573 resultados para numeri reali, Weierstrass, Pincherle, Hurwitz


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Oggetto di studio del dottorato sono stati i suoli forestali in ambiente litoraneo della Regione Emilia-Romagna. In particolare sono state considerate quattro zone di studio in Provincia di Ravenna: Pineta di San Vitale, aree boscate di Bellocchio, Pineta di Classe e Pineta di Pinarella di Cervia. Lo studio in una prima fase si è articolato nella definizione dello stato del sistema suolo, mediante la caratterizzazione pedologica delle zone di studio. A tale scopo è stata messa a punto un’adeguata metodologia d’indagine costituita da un’indagine ambientale e successivamente da un’indagine pedologica. L’indagine ambientale, mediante fotointerpretazione ed elaborazione di livelli informativi in ambito GIS, ha permesso di individuare ambiti pedogenetici omogenei. L’indagine pedologica in campo ha messo in luce l’elevata variabilità spaziale di alcuni fattori della pedogenesi, in particolar modo l’andamento microtopografico tipico dei sistemi dunali costieri e la profondità della falda freatica del piano campagna. Complessivamente sono stati aperti descritti e campionati 40 profili pedologici. Sugli orizzonti diagnostici di questi sono state eseguite le seguenti analisi: tessitura, pH, calcare totale, carbonio organico, azoto kjeldahl, conduttività elettrica (CE), capacità di scambio cationico (CSC) e calcare attivo. I suoli presentano, ad eccezione della tessitura (generalmente grossolana), un’elevata variabilità delle proprietà chimico fisiche in funzione della morfologia, della profondità e della vicinanza della falda freatica. Sono state riscontrate diverse correlazioni, tra le più significative quelle tra carbonio organico e calcare totale (coeff. di correlazione R = -0.805 per Pineta di Classe) e tra calcare totale e pH (R = 0.736), dalle quali si è compreso in che misura l’effetto della decarbonatazione agisce nei diversi ambiti pedogenetici e tra suoli con diversa età di formazione. Il calcare totale varia da 0 a oltre 400 g.kg-1 e aumenta dalla superficie in profondità, dall’entroterra verso la costa e da nord verso sud. Il carbonio organico, estremamente variabile (0.1 - 107 g.kg-1), è concentrato soprattutto nel primo orizzonte superficiale. Il rapporto C/N (>10 in superficie e molto variabile in profondità) evidenzia una efficienza di umificazione non sempre ottimale specialmente negli orizzonti prossimi alla falda freatica. I tipi di suoli presenti, classificati secondo la Soil Taxonomy, sono risultati essere Mollic/Sodic/Typic Psammaquents nelle zone interdunali, Typic Ustipsamments sulle sommità dunali e Oxiaquic/Aquic Ustipsamments negli ambienti morfologici intermedi. Come sintesi della caratterizzazione pedologica sono state prodotte due carte dei suoli, rispettivamente per Pineta di San Vitale (scala 1:20000) e per le aree boscate di Bellocchio (scala 1:10000), rappresentanti la distribuzione dei pedotipi osservati. In una seconda fase si è focalizzata l’attenzione sugli impatti che le principali pressioni naturali ed antropiche, possono esercitare sul suolo, condizionandone la qualità in virtù delle esigenze del soprasuolo forestale. Si è scelta la zona sud di Pineta San Vitale come area campione per monitorarne mensilmente, su quattro siti rappresentativi, le principali caratteristiche chimico-fisiche dei suoli e delle acque di falda, onde evidenziare possibili correlazioni. Le principali determinazioni svolte sia nel suolo in pasta satura che nelle acque di falda hanno riguardato CE, Ca2+, Mg2+, K+, Na+, Cl-, SO4 2-, HCO3 - e SAR (Sodium Adsorption Ratio). Per ogni sito indagato sono emersi andamenti diversi dei vari parametri lungo i profili, correlabili in diversa misura tra di loro. Si sono osservati forti trend di aumento di CE e degli ioni solubili verso gli orizzonti profondi in profili con acqua di falda più salina (19 – 28 dS.m-1) e profonda (1 – 1.6 m dalla superficie), mentre molto significativi sono apparsi gli accumuli di sali in superficie nei mesi estivi (CE in pasta satura da 17.6 a 28.2 dS.m-1) nei profili con falda a meno di 50 cm dalla superficie. Si è messo successivamente in relazione la CE nel suolo con diversi parametri ambientali più facilmente monitorabili quali profondità e CE di falda, temperatura e precipitazioni, onde trovarne una relazione statistica. Dai dati di tre dei quattro siti monitorati è stato possibile definire tali relazioni con equazioni di regressione lineare a più variabili. Si è cercato poi di estendere l’estrapolabilità della CE del suolo per tutte le altre casistiche possibili di Pineta San Vitale mediante la formulazione di un modello empirico. I dati relativi alla CE nel suolo sia reali che estrapolati dal modello, sono stati messi in relazione con le esigenze di alcune specie forestali presenti nelle zone di studio e con diverso grado di tolleranza alla salinità ed al livello di umidità nel suolo. Da tali confronti è emerso che per alcune specie moderatamente tolleranti la salinità (Pinus pinea, Pinus pinaster e Juniperus communis) le condizioni critiche allo sviluppo e alla sopravvivenza sono da ricondursi, per la maggior parte dei casi, alla falda non abbastanza profonda e non tanto alla salinità che essa trasmette sull’intero profilo del suolo. Per altre specie quali Quercus robur, Populus alba, Fraxinus oxycarpa e Ulmus minor moderatamente sensibili alla salinità, ma abituate a vivere in suoli più umidi, la salinità di una falda troppo prossima alla superficie può ripercuotersi su tutto il profilo e generare condizioni critiche di sviluppo. Nei suoli di Pineta San Vitale sono stati inoltre studiati gli aspetti relativi all’inquinamento da accumulo di alcuni microtossici nei suoli quali Ag, Cd, Ni e Pb. In alcuni punti di rilievo sono stati osservati moderati fattori di arricchimento superficiale per Pb e Cd riconducibili all’attività antropica, mentre le aliquote biodisponibili risultano maggiori in superficie, ma all’interno dei valori medi dei suoli italiani. Lo studio svolto ha permesso di meglio conoscere gli impatti sul suolo, causati dalle principali pressioni esistenti, in un contesto dinamico. In particolare, si è constatato come i suoli delle zone studiate abbiano un effetto tampone piuttosto ridotto sulla mitigazione degli effetti indotti dalle pressioni esterne prese in esame (salinizzazione, sodicizzazione e innalzamento della falda freatica). Questo è dovuto principalmente alla ridotta presenza di scambiatori sulla matrice solida atti a mantenere un equilibrio dinamico con le frazioni solubili. Infine le variabili ambientali considerate sono state inserite in un modello concettuale DPSIR (Driving forces, Pressures, States, Impacts, Responces) dove sono stati prospettati, in via qualitativa, alcuni scenari in funzione di possibili risposte gestionali verosimilmente attuabili, al fine di modificare le pressioni che insistono sul sistema suolo-vegetazione delle pinete ravennati.

