910 resultados para controllo, qualità, controllo, sicurezza, elettrica, pulsossimetro, ingegneria, clinica, hta


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In questa tesi si effettua lo studio di un azionamento elettrico con motore asincrono eptafase. In particolare si realizza un sistema automatico per il controllo della coppia mediante stimatori con encoder. Si ha così la possibilità di effettuare un controllo accurato della macchina asincrona eptafase anche a bassa velocità, cosa che risulterebbe più complessa se eseguita mediante controlli di tipo sensorless. Inoltre, grazie ad opportune strategie di controllo, è possibile assicurare un funzionamento accettabile degli azionamenti con motori multifase durante una condizione di guasto con una fase aperta, senza alcuna necessità di hardware aggiuntivo.

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L’obiettivo di questa tesi è l’analisi e la modellizzazione dei flussi dispersi statorici nelle macchine multifase utilizzando la teoria dei vettori di spazio multipli. L’analisi ed il calcolo del coefficiente di auto induzione di dispersione statorica nei vari spazi è cruciale nella progettazione e nel controllo delle macchine elettriche multifase in quanto, per esempio, essa limita il ripple di corrente quando la macchina non è alimentata con una tensione perfettamente sinusoidale. Il fine è pertanto di giungere alla scrittura di un’equazione che leghi il generico vettore di spazio dei flussi dispersi ai vettori di spazio delle correnti che alimentano la macchina elettrica tramite una costante che contenga i coefficienti di auto e mutua induzione di dispersione in cava degli avvolgimenti statorici.

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Il continuo verificarsi di gravi incidenti nei grandi impianti industriali ha spinto gli Stati membri dell’Unione Europea a dotarsi di una politica comune in materia di prevenzione dei grandi rischi industriali. Anche a seguito della pressione esercitata dall’opinione pubblica sono state implementate, nel corso degli ultimi quarant’anni, misure legislative sempre più efficaci per la prevenzione e la mitigazione dei rischi legati ad attività industriali particolarmente pericolose. A partire dagli ultimi anni dello scorso secolo, l’Unione Europea ha emanato una serie di direttive che obbligano gli Stati membri ad essere garanti della sicurezza per l’uomo e per l’ambiente nelle zone circostanti a stabilimenti a rischio di incidente rilevante. In quest’ottica è stata pubblicata nel 1982 la Direttiva Seveso I [82/501/EEC], che è stata ampliata nel 1996 dalla Direttiva Seveso II [96/82/CE] ed infine emendata nel dicembre 2003 dalla Direttiva Seveso III [2003/105/CE]. Le Direttive Seveso prevedono la realizzazione negli Stati membri di una valutazione dei rischi per gli stabilimenti industriali che sono suscettibili a incendi, esplosioni o rilasci di gas tossici (quali, ad esempio, le industrie chimiche, le raffinerie, i depositi di sostanze pericolose). La Direttiva Seveso II è stata trasposta in legge belga attraverso “l’Accord de Coopération” del 21 giugno 1999. Una legge federale nel giugno del 2001 [M.B. 16/06/2001] mette in vigore “l’Accord de Coopération”, che è stato in seguito emendato e pubblicato il 26 aprile del 2007 [M.B. 26/04/2007]. A livello della Regione Vallona (in Belgio), la tematica del rischio di incidente rilevante è stata inclusa nelle disposizioni decretali del Codice Vallone della Pianificazione Territoriale, dell’Urbanismo e del Patrimonio [CWATUP]. In questo quadro la Regione Vallona ha elaborato in collaborazione con la FPMs (Faculté Polytechnique de Mons) una dettagliata metodologia di analisi del rischio per gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante. In Italia la Direttiva Seveso II è stata recepita dal Decreto Legislativo n°334 emanato nell’agosto del 1999 [D. Lgs. 334/99], che ha introdotto per la prima volta nel quadro normativo italiano i concetti fondamentali di “controllo dell’urbanizzazione” e “requisiti minimi di sicurezza per la pianificazione territoriale”. Il Decreto Legislativo 334/99 è attualmente in vigore, modificato ed integrato dal Decreto Legislativo n°238 del 21 settembre 2005 [D. Lgs. 238/05], recepimento italiano della Direttiva Seveso III. Tra i decreti attuativi del Decreto Legislativo 334/99 occorre citare il Decreto Ministeriale n°151 del 2001 [D. M. 151/01] relativo alla pianificazione territoriale nell’intorno degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante. L’obiettivo di questo lavoro di tesi, che è stato sviluppato presso la Faculté Polytechnique di Mons, è quello di analizzare la metodologia di quantificazione del rischio adottata nella Regione Vallona, con riferimento alla pianificazione territoriale intorno agli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, e di confrontarla con quella applicata in Italia. La metodologia applicata in Vallonia è di tipo “probabilistico” ovvero basata sul rischio quale funzione delle frequenze di accadimento e delle conseguenze degli scenari incidentali. Il metodo utilizzato in Italia è “ibrido”, ovvero considera sia le frequenze che le conseguenze degli scenari incidentali, ma non la loro ricomposizione all’interno di un indice di rischio. In seguito al confronto teorico delle due metodologie, se ne è effettuato anche una comparazione pratica tramite la loro applicazione ad un deposito di GPL. Il confronto ha messo in luce come manchino, nella legislazione italiana relativa agli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, indicazioni di dettaglio per la quantificazione del rischio, a differenza di quanto accade nella legislazione belga. Ciò lascia all’analista di rischio italiano una notevole arbitrarietà nell’effettuare ipotesi ed assunzioni che rendono poi difficile la comparazione del rischio di stabilimenti differenti. L’auspicio è che tale lacuna possa essere rapidamente superata.

