1000 resultados para galassie,formazione,materia oscura,gas,formazione stellare,bracci spirale,momento angolare,merging


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I rifiuti rappresentano un’opportunità di crescita sostenibile in termini di riduzione del consumo di risorse naturali e di sviluppo di tecnologie per il riciclo di materia ed il recupero energetico. Questo progetto di ricerca si occupa di valutare, attraverso l’approccio dello studio del ciclo di vita, la valorizzazione energetica di una particolare categoria di rifiuti: i fanghi derivanti dalla depurazione delle acque. Si è studiata la valorizzazione dei fanghi attraverso l’applicazione del Thermo Catalytic Re-forming (TCR)®, tecnologia che consente di trasformare i fanghi in un carburante per la produzione di energia elettrica (bioliquido). Le valutazioni sono effettuate per una linea di processo generale e due configurazioni progettuali declinate in due scenari. Il caso di studio è stato riferito al depuratore di S. Giustina (Rimini). Per la linea di processo, per ognuna delle configurazioni e i relativi scenari, è stato compilato il bilancio energetico e di massa e, conseguentemente, valutata l’efficienza energetica del processo. Le regole della Renewable Energy Directive (RED), applicate attraverso lo strumento ‘BioGrace I’, permettono di definire il risparmio di gas serra imputabile al bioliquido prodotto. I risultati mostrano che adottare la tecnologia TRC® risulta essere energeticamente conveniente. Infatti, è possibile ricavare dal 77 al 111% del fabbisogno energetico di una linea di processo generale (linea fanghi convenzionale e recupero energetico TCR®). Questo permette, quindi, di ricavare energia utile al processo di depurazione. La massima performance si realizza quando la tecnologia si trova a valle di una linea di trattamento fanghi priva di digestione anaerobica e se il biochar prodotto viene utilizzato come combustibile solido sostitutivo del carbone. La riduzione delle emissioni imputabile al bioliquido prodotto va dal 53 al 75%, valori che soddisfano il limite definito dalla RED del 50% di riduzione delle emissioni (2017) per ogni configurazione progettuale valutata.

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Il presente lavoro ha riguardato lo studio della trasformazione one-pot in fase gas di 1,2-propandiolo ad acido propionico, impiegando il pirofosfato di vanadile (VPP), (VO)2P2O7, e due differenti sistemi a base di bronzi di tungsteno con struttura esagonale (HTB), gli ossidi misti W1V0,3 e W1Mo0,5V0,1. Il processo richiede un catalizzatore con due differenti funzionalità: una acida, principalmente di tipo Brønsted, fornita nel VPP dai gruppi P-OH presenti sulla sua superficie, e negli HTB dai gruppi W-OH sulla loro superficie e dagli ioni H+ nei canali esagonali dell’ossido; e una ossidante, fornita nel VPP dal V, e negli HTB da V e Mo incorporati nella struttura esagonale. I risultati delle prove di reattività hanno consentito di dedurre gli aspetti principali dello schema della reazione one-pot di disidratazione-ossidazione dell’1,2-propandiolo ad acido propionico. I catalizzatori provati non possiedono la combinazione ottimale di proprietà acide e redox necessarie per ottenere elevate rese in acido propionico. Le scarse proprietà ossidanti portano a un accumulo di propionaldeide, che reagisce con l’1,2-propandiolo a dare diossolani, e inoltre dà luogo alla formazione di altri sottoprodotti. È perciò necessario incrementare le proprietà ossidanti del catalizzatore, in modo da accelerare la trasformazione della propionaldeide ad acido propionico, ed evitare quindi che le proprietà acide del catalizzatore, necessarie per compiere il primo stadio di disidratazione di 1,2-propandiolo, siano causa di reazioni parassite di trasformazione dell’aldeide stessa.

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Uno degli aspetti più influenti sulla qualità chimica e biologica dell’acqua di laghi e invasi, caratteristico del bacino di Ridracoli, è rappresentato dalla stratificazione termica, un processo di formazione di volumi d’acqua a diversa densità che può verificarsi allorquando, in alcune circostanze e, nello specifico, durante la stagione estiva, si instauri una condizione stabile in cui l’acqua riscaldata dalla radiazione solare sovrasta quella più fredda e densa del fondo. Una delle conseguenze di tali variazioni termiche è che esse inducono cambiamenti nei livelli di ossigeno disciolto, favorendo l’instaurarsi di processi di degradazione anaerobica della materia organica e determinando la formazione di un chimismo ostile per l’attività biologica. I cicli stagionali, redox-dipendenti, di Ferro e Manganese tra la colonna d’acqua e i sedimenti sono caratteristici di questi ambienti ed una loro risospensione in forma disciolta è stato rilevato nell’ipolimnio dell’invaso di Ridracoli, stagionalmente anossico. Questo studio, collocato all’interno di un ampio progetto finanziato da Romagna Acque Società delle Fonti S.p.A. con la Facoltà di Scienze Ambientali – Campus di Ravenna ed il CNR-ISMAR, si è posto come obiettivo l’individuazione dei fattori che controllano la distribuzione e la mobilità degli elementi chimici all’interno del sistema acqua-sedimento dell’invaso di Ridracoli ed è articolato in tre diverse fasi: • Indagine della composizione chimica del sedimento; • Analisi ed interpretazione della composizione chimica delle acque interstiziali • Stima del flussi attraverso l’interfaccia acqua-sedimento mediante l’utilizzo di una camera bentica e l’applicazione della prima legge di Fick sulla diffusione. Al termine del lavoro è stato possibile ricostruire un quadro diagenetico generale contraddistinto da una deplezione degli accettori di elettroni principali (O2 e NO3-) entro i primi millimetri di sedimento, da un consumo immediato di SO42- e da una graduale riduzione degli ossidi di Mn (IV) e Fe (III), con formazione di gradienti negativi ed il rilascio di sostanze disciolte nella colonna d’acqua.

