400 resultados para invarianti polinomiali gruppi finiti
Resumo:
In questo studio di tesi è stata eseguita un' analisi storico critica sugli edifici del complesso della Clinica Neurologica di Bologna, sono state valutate le sollecitazioni attraverso una modellazione 3D con software agli elementi finiti SAP2000, e sono state eseguite le verifiche dei meccanismi di collasso globali, locali ed inoltre verifiche di deformabiltà.
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In questa tesi viene descritto il funzionamento delle sorgenti di luce LED (Light Emitting Diode) a confinamento quantico, che rappresentano la nuova frontiera dell'illuminazione ad alta efficienza e durata. Nei capitoli introduttivi è descritta brevemente la storia dei LEDs dalla loro invenzione agli sviluppi più recenti. Il funzionamento di tali dispositivi fotonici è spiegato a partire dal concetto di sorgente di luce per elettroluminescenza, con particolare riferimento alle eterostrutture a confinamento quantico bidimensionale (quantum wells). I capitoli centrali riguardano i nitruri dei gruppi III-V, le cui caratteristiche e proprietà hanno permesso di fabbricare LEDs ad alta efficienza e ampio spettro di emissione, soprattutto in relazione al fatto che i LEDs a nitruri dei gruppi III-V emettono luce anche in presenza di alte densità di difetti estesi, nello specifico dislocazioni. I capitoli successivi sono dedicati alla presentazione del lavoro sperimentale svolto, che riguarda la caratterizzazione elettrica, ottica e strutturale di LEDs a confinamento quantico basati su nitruri del gruppo III-V GaN e InGaN, cresciuti nei laboratori di Cambridge dal Center for Gallium Nitride. Lo studio ha come obiettivo finale il confronto dei risultati ottenuti su LEDs con la medesima struttura epitassiale, ma differente densità di dislocazioni, allo scopo di comprendere meglio il ruolo che tali difetti estesi ricoprono nella determinazione dell'effcienza delle sorgenti di luce LED. L’ultimo capitolo riguarda la diffrazione a raggi X dal punto di vista teorico, con particolare attenzione ai metodi di valutazioni dello strain reticolare nei wafer a nitruri, dal quale dipende la densità di dislocazioni.
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La presente tesi tratta il comportamento meccanico delle fasce di piano in muratura composite. Con tale termine ci si riferisce alle fasce di piano che hanno al di sotto un elemento portante in conglomerato cementizio armato, come ad esempio cordoli o solai. Assieme ai maschi murari, le fasce di piano costituiscono gli elementi portanti di una parete in muratura. Tuttavia, in caso di analisi sismica di un edificio in muratura, l’effetto fornito da tali elementi è trascurato e si considera solamente il contributo dei maschi murari. Ciò è dovuto anche alla scarsa conoscenza che ancora oggi si possiede sul loro comportamento meccanico. Per questo motivo diversi gruppi di ricerca tutt’ora sono impegnati in tale studio. In particolare, il lavoro di questa tesi, s’inserisce nel più ampio progetto di ricerca condotto dalla professoressa Katrin Beyer, direttrice del Laboratorio di Ingegneria Sismica e Dinamica Strutturale del Politecnico di Losanna (Svizzera).
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Studio, a livello teorico basandosi sulla teoria DFT, del precursore dell’acido fosforico di Brønsted derivato dall’R-BINOL, delineazione delle conformazioni possibili e della loro stabilità come supporto base alla via sperimentale. Ricerca di una via di sintesi ottimizzata, basata sulla reazione di Suzuki-coupling, che permetta di ottenere i precursori ipotizzati in precedenza (si veda la figura 9) con buone rese e successiva separazione degli atropoisomeri mediante HPLC semipreparartiva. Caratterizzazione completa degli isomeri conformazionali utilizzando tecniche spettroscopiche (NMR ed ECD), studio cinetico per ottenere il valore della barriera rotazionale sperimentale (ΔG#) dei gruppi metilnaftalenici attraverso equilibrazione termica e confronto con i dati teorici. Ricerca di una via di sintesi che consenta la funzionalizzazione dei precursori ad acidi fosforici senza alterazione della conformazione atropoisomerica e con assenza di racemizzazione ed equilibrazione. Studio dell’attività catalitica dei vari atropoisomeri in una sintesi asimmetrica nota per osservare sia come varia la reattività in funzione della conformazione molecolare, sia per ottenere confronti con altri organocatalizzatori conosciuti.