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Il proliferare di dispositivi di elaborazione e comunicazione mobili (telefoni cellulari, computer portatili, PDA, wearable devices, personal digital assistant) sta guidando un cambiamento rivoluzionario nella nostra società dell'informazione. Si sta migrando dall'era dei Personal Computer all'era dell'Ubiquitous Computing, in cui un utente utilizza, parallelamente, svariati dispositivi elettronici attraverso cui può accedere a tutte le informazioni, ovunque e quantunque queste gli si rivelino necessarie. In questo scenario, anche le mappe digitali stanno diventando sempre più parte delle nostre attività quotidiane; esse trasmettono informazioni vitali per una pletora di applicazioni che acquistano maggior valore grazie alla localizzazione, come Yelp, Flickr, Facebook, Google Maps o semplicemente le ricerche web geo-localizzate. Gli utenti di PDA e Smartphone dipendono sempre più dai GPS e dai Location Based Services (LBS) per la navigazione, sia automobilistica che a piedi. Gli stessi servizi di mappe stanno inoltre evolvendo la loro natura da uni-direzionale a bi-direzionale; la topologia stradale è arricchita da informazioni dinamiche, come traffico in tempo reale e contenuti creati dagli utenti. Le mappe digitali aggiornabili dinamicamente sono sul punto di diventare un saldo trampolino di lancio per i sistemi mobili ad alta dinamicità ed interattività, che poggiando su poche informazioni fornite dagli utenti, porteranno una moltitudine di applicazioni innovative ad un'enorme base di consumatori. I futuri sistemi di navigazione per esempio, potranno utilizzare informazioni estese su semafori, presenza di stop ed informazioni sul traffico per effettuare una ottimizzazione del percorso che valuti simultaneamente fattori come l'impronta al carbonio rilasciata, il tempo di viaggio effettivamente necessario e l'impatto della scelta sul traffico locale. In questo progetto si mostra come i dati GPS raccolti da dispositivi fissi e mobili possano essere usati per estendere le mappe digitali con la locazione dei segnali di stop, dei semafori e delle relative temporizzazioni. Queste informazioni sono infatti oggi rare e locali ad ogni singola municipalità, il che ne rende praticamente impossibile il pieno reperimento. Si presenta quindi un algoritmo che estrae utili informazioni topologiche da agglomerati di tracciati gps, mostrando inoltre che anche un esiguo numero di veicoli equipaggiati con la strumentazione necessaria sono sufficienti per abilitare l'estensione delle mappe digitali con nuovi attributi. Infine, si mostrerà come l'algoritmo sia in grado di lavorare anche con dati mancanti, ottenendo ottimi risultati e mostrandosi flessibile ed adatto all'integrazione in sistemi reali.

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ABSTRACT Il presente lavoro vuole introdurre la problematica del rigonfiamento del terreno a seguito di grandi scavi in argilla. Il sollevamento del terreno dopo lo scavo può passare inosservato ma sono numerosi i casi in cui il rigonfiamento dura per molti anni e addirittura decenni, Shell Centre, London, Lion Yard, Cambridge, Bell Common, London, ecc. Questo rigonfiamento il più delle volte è impedito dalla presenza di fondazioni, si genera quindi una pressione distribuita che se non considerata in fase di progetto può portare alla fessurazione della fondazione stessa. L’anima del progetto è la modellazione e l’analisi del rigonfiamento di grandi scavi in argilla, confrontando poi i risultati con i dati reali disponibili in letteratura. L’idea del progetto nasce dalla difficoltà di ottenere stime e previsioni attendibili del rigonfiamento a seguito di grandi scavi in argilla sovraconsolidata. Inizialmente ho esaminato la teoria e i fattori che influenzano il grado e la velocità del rigonfiamento, quali la rigidezza, permeabilità, fessurazione, struttura del suolo, etc. In seguito ho affrontato lo studio del comportamento rigonfiante di argille sovraconsolidate a seguito di scarico tensionale (scavi), si è evidenziata l’importanza di differenziare il rigonfiamento primario e il rigonfiamento secondario dovuto al fenomeno del creep. Il tema centrale del progetto è l’analisi numerica tramite Flac di due grandi scavi in argilla, Lion Yard, Cambridge, e, Bell Common, London. Attraverso una dettagliata analisi parametrica sono riuscito a trovare i migliori parametri che modellano il comportamento reale nei due casi in esame, in questo modo è possibile arrivare a stime e previsioni attendibili del fenomeno rigonfiante del terreno a seguito di grandi scavi. Gli scavi modellati Lion Yard e Bell Common sono rispettivamente in Gault Clay e London Clay, grazie a famosi recenti articoli scientifici sono riuscito a evidenziare la principali propietà che diversificano i due terreni in esame, tali propietà sono estremamente differenti dalle normali caratteristiche considerate per la progettazione in presenza di terreno argilloso; sono così riuscito a implementare i migliori parametri per descrivere il comportamento dei due terreni nei diversi modelli. Ho inoltre studiato l’interazione terreno-struttura, la pressione esercitata dal rigonfiamento del terreno è strettamente funzione delle caratteristiche di connesione tra fondazione superficiale e muro di sostegno, tale pressione non deve essere ignorata in fase progettuale poichè può raggiungere importanti valori. Nello scavo di Lion Yard, considerando la presenza delle fondazioni profonde ho evidenziato il fatto che il rigonfiamento crea una forza distribuita di taglio tra i pali di fondazione ed il terreno, anche tale sollecitazione dovrebbe essere considerata ai fini della progettazione. La problematica non si ferma solo sull’interazione terreno-fondazioni, infatti durante gli scavi di importanti fondazioni londinesi lo scarico tensionale ha creato uno spostamento significativo positivo verso la superfice di tratti di tunnel della metropolita, questo fenomeno può creare seri problemi di sicurezza nella rete dei trasporti pubblici. Infine sono stati messi a confronto i risultati del programma Flac con quelli di metodi semplificati, ho trovato che utilizzando il metodo iterativo di O’Brien i risultati sono simili alla realtà e il tempo di calcolo è molto inferiore di quello richiesto utilizzando Flac, 2-3 giorni. In conclusione posso affermare che grazie ad una dettagliata analisi parametrica è stato possibile stimare il rigonfiamento del terreno, argilla sovraconsolidata, nei due casi analizzati.

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In questa Tesi forniamo una libreria di funzioni aritmetiche che operano in spazio logaritmico rispetto all'input. Partiamo con un'analisi dei campi in cui è necessario o conveniente porre dei limiti, in termini di spazio utilizzato, alla computazione di un determinato software. Vista la larga diffusione del Web, si ha a che fare con collezioni di dati enormi e che magari risiedono su server remoti: c'è quindi la necessità di scrivere programmi che operino su questi dati, pur non potendo questi dati entrare tutti insieme nella memoria di lavoro del programma stesso. In seguito studiamo le nozioni teoriche di Complessità, in particolare quelle legate allo spazio di calcolo, utilizzando un modello alternativo di Macchina di Turing: la Offline Turing Machine. Presentiamo quindi un nuovo “modello” di programmazione: la computazione bidirezionale, che riteniamo essere un buon modo di strutturare la computazione limitata in spazio. Forniamo poi una “guida al programmatore” per un linguaggio di recente introduzione, IntML, che permettere la realizzazione di programmi logspace mantenendo però il tradizionale stile di programmazione funzionale. Infine, per mostrare come IntML permetta concretamente di scrivere programmi limitati in spazio, realizziamo una libreria di funzioni aritmetiche che operano in spazio logaritmico. In particolare, mostriamo funzioni per calcolare divisione intera e resto sui naturali, e funzioni per confrontare, sommare e moltiplicare numeri espressi come parole binarie.