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Debido a la complejidad de los procesos que controlan el intercambio de gases de carbono (C) y nitrógeno (N) entre el suelo y la atmósfera, en los sistemas forestales y agroforestales, son comprensibles las incógnitas existentes respecto a la estimación de los flujos de los gases de efecto invernadero (GEI) y la capacidad como reservorios de carbono de los suelos, bajo diferentes formas de uso y regímenes de alteración a escala regional y global. Esta escasez de información justifica la necesidad de caracterizar la dinámica de intercambio de GEI en los ecosistemas Mediterráneos, en especial en el contexto actual de cambio climático, y el incremento asociado de temperatura y periodos de sequía, alteración de los patrones de precipitación, y el riesgo de incendios forestales; cuyas consecuencias afectarán tanto a los compartimentos de C y de N del suelo como a la capacidad de secuestro de C de estos ecosistemas. Dentro de este contexto se enmarca la presente tesis doctoral cuyo objetivo ha sido cuantificar y caracterizar los flujos de dióxido de carbono (CO2), de oxido nitroso (N2O) y de metano (CH4), junto con los stocks de C y N, en suelos forestales de Quercus ilex, Quercus pyrenaica y Pinus sylvestris afectados por incendios forestales; así como el estudiar el efecto de la gestión y la cubierta arbórea en la respiración del suelo y los stocks de C y N en una dehesa situada en el centro de la Península Ibérica. De manera que los flujos de CO2, N2O y CH4; y los parámetros físico-químicos y biológicos del suelo fueron estudiados en los diferentes tratamientos y ecosistemas a lo largo del trabajo que se presenta. Los resultados obtenidos muestran la existencia de variaciones temporales y espaciales de la respiración del suelo dentro de una escala geográfica pequeña, controladas principalmente por la temperatura y la humedad del suelo; y por los contenidos de C y N del suelo en un bosque de Pinus sylvestris en la vertiente norte de la Sierra de Guadarrama , en España. El análisis de los efectos de los incendios forestales a largo plazo (6-8 años) revela que las pérdidas anuales de C a través de la respiración del suelo en las zonas quemadas de Quercus ilex, Quercus pyrenaica y Pinus sylvestris fueron 450 gCm-2yr-1, 790 gCm-2yr-1 y 1220 gCm-2yr-1, respectivamente; lo que representa una reducción del 43%, 22% y 11% en comparación con las zonas no quemadas de dichas especies, debido a la destrucción de la masa arbórea. El efecto del fuego también alteró los flujos N2O y CH4 del suelo, de una forma diferente en los distintos ecosistemas y estacionalidades estudiadas. De tal modo, que los suelos quemados mostraron una mayor oxidación del CH4 en las masas de Q. ilex, y una menor oxidación en las de P. sylvestris; además de una disminución de los flujos de N2O en Q. pyrenaica. Los incendios también afectaron los parámetros microclimáticos de los suelos forestales, observándose un incremento de la temperatura del suelo y una disminución de la humedad en los emplazamientos quemados que en los no quemados. Los cationes intercambiables, el pH, el cociente C/N, el contenido en raicillas y la biomasa microbiana también disminuyeron en las zonas quemadas. Aunque el C orgánico del suelo no se alteró de manera significativa, si lo hizo la calidad de la materia orgánica, disminuyendo el carbono lábil y aumentando las formas recalcitrantes lo que se tradujo en menor sensibilidad de la respiración del suelo a la temperatura (valores de Q10) en las zonas quemadas. Los resultados del estudio realizado en la Dehesa muestran que las actividades silvopastorales estudiadas afectaron levemente y de forma no constante a la respiración del suelo y las condiciones microclimáticas del suelo. Se observó una reducción 12% de la respiración del suelo por efecto del pastoreo no intensivo. Sin embargo, se observaron incrementos de 3Mg/ha en los stocks de C y de 0.3 Mg/ha en los stocks de N en los suelos pastoreados en comparación con los no pastoreados. Aunque, no se observó un claro efecto de la labranza sobre la respiración del suelo en nuestro experimento, sin embargo si se observó una disminución de 3.5 Mg/ha en las reservas de C y de 0.3 Mg/ ha en las de N en los suelos labrados comparados con los no labrados. La copa del arbolado influyó de forma positiva tanto en la respiración del suelo, como en los stocks de C y N de los suelos. La humedad del suelo jugó un papel relevante en la sensibilidad de la respiración a la temperatura del suelo. Nuestros resultados ponen de manifiesto la sensibilidad de la respiración del suelo a cambios en la humedad y los parámetros edáficos, y sugieren que la aplicación de modelos estándar para estimar la respiración del suelo en áreas geográficas pequeñas puede no ser adecuada a menos que otros factores sean considerados en combinación con la temperatura del suelo. Además, las diferentes respuestas de los flujos de gases de efecto invernadero a los cambios, años después de la ocurrencia de incendios forestales, destaca la necesidad de incluir estos cambios en las futuras investigaciones de la dinámica del carbono en los ecosistemas mediterráneos. Por otra parte, las respuestas divergentes en los valores de respiración del suelo y en los contenidos de C y N del suelo observados en la dehesa, además de la contribución de la copa de los árboles en los nutrientes del suelo ilustran la importancia de mantener la gestión tradicional aplicada en beneficio de la capacidad de almacenar C en la dehesa estudiada. La información obtenida en este trabajo pretende contribuir a la mejora del conocimiento de la dinámica y el balance de C en los sistemas mediterráneos, además de ayudar a predecir el impacto del cambio climático en el intercambio de C entre los ecosistemas forestales y agroforestales y la atmósfera. ABSTRACT Due to the complexity of the processes that control the exchange of carbon (C) and nitrogen (N) gasses between soils and the atmosphere in forest and agroforestry ecosystems, understandable uncertainties exist as regards the estimation of greenhouse gas (GHG) fluxes and the soil sink capacity at regional and global scale under different forms of land use and disturbance regimes. These uncertainties justify the need to characterize the exchange dynamics of GHG between the atmosphere and soils in Mediterranean terrestrial ecosystems, particularly in the current context of climate change and the associated increase in temperature, drought periods, heavy rainfall events, and increased risk of wildfires, which affect not only the C and N pools but also the soil C sink capacity of these ecosystems. Within this context, the aims of the present thesis were, firstly, to quantify and characterize the fluxes of carbon dioxide (CO2), nitrous oxide (N2O) and methane (CH4) as well as the C and N stocks in Quercus ilex, Quercus pyrenaica and Pinus sylvestris stands affected by wildfires, and secondly, to study the effects of Quercus ilex canopy and management on both soil respiration and C and N pools in dehesa systems in the center of Iberian Peninsula. Soil CO2, N2O and CH4 fluxes, and soil physical-chemical and biological parameters were studied under the different treatments and ecosystems considered in this study. The results showed seasonal and spatial variations in soil respiration within small geographic areas, mainly controlled by soil temperature and moisture in addition to soil carbon and nitrogen stocks in mixed pine–oak forest ecosystems on the north facing slopes of the Sierra de Guadarrama in Spain. The analysis of long term effects of wildfires (6–8 years) revealed that annual carbon losses through soil respiration from burned sites in Quercus ilex, Quercus pyrenaica and Pinus sylvestris stands were 450 gCm-2yr-1, 790 gCm-2yr-1 and 1220 gCm-2yr-1, respectively; with burned sites emitting 43%, 22% and 11% less in burned as opposed to non-burned sites due the loss of trees. Fire may alter both N2O and CH4 fluxes although the magnitude of such variation depends on the site, soil characteristics and seasonal climatic conditions. The burned sites showed higher CH4 oxidation in Q.ilex stands, and lower oxidation rates in P. sylvestris stands. A reduction in N2O fluxes in Q. pyrenaica stands was detected at burned sites along with changes in soil microclimate; higher soil temperature and lower soil moisture content. Exchangeable cations, the C/N ratio, pH, fine root and microbial biomass were also found to decrease at burned sites. Although the soil organic carbon was not significantly altered, the quality of the organic matter changed, displaying a decrease in labile carbon and a relative increase in refractory forms, leading to lower sensitivity of soil respiration to temperature (Q10 values) at burned sites. The results from the dehesa study show that light grazing and superficial tilling practices used in the studied dehesa system in Spain had a slight but non-consistent impact on soil respiration and soil microclimate over the study period. The reduction in soil respiration in the dehesa system due to the effects of grazing was around 12 %. However, increments of 3Mg/ha in C stocks and 0.3 Mg/ha in N stocks in grazed soils were observed. Although no clear effect of tilling on soil respiration was found, a decrease of 3.5 Mg/ha in C stocks and 0.3 Mg/ha in N stocks was detected for tilled soils. The presence of a tree canopy induced increases in soil respiration, soil C and N stocks, while soil moisture was found to play an important role in soil respiration temperature response. Our results suggest that the use of standard models to estimate soil respiration in small geographical areas may not be adequate unless other factors are considered in addition to soil temperature. Furthermore, the different responses of GHG flux to climatic shifts, many years after the occurrence of wildfire, highlight the need to include these shifts in C dynamics in future research undertaken in Mediterranean ecosystems. Furthermore, divergent responses in soil respiration and soil C and N stocks to grazing or tilling practices in Dehesa systems, and the influence of tree canopy on soil respiration and soil nutrient content, illustrate the importance of maintaining beneficial management practices. Moreover, the carbon sequestration capacity of the Dehesa system studied may be enhanced through improvements in the management applied. It is hoped that the information obtained through this research will contribute towards improving our understanding of the dynamics and balance of C in Mediterranean systems, and help predict the impact of climate change on the exchange of C between forest and agroforestry ecosystems and the atmosphere.