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La valutazione dei rischi associati all’operatività dei sistemi di stoccaggio, quali la sismicità indotta e la subsidenza, è requisito basilare per una loro corretta gestione e progettazione, e passa attraverso la definizione dell’influenza sullo stato tensionale delle variazioni di pressione di poro nel sottosuolo. Principale scopo di questo progetto è lo sviluppo di una metodologia in grado di quantificare le deformazioni dei reservoir in funzione della pressione di poro, di tarare i modelli utilizzati con casi studio che presentino dati di monitoraggio reali, tali da consentire un confronto con le previsioni di modello. In questa tesi, la teoria delle inomogeneità è stata utilizzata, tramite un approccio semianalitico, per definire le variazioni dei campi elastici derivanti dalle operazioni di prelievo e immissione di fluidi in serbatoi geologici. Estensione, forma e magnitudo delle variazioni di stress indotte sono state valutate tramite il concetto di variazione dello sforzo critico secondo il criterio di rottura di Coulomb, tramite un’analisi numerica agli elementi finiti. La metodologia sviluppata è stata applicata e tarata su due reservoir sfruttati e riconvertiti a sistemi di stoccaggio che presentano dataset, geologia, petrofisica, e condizioni operative differenti. Sono state calcolate le variazioni dei campi elastici e la subsidenza; è stata mappata la variazione di sforzo critico di Coulomb per entrambi i casi. I risultati ottenuti mostrano buon accordo con le osservazioni dei monitoraggi, suggerendo la bontà della metodologia e indicando la scarsa probabilità di sismicità indotta. Questo progetto ha consentito la creazione di una piattaforma metodologica di rapido ed efficace utilizzo, per stimare l’influenza dei sistemi di stoccaggio di gas sullo stato tensionale della crosta terrestre; in fase di stoccaggio, permette di monitorare le deformazioni e gli sforzi indotti; in fase di progettazione, consente di valutare le strategie operative per monitorare e mitigare i rischi geologici associati a questi sistemi.
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La seguente tesi presenta lo sviluppo di un sistema di controllo e gestione remota per il tracking di un satellite. Il progetto, denominato ALMATracker, è sviluppato dal corso di Ingegneria Aerospaziale della scuola di Ingegneria e Architettura Aerospaziale dell’Università di Bologna con sede a Forlì. Consiste nella creazione di una motorizzazione per antenne su due assi, movimentata da un hardware commerciale programmabile. Il posizionamento può essere eseguito sia manualmente, su richiesta di un utente da PC remoto, sia automaticamente secondo un’orbita preimpostata. I setpoint di velocità o posizione sono elaborati dal sistema fino ad ottenere un segnale che procede alla movimentazione in velocità dell’antenna. Il comando automatico, invece, orienta l’antenna in modo tale da mantenerla fissa su una traiettoria orbitale di uno specifico spacecraft. La movimentazione automatica segue funzioni polinomiali fornite dall’utente, ricavate da software di propagazione e predizione esterno al sistema ALMATracker. In questo caso il sistema deve procedere alla rotazione mantenendo la velocità richiesta dalla funzione polinomiale. Il controllo effettuato in catena chiusa è attuato tramite una serie di trasduttori di posizione presenti nel sistema.
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The interaction between disciplines in the study of human population history is of primary importance, profiting from the biological and cultural characteristics of humankind. In fact, data from genetics, linguistics, archaeology and cultural anthropology can be combined to allow for a broader research perspective. This multidisciplinary approach is here applied to the study of the prehistory of sub-Saharan African populations: in this continent, where Homo sapiens originally started his evolution and diversification, the understanding of the patterns of human variation has a crucial relevance. For this dissertation, molecular data is interpreted and complemented with a major contribution from linguistics: linguistic data are compared to the genetic data and the research questions are contextualized within a linguistic perspective. In the four articles proposed, we analyze Y chromosome SNPs and STRs profiles and full mtDNA genomes on a representative number of samples to investigate key questions of African human variability. Some of these questions address i) the amount of genetic variation on a continental scale and the effects of the widespread migration of Bantu speakers, ii) the extent of ancient population structure, which has been lost in present day populations, iii) the colonization of the southern edge of the continent together with the degree of population contact/replacement, and iv) the prehistory of the diverse Khoisan ethnolinguistic groups, who were traditionally understudied despite representing one of the most ancient divergences of modern human phylogeny. Our results uncover a deep level of genetic structure within the continent and a multilayered pattern of contact between populations. These case studies represent a valuable contribution to the debate on our prehistory and open up further research threads.
