951 resultados para sex hormone determination


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Pituitary gonadotropins follicle-stimulating hormone (FSH) and luteinizing hormone stimulate the gonads by regulating germ cell proliferation and differentiation. FSH receptors (FSH-Rs) are localized to testicular Sertoli cells and ovarian granulosa cells and are coupled to activation of the adenylyl cyclase and other signaling pathways. Activation of FSH-Rs is considered essential for folliculogenesis in the female and spermatogenesis in the male. We have generated mice lacking FSH-R by homologous recombination. FSH-R-deficient males are fertile but display small testes and partial spermatogenic failure. Thus, although FSH signaling is not essential for initiating spermatogenesis, it appears to be required for adequate viability and motility of the sperms. FSH-R-deficient females display thin uteri and small ovaries and are sterile because of a block in folliculogenesis before antral follicle formation. Although the expression of marker genes is only moderately altered in FSH-R −/− mice, drastic sex-specific changes are observed in the levels of various hormones. The anterior lobe of the pituitary gland in females is enlarged and reveals a larger number of FSH- and thyroid-stimulating hormone (TSH)-positive cells. The phenotype of FSH-R −/− mice is reminiscent of human hypergonadotropic ovarian dysgenesis and infertility.

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The condition termed 46,XY complete gonadal dysgenesis is characterized by a completely female phenotype and streak gonads. In contrast, subjects with 46,XY partial gonadal dysgenesis and those with embryonic testicular regression sequence usually present ambiguous genitalia and a mix of Müllerian and Wolffian structures. In 46,XY partial gonadal dysgenesis gonadal histology shows evidence of incomplete testis determination. In 46,XY embryonic testicular regression sequence there is lack of gonadal tissue on both sides. Various lines of evidence suggest that embryonic testicular regression sequence is a variant form of 46,XY gonadal dysgenesis. The sex-determining region Y chromosome gene (SRY) encodes sequences for the testis-determining factor. To date germ-line mutations in SRY have been reported in approximately 20% of subjects with 46,XY complete gonadal dysgenesis. However, no germ-line mutations of SRY have been reported in subjects with the partial forms. We studied 20 subjects who presented either 46,XY partial gonadal dysgenesis or 46,XY embryonic testicular regression sequence. We examined the SRY gene and the minimum region of Y-specific DNA known to confer a male phenotype. The SRY-open reading frame (ORF) was normal in all subjects. However a de novo interstitial deletion 3' to the SRY-ORF was found in one subject. Although it is possible that the deletion was unrelated to the subject's phenotype, we propose that the deletion was responsible for the abnormal gonadal development by diminishing expression of SRY. We suggest that the deletion resulted either in the loss of sequences necessary for normal SRY expression or in a position effect that altered SRY expression. This case provides further evidence that deletions of the Y chromosome outside the SRY-ORF can result in either complete or incomplete sex reversal.

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Antagonists of luteinizing hormone-releasing hormone (LH-RH), unlike the LH-RH agonists, suppress gonadotropins and sex steroid secretion immediately after administration, without initial stimulatory effects. [Ac-D-Nal(2)1,D-Ph(4Cl)2,D-Pal(3)3,D-Cit6,D-Ala10]LH-R H (SB-75; Cetrorelix) is a modern, potent antagonistic analog of LH-RH. In this study, the binding characteristics of receptors for LH-RH in membrane fractions from rat anterior pituitaries were investigated after a single injection of Cetrorelix at a dose of 100 microg per rat. To determine whether the treatment with Cetrorelix can affect the concentration of measurable LH-RH binding sites, we applied an in vitro method to desaturate LH-RH receptors by chaotropic agents such as manganous chloride (MnCl2) and ammonium thiocyanate (NH4SCN). Our results show that the percentages of occupied LH-RH receptors at 1, 3, and 6 h after administration of Cetrorelix were approximately 28%, 14%, and 10%, respectively, of total receptors. At later time intervals, we could not detect occupied LH-RH binding sites. Ligand competition assays, following in vitro desaturation, demonstrated that rat pituitary LH-RH receptors were significantly (P < 0.01) down-regulated for at least 72 h after administration of Cetrorelix. The lowest receptor concentration was found 3-6 h after Cetrorelix treatment and a recovery in receptor number began within approximately 24 h. The down-regulation of LH-RH binding sites induced by Cetrorelix was accompanied by serum LH and testosterone suppression. Higher LH-RH receptor concentrations coincided with elevated serum hormone levels at later time intervals. Our results indicate that administration of LH-RH antagonist Cetrorelix produces a marked down-regulation of pituitary receptors for LH-RH and not merely an occupancy of binding sites.