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En la actualidad más del 80 % de la energía eléctrica empleada en el mundo se obtiene a partir de combustibles de origen fósil. Sin embargo, estas fuentes de energía (gas natural, el carbón o el petróleo) presentan problemas de emisión de cantidades importantes de contaminantes a la atmósfera como CO, NOx y SOx. Estas emisiones están llevando a intentar reducir las emisiones enfocando el consumo a la utilización de fuentes de energía renovable, menos dañinas para el ambiente como la energía solar, la eólica, la biomasa, etc. En los almacenamientos de biomasa, ésta es potencialmente capaz de absorber oxígeno produciendo reacciones exotérmicas de oxidación. Si el calor producido en estas reacciones no se disipa adecuadamente, provoca un auto-calentamiento de la materia orgánica que puede ser causa de descomposición e inflamación. En el ámbito de la posible auto-combustión en el almacenamiento y manipulación de las biomasas existen diversos factores que influyen en la susceptibilidad térmica de las biomasas, es decir, en su tendencia a la oxidación y posterior inflamación de la materia. Esta Tesis Doctoral pretende evaluar el riesgo de auto-combustión de las biomasas almacenadas, para su uso en procesos de gasificación. En este estudio se ha trabajado con biomasas de origen agrícola, forestal y residual empleadas en procesos industriales de gasificación con distinta composición química. Los métodos empleados se han basado en técnicas clásicas de termogravimetría, calorimetría diferencial de barrido, análisis de composición y morfología. Con estos ensayos se pretende definir un rango de temperaturas lo más estrecho posible donde las muestras presentan mayor susceptibilidad a un calentamiento espontáneo que puede derivar en auto-combustión, en función de las distintas propiedades estudiadas de las biomasas, para poder servir así de herramienta de evaluación y análisis del riesgo de autocombustión. Como conclusión se muestran umbrales y valores que relacionan las propiedades físicas y químicas de las biomasas estudiadas en su auto-combustión, analizando la influencia de los procesos de preparación de las biomasas sobre las variables que caracterizan su susceptibilidad térmica.