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La crescente attenzione verso un utilizzo attento, sostenibile ed economicamente efficiente della risorsa idrica rende di primaria importanza il tema delle perdite idriche e della gestione efficiente dei sistemi idrici. La richiesta di controlli dell’uso dell’acqua è stata avanzata a livello mondiale. Il problema delle perdite idriche nei Paesi industrializzati è stato così affrontato con specifiche normative e procedure di best practice gestionale per avanzare una valutazione delle perdite idriche e una limitazione degli sprechi e degli usi impropri. In quest’ambito, la pressione gioca un ruolo fondamentale nella regolazione delle perdite reali. La regolazione delle pressioni nelle diverse ore del giorno consente, infatti, di poter agire su queste ultime perdite, che aumentano all’aumentare della pressione secondo una cosiddetta legge di potenza. La motivazione della presente tesi è originata dalla necessità di quantificare il livello di perdita idrica in un sistema acquedottistico in relazione alla pressione all’interno del sistema stesso. Per avere una stima realistica che vada al di là della legge della foronomia, si vuole valutare l’influenza della deformabilità della condotta in pressione fessurata sull’entità delle perdite idriche, con particolare attenzione alle fessurazioni di tipo longitudinale. Tale studio è condotto tramite l’introduzione di un semplice modello di trave alla Winkler grazie al quale, attraverso un’analisi elastica, si descrive il comportamento di una generica condotta fessurata longitudinalmente e si valuta la quantità d’acqua perduta. I risultati ottenuti in condizioni specifiche della condotta (tipo di materiale, caratteristiche geometriche dei tubi e delle fessure, etc.) e mediante l’inserimento di opportuni parametri nel modello, calibrati sui risultati forniti da una raffinata modellazione tridimensionale agli elementi finiti delle medesime condotte, verranno poi confrontati con i risultati di alcune campagne sperimentali. Gli obiettivi del presente lavoro sono, quindi, la descrizione e la valutazione del modello di trave introdotto, per stabilire se esso, nonostante la sua semplicità, sia effettivamente in grado di riprodurre, in maniera realistica, la situazione che si potrebbe verificare nel caso di tubo fessurato longitudinalmente e di fornire risultati attendibili per lo studio delle perdite idriche. Nella prima parte verrà approfondito il problema della perdite idriche. Nella seconda parte si illustrerà il semplice modello di trave su suolo elastico adottato per l’analisi delle condotte in pressione fessurate, dopo alcuni cenni teorici ai quali si è fatto riferimento per la realizzazione del modello stesso. Successivamente, nella terza parte, si procederà alla calibrazione del modello, tramite il confronto con i risultati forniti da un’analisi tridimensionale agli elementi finiti. Infine nella quarta parte verrà ricavata la relazione flusso-pressione con particolare attenzione all’esponente di perdita, il cui valore risulterà superiore a quello predetto dalla teoria della foronomia, e verrà verificata l’effettiva validità del modello tramite un confronto con i risultati sperimentali di cui è stata fatta menzione in precedenza.

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Porous materials are widely used in many fields of industrial applications, to achieve the requirements of noise reduction, that nowadays derive from strict regulations. The modeling of porous materials is still a problematic issue. Numerical simulations are often problematic in case of real complex geometries, especially in terms of computational times and convergence. At the same time, analytical models, even if partly limited by restrictive simplificative hypotheses, represent a powerful instrument to capture quickly the physics of the problem and general trends. In this context, a recently developed numerical method, called the Cell Method, is described, is presented in the case of the Biot's theory and applied for representative cases. The peculiarity of the Cell Method is that it allows for a direct algebraic and geometrical discretization of the field equations, without any reduction to a weak integral form. Then, the second part of the thesis presents the case of interaction between two poroelastic materials under the context of double porosity. The idea of using periodically repeated inclusions of a second porous material into a layer composed by an original material is described. In particular, the problem is addressed considering the efficiency of the analytical method. A analytical procedure for the simulation of heterogeneous layers based is described and validated considering both conditions of absorption and transmission; a comparison with the available numerical methods is performed. ---------------- I materiali porosi sono ampiamente utilizzati per diverse applicazioni industriali, al fine di raggiungere gli obiettivi di riduzione del rumore, che sono resi impegnativi da norme al giorno d'oggi sempre più stringenti. La modellazione dei materiali porori per applicazioni vibro-acustiche rapprensenta un aspetto di una certa complessità. Le simulazioni numeriche sono spesso problematiche quando siano coinvolte geometrie di pezzi reali, in particolare riguardo i tempi computazionali e la convergenza. Allo stesso tempo, i modelli analitici, anche se parzialmente limitati a causa di ipotesi semplificative che ne restringono l'ambito di utilizzo, rappresentano uno strumento molto utile per comprendere rapidamente la fisica del problema e individuare tendenze generali. In questo contesto, un metodo numerico recentemente sviluppato, il Metodo delle Celle, viene descritto, implementato nel caso della teoria di Biot per la poroelasticità e applicato a casi rappresentativi. La peculiarità del Metodo delle Celle consiste nella discretizzazione diretta algebrica e geometrica delle equazioni di campo, senza alcuna riduzione a forme integrali deboli. Successivamente, nella seconda parte della tesi viene presentato il caso delle interazioni tra due materiali poroelastici a contatto, nel contesto dei materiali a doppia porosità. Viene descritta l'idea di utilizzare inclusioni periodicamente ripetute di un secondo materiale poroso all'interno di un layer a sua volta poroso. In particolare, il problema è studiando il metodo analitico e la sua efficienza. Una procedura analitica per il calcolo di strati eterogenei di materiale viene descritta e validata considerando sia condizioni di assorbimento, sia di trasmissione; viene effettuata una comparazione con i metodi numerici a disposizione.