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L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione

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To our knowledge, there is, so far, no evidence that incubation temperature can affect sex ratios in birds, although this is common in reptiles. Here, we show that incubation temperature does affect sex ratios in megapodes, which are exceptional among birds because they use environmental heat sources for incubation. In the Australian brush-turkey Alectura lathami, a mound-building megapode, more males hatch at low incubation temperatures and more females hatch at high temperatures, whereas the proportion is 1 : 1 at the average temperature found in natural mounds. Chicks from lower temperatures weigh less, which probably affects offspring survival, but are not smaller. Megapodes possess heteromorphic sex chromosomes like other birds, which eliminates temperature-dependent sex determination, as described for reptiles, as the mechanism behind the skewed sex ratios at high and low temperatures. Instead, our data suggest a sex-biased temperature-sensitive embryo mortality because mortality was greater at the lower and higher temperatures, and minimal at the middle temperature where the sex ratio was 1 : 1.

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Despite the importance of peritubular myoid (PM) cells in the histogenesis of the fetal testis, understanding the origin and function of these cells has been hampered by the lack of suitable markers. The current study was aimed at identifying molecular markers for PM cells during the early stages of testis development in the mouse embryo. Expression of candidate marker genes was tested by section in situ hybridisation, in some instances followed by immunofluorescent detection of protein products. Collagen type-1, inhibin beta A, caldesmon 1 and tropomyosin 1 were found to be expressed by early-stage PM cells. These markers were also expressed in subsets of interstitial cells, most likely reflecting their common embryological provenance from migrating mesonephric cells. Although not strictly specific for PM cells, these markers are likely to be useful in studying the biology of early PM cells in the fetal testis.

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The phenomenon of B6-Y-DOM sex reversal arises when certain variants of the Mus domesticus Y chromosome are crossed onto the genetic background of the C57BL/6J (136) inbred mouse strain, which normally carries a Mus musculus-derived Y chromosome. While the sex reversal has been assumed to involve strain-specific variations in structure or expression of Sry, the actual cause has not been identified. Here we used in situ hybridization to study expression of Sry, and the critical downstream gene Sox9, in strains containing different chromosome combinations to investigate the cause of B6-Y-DOM sex reversal. Our findings establish that a delay of expression of Sry(DOM) relative to Sry(B6) underlies B6-Y-DOM sex reversal and provide the first molecular confirmation that Sry must act during a critical time window to appropriately activate Sox9 and effect male testis determination before the onset of the ovarian-determining pathway. (C) 2004 Elsevier Inc. All rights reserved.

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Fluorescence spectrophotometry can reliably detect levels of the pteridine 6-biopterin in the heads of individual Drosophila serrata Malloch 1927. Pteridine content in both laboratory and field captured flies is typically a level of magnitude higher than the minimally detectable level (mean(lab)=0.54 units, mean(field)=0.44 units, minimum detectable level=0.01 units) and can be used to predict individual age in laboratory populations with high certainty (r(2)=57%). Laboratory studies of individuals of known age ( from 1 to 48 days old) indicate that while pteridine level increases linearly with age, they also increase in a linear manner with rearing temperature and ambient light levels, but are independent of sex. As expected, the longevity of laboratory-reared males ( at least 48 days) is higher than the range of predicted ages of wild-caught males based on individual pteridine levels (40 days). However, the predictive equation based on pteridine level alone suggested that a number of wild-caught males were less than 0 days old, and the 95% confidence for these predictions based on the inverse regression broad. The age of the oldest wild-caught male is to fall within the range of 2 to 50 days. The effects of temperature and light intensity determined in laboratory study (effect sizes omega(2)=14.3 and respectively) suggests that the calibration of the prediction equation for field populations would significantly improved when combined with fine scaled studies of habitat temperature and light conditions. ability to determine relative age in individual wild-caught D. serrata presents great opportunities for a variety evolutionary studies on the dynamics of populations.

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The molecular mechanisms behind the entry of the primordial follicle into the growing follicle pool remain poorly understood. To investigate this process further, a microarray-based comparison was undertaken between 2-day postpartum mouse ovaries consisting of primordial follicles/naked oocytes only and those with both primordial follicles and newly activated follicles (7-day postpartum). Gene candidates identified included the chemoattractive cytokine stromal derived factor-1 (SDF1) and its receptor CXCR4. SDF1 and CXCR4 have been implicated in a variety of physiological processes including the migration of embryonic germ cells to the gonads. SDF1-alpha expression increased with the developmental stage of the follicle. Embryonic expression was found to be dichotomous post-genii cell migration, with low expression in the female. Immunohistochemical studies nonetheless indicate that the autocrine pattern of expression ligand and receptor begins during embryonic life. Addition of recombinant SDF1-alpha to neonatal mouse ovaries in vitro resulted in significantly higher follicle densities than for control ovaries. TUNEL analysis indicated no detectable difference in populations of apoptotic cells of treated or control ovaries. Treated ovaries also contained a significantly lower percentage of activated follicles as determined by measurement of oocyte diameter and morphological analysis. Treatment of cultured ovaries with an inhibitor of SDF1-alpha, AMD3100, ablated the effect of SDF1-alpha. By retaining follicles in an unactivated state, SDF1/CXCR4 signaling may play an important role in maintaining the size and longevity of the primordial follicle pool. (c) 2006 Elsevier Inc. All rights reserved.