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La explotación del shale gas ha supuesto una revolución energética en Estados Unidos. Sin embargo, los yacimientos de lutitas no pueden ser explotados con las tecnologías de recuperación de hidrocarburos convencionales debido a las condiciones de permeabilidad ultra baja que predominan en estas formaciones. La perforación de pozos horizontales en combinación con la fracturación hidráulica son las tecnologías que han permitido el desarrollo de la producción a gran escala de este recurso no convencional. La perforación horizontal permite aumentar el contacto directo entre el yacimiento y el pozo, además de conectar yacimientos discontinuos para los que serían necesarios varios pozos verticales en otro caso. La fracturación hidráulica es una técnica de estimulación que aumenta la permeabilidad de la formación mediante la apertura de grietas que liberan el gas atrapado en los poros y adsorbido en la materia orgánica. En España cada vez es más evidente la oportunidad económica que supondría el aprovechamiento del shale gas presente en la cuenca Vasco-Cantábrica, y el desencadenante para que comiencen los proyectos de explotación puede ser el éxito de las actividades que se están llevando a cabo en Reino Unido.

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Esta Tesis doctoral fue desarrollada para estudiar las emisiones de amoniaco (NH3) y metano (CH4) en purines de cerdos, y los efectos ocasionados por cambios en la formulación de la dieta. Con este propósito, fueron llevados a cabo tres estudios. El experimento 1 fue realizado con el objetivo de analizar los factores de variación de la composición de purines y establecer ecuaciones de predicción para emisiones potenciales de NH3 y CH4. Fueron recogidas setenta y nueve muestras de piensos y purines durante dos estaciones del año (verano y invierno) de granjas comerciales situadas en dos regiones de España (Centro y Mediterráneo). Se muestrearon granjas de gestación, maternidad, lactación y cebo. Se determinó la composición de piensos y purines, y la emisión potencial de NH3 y CH4. El contenido de nutrientes de los piensos fue usado como covariable en el análisis. La espectroscopia de reflectancia del infrarrojo cercano (NIRS) se evaluó como herramienta de predicción de la composición y potencial emisión de gases del purín. Se encontró una amplia variabilidad en la composición de piensos y purines. Las granjas del Mediterráneo tenían mayor pH (P<0,001) y concentración de cenizas (P =0,02) en el purín que las del Centro. El tipo de granja también afectó al contenido de extracto etéreo (EE) del purín (P =0,02), observando los valores más elevados en las instalaciones de animales jóvenes. Los resultados sugieren un efecto tampón de la fibra de la dieta en el pH del purín y una relación directa (P<0,05) con el contenido de fibra fecal. El contenido de proteína del pienso no afectó al contenido de nitrógeno del purín, pero disminuyó (P=0,003) la concentración de sólidos totales (ST) y de sólidos volátiles (SV). Se obtuvieron modelos de predicción de la emisión potencial de NH3 (R2=0,89) y CH4 (R2=0,61) partir de la composición del purín. Los espectros NIRS mostraron una buena precisión para la estimación de la mayor parte de los constituyentes, con coeficientes de determinación de validación cruzada (R2cv) superiores a 0,90, así como para la predicción del potencial de emisiones de NH3 y CH4 (R2cv=0,84 y 0,68, respectivamente). El experimento 2 fue realizado para investigar los efectos del nivel de inclusión de dos fuentes de sub-productos fibrosos: pulpa de naranja (PN) y pulpa de algarroba (PA), en dietas iso-fibrosas de cerdos de cebo, sobre la composición del purín y las emisiones potenciales de NH3 y CH4. Treinta cerdos (85,4±12,3 kg) fueron alimentados con cinco dietas iso-nutritivas: control comercial trigo/cebada (C) y cuatro dietas experimentales incluyendo las dos fuentes de sub-productos a dos niveles (75 y 150 g/kg) en una estructura 2 × 2 factorial. Después de 14 días de periodo de adaptación, heces y orina fueron recogidas separadamente durante 7 días para medir la digestibilidad de los nutrientes y el nitrógeno (N) excretado (6 réplicas por dieta) en cerdos alojados individualmente en jaulas metabólicas. Las emisiones de NH3 y CH4 fueron medidas después de la recogida de los purínes durante 11 y 100 días respectivamente. La fuente y el nivel de subproductos fibrosos afectó a la eficiencia digestiva de diferentes formas, ya que los coeficientes de digestibilidad total aparente (CDTA) para la materia seca (MS), materia orgánica (MO), fracciones fibrosas y energía bruta (EB) aumentaron con la PN pero disminuyeron con la inclusión de PA (P<0,05). El CDTA de proteína bruta (PB) disminuyó con la inclusión de las dos fuentes de fibra, siendo más bajo al mayor nivel de inclusión. La concentración fecal de fracciones fibrosas aumentó (P<0,05) con el nivel de inclusión de PA pero disminuyó con el de PN (P<0,01). El nivel más alto de las dos fuentes de fibra en el pienso aumentó (P<0,02) el contenido de PB fecal pero disminuyó el contenido de N de la orina (de 205 para 168 g/kg MS, P<0,05) en todas las dietas suplementadas comparadas con la dieta C. Adicionalmente, las proporciones de nitrógeno indigerido, nitrógeno soluble en agua, nitrógeno bacteriano y endógeno excretado en heces no fueron afectados por los tratamientos. Las características iniciales del purín no difirieron entre las