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Il confronto in corso tra gli esperti di management sanitario sui dipartimenti ospedalieri, la crescente attenzione sui modelli di organizzazione a rete e le indagini sui servizi sanitari condotte con strumenti di analisi dei network hanno rappresentato la base su cui sviluppare il disegno dello studio. La prospettiva relazionale e le tecniche di social network analysis (Sna) sono state impiegate in un indagine empirica effettuata presso tre Dipartimenti Ospedalieri dell’Azienda USL di Bologna per osservare la struttura delle relazioni che intercorrono nell’ambito dei dipartimenti, tra le unità operative e tra i clinici, al fine di assicurare il quotidiano svolgersi dei processi clinico assistenziali dei pazienti. L’indagine si è posta tre obiettivi. Il primo è quello di confrontare la rete delle relazioni “reali” che intercorrono tra unità operative e tra clinici con le relazioni “progettate” attraverso l’afferenza delle unità operative nei dipartimenti e dei singoli clinici nelle unità operative. In sostanza si tratta di confrontare, con intenti esclusivamente conoscitivi, la struttura organizzativa formale – istituzionale con quella “informale”, che emerge dalle relazioni giornaliere tra i professionisti. In secondo luogo si intende comprendere se e come i fattori di natura attributiva che caratterizzano i singoli rispondenti, (es. età, sesso, laurea, anni di permanenza in azienda, ecc.) incidano sulla natura e sull’intensità delle relazioni e delle collaborazioni intrattenute con i colleghi all’interno dell’azienda. L’analisi ha un intento “esplicativo”, in quanto si cerca di indagare come le similitudini nelle caratteristiche individuali possano o meno incidere sull’intensità degli scambi e quindi delle collaborazioni tra professionisti. Il terzo obiettivo è volto a comprendere se e come i fattori attributivi e/o relazionali siamo in grado di spiegare l’attitudine mostrata dai singoli professionisti rispetto l’adozione di un approccio alla pratica clinica ispirato all’Evidence based medicine. Lo scopo è quello di verificare se la disponibilità / orientamento ad operare in una prospettiva evidence based sia più legata ad elementi e caratteristiche personali piuttosto che all’influenza esercitata da coloro con i quali si entra in contatto per motivi lavorativi. La relativa semplicità della fase di indagine ha indotto ad arricchire i contenuti e gli obiettivi originari del lavoro allo scopo di correlare indicatori relazionali e attributivi con indicatori di “performance”, in particolare di efficienza e appropriatezza. Le relazioni sono state rilevate attraverso un questionario sociometrico inserito in uno spazio web accessibile dalla rete ospedaliera e compilato online da parte dei medici. Il questionario è stato organizzato in tre sezioni: la prima per la raccolta di informazioni anagrafiche e dati attributivi dei clinici; la seconda volta a raccogliere i dati relazionali, funzionali e di consulenza, verso le equipe di professionisti (unità operative) e verso i singoli colleghi clinici; la terza sezione è dedicata alla raccolta di informazioni sull’utilizzo delle evidenze scientifiche a supporto della propria pratica clinica (consultazione di riviste, banche dati, rapporti di HTA, etc,) e sulla effettiva possibilità di accesso a tali strumenti. L’azienda ha fornito i dati di struttura e la base dati degli indicatori di attività delle UO arruolate nello studio. La compliance complessiva per i tre dipartimenti è stata pari a circa il 92% (302 rispondenti su un campione di 329 medici.). Non si sono rilevate differenze significative sulla compliance per i tre dipartimenti considerati. L’elaborazione dei dati è stata effettuata mediante specifici software per l’analisi delle reti sociali, UCINET 6 per il calcolo degli indicatori relazionali (centralità, densità, structural holes etc.), e Pajek per l’analisi grafica dei network. L’ultima fase è stata realizzata con l’ausilio del software statistico STATA vers. 10. L’analisi dei risultati è distinta in due 2 fasi principali. In primis è stato descritto il network di relazioni professionali rilevate, sono stai calcolati i relativi indicatori di centralità relazionale e verificato il grado di sovrapposizione tra struttura formale dei dipartimenti in studio con le relazioni informali che si stabiliscono tra di essi nell’ambito clinico. Successivamente è stato analizzato l’impatto che le relazioni esercitano sulla propensione da parte dei singoli medici a utilizzare nuove evidenze scientifiche I primi risultati emersi dallo studio forniscono interessanti evidenze, con particolare riguardo al dato di un discreto grado di “sovrapposizione” tra struttura formale e informale delle unità organizzative in studio e a correlazioni significative tra fattori relazionali e attitudine dei medici verso l’utilizzo dell’approccio EBM. Altre evidenze, in specie la correlazione tra “centralità” degli attori organizzativi e alcuni indicatori di performance /appropriatezza, meritano ulteriori approfondimenti e una definitiva validazione. In conclusione lo studio dimostra che la prospettiva relazionale e la Sna consentono di porre in evidenza caratteristiche dei dipartimenti, dei suoi attori e delle loro reti di reciproche relazioni, in grado di favorire la comprensione di alcune dinamiche ricercate proprio attraverso l’organizzazione dipartimentale e quindi di specifico interesse per il management, i clinici e quanti altri impegnati nella gestione e nello sviluppo di questo modello di organizzazione dell’ospedale.

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Il fitoplancton è costituito da organismi molto importanti per l'ambiente marino e molto diversificati sia dal punto di vista morfologico che fisiologico.Questi organismi sono normalmente soggetti ai cambiamenti stagionali e alle variazioni dell'ambiente dovute sia a fenomeni naturali che all'impatto antropico, sempre più rilevante. Con questa tesi si è voluto approfondire l'effetto di erbicidi comunemente usati dall'uomo in agricoltura su delle microalghe flagellate rappresentative del Mar Adriatico. L'inquinante scelto è la Terbutilazina, sostanza utilizzata per il diserbo del mais e diffusa in tutta l'area padano-venera, come dimostrano i dati dei campionamenti ARPA, che riportano la presenza di Terbutilazina e del suo prodotto di degradazione Desetil-Terbutilazina a concentrazioni superiori al limite fissato sia nelle acque superficiali che in quelle sotterranee. Anche in mare come riportato in letteratura (Carafa et. al 2009)è stato riscontrato a concentrazioni superiori al limite previsto dalla normativa vigente in Italia. In particolare il meccanismo d'azione di questo erbicida interferisce con la fotosintesi, agendo sulle proteine di membrana dei cloroplasti, rimpiazzando il chinone accettore di elettroni QB della proteina D1 del fotosistema II. Più specie di microalghe fatte crescere in colture 'batch' sono state testate a diverse concentrazioni di erbicida in condizione di luce nutrienti costanti. Questi esperimenti sono stati inoltre condotti a due diverse temperature (20 e 25°C) per studiare l'effetto di questo inquinante in correlazione con l'attuale aumento di temperatura in atto nel pianeta. In una prima fase di screening è stato valutato l'effetto della Terbutilazina su 9 specie di flagellate rappresentative dell'Adriatico, tramite misure dell'efficienza fotosintetica. Grazie a questa prima fase sono state individuate le microalghe e le relative concentrazioni di Terbutilazina da utilizzare negli esperimenti. Per gli esperimenti, sono state scelte le due specie algali Gonyaulax spinifera e Prorocentrum minimum sulle quali si è approfondito lo studio dell'effetto dell'inquinante alle due temperature, attraverso una serie di analisi volte ad individuare le risposte in termini di crescita e di fisiologia delle alghe quali: conteggio delle cellule, torbidità, efficienza fotosintetica, consumo di nutrienti, quantità di clorofilla e di polisaccaridi extracellulari prodotti. La scelta di queste microalghe è stata dettata dal fatto che Gonyaulax spinifera si è rivelata la microalga più sensibile a concentrazioni di erbicida più vicine a quelle ambientali fra tutte le alghe valutate, mentre Prorocentrum minimum è fra le dinoflagellate più frequenti e rappresentative del Mar Adriatico (Aubry et al. 2004), anche se non particolarmente sensibile; infatti P. minimum è stato testato ad una concentrazione di erbicida maggiore rispetto a quelle normalmente ritrovate in ambiente marino. Dai risultati riportati nella tesi si è visto come l'erbicida Terbutilazina sia in grado di influenzare la crescita e la fotosintesi di microalghe flagellate dell'Adriatico anche a concentrazioni pari a quelle rilevate in ambiente, e si è evidenziato che gli effetti sono maggiori alle temperature in cui le microalghe hanno una crescita meno efficiente. Questi studi hanno messo in evidenza anche l'utilità delle misure di fotosintesi tramite fluorimetro PAM nel valutare le risposte delle microalghe agli erbicidi triazinici. Inoltre la diversa risposta delle microalghe osservata, potrebbe avere conseguenze rilevanti sulle fioriture estive di fitoplancton in caso di presenza in mare di Terbutilazina, anche a concentrazioni non particolarmente elevate. Questo lavoro si inserisce in un contesto più ampio di ricerca volto alla modellizzazione della crescita algale in presenza di inquinanti ed in concomitanza con le variazioni di temperatura. Infatti i dati ottenuti insieme a misure di carbonio cellulare, non ancora effettuate, saranno utili per la messa a punto di nuove parametrizzazioni che si avvicinino maggiormente ai dati reali, per poi simulare i possibili scenari futuri variando le condizioni ambientali e le concentrazioni dell'inquinante studiato.

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Il presente lavoro di tesi si occupa di valutare, attraverso misure finanziarie, i benefici derivanti da un grosso investimento IT dell'azienda Hera. L'azienda ha deciso di investire in ERP basato su SAP per poter creare un nuovo sistema informativo integrato. Ma per calcolare dei reali benefici bisogna tener conto anche di variabili che mutano nel tempo. Per fare ciò, si è deciso di utilizzare due diversi approcci (System Dynamics e Balanced Scorecard) per arrivare alla creazione di un modello simulabile. Dopodiché è stato possibile analizzare i dati attraverso i grafici risultanti e concludere mostrando dei casi. Questi ultimi illustrano cosa succede nel caso in cui tutto sia in condizioni normali, oppure se il lavoro raddoppia, oppure non si concluda mai.

