arco facial posicionado na face dos pacientes.(AU)