diferentes fuentes y niveles de fibra, excepto para el pH que disminuyó con la inclusión de altos niveles de sub-productos. La emisión de NH3 por kg de purín fue más baja en todas las dietas suplementadas con fibras que en la dieta C (2,44 vs.1,81g de promedio, P<0,05). Además, purines de dietas suplementadas con alto nivel de sub-productos tendieron (P<0,06) a emitir menos NH3 por kg de nitrógeno total y mostraron un potencial más bajo para emitir CH4, independientemente de la fuente de fibra. El experimento 3 investigó los efectos de la fuente de proteína en dietas prácticas. Tres piensos experimentales fueron diseñados para sustituir una mescla de harina y cascarilla de soja (SOJ) por harina de girasol (GIR) o por DDGS del trigo (DDGST). La proporción de otros ingredientes fue modificada para mantener los contenidos de nutrientes similares a través de las dietas. El cambio en la fuente de proteína dio lugar a diferencias en el contenido de fibra neutro detergente ligada a proteína bruta (FNDPB), fibra soluble (FS) y lignina ácido detergente (LAD) en la dieta. Veinticuatro cerdos (ocho por dieta), con 52,3 o 60,8 kg en la primera y segunda tanda respectivamente, fueron alojados individualmente en jaulas metabólicas. Durante un periodo de 7 días fue determinado el balance de MS, el CDTA de los nutrientes y la composición de heces y orina. Se realizó el mismo procedimiento del experimento 2 para medir las emisiones de NH3 y CH4 de los purines de cada animal. Ni la ingestión de MS ni el CDTA de la MS o de la energía fueron diferentes entre las dietas experimentales, pero el tipo de pienso afectó (P<0.001) la digestibilidad de la PB, que fue mayor para GIR (0,846) que para SOJ (0,775), mientras que la dieta DDGST mostró un valor intermedio (0,794). La concentración fecal de PB fue por tanto influenciada (P<0,001) por el tratamiento, observándose la menor concentración de PB en la dieta GIR y la mayor en la dieta SOJ. La proporción de N excretado en orina o heces disminuyó de 1,63 en la dieta GIR hasta 0,650 en la dieta SOJ, como consecuencia de perdidas más bajas en orina y más altas en heces, con todas las fracciones de nitrógeno fecales creciendo en paralelo a la excreción total. Este resultado fue paralelo a una disminución de la emisión potencial de NH3 (g/kg purín) en la dieta SOJ con respecto a la dieta GIR (desde 1,82 a 1,12, P<0,05), dando valores intermedios (1,58) para los purines de la dieta DDGST. Por otro lado, el CDTA de la FS y de la fibra neutro detergente (FND) fueron afectados (P<0,001 y 0,002, respectivamente) por el tipo de dieta, siendo más bajas en la dieta GIR que en la dieta SOJ; además, se observó un contenido más alto de FND (491 vs. 361g/kg) en la MS fecal para la dieta GIR que en la dieta SOJ, presentando la dieta DDGST valores intermedios. El grado de lignificación de la FND (FAD/FND x 100) de las heces disminuyó en el orden GIR>DDGST>SOJ (desde 0,171 hasta 0,109 y 0,086, respectivamente) en paralelo a la disminución del potencial de emisión de CH4 por g de SV del purín (desde 301 a 269 y 256 mL, respectivamente). Todos los purines obtenidos en estos tres experimentos y Antezana et al. (2015) fueron usados para desarrollar nuevas calibraciones con la tecnología NIRS, para predecir la composición del purín y el potencial de las emisiones de gases. Se observó una buena precisión (R2cv superior a 0,92) de las calibraciones cuando muestras de los ensayos controlados (2, 3 y Antezana et al., 2015) fueron añadidas, aumentando el rango de variación. Una menor exactitud fue observada para TAN y emisiones de NH3 y CH4, lo que podría explicarse por una menor homogeneidad en la distribución de las muestras cuando se amplía el rango de variación del estudio. ABSTRACT This PhD thesis was developed to study the emissions of ammonia (NH3) and methane (CH4) from pig slurry and the effects caused by changes on diet formulation. For these proposes three studies were conducted. Experiment 1 aimed to analyse several factors of variation of slurry composition and to establish prediction equations for potential CH4 and NH3 emissions. Seventy-nine feed and slurry samples were collected at two seasons (summer and winter) from commercial pig farms sited at two Spanish regions (Centre and Mediterranean). Nursery, growing-fattening, gestating and lactating facilities were sampled. Feed and slurry composition were determined, and potential CH4 and NH3 emissions measured. Feed nutrient contents were used as covariates in the analysis. Near infrared reflectance spectroscopy (NIRS) was evaluated as a predicting tool for slurry composition and potential gaseous emissions. A wide variability was found both in feed and slurry composition. Mediterranean farms had a higher pH (P<0.001) and ash (P=0.02) concentration than those located at the centre of Spain. Also, type of farm affected ether extract (EE) content of the slurry (P=0.02), with highest values obtained for the youngest animal facilities. Results suggested a buffer effect of dietary fibre on slurry pH and a direct relationship (P<0.05) with fibre constituents of manure. Dietary protein content did not affect slurry nitrogen content (N) but decreased (P=0.003) in total solid (TS) and volatile solids (VS) concentration. Prediction models of potential NH3 emissions (R2=0.89) and biochemical CH4 potential (B0) (R2=0.61) were obtained from slurry composition. Predictions from NIRS showed a high accuracy for most slurry constituents with