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Quando si parla di green information technology si fa riferimento a un nuovo filone di ricerche focalizzate sulle tecnologie ecologiche o verdi rivolte al rispetto ambientale. In prima battuta ci si potrebbe chiedere quali siano le reali motivazioni che possono portare allo studio di tecnologie green nel settore dell’information technology: sono così inquinanti i computer? Non sono le automobili, le industrie, gli aerei, le discariche ad avere un impatto inquinante maggiore sull’ambiente? Certamente sì, ma non bisogna sottovalutare l’impronta inquinante settore IT; secondo una recente indagine condotta dal centro di ricerche statunitense Gartner nel 2007, i sistemi IT sono tra le maggiori fonti di emissione di CO2 e di altri gas a effetto serra , con una percentuale del 2% sulle emissioni totali del pianeta, eguagliando il tasso di inquinamento del settore aeromobile. Il numero enorme di computer disseminato in tutto il mondo assorbe ingenti quantità di energia elettrica e le centrali che li alimentano emettono tonnellate di anidride carbonica inquinando l’atmosfera. Con questa tesi si vuole sottolineare l’impatto ambientale del settore verificando, attraverso l’analisi del bilancio sociale ed ambientale, quali misure siano state adottate dai leader del settore informatico. La ricerca è volta a dimostrare che le più grandi multinazionali informatiche siano consapevoli dell’inquinamento prodotto, tuttavia non adottano abbastanza soluzioni per limitare le emissioni, fissando futili obiettivi futuri.

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Nel campo della tecnologia, l’ultimo decennio è stato caratterizzato da significativi sviluppi nel mondo dei dispositivi mobili. Si è passati dal tradizionale telefono cellulare, ai più recenti palmari e Smartphone che integrano al tradizionale stereotipo di telefono cellulare, funzionalità avanzate su hardware molto sofisticato. Con un moderno dispositivo mobile infatti, è possibile collegarsi ad Internet, leggere mail, guardare video, scaricare applicazioni e installarle per poterne così fruire. L’International Telecommunications Union (ITU-T) ha stimato che alla fine del 2010 il numero di utenti Internet a livello mondiale ha raggiunto i 2 mi- liardi e che gli accessi alla rete cellulare hanno raggiunto circa 5,3 miliardi di sottoscrizioni. Se si considera inoltre che le reti 2G verranno sostituite da quelle 3G (che consente una connessione alla rete a banda larga tramite dispositivi cellulari), è inevitabile che nel prossimo futuro, gli utilizzatori di Internet tramite rete mobile potranno arrivare ad essere anche qualche miliardo. Le applicazioni disponibili in rete sono spesso scritte in linguaggio Java che su dispositivi embedded, dove è cruciale il consumo di energia, mettono in crisi la durata della batteria del dispositivo. Altre applicazioni scritte in linguaggi meno dispendiosi in termini di consumi energetici, hanno un’interfaccia scarna, a volte addirittura ridotta a semplice terminale testuale, che non è indicata per utenti poco esperti. Infine altre applicazioni sono state eseguite solo su simulatori o emulatori, perciò non forniscono riscontri su dispositivi reali. In questa tesi verrà mostrato come su un dispositivo mobile sia possibile utilizzare, tramite un’interfaccia “user-friendly”, una tecnologia già esistente e diffusa come il VoIP in maniera tale che qualunque tipologia di utente possa utilizzarla senza conoscerne i dettagli tecnici. Tale applicazione, dovendo utilizzare una connessione dati, sfrutterà o una connessione a una rete WLAN o una connessione a una rete cellulare (GPRS, UMTS e HSDPA ad esempio) a seconda della dotazione hardware dell’apparecchio mobile e della locazione dello stesso in una rete accessibile dall’utente.