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Questo lavoro di tesi tratta l'utilizzo di misure idrometriche satellitari in combinazione con le misure idrometriche tradizionali per la calibrazione dei modelli numerico-idraulici. Il presente elaborato riguarda la calibrazione di un complesso modello idraulico del Fiume Po implementato in HEC-RAS. Il caso di studio è un tratto del Fiume Po lungo circa 131 km, che va dalla sezione relativa alla stazione idrometrica di Borgoforte e termina all'incile del Po di Goro. Le Analisi numeriche svolte si suddividono in tre gruppi, il primo sfrutta l'impiego di soli dati idrometrici tradizionali, il secondo l'impiego di soli dati idrometrici satellitari e il terzo l'impiego di entrambe le tipologie di dati idrometrici.
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L'obiettivo di questa tesi sperimentale è quello di effettuare una reazione di addizione coniugata di Michael di sistemi 1,3-dicarbonilici atroposelettiva su substrati maleimmidici oppurtanamente sostituiti, catalizzata da derivati di alcaloidi naturali della Cinchona. Tale processo risulta importante ed innovativo in quanto si vuole ottenere una reazione di desimmetrizzazione atroposelettiva, contemporaneamente dell'asse prochirale e dei due atomi di carbonio del doppio legame della maleimmide stessa. Partendo dalla reazione di addizione del 2-acetilciclopetanone sulla (N-(2-tert- Butil)fenil)maleimmide, mediante reazioni di screening sono state determinate le condizioni ottimali. Si è poi proceduto a verificare l'estendibilità della reazione verso differenti substrati. Infine si è verificata la stabilità dell'asse di rotazione bloccato neosintetizzato. La sintesi di tali composti è importante per la possibilità di poter successivamente derivatizzare i gruppi sostituenti, in modo da creare building blocks per lo sviluppo di molecole ben più complesse.
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L’overespressione dei geni EVI1(3q26) e PRDM16(1p36), è descritta sia in presenza che in assenza di riarrangiamenti 3q26 e 1p36 in specifici sottogruppi citogenetici di LAM, ed è associata ad una prognosi sfavorevole. Lo scopo principale del nostro studio è stato identificare e caratterizzare tramite FISH e RQ-PCR, alterazioni di EVI1 e PRDM16 in pazienti con alterazioni cromosomiche 3q e 1p.Riarrangiamenti di EVI1 si associavano ad alterazioni cromosomiche 3q26, ma, in 6 casi (6/35;17,1%) erano presenti in assenza di coinvolgimenti, in citogenetica convenzionale, della regione 3q26, a causa di meccanismi complessi e/o alterazioni ‘criptiche’. Inoltre, abbiamo identificato quattro nuovi riarrangiamenti di EVI1, tra cui due nuove traslocazioni simili presenti in due fratelli. Riarrangiamenti e/o amplificazioni di PRDM16 erano spesso associate ad alterazioni 1p36 (7/14;50%). L’analisi di EVI1 e PRDM16 è stata estesa ad altri casi con alterazioni -7/7q-, con cariotipo normale, con alterazioni 3q per PRDM16 e con alterazioni 1p per EVI1. L’overespressione di EVI1 era presente solo nel gruppo -7/7q- (10/58;17.2%) ed in un caso si associava ad amplificazione genica, mentre PRDM16 era overespresso in casi di tutti i gruppi analizzati,sia con cariotipi complessi, dove si associava in alcuni casi ad amplificazione genica, sia con cariotipi normali o con singole alterazioni. Il nostro studio dimostra come la FISH permetta di identificare alterazioni dei geni EVI1 e PRDM16, anche in assenza di coinvolgimenti delle regioni 3q26 e 1p36. Riarrangiamenti complessi e/o una scarsa qualità dei preparati citogenetici sono le cause principali per la mancata identificazione di queste alterazioni. La RQ-PCR permette di identificare l’overespressione anche nei casi in cui non sia dovuta ad alterazioni citogenetiche. È importante confermare con FISH e/o RQ-PCR il coinvolgimento di questi due geni, per individuare alla diagnosi pazienti con prognosi sfavorevole e che potranno beneficiare di terapie maggiormente aggressive e/o di trapianto allogenico di cellule staminali.