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Fino ad un recente passato, le macchine elettriche di tipo trifase costituivano l’unica soluzione in ambito industriale per la realizzazione di azionamenti di grande potenza. Da quando i motori sono gestiti da convertitori elettronici di potenza si è ottenuto un notevole passo in avanti verso l’innovazione tecnologica. Infatti, negli ultimi decenni, le tecnologie sempre più all’avanguardia e l’aumento dell’utilizzo dell’elettronica, sia in campo civile quanto in quello industriale, hanno contribuito a una riduzione dei costi dei relativi componenti; questa situazione ha permesso di utilizzare tecnologie elaborate che in passato avevano costi elevati e quindi risultavano di scarso interesse commerciale. Nel campo delle macchine elettriche tutto questo ha permesso non solo la realizzazione di azionamenti alimentati e controllati tramite inverter, in grado di garantire prestazioni nettamente migliori di quelle ottenute con i precedenti sistemi di controllo, ma anche l’avvento di una nuova tipologia di macchine con un numero di fasi diverso da quello tradizionale trifase, usualmente impiegato nella generazione e distribuzione dell’energia elettrica. Questo fatto ha destato crescente interesse per lo studio di macchine elettriche multifase. Il campo di studio delle macchine multifase è un settore relativamente nuovo ed in grande fermento, ma è già possibile affermare che le suddette macchine sono in grado di fornire prestazioni migliori di quelle trifase. Un motore con un numero di fasi maggiore di tre presenta numerosi vantaggi: 1. la possibilità di poter dividere la potenza su più fasi, riducendo la taglia in corrente degli interruttori statici dell’inverter; 2. la maggiore affidabilità in caso di guasto di una fase; 3. la possibilità di sfruttare le armoniche di campo magnetico al traferro per ottenere migliori prestazioni in termini di coppia elettromagnetica sviluppata (riduzione dell’ampiezza e incremento della frequenza della pulsazione di coppia); 4. l’opportunità di creare azionamenti elettrici multi-motore, collegando più macchine in serie e comandandole con un unico convertitore di potenza; 5. Maggiori e più efficaci possibilità di utilizzo nelle applicazioni Sensorless. Il presente lavoro di tesi, ha come oggetto lo studio e l’implementazione di una innovativa tecnica di controllo di tipo “sensorless”, da applicare in azionamenti ad orientamento di campo per macchine asincrone eptafase. Nel primo capitolo vengono illustrate le caratteristiche e le equazioni rappresentanti il modello della macchina asincrona eptafase. Nel secondo capitolo si mostrano il banco di prova e le caratteristiche dei vari componenti. Nel terzo capitolo sono rappresentate le tecniche di modulazione applicabili per macchine multifase. Nel quarto capitolo vengono illustrati il modello del sistema implementato in ambiente Simulink ed i risultati delle simulazioni eseguite. Nel quinto capitolo viene presentato il Code Composer Studio, il programma necessario al funzionamento del DSP. Nel sesto capitolo, sono presentati e commentati i risultati delle prove sperimentali.