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Nonostante la riforma societaria ed i tentativi di rilanciare l’economia nazionale, ancora oggi la principale fonte di ricchezza e di capitalizzazione resta l’investimento immobiliare. Ed ecco perchè si sente sempre più parlare di “Real Estate”, ovvero dei diritti reali sui beni immobili, della loro circolazione, e delle garanzie e tutele ad essa correlate. Dalla vendita immobiliare tipizzata nel codice civile del ’42 ad oggi molto è cambiato. E il mio lavoro parte proprio da un’analisi delle nuove forme e dei nuovi limiti alla circolazione degli immobili. In primis ho affrontato il tema del riconoscimento giurisprudenziale della cessione di cubatura: un esempio tipico del passaggio dal fatto al diritto attraverso la costruzione giurisprudenziale di nuove fattispecie giuridiche già in uso fra gli operatori del mercato. Tecnicamente la stessa espressione “cessione di cubatura” non risulta corretta: non si ha una vera e propria cessione, quanto la costituzione di una servitù ius non edificandi a favore di un terreno e a carico di un altro. La giurisprudenza è ormai concorde nello stabilire che l’accordo delle parti rimane comunque privo di efficacia se ad esso non segue un permesso di costruire della Pubblica Amministrazione che riconosca la maggiore capacità edificatoria al terreno a cui vantaggio è stabilità la servitù. Un’altra nuova forma di circolazione della proprietà, così come degli altri diritti reali minori, è la multiproprietà. La multiproprietà viene disciplinata nel nostro ordinamento, a seguito di una risoluzione del Parlamento Europeo del 13 ottobre 1988, dapprima con il D.lgs. 9 novembre 1998 e da ultimo con il Codice del Consumo, che con gli artt. 69 ss. stabilisce una più puntuale tutela degli acquirenti. Si riconosce qui l’esistenza di uno squilibrio fra le posizioni contrattuali fra venditore ed acquirente/consumatore: vi è una profonda asimmetria informativa fra le parti, che viene colmata prevedendo la consegna al futuro acquirente di un dettagliato prospetto informativo predisposto dal venditore. La mia attenzione si è concentrata proprio sul tema delle tutele che il nostro ordinamento riconosce al consumatore multiproprietario: un prospetto informativo dal contenuto minimo legislativamente predeterminato, recesso, fideiussione. Ho dedicato un particolare approfondimento alla normativa sull’acquisto immobiliare sulla carta. Il D.lgs. 122/2005 si inserisce nel contesto di una legislazione, che spesso trova la sua origine nel diritto privato europeo, finalizzata alla regolamentazione di un fenomeno sempre più frequente nella realtà economica contemporanea, rappresentato dalla contrattazione fra soggetti che si trovano in una posizione di squilibrio contrattuale: un “contraente forte” da una parte, ed un “contraente debole” dall’altra. La legislazione nazionale interviene sempre più frequentemente per porre un rimedio a queste situazioni di squilibrio, con interventi di tipo conformativo intesi a rendere effettiva l’autonoma contrattuale delle parti e, conseguentemente, agevolare il corretto funzionamento del mercato. Si parla in tal senso di una ius espansiva del modello europeo di legislazione a tutela del contraente debole, e quindi di una espansione del diritto privato europeo anche in settori dove manca una puntuale normativa comunitaria. Vi è una generale tendenza ad un “neoformalismo”, che consiste nella richiesta espressa della forma scritta e nella conformazione del contenuto del contratto, che solo apparentemente limitano l’autonomia contrattuale delle parti ma che tende ad eliminare le situazioni di squilibrio dando una tutela effettiva al contraente debole. Contraente debole e non “consumatore”. L’art. 1 del decreto parla, infatti, espressamente di “persona fisica”. Secondo gli orientamenti dottrinali maggioritari dalla nuova disciplina resterebbero esclusi, e quindi non rientrerebbero nella definizione di “acquirenti”, le società, le persone giuridiche e gli enti collettivi in generale. Si riconosce la figura del “professionista debole”, giacché si riconosce che l’acquisto di un immobile da costruire sia un’operazione che, in virtù della sua importanza economica, viene gestita con maggiore avvedutezza: l’acquisto di un immobile non è propriamente “atto di consumo”in senso tecnico. L’esigenza di tutela è diversa: si vuole tutelare l’acquirente in considerazione dell’intrinseca rischiosità dell’operazione, stabilendo alcuni profili fondamentali del contenuto del contratto non solo e non tanto a fini informativi, quanto piuttosto per una “tutela sostanziale” dell’acquirente. Il legislatore si preoccupa di predisporre garanzie obbligatorie per il caso di dissesto dell’impresa costruttrice. Le garanzie, quindi, come forma di tutela del contraente debole. Il mio lavoro si concentra, a questo punto, sulle garanzie personali e reali. Poche le novità sulle garanzie, ma alcune significative. Nel campo delle garanzie personali, acquista maggiore rilevanza la fideiussione prestata dal contraente forte a favore del contraente debole, affinché quest’ultimo possa recuperare tutte le somme investite per l’acquisto dell’immobile: sia esso un immobile in multiproprietà, sia esso un immobile ancora da costruire. E ancora le garanzie reali: pegno e ipoteca. Ho posto particolare attenzione al tema della "portabilità" dei mutui e surrogazione ex art. 1202 c.c. ed al tema delle formalità ipotecarie così come previsti dagli artt. 6, 7 e 8 della l. 2 aprile 2007, n. 40 sulla concorrenza. Ma la mia attenzione si è soffermata soprattutto sul tema della nullità ed in particolare sulla nullità relativa. La più recente legislazione speciale, specie quella di derivazione europea, ha dato un grosso scossone alla dogmatica tradizionale della nullità negoziale. Le fattispecie di nullità relativa sono sempre più frequenti, tanto da far parlare di una nuova categoria di nullità c.d. “nullità di protezione”. Quest’ultima risponde ad esigenze profondamente differenti dalla nullità assoluta di stampo codicistico. In luogo della nullità, sembra oggi più corretto parlare delle nullità: diverse categorie di invalidità, ciascuna delle quali soddisfa interessi diversificati, e come tale riceve anche una disciplina differenziata in termini di legittimazione all’azione, rilevabilità d’ufficio, prescrittibilità, sanabilità, opponibilità ai terzi. Ancora una volta partendo da un’analisi critica del D.lgs. 122/2005, ho avuto modo di approfondire il fondamentale tema della nullità nel nostro ordinamento. L’art. 2 del decreto stabilisce espressamente la nullità relativa, e cioè azionabile dal solo acquirente parte debole del contratto, nel caso in cui non sia rilasciata dal venditore la fideiussione. L’art. 6 stabilisce, invece, un contenuto minimo del contratto poste a tutela della parte debole e del corretto funzionamento del mercato immobiliare. Se ad alcune di esse può attribuirsi un valore meramente ordinatorio, altre al contrario rivestono una natura di norme imperative di ordine pubblico attinenti più precisamente al c.d. ordine pubblico di protezione ed al c.d. ordine pubblico di direzione. Nel sistema del nostro codice, la violazione di norma imperative dà luogo, ex art. 1418, alla nullità del contatto salvo che la legge stabilisca diversamente. E’quindi configurabile una nullità virtuale del contratto, ovvero non espressamente e letteralmente stabilita, ma che può essere desunta dal tenore imperativo delle norme. La dottrina prevalente è ormai orientata nel senso di ammettere che anche la nullità relativa possa essere virtuale, nel quadro di un orientamento, ormai dominante, volto al superamento dell’approccio tendente a far rientrare nell’eccezionalità qualsiasi difformità dal modello classico della nullità. Il problema, quindi, si sposta all’individuazione della natura imperativa della norma violata. In linea generale si afferma che perché una norma possa essere definita imperativa debba porre un comando o un divieto espresso, debba essere inderogabile ed indisponibile. Oggetto di dibattiti dottrinali è, poi, il tema della rilevabilità d’ufficio delle nullità relative. A fronte di una prima posizione dottrinale tendente ad escludere tale rilevabilità d’ufficio sul presupposto di una sua inconciliabilità con il regime di legittimazione relativa all’azione di nullità, dottrina e giurisprudenza più recenti appaiono concordi nel ritenere assolutamente conciliabili tali due profili. Si concorda, inoltre, sull’esistenza di limitazioni alla rilevabilità d’ufficio della nullità: la nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma tale rilievo deve operare nell’esclusivo interesse del contraente debole, dovendo il giudice bloccarsi davanti ad un concreto interesse della parte a mantenere in vita il contratto. Discorso a sé stante deve poi esser fatto sul rapporto fra nullità relativa e nullità virtuale e responsabilità del notaio rogante. Secondo l’orientamento dominante della giurisprudenza, nella misura in cui vi sia una violazione di norme imperative, e l’imperatività sia evidente, manifesta, dal tenore delle disposizioni, deve ritenersi che la nullità, sia testuale che virtuale, comporti la responsabilità del notaio ai sensi dell’art. 28 l. not. Ogni qualvolta, viceversa, tale nullità non si configuri, la responsabilità disciplinare sarà esclusa. Si avverte, comunque, una prima apertura verso la sanzionabilità delle nullità relative che siano manifeste. In chiusura del mio lavoro non ho potuto non tenere conto della recente crisi dei mercati internazionali. Crisi che ha avuto inizio proprio con il crollo negli Stati Uniti dei settori immobiliare e finanziario, improntati verso una eccessiva deregolamentazione e valorizzazione dell’autonomia contrattuale delle parti. L’assenza di garanzie sicure e la carenza di controllo di un professionista corrispondente al nostro notaio pubblico ufficiale, ha portato ad investimenti e finanziamenti azzardati da parte delle banche e degli istituti di credito che stanno vivendo un momento di profonda crisi aprendo la strada ad una recessione economica di portata mondiale.