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Sand and nest temperatures were monitored during the 2002-2003 nesting season of the green turtle, Chelonia mydas, at Heron Island, Great Barrier Reef, Australia. Sand temperatures increased from similar to 24 degrees C early in the season to 27-29 degrees C in the middle, before decreasing again. Beach orientation affected sand temperature at nest depth throughout the season; the north facing beach remained 0.7 degrees C warmer than the east, which was 0.9 degrees C warmer than the south, but monitored nest temperatures were similar across all beaches. Sand temperature at 100 cm depth was cooler than at 40 cm early in the season, but this reversed at the end. Nest temperatures increased 2-4 degrees C above sand temperatures during the later half of incubation due to metabolic heating. Hatchling sex ratio inferred from nest temperature profiles indicated a strong female bias.

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The biphasic (pelagobenthic) life cycle is found throughout the animal kingdom, and includes gametogenesis, embryogenesis, and metamorphosis. From a tangled web of hypotheses on the origin and evolution of the metazoan pelagobenthic life cycle, current opinion appears to favor a simple, larval-like holopelagic ancestor that independently settled multiple times to incorporate a benthic phase into the life cycle. This hypothesis derives originally from Haeckel's (1874) Gastraea theory of ontogeny recapitulating phylogeny, in which the gastrula is viewed as the recapitulation of a gastracan ancestor that evolved via selection on a simple, planktonic hollow ball of cells to develop the capacity to feed. Here, we propose an equally plausible hypothesis that the origin of the metazoan pelagobenthic life cycle was a direct consequence of sexual reproduction in a likely holobenthic ancestor. In doing so, we take into account new insights from poriferan development and from molecular phylogenies. In this scenario, the gastrula does not represent a recapitulation, but simply an embryological stage that is an outcome of sexual reproduction. The embryo can itself be considered as the precursor to a biphasic lifestyle, with the embryo representing one phase and the adult another phase. This hypothesis is more parsimonious because it precludes the need for multiple, independent origins of the benthic form. It is then reasonable to consider that multilayered, ciliated embryos ultimately released into the water column are subject to natural selection for dispersal/longevity/feeding that sets them on the evolutionary trajectory towards the crown metazoan planktonic larvae. These new insights from poriferan development thus clearly support the intercalation hypothesis of bilaterian larval evolution, which we now believe should be extended to discussions of the origin of biphasy in the metazoan last common ancestor.

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Sox8 is a member of the Sox family of developmental transcription factor genes and is closely related to Sox9, a critical gene involved in mammalian sex determination and differentiation. Both genes encode proteins with the ability to bind similar DNA target sequences, and to activate transcription in in vitro assays. Expression studies indicate that the two genes have largely overlapping patterns of activity during mammalian embryonic development. A knockout of Sox8 in mice has no obvious developmental phenotype, suggesting that the two genes are able to act redundantly in a variety of developmental contexts. In particular, both genes are expressed in the developing Sertoli cell lineage of the developing testes in mice, and both proteins are able to activate transcription of the gene encoding anti-Mullerian hormone (AMH), through synergistic action with steroidogenic factor I (SF1). We have hypothesized that Sox8 may substitute for Sox9 in species where Sox9 is expressed too late to be involved in sex determination or regulation of Amh expression. However, our studies involving the red-eared slider turtle indicate that Sox8 is expressed at similar levels in males and females throughout the sex-determining period, suggesting that Sox8 is neither a transcriptional regulator for Amh, nor responsible for sex determination or gonad differentiation in that species. Similarly, Sox8 is not expressed in a sexually dimorphic pattern during gonadogenesis in the chicken. Since a functional role(s) for Sox8 is implied by its conservation during evolution, the significance of Sox8 for sexual and other aspects of development will need to be uncovered through more directed lines of experimentation. Copyright (C) 2003 S. Karger AG, Basel.