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L’applicazione della citogenetica convenzionale e molecolare può identificare: Ph-negatività, traslocazioni t(9;22) varianti e alterazioni citogenetiche addizionali (ACA) al cromsoma Ph in pazienti con LMC alla diagnosi. Prima dell’introduzione della terapia con Imatinib, esse mostravano un impatto prognostico negativo o non chiaro. Nel nostro studio, 6 casi di LMC Ph- erano trattati con Imatinib. La FISH identificava 4 casi con riarrangiamento BCR/ABL sul der(9q), 1 sul der(22q) e 1 su entrambi i derivativi. Quattro pazienti (66,7%) raggiungevano la RCgC, 2 fallivano il trattamento e 1 sottoposto a TMO. A causa dello scarso numero di casi, non era possibile nessuna correlazione con la prognosi. Nell’ambito di studi prospettici multicentrici del GIMEMA-WP, abbiamo valutato: traslocazioni varianti e ACA. Dei 559 pazienti arruolati, 30(5%) mostravano traslocazioni varianti, 24 valutabili in FISH: 18(75%) mostravano meccanismo 1-step, 4(16,7%) meccanismo 2-step e 2(8,3%) meccanismo complesso. Abbiamo confermato che le varianti non influenzano la risposta e la sopravvivenza dei pazienti trattati con Imatinib. Dei 378 pazienti valutabili alla diagnosi con citogenetica convenzionale, 21(5,6%) mostravano ACA: 9(43%) avevano la perdita del cromosoma Y, 3(14%) trisomia 8, 2(10%) trisomia 19, 6(28%) altre singole anomalie e 1 cariotipo complesso. La presenza di ACA influenzava la risposta: le RCgC e RMolM erano significativamente più basse rispetto al gruppo senza ACA e le curve di sopravvivenza EFS e FFS non erano significativamente diverse. Le curve di PFS e OS erano sovrapponibili nei due gruppi, per il basso numero di eventi avversi oppure perché alcuni raggiungevano la risposta con TKI di seconda generazione. Le anomalie “major route” mostravano decorso clinico peggiore, ma non è stato possibile determinare l’impatto prognostico in relazione al tipo di alterazione. Pertanto, le ACAs alla diagnosi rivestono un ruolo negativo nella prognosi dei pazienti trattati con Imatinib, che quindi rappresentano una categoria più a rischio per la risposta.
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Nel presente lavoro sono esposti i comportamenti e le caratteristiche principali dei giunti incollati. Il metodo agli elementi finiti è stato studiato in modo da realizzare un modello accurato di un sistema fisico. L’analisi agli elementi finiti è stata utilizzata per effettuare una simulazione numerica di un single-strap joint in alluminio e in CFRP sotto un carico di trazione assiale. L’effetto di una modifica della distanza tra le lastre è stato studiato e i risultati confrontati.
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Il forte incremento della popolazione mondiale, la continua crescita del tenore di vita e del livello di consumi hanno portato negli ultimi decenni ad un enorme aumento della richiesta mondiale di energia. Diviene pertanto fondamentale ricercare nuovi metodi altamente efficienti di produzione, trasporto ed utilizzo di energia, che migliorino la qualità della vita dell’uomo e nello stesso tempo salvaguardino il clima e l’ambiente. Proprio a questo proposito, in questi ultimi anni, vi è un crescente interesse nei riguardi della molecola di idrogeno, H2. Ad oggi è impossibile sostituire i combustibili fossili con l’idrogeno, per motivi prettamente tecnologici (difficoltà nello stoccaggio e nel trasporto) e per motivi legati alla sua produzione. Infatti, l’idrogeno è sì uno degli elementi più presenti in natura, ma non come sostanza gassosa pura bensì in forma combinata, generalmente acqua, quindi per produrlo è necessario rompere il legame con l’elemento con cui è combinato, consumando energia; questo spiega il motivo per cui l’idrogeno viene considerato un vettore di energia e non una fonte di energia. La produzione di idrogeno, o meglio del suo equivalente costituito da un flusso di elettroni e protoni, dall’acqua è un processo che avviene in natura, precisamente nelle cellule vegetali durante la prima fase della fotosintesi clorofilliana. Tale processo mostra l’importanza dei complessi bio-inorganici che vi partecipano, ai quali si ispira la ricerca di nuovi efficienti catalizzatori per la produzione di idrogeno mediante scissione catalitica dell’acqua (water splitting). Una classe di enzimi particolarmente studiata, in quest’ambito, è costituita dalle idrogenasi; la maggior parte di questi enzimi contengono un frame dinucleare Ni-Fe o Fe-Fe. Numerosi gruppi di ricerca sono fortemente impegnati nell’obiettivo di sintetizzare complessi simili a questi enzimi (enzyme mimics), e con prestazioni paragonabili, in modo da produrre idrogeno in modo efficiente e rispettando i principi di sostenibilità ambientale ed economica. Il gruppo di ricerca presso il quale è stato svolto il tirocinio oggetto del presente elaborato si occupa dello studio di complessi metallorganici caratterizzati dalla presenza di un “core” metallico costituito da due atomi di Ferro adiacenti coordinati tra loro mediante leganti a ponte diversamente funzionalizzati. Obiettivo del tirocinio è stato quello di verificare l’efficienza catalitica di alcuni di questi complessi nel promuovere il processo di interconversione H+/H2; per fare ciò, si è fatto ricorso ad un approccio elettrochimico, sfruttando la tecnica della voltammetria ciclica.