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Il presente lavoro di tesi si colloca nell’ambito della valutazione del rischio di incidente rilevante. Ai sensi della normativa europea (direttive Seveso) e del loro recepimento nella legislazione nazionale (D.Lgs. 334/99 e s.m.i.) un incidente rilevante è costituito da un evento incidentale connesso al rilascio di sostanze pericolose in grado di causare rilevanti danni all’uomo e/o all’ambiente. Ora, se da un lato esistono indici di rischio quantitativi per il bersaglio ”uomo” da tempo definiti e universalmente adottati nonché metodologie standardizzate e condivise per il loro calcolo, dall’altro non vi sono analoghi indici di rischio per il bersaglio “ambiente” comunemente accettati né, conseguentemente, procedure per il loro calcolo. Mancano pertanto anche definizioni e metodologie di calcolo di indici di rischio complessivo, che tengano conto di entrambi i bersagli citati dalla normativa. Al fine di colmare questa lacuna metodologica, che di fatto non consente di dare pieno adempimento alle stesse disposizioni legislative, è stata sviluppata all’interno del Dipartimento di Ingegneria Chimica, Mineraria e delle Tecnologie Ambientali dell’Università degli Studi di Bologna una ricerca che ha portato alla definizione di indici di rischio per il bersaglio “ambiente” e alla messa a punto di una procedura per la loro stima. L’attenzione è stata rivolta in modo specifico al comparto ambientale del suolo e delle acque sotterranee (falda freatica) ed ai rilasci accidentali da condotte di sostanze idrocarburiche immiscibili e più leggere dell’acqua, ovvero alle sostanze cosiddette NAPL – Non Acqueous Phase Liquid, con proprietà di infiammabilità e tossicità. Nello specifico si sono definiti per il bersaglio “ambiente” un indice di rischio ambientale locale rappresentato, punto per punto lungo il percorso della condotta, dai volumi di suolo e di acqua contaminata, nonché indici di rischio ambientale sociale rappresentati da curve F/Vsuolo e F/Sacque, essendo F la frequenza con cui si hanno incidenti in grado di provocare contaminazioni di volumi di suolo e di superfici di falda uguali o superiori a Vsuolo e Sacque. Tramite i costi unitari di decontaminazione del suolo e delle acque gli indici di rischio ambientale sociale possono essere trasformati in indici di rischio ambientale sociale monetizzato, ovvero in curve F/Msuolo e F/Macque, essendo F la frequenza con cui si hanno incidenti in grado di provocare inquinamento di suolo e di acque la cui decontaminazione ha costi uguali o superiori a Msuolo ed Macque. Dalla combinazione delle curve F/Msuolo e F/Macque è possibile ottenere la curva F/Mambiente, che esprime la frequenza degli eventi incidentali in grado di causare un danno ambientale di costo uguale o superiore a Mambiente. Dalla curva di rischio sociale per l’uomo ovvero dalla curva F/Nmorti, essendo F la frequenza con cui si verificano incidenti in grado di determinare un numero di morti maggiore o uguale ad Nmorti, tramite il costo unitario della vita umana VSL (Value of a Statistical Life), è possibile ottenete la curva F/Mmorti, essendo F la frequenza con cui si verificano incidenti in grado di determinare un danno monetizzato all’uomo uguale o superiore ad Mmorti. Dalla combinazione delle curve F/Mambiente ed F/Mmorti è possibile ottenere un indice di rischio sociale complessivo F/Mtotale, essendo F la frequenza con cui si verifica un danno economico complessivo uguale o superiore ad Mtotale. La procedura ora descritta è stata implementata in un apposito software ad interfaccia GIS denominato TRAT-GIS 4.1, al fine di facilitare gli onerosi calcoli richiesti nella fase di ricomposizione degli indici di rischio. La metodologia è stata fino ad ora applicata ad alcuni semplici casi di studio fittizi di modeste dimensioni e, limitatamente al calcolo del rischio per il bersaglio “ambiente”, ad un solo caso reale comunque descritto in modo semplificato. Il presente lavoro di tesi rappresenta la sua prima applicazione ad un caso di studio reale, per il quale sono stati calcolati gli indici di rischio per l’uomo, per l’ambiente e complessivi. Tale caso di studio è costituito dalla condotta che si estende, su un tracciato di 124 km, da Porto Marghera (VE) a Mantova e che trasporta greggi petroliferi. La prima parte del lavoro di tesi è consistita nella raccolta e sistematizzazione dei dati necessari alla stima delle frequenze di accadimento e delle conseguenze per l’uomo e per l’ambiente degli eventi dannosi che dalla condotta possono avere origine. In una seconda fase si è proceduto al calcolo di tali frequenze e conseguenze. I dati reperiti hanno riguardato innanzitutto il sistema “condotta”, del quale sono stati reperiti da un lato dati costruttivi (quali il diametro, la profondità di interramento, la posizione delle valvole sezionamento) e operativi (quali la portata, il profilo di pressione, le caratteristiche del greggio), dall’altro informazioni relative alle misure di emergenza automatiche e procedurali in caso di rilascio, al fine di stimare le frequenze di accadimento ed i termini “sorgente” (ovvero le portate di rilascio) in caso di rotture accidentali per ogni punto della condotta. In considerazione delle particolarità della condotta in esame è stata sviluppata una procedura specifica per il calcolo dei termini sorgente, fortemente dipendenti dai tempi degli interventi di emergenza in caso di rilascio. Una ulteriore fase di raccolta e sistematizzazione dei dati ha riguardato le informazioni relative all’ambiente nel quale è posta la condotta. Ai fini del calcolo del rischio per il bersaglio “uomo” si sono elaborati i dati di densità abitativa nei 41 comuni attraversati dall’oleodotto. Il calcolo dell’estensione degli scenari incidentali dannosi per l’uomo è stato poi effettuato tramite il software commerciale PHAST. Allo scopo della stima del rischio per il bersaglio “ambiente” è stata invece effettuata la caratterizzazione tessiturale dei suoli sui quali corre l’oleodotto (tramite l’individuazione di 5 categorie di terreno caratterizzate da diversi parametri podologici) e la determinazione della profondità della falda freatica, al fine di poter calcolare l’estensione della contaminazione punto per punto lungo la condotta, effettuando in tal modo l’analisi delle conseguenze per gli scenari incidentali dannosi per l’ambiente. Tale calcolo è stato effettuato con il software HSSM - Hydrocarbon Spill Screening Model gratuitamente distribuito da US-EPA. La ricomposizione del rischio, basata sui risultati ottenuti con i software PHAST e HSSM, ha occupato la terza ed ultima fase del lavoro di tesi; essa è stata effettuata tramite il software TRAT-GIS 4.1, ottenendo in forma sia grafica che alfanumerica gli indici di rischio precedentemente definiti. L’applicazione della procedura di valutazione del rischio al caso dell’oleodotto ha dimostrato come sia possibile un’analisi quantificata del rischio per l’uomo, per l’ambiente e complessivo anche per complessi casi reali di grandi dimensioni. Gli indici rischio ottenuti consentono infatti di individuare i punti più critici della condotta e la procedura messa a punto per il loro calcolo permette di testare l’efficacia di misure preventive e protettive adottabili per la riduzione del rischio stesso, fornendo al tempo gli elementi per un’analisi costi/benefici connessa all’implementazione di tali misure. Lo studio effettuato per la condotta esaminata ha inoltre fornito suggerimenti per introdurre in alcuni punti della metodologia delle modifiche migliorative, nonché per facilitare l’analisi tramite il software TRAT-GIS 4.1 di casi di studio di grandi dimensioni.