coefficient of determination of cross validation (R2cv) above 0.90 and a similar accuracy of prediction of potential NH3 and CH4 emissions (R2cv=0.84 and 0.68, respectively) thus models based on slurry composition from commercial farms. Experiment 2 was conducted to investigate the effects of increasing the level of two sources of fibrous by-products, orange pulp (OP) and carob meal (CM), in iso-fibrous diets for growing-finishing pig, slurry composition and potential NH3 and CH4 emissions. Thirty pigs (85.4±12.3 kg) were fed five iso-nutritive diets: a commercial control wheat/barley (C) and four experimental diets including two sources of fibrous by-products OP and CM and two dietary levels (75 and 150 g/kg) in a 2 × 2 factorial arrangement. After a 14-day adaptation period, faeces and urine were collected separately for 7 days to measure nutrient digestibility and the excretory patterns of N from pigs (6 replicates per diet) housed individually in metabolic pens. For each animal, the derived NH3 and CH4 emissions were measured in samples of slurry over an 11 and 100-day storage periods, respectively. Source and level of the fibrous by-products affected digestion efficiency in a different way as the coefficients of total tract apparent digestibility (CTTAD) for dry matter (DM), organic matter (OM), fibre fractions and gross energy (GE) increased with OP but decreased with CM (P<0.05). Crude protein CTTAD decreased with the inclusion of both sources of fibre, being lower at the highest dietary level. Faecal concentration of fibre fractions increased (P<0.05) with the level of inclusion of CM but decreased with that of OP (P<0.01). High dietary level for both sources of fibre increased (P<0.02) CP faecal content but urine N content decreased (from 205 to 168 g/kg DM, P<0.05) in all the fibre-supplemented compared to C diet. Additionally, the proportions of undigested dietary, water soluble, and bacterial and endogenous debris of faecal N excretion were not affected by treatments. The initial slurry characteristics did not differ among different fibre sources and dietary levels, except pH, which decreased at the highest by-product inclusion levels. Ammonia emission per kg of slurry was lower in all the fibre-supplemented diets than in C diet (2.44 vs. 1.81g as average, P<0.05). Additionally, slurries from the highest dietary level of by-products tended (P<0.06) to emit less NH3 per kg of initial total Kjeldahl nitrogen (TKN) and showed a lower biochemical CH4 potential , independently of the fibre source. Experiment 3 investigated the effects of protein source in practical diets. Three experimental feeds were designed to substitute a mixture of soybean meal and soybean hulls (SB diet) with sunflower meal (SFM) or wheat DDGS (WDDGS). The proportion of other ingredients was also modified in order to maintain similar nutrient contents across diets. Changes in protein source led to differences in dietary content of neutral detergent insoluble crude protein (NDICP), soluble fibre (SF) and acid detergent lignin (ADL). Twenty-four pigs (eight per diet), weighing 52.3 or 60.8 kg at the first and second batch respectively, were housed individually in metabolic pens to determine during a 7-day period DM balance, CTTAD of nutrients, and faecal and urine composition. Representative slurry samples from each animal were used to measure NH3 and CH4 emissions over an 11 and or 100-day storage period, respectively. Neither DM intake, nor DM or energy CTTAD differed among experimental diets, but type of feed affected (P<0.001) CP digestibility, which was highest for SFM (0.846) than for SB (0.775) diet, with WDDGS-based diet giving an intermediate value (0.794). Faecal DM composition was influenced (P<0.001) accordingly, with the lowest CP concentration found for diet SFM and the highest for SB. The ratio of N excreted in urine or faeces decreased from SFM (1.63) to SB diet (0.650), as a consequence of both lower urine and higher faecal losses, with all the faecal N fractions increasing in parallel to total excretion. This result was parallel to a decrease of potential NH3 emission (g/kg slurry) in diet SB with respect to diet SFM (from 1.82 to 1.12, P<0.05), giving slurry from WDDGS-based diet an intermediate value (1.58). Otherwise, SF and insoluble neutral detergent fibre (NDF) CTTAD were affected (P<0.001 and P=0.002, respectively) by type of diet, being lower for SFM than in SB-diet; besides, a higher content of NDF (491 vs. 361 g/kg) in faecal DM was observed for SFM with respect to SB based diet, with WDDGS diet being intermediate. Degree of lignification of NDF (ADL/NDF x 100) of faeces decreased in the order SFM>WDDGS>SB (from 0.171 to 0.109 and 0.086, respectively) in parallel to a decrease of biochemical CH4 potential per g of VS of slurry (from 301 to 269 and 256 ml, respectively). All slurry samples obtained from these three experiments and Antezana et al. (2015) were used to develop new calibrations with NIRS technology, to predict the slurry composition and potential gaseous emissions of samples with greater variability in comparison to experiment 1. Better accuracy (R2cv above 0.92) was observed for calibrations when samples from controlled trials experiments (2, 3 and Antezana et al., 2015) were included, increasing the range of variation. A lower accuracy was observed for TAN, NH3 and CH4 gaseous emissions, which might be explained by the less homogeneous distribution with a wider range of data.