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Polybrominated diphenyl ethers (PBDEs) are a class of brominated flame retardants (BFRs) that have been heavily used in consumer products such as furniture foams, plastics, and textiles since the mid-1970’s. BFRs are added to products in order to meet state flammability standards intended to increase indoor safety in the event of a fire. The three commercial PBDE mixtures, Penta-, Octa-, and DecaBDE, have all been banned in the United States, however, limited use of DecaBDE is still permitted. PBDEs were phased out of production and added to the Stockholm Convention due to concerns over their environmental persistence and toxicity. Human exposure to PBDEs occurs primarily through the inadvertent ingestion of contaminated house dust, as well as though dietary sources. Despite the phase-out and discontinued use of PBDEs, human exposure to this class of chemicals is likely to continue for decades due to the continued use of treated products and existing environmental reservoirs of PBDEs. Extensive research over the years has shown that PBDEs disrupt thyroid hormone (TH) levels and neurodevelopmental endpoints in rodent and fish models. Additionally, there is growing epidemiological evidence linking PBDE exposure in humans to altered TH homeostasis and neurodevelopmental impairments in children. Due to the importance of THs throughout gestation, there is a great need to understand the effects of BFRs on the developing fetus. Specifically, the placenta plays a critical role in the transport, metabolism, and delivery of THs to the fetal compartment during pregnancy and is a likely target for BFR bioaccumulation and endocrine disruption. The central hypothesis of this dissertation research is that BFRs disrupt the activity of TH sulfotransferase (SULT) enzymes, thereby altering TH concentrations in the placenta.

In the first aim of this dissertation research, the concentrations of PBDEs and 2,4,6-TBP were measured in a cohort of 102 placenta tissue samples from an ongoing pregnancy cohort in Durham, NC. Methods were developed for the extraction and analysis of the BFR analytes. It was found that 2,4,6-TBP was significantly correlated with all PBDE analytes, indicating that 2,4,6-TBP may share common product applications with PBDEs or that 2,4,6-TBP is a metabolite of PBDE compounds. Additionally, this was the first study to measure 2,4,6-TBP in human placenta tissues.

In the second aim of this dissertation research, the placenta tissue concentrations of THs, as well as the endogenous activity of deiodinase (DI) and TH SULT enzymes were quantified using the same cohort of 102 placenta tissue samples. Enzyme activity was detected in all samples and this was the first study to measure TH DI and SULT activity in human placenta tissues. Enzyme activities and TH concentrations were compared with BFR concentrations measured in Aim 1. There were few statistically significant associations observed for the combined data, however, upon stratifying the data set based on infant sex, additional significant associations were observed. For example, among males, those with the highest concentrations of BDE-99 in placenta had T3 levels 0.80 times those with the lowest concentration of BDE-99 (95% confidence interval (CI): 0.59, 1.07). Whereas females with the highest concentrations of BDE-99 in placenta had T3 levels 1.50 times those with the lowest concentration of BDE-99 (95% CI: 1.10, 2.04). Additionally, all BFR analyte concentrations were higher in the placenta of males versus females and they were significantly higher for 2,4,6-TBP and BDE-209. 3,3’-T2 SULT activity was significantly higher in female placenta tissues, while type 3 DI activity was significantly higher in male placenta tissues. This research is the first to show sex-specific differences in the bioaccumulation of BFRs in human placenta tissue, as well as differences in TH concentrations and endogenous DI and SULT activity. The underlying mechanisms of these observed sex differences warrant further investigation.

In the third aim of this dissertation research, the effects of BFRs were examined in a human choriocarcinoma placenta cell line, BeWo. Michaelis-Menten parameters and inhibition curves were calculated for 2,4,6-TBP, 3-OH BDE-47, and 6-OH BDE-47. 2,4,6-TBP was shown to be the most potent inhibitor of 3,3’-T2 SULT activity with a calculated IC50 value of 11.6 nM. It was also shown that 2,4,6-TBP and 3-OH BDE-47 exhibit mixed inhibition of 3,3’-T2 sulfation in BeWo cell homogenates. Next, a series of cell culture exposure experiments were performed using 1, 6, 12, and 24 hour exposure durations. Once again, 2,4,6-TBP was shown to be the most potent inhibitor of basal 3,3’-T2 SULT activity by significantly decreasing activity at the high and medium dose (1 M and 0.5 M, respectively) at all measured time points. Interestingly, BDE-99 was also shown to inhibit basal 3,3’-T2 SULT activity in BeWo cells following the 24 hour exposure, despite exhibiting no inhibitory effects in the BeWo cell homogenate experiments. This indicates that BDE-99 must act through a pathway other than direct enzyme inhibition. Following exposures, the TH concentrations in the cell culture growth media and mRNA expression of TH-related genes were also examined. There was no observed effect of BFR treatment on these endpoints. Future work should focus on determining the downstream biological effects of TH SULT disruption in placental cells, as well as the underlying mechanisms of action responsible for reductions in basal TH SULT activity following BFR exposure.

This was one of the first studies to measure BFRs in a cohort of placenta tissue samples from the United States and the first study to measure THs, DI activity, and SULT activity in human placenta tissues. This research provides a novel contribution to our growing understanding of the effects of BFRs on TH homeostasis within the human placenta, and provides further evidence for sex-specific differences within this important organ. Future research should continue to investigate the effects of environmental contaminants on TH homeostasis within the placenta, as this represents the most critical and vulnerable stage of human development.