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Individuazione dei valori ottimali di crescita di dinoflagellate bentoniche, valutazione della tossicità e di interazioni allelopatiche. Il fitoplancton rappresenta la base della catena trofica in ambiente marino, nonché oltre la metà  della produzione primaria a livello mondiale. Le dinoflagellate, assieme alle diatomee, costituiscono la maggior parte del fitoplancton, comprendendo numerose e diversificate specie di microalghe dalla differente distribuzione, ecologia e fisiologia. Alcune specie appartenenti a tale gruppo sono in grado di dare luogo, in determinate condizioni, a estesi fenomeni di fioriture algali, che diventano particolarmente impattanti se le specie coinvolte sono responsabili della produzione di biotossine, le quali possono direttamente uccidere altri organismi o accumularsi nei loro tessuti. Gli effetti nocivi di questi fenomeni si ripercuotono pesantemente sull'ecosistema marino, con ingenti morie di organismi acquatici (da pesci a molluschi, dal bentos al necton) e profonde alterazioni nelle comunità specifiche. Un forte coinvolgimento si ha di conseguenza anche per le attività umane, in seguito a forti esternalità negative su pesca, turismo, attività ricreative, o spesso con rischi direttamente correlati alla salute umana, dovuti perlopiù ad ingestione di organismi contaminati o all'inalazione di tossine per via aerea. Negli ultimi anni le fioriture algali tossiche si sono fortemente intensificate in distribuzione, estensione e frequenza, attirando l'interesse globale della comunità scientifica. Diversi studi condotti in questo senso hanno portato all'identificazione di numerose specie di dinoflagellate tossiche e all'isolamento di una lunga serie di composti chimici con effetti dannosi da esse sintetizzate. Tuttavia si conosce ancora ben poco sull'ecologia di queste specie, in particolare su quali siano i fattori che possano indurre o regolare la proliferazione e lo sviluppo di un bloom algale. Questo studio si è focalizzato su due specie di dinoflagellate bentoniche tossiche, Ostreopsis ovata e Coolia monotis, entrambe appartenenti alla famiglia Ostreopsidaceae, note già da tempo nei paesi tropicali poiché associate alla sindrome da ciguatera. Negli ultimi anni, Ostreopsis ovata è stata oggetto di numerose ricerche in Europa, poiché ha dato luogo a fenomeni di bloom, collegati con danni respiratori nell'uomo, anche lungo i litorali italiani; soltanto recentemente grazie ad una tecnica analitica basata sulla combinazione di cromatografia liquida e spettrometria di massa (LC-MS), è stato possibile isolare la diverse tossine responsabili. Durante i vari monitoraggi e campionamenti delle acque, questa dinoflagellata è stata sempre riscontrata in presenza di Coolia monotis (e Prorocentrum lima), di cui invece si conosce ben poco, visto che la sua tossicità in Mediterraneo non è ancora stata dimostrata, né la sua tossina caratterizzata. Il primo step di questo studio è stato quello di valutare, attraverso il mantenimento di colture in vitro, l'importanza della temperatura nella crescita di O. ovata e C. monotis (singolarmente) provenienti dalla zona del monte Conero (Ancona, Marche). Esistono già studi di questo tipo su ceppi adriatici di O. ovata, tuttavia è stato effettuato un esperimento similare utilizzando un nuovo ceppo, isolato in anni recenti; per C. monotis invece non sono presenti molti studi in letteratura, in particolare nessuno riguardante ceppi italiani. La valutazione della crescita è stata effettuata attraverso conteggio delle cellule, misura dell'efficienza fotosintetica e consumo dei macronutrienti. Quindi, visto che le due specie vivono in associazione nell'ambiente marino, si è cercato di evidenziare l'instaurarsi di eventuali processi competitivi o di fenomeni di allelopatia. Dall'analisi dei risultati è emerso che, se coltivate individualmente, sia C. monotis che O. ovata mostrano un optimum di crescita alla temperatura di 20°C, con tasso di crescita, numero di cellule e rendimento fotosintetico raggiunti più elevati, seppure non di molto rispetto alle colture a 25°C. Le colture a 30°C al contrario hanno mostrato valori sensibilmente inferiori. Se fatte crescere assieme, invece, C. monotis mantiene lo stesso pattern riscontrato nella monoculture a 20 e 25°C, seppur raggiungendo numeri di cellule inferiori, mentre a 30°C ha una crescita bassissima. Al contrario, O. ovata alla temperatura più elevata raggiunge lo stesso numero di cellule della monocultura, alla temperatura intermedia registra il tasso di crescita, ma non il numero di cellule, più elevato, mentre alla temperatura più bassa (che era l'optimum per la monocultura) si ha il maggior stress per la specie, evidenziando forti fenomeni di competizione. Esperimenti su C. monotis fatta crescere in un filtrato di O. ovata non hanno invece chiarito l'esistenza o meno di eventuali effetti allelopatici di Ostreopsis su Coolia, dato che non sono apparse differenze evidenti tra il controllo e il filtrato, mentre hanno messo in luce l'importanza dei batteri associati alle microalghe come supporto alla loro crescita, poiché le colture cresciute in filtrato sterile hanno manifestato tutte quante un rendimento quantico fotosintetico inferiore.

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Questa tesi di laurea si pone in continuità rispetto all’esperienza maturata nel Laboratorio di Sintesi Finale di Urbanistica “Spiagge urbane. Paesaggi, luoghi, architetture nella città balneare adriatica”. Nel corso del Laboratorio è stata condotta una riflessione sulle possibili strategie di “dedensificazione” della località balneare di Viserbella, nella Riviera di Rimini. La tesi è quindi l’occasione per ripensare lo sviluppo e la trasformazione di una parte del litorale riminese, creando una città balneare capace di conferire un’impronta indelebile nel tessuto esistente. L’esigenza di “dedensificare” nasce per dare una concreta risposta ad un incontrollato sviluppo turistico che ha creato contemporaneamente l’affascinante prodotto che è la costa romagnola, e il tessuto completamente saturo e senza alcuna pianificazione urbanistica, sviluppatosi, per lo più, tra la linea di costa e la linea ferroviaria. La storia di Viserbella, posta tra Torre Pedrera e Viserba, inizia nei primi decenni del Novecento, ma il vero sviluppo, legato al boom turistico, avviene negli anni Cinquanta, quando la località si satura di edifici, alcuni dei quali di scarso valore architettonico e collocati sull’arenile, e di infrastrutture inefficienti. Lo studio dell’area di progetto si articola in quattro fasi. La prima riguarda l’analisi territoriale della costa romagnola compresa tra Cesenatico e Cattolica, con un raffronto particolare tra la piccola località e la città di Rimini. La seconda parte è volta a ricostruire, invece, le fasi dello sviluppo urbano dell’agglomerato. La ricerca bibliografica, archivistica, cartografica e le interviste agli abitanti ci hanno permesso la ricostruzione della storia di Viserbella. La terza parte si concentra sull’analisi urbana, territoriale, ambientale e infrastrutturale e sull’individuazione delle criticità e delle potenzialità della località determinate, in particolar modo, dai sopraluoghi e dai rilievi fotografici. Basilari sono state, in questo senso, le indagini svolte tra i residenti che ci hanno mostrato le reali necessità e le esigenze della località e il raffronto con gli strumenti urbanistici vigenti. La fase di ricerca è stata seguita da diversi docenti e professionisti che hanno lavorato con noi per approfondire diversi aspetti come i piani urbanistici, lo studio del paesaggio e dell’area. Con i risultati ottenuti dalle indagini suddette abbiamo redatto il metaprogetto alla scala urbana che identifica le strategie di indirizzo attraverso le quali si delineano le azioni di programmazione, finalizzate al raggiungimento di un risultato. La conoscenza del territorio, le ricerche e le analisi effettuate, permettono infatti di poter operare consapevolmente nella quarta fase: quella progettuale. Il progetto urbanistico di “dedensificazione” per la località di Viserbella ha come presupposto primario la sostituzione dell’attuale linea ferroviaria Rimini-Ravenna con una linea a raso che migliori i collegamenti con le località vicine e la qualità della vita, dando ulteriori possibilità di sviluppo all’insediamento oltre la ferrovia. Da questo emergono gli altri obiettivi progettuali tra cui: riqualificare l’area a monte della ferrovia che attualmente si presenta degradata e abbandonata; rafforzare e creare connessioni tra entroterra e litorale; riqualificare il tessuto esistente con l’inserimento di spazi pubblici e aree verdi per la collettività; “restituire” la spiaggia al suo uso tradizionale, eliminando gli edifici presenti sull’arenile; migliorare i servizi esistenti e realizzarne di nuovi allo scopo di rinnovare la vita della collettività e di creare spazi adeguati alle esigenze di tutti. Restituire un’identità a questo luogo, è l’intento primario raggiungibile integrando gli elementi artificiali con quelli naturali e creando un nuovo skyline della città. La progettazione della nuova Viserbella pone le basi per forgiare degli spazi urbani e naturali vivibili dagli abitanti della località e dai turisti, sia in estate che in inverno.