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Prehension in an act of coordinated reaching and grasping. The reaching component is concerned with bringing the hand to object to be grasped (transport phase); the grasping component refers to the shaping of the hand according to the object features (grasping phase) (Jeannerod, 1981). Reaching and grasping involve different muscles, proximal and distal muscles respectively, and are controlled by different parietofrontal circuit (Jeannerod et al., 1995): a medial circuit, involving area of superior parietal lobule and dorsal premotor area 6 (PMd) (dorsomedial visual stream), is mainly concerned with reaching; a lateral circuit, involving the inferior parietal lobule and ventral premotor area 6 (PMv) (dorsolateral visual stream), with grasping. Area V6A is located in the caudalmost part of the superior parietal lobule, so it belongs to the dorsomedial visual stream; it contains neurons sensitive to visual stimuli (Galletti et al. 1993, 1996, 1999) as well as cells sensitive to the direction of gaze (Galletti et al. 1995) and cells showing saccade-related activity (Nakamura et al. 1999; Kutz et al. 2003). Area V6A contains also arm-reaching neurons likely involved in the control of the direction of the arm during movements towards objects in the peripersonal space (Galletti et al. 1997; Fattori et al. 2001). The present results confirm this finding and demonstrate that during the reach-to-grasp the V6A neurons are also modulated by the orientation of the wrist. Experiments were approved by the Bioethical Committee of the University of Bologna and were performed in accordance with National laws on care and use of laboratory animals and with the European Communities Council Directive of 24th November 1986 (86/609/EEC), recently revised by the Council of Europe guidelines (Appendix A of Convention ETS 123). Experiments were performed in two awake Macaca fascicularis. Each monkey was trained to sit in a primate chair with the head restrained to perform reaching and grasping arm movements in complete darkness while gazing a small fixation point. The object to be grasped was a handle that could have different orientation. We recorded neural activity from 163 neurons of the anterior parietal sulcus; 116/163 (71%) neurons were modulated by the reach-to-grasp task during the execution of the forward movements toward the target (epoch MOV), 111/163 (68%) during the pulling of the handle (epoch HOLD) and 102/163 during the execution of backward movements (epoch M2) (t_test, p ≤ 0.05). About the 45% of the tested cells turned out to be sensitive to the orientation of the handle (one way ANOVA, p ≤ 0.05). To study how the distal components of the movement, such as the hand preshaping during the reaching of the handle, could influence the neuronal discharge, we compared the neuronal activity during the reaching movements towards the same spatial location in reach-to-point and reach-to-grasp tasks. Both tasks required proximal arm movements; only the reach-to-grasp task required distal movements to orient the wrist and to shape the hand to grasp the handle. The 56% of V6A cells showed significant differences in the neural discharge (one way ANOVA, p ≤ 0.05) between the reach-to-point and the reach-to-grasp tasks during MOV, 54% during HOLD and 52% during M2. These data show that reaching and grasping are processed by the same population of neurons, providing evidence that the coordination of reaching and grasping takes place much earlier than previously thought, i.e., in the parieto-occipital cortex. The data here reported are in agreement with results of lesions to the medial posterior parietal cortex in both monkeys and humans, and with recent imaging data in humans, all of them indicating a functional coupling in the control of reaching and grasping by the medial parietofrontal circuit.