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El “shale gas” es un gas no convencional que actualmente se está considerando como una fuente de energía primaria en el momento en que las reservas del petróleo y gas natural convencionales se agoten, razón por la que muchos países están interesados. No obstante, el procedimiento de extracción es complejo y conlleva muchos riesgos de contaminación. En este Proyecto Fin de Carrera se hace un estudio de las posibilidades de extracción en el futuro de “shale gas” o “shale oil” en la Cuenca del Guadiato. Para ello se evaluó el contenido de materia orgánica, el tipo y la madurez en muestras de la serie estratigráfica tipo del Carbonífero. Únicamente 3 niveles presentaban materia orgánica madura, que tendrían escaso potencial para extraer gas, descartándose la extracción de “shale oil”.

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We develop a theory to calculate exciton binding energies of both two- and three-dimensional spin polarized exciton gases within a mean field approach. Our method allows the analysis of recent experiments showing the importance of the polarization and intensity of the excitation light on the exciton luminescence of GaAs quantum wells. We study the breaking of the spin degeneracy observed at high exciton density (5×1010 cm2). Energy level splitting between spin +1 and spin -1 is shown to be due to many-body interexcitonic exchange while the spin relaxation time is controlled by intraexciton exchange. © 1996 The American Physical Society.

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We have observed a large spin splitting between "spin" +1 and -1 heavy-hole excitons, having unbalanced populations, in undoped GaAs/AlAs quantum wells in the absence of any external magnetic field. Time-resolved photoluminescence spectroscopy, under excitation with circularly polarized light, reveals that, for high excitonic density and short times after the pulsed excitation, the emission from majority excitons lies above that of minority ones. The amount of the splitting, which can be as large as 50% of the binding energy, increases with excitonic density and presents a time evolution closely connected with the degree of polarization of the luminescence. Our results are interpreted on the light of a recently developed model, which shows that, while intraexcitonic exchange interaction is responsible for the spin relaxation processes, exciton-exciton interaction produces a breaking of the spin degeneracy in two-dimensional semiconductors.

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L'obiettivo di questa tesi è quello di sviluppare una analisi dell'idea dell'immortalità dell'anima dalle Enneadi di Plotino attraverso la comprensione del discorso dell'anima come eterno, e unità-pluralità ricerca di semplicità con la Uno sulla temporalità del corpo multiple. Per fare ciò, abbiamo iniziato cercando di analizzare brevemente le plotinianas ipostasi (l'Uno, lo spirito e l'anima) per stabilire meglio le basi del pensiero di Plotino quando si discute l'idea dell'anima e la sua immortalità. Cerchiamo di esaminare il pensiero epistéme di Plotino e la sua dialettica, al fine di sviluppare una comprensione del rapporto tra materia e forma sensibile e intelligibile. In questo modo, si sviluppa nelle Enneadi di Plotino il ruolo fondamentale del Logos e il Logoi nella formazione dell'anima. Analizziamo anche la processione (Proódos) e ritorno (Epistrophé) le implicazioni degli aspetti dell'eternità sulla purificazione dell'anima nella temporalità del corpo. Cerchiamo in ultima analisi, l'idea dell'immortalità dell'anima dalla conoscenza stessa immortalità sulla semplicità di Colui, cioè, l'ultima volta che la ricerca della conoscenza di sé dalla dimenticanza di sé per è solo con l'Uno: il "Elimina ogni cosa" (Aphele pánta).

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Prodotti di IV gamma a base di frutta e verdura minimamente trattati o pronti all'uso non possono essere considerati sicuri da un punto di vista microbiologico e sono stati spesso associati a casi di tossinfezione. Per tali episodi è stato evidenziato che la qualità dell'acqua utilizzata per il lavaggio è una fase critica. D'altra parte è noto che la disinfezione è una delle fasi di lavorazione più importanti per i prodotti minimamente trattati in quanto ha effetti diretti sulla qualità dei prodotti finiti, sulla sicurezza e la loro shelf-life. Tradizionalmente, l'industria di IV gamma ha impiegato i composti derivati del cloro per la fase di disinfezione in virtù della loro efficacia, semplicità d'uso e basso costo. Tuttavia vi è una diffusa tendenza ad eliminare i prodotti a base di cloro a causa soprattutto della preoccupazione in relazione ai rischi ambientali e sanitari per il consumatore associati alla formazione di sottoprodotti alogenati cancerogeni. Tra le varie tecnologie emergenti, proposte come alternative al cloro, il plasma ha presentato buone potenzialità in virtù delle specie chimiche che lo compongono, principalmente specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto, che sembrano essere responsabili di stress ossidativo alle cellule microbiche, con conseguenti danni per DNA, proteine e lipidi. L’obiettivo generale di questo elaborato finale è stato quello di valutare la possibilità di utilizzare la tecnologia del plasma per la decontaminazione superficiale di carote julienne. In particolare si sono presi in considerazione trattamenti diretti in cui il vegetale è stato esposto al plasma per differenti tempi compresi tra 5 e 40 minuti. Inoltre, si è utilizzo il plasma per il trattamento di acqua che è stata successivamente impiegata per il lavaggio delle carote julienne. L'efficacia di entrambe le modalità di trattamento è stata verificata nei confronti sia della microflora naturalmente contaminante le carote, sia di alcuni microrganismi patogeni che possono essere associati a tale vegetale: Listeria monocytogenes, Salmonella Enteritidis ed Escherichia coli.

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Le regioni HII sono nubi di idrogeno ionizzato da stelle di recente formazione, massicce e calde. Tali stelle, spesso raggruppate in ammassi, emettono copiosamente fotoni di lunghezza d’onda λ ≤ 912 Å, capaci di ionizzare quasi totalmente il gas che le circonda, composto prevalentemente da idrogeno, ma in cui sono presenti anche elementi ionizzati più pesanti, come He, O, N, C e Ne. Le dimensioni tipiche di queste regioni vanno da 10 a 100 pc, con densità dell’ordine di 10 cm−3. Queste caratteristiche le collocano all’interno del WIM (Warm Ionized Medium), che, insieme con HIM (Hot Ionized Medium), WNM (Warm Neutral Medium) ed CNM (Cold Neutral Medium), costituisce la varietà di fasi in cui si presenta il mezzo interstellare (ISM, InterStellar Medium). Il tema che ci prestiamo ad affrontare è molto vasto e per comprendere a fondo i processi che determinano le caratteristiche delle regioni HII sarebbero necessarie molte altre pagine; lo scopo che questo testo si propone di raggiungere, senza alcuna pretesa di completezza, è dunque quello di presentare l’argomento, approfondendone ed evidenziandone alcuni particolari tratti. Prima di tutto descriveremo le regioni HII in generale, con brevi indicazioni in merito alla loro formazione e struttura. A seguire ci concentreremo sulla descrizione dei processi che determinano gli spettri osservati: inizialmente mostreremo quali siano i processi fisici che generano l’emissione nel continuo, concentrandoci poi su quello più importante, la Bremmstrahlung. Affronteremo poi una breve digressione riguardo al processo di ricombinazione ione-elettrone nei plasmi astrofisici ed alle regole di selezione nelle transizioni elettroniche, concetti necessari per comprendere ciò che segue, cioè la presenza di righe in emissione negli spettri delle regioni foto-ionizzate. Infine ci soffermeremo sulle regioni HII Ultra-Compatte (UC HII Region), oggetto di numerosi recenti studi.

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Lo studio delle regioni più interne degli ammassi globulari risulta fondamentale per la ricerca di buchi neri di massa intermedia (IMBH). La scoperta di tali oggetti avrebbe un impatto sostanziale su un gran numero di problemi astrofisici aperti, dalla formazione dei buchi neri supermassicci, all'interpretazione delle Ultra Luminous X-ray Sources, fino allo studio delle onde gravitazionali. Il presente lavoro di tesi si inserisce all'interno di un progetto osservativo mirato a studiare la dinamica interna degli ammassi globulari e volto ad investigare la presenza di IMBH nel centro di tali sistemi tramite l'analisi sistematica dei profili di dispersione di velocità e di rotazione. In questo elaborato presentiamo lo studio della cinematica del core dell'ammasso globulare NGC 6266, realizzato con lo spettrografo a campo integrale IFU-SINFONI, assistito da un sistema di ottiche adattive. Grazie all'utilizzo dell'ottica adattiva, SINFONI è in grado di realizzare osservazioni ad alta risoluzione spaziale e misurare la velocità radiale di stelle individuali anche nelle regioni più interne degli ammassi globulari, dove le misure spettroscopiche tradizionali falliscono a causa dell'elevato crowding stellare. Questo ci ha permesso di determinare il profilo centrale della dispersione di velocità di NGC 6266 dalla misura delle velocità radiali individuali di circa 400 stelle, localizzate negli 11 arcsec più interni dell'ammasso. Utilizzando dati complementari, provenienti da osservazioni realizzate con lo spettrografo multi-oggetto FLAMES, siamo stati in grado di costruire il profilo di dispersione di velocità di NGC 6266 fino ad una distanza radiale di 250 arcsec. Il profilo di dispersione di velocità osservato permette di escludere la presenza di un IMBH di massa superiore a 2500 masse solari e mostra un calo nella regione centrale, simile a quello rilevato in un numero crescente di ammassi globulari, che potrebbe indicare la presenza di anisotropia tangenziale.

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La tesi ha come oggetto di studio la progettazione e realizzazione in autocostruzione del padiglione temporaneo dal nome Modulo Eco in Piazzale della Pace a Parma. Per “autocostruzione” si intende il processo in cui il committente di un immobile partecipa attivamente alla fase realizzativa dello stesso. È un percorso molto impegnativo, che richiede una forte motivazione ma allo stesso tempo molto appagante. Ad oggi in Italia non esiste una normativa nazionale che codifichi le modalità e le regole dell’edificare in autocostruzione. La partecipazione attiva nel processo realizzativo di personale non addetto ai lavori aumenta automaticamente i rischi legati all’inesperienza e alla mancanza di formazione in materia. L’attenzione quindi alla sicurezza e soprattutto all’iniziale formazione dei nuovi operai in cantiere permette di ridurre notevolmente tali pericoli. Il progetto è stato ideato dall’associazione culturale Manifattura Urbana in collaborazione con il Comune di Parma. Posizionato in Piazzale della Pace, in pieno centro, questo spazio ospiterà l’ufficio Sportello Energia del Comune stesso. È infatti interesse dell’amministrazione dare un’importanza significativa alle tematiche energetiche, non lasciando tutte le relative riflessioni solamente a tecnici ma rivolgendosi invece direttamente ai cittadini, per informarli e sensibilizzarli. È stato quindi deciso di progettare e realizzare un padiglione temporaneo, facilmente costruibile (con l’aiuto di studenti, volontari e interessati), con un minimo impatto ambientale e allo stesso tempo ad alta efficienza energetica, non solo rispettante ma superante tutti gli standard di bassi consumi energetici previsti dalla normativa per le nuove costruzioni. Il progetto è totalmente autofinanziato dalle aziende fornitrici partner, che sponsorizzano in forma gratuita il materiale da costruzione e formano direttamente in cantiere i volontari per imparare a gestirlo, in cambio di visibilità all’interno del progetto.