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Nel seguente elaborato verrà presentato il lavoro volto alla progettazione di una protesi di piede realizzata con materiale composito in fibra di carbonio riciclato. Per il suo conseguimento sono state prese in considerazione due scelte progettuali che permetteranno una futura realizzazione semplice ed economica. Una volta determinate le scelte progettuali, si sono generati dei semplici modelli di primo approccio, per i quali sono stati previsti modellazione CAD e simulazioni di opportuni modelli agli elementi finiti. Su quest’ultimi sono stati applicati i carichi e i vincoli secondo la norma UNI ISO 22675 e sono state eseguite diverse simulazioni al variare di alcuni parametri geometrici e del numero e orientamenti degli strati componenti le lamine. Dalle simulazioni sono stati ricavati i valori di tensione, ai quali è stato applicato il criterio di resistenza strutturale per i materiali compositi di Tsai – Hill. Dal confronto di tutti i risultati, si sono determinati i parametri di progetto ottimali per ognuna delle due varianti progettuali proposte. Sulla base dei risultati ottenuti sono stati realizzati nuovi modelli CAD più dettagliati, per i quali è stata condotta l’analisi FEM e la verifica del criterio strutturale come per i modelli di primo approccio. I modelli cosi definiti possono essere la base di partenza per la definizione del progetto costruttivo del prototipo di una o entrambe le varianti progettuali.
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Introduzione L’attività fisica moderata seguita da improvvisa interruzione può influenzare le caratteristiche biologiche del tendine. Lo scopo del lavoro è stato quello di valutare l’attività cellulare, le caratteristiche istologiche, istomorfometriche e microstrutturali del tendine patellare e della sua entesi in condizioni di non allenamento (sedentarietà), allenamento ed improvviso arresto dell’attività fisica. E’ stato ipotizzato che un’iniezione peri-tendinea di acido ialuronico nelle settimane successive all’improvviso arresto dell’attività fisica potesse mantenere l’integrità strutturale e biologica del tendine patellare. Materiali e Metodi 24 ratti Sprague Dawley maschi di 8 settimane sono stati suddivisi in tre gruppi, allenati per 10 settimane, fino a 60-80% VO2max. I ratti sono stati suddivisi in tre gruppi: Non Allenati (6), Allenati (6), Disallenati (12). A 6 dei 12 ratti del gruppo Detrained, è stata praticata un’infiltrazione peri-tendinea a nel tendine patellare destro di 300 μl di acido ialuronico, mentre nei rimanenti 6, è stata praticata l’infiltrazione con soluzione fisiologica. I tendini rotulei espiantati sono stati valutati con coltura cellulare, valutazione biologica molecolare, valutazioni morfologiche microstrutturali, proliferazione, conta ed attività cellulare. Risultati I risultati in vitro hanno evidenziato vitalità e conta cellulare simili fra i Gruppi Trained e Detrained-HA con un incremento significativo del metabolismo cellulare rispetto agli altri Gruppi. La cellularità ha mostrato valori maggiori nei Gruppi Non Allenati e Detrained-NaCl ove si è osservata una biosintesi del collagene III superiore ai Gruppi Trained e Detrained-HA. Contrariamente, la produzione di collagene I e II presentava valori maggiori nei Gruppi Trained e Detrained-HA suggerendo una superiore efficienza tessutale e metabolica di questi ultimi. Conclusioni Questi risultati confermano che l’allenamento ed il suo improvviso arresto hanno effetti sulla struttura tendinea patellare di ratto e che l’iniezione peritendinea di acido ialuronico nel periodo di inattività ha effetti significativi su metabolismo cellulare e sul tendine rispetto al trattamento con soluzione fisiologica.