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Si tratta di uno studio osservazionale analitico di coorte prospettico volto a rilevare disfunzioni neuropsicologiche nei pazienti affetti da epilessia frontale notturna, attraverso una batteria di test che esplora i seguenti domini cognitivi: intelligenza generale, memoria, linguaggio, funzioni esecutive, attenzione, vigilanza, tempi di reazione, percezione della qualità della vita ed eventuale presenza di sintomi psichiatrici. Lo studio ha un follow up medio di 20 anni e riporta, per la prima volta in letteratura, l’evoluzione clinica dei soggetti che hanno avuto un esordio dell’epilessia in età evolutiva. Fino ad ora, l’epilessia frontale notturna è stata associata a disfunzioni cognitive nei soli casi di famiglie affette e nelle quali è stato possibile rilevare il difetto genetico. Questo studio ha rilevato la prevalenza di disturbi cognitivi e psichici in un campione di 24 soggetti affetti, mediante la somministrazione di una batteria di test specifica. I risultati sono stati analizzati con il programma statistico SPSS. Tutti i soggetti presentano abilità cognitive inferiori alla media in uno o più test ma il quoziente intellettivo risulta normale nei tre quarti del campione. Il ritardo mentale è più frequente e più grave nei soggetti idiopatici rispetto a quelli con alterazioni morfologiche frontali rilevate alla risonanza magnetica. Sono risultati più frequenti i disturbi della memoria, soprattutto quella a lungo termine e del linguaggio rispetto a quelli di tipo disesecutivo. Tutti i soggetti, che non hanno ottenuto un controllo delle crisi, manifestano una percezione della qualità della vita inferiore alla media. E’ stata valutata l’influenza delle variabili cliniche (età di esordio dell’epilessia, frequenza e semeiologia delle crisi, durata della malattia e terapia antiepilettica), le anomalie elettroencefalografiche e le anomalie rilevate alla risonanza magnetica. Le variabili che sono in rapporto con un maggiore numero di disfunzioni neuropsicologiche sono: l’elevata frequenza di crisi all’esordio, l’associazione con crisi in veglia, la presenza di crisi parziali secondariamente generalizzate e l’assunzione di una politerapia. I disturbi psichici prevalgono nei soggetti con anomalie elettroencefalografiche frontali sinistre. I dati neuropsicologici suggeriscono una disfunzione cognitiva prevalentemente fronto-temporale e, assieme ai dati clinici ed elettroencefalografici, sembrano confermare l’origine mesiale e orbitale frontale delle anomalie epilettiche nell’epilessia frontale notturna.

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9-hydroxystearic acid (9-HSA) is an endogenous lipoperoxidation product and its administration to HT29, a colon adenocarcinoma cell line, induced a proliferative arrest in G0/G1 phase mediated by a direct activation of the p21WAF1 gene, bypassing p53. We have previously shown that 9-HSA controls cell growth and differentiation by inhibiting histone deacetylase 1 (HDAC1) activity, showing interesting features as a new anticancer drug. The interaction of 9-HSA with the catalytic site of the 3D model has been tested with a docking procedure: noticeably, when interacting with the site, the (R)-9-enantiomer is more stable than the (S) one. Thus, in this study, (R)- and (S)-9-HSA were synthesized and their biological activity tested in HT29 cells. At the concentration of 50 M (R)-9-HSA showed a stronger antiproliferative effect than the (S) isomer, as indicated by the growth arrest in G0/G1. The inhibitory effect of (S)-9-HSA on HDAC1, HDAC2 and HDAC3 activity was less effective than that of the (R)-9-HSA in vitro, and the inhibitory activity of both the (R)- and the (S)-9-HSA isomer, was higher on HDAC1 compared to HDAC2 and HDAC3, thus demonstrating the stereospecific and selective interaction of 9-HSA with HDAC1. In addition, histone hyperacetylation caused by 9-HSA treatment was examined by an innovative HPLC/ESI/MS method. Analysis on histones isolated from control and treated HT29 confirmed the higher potency of (R)-9-HSA compared to (S)-9-HSA, severely affecting H2A-2 and H4 acetylation. On the other side, it seemed of interest to determine whether the G0/G1 arrest of HT29 cell proliferation could be bypassed by the stimulation with the growth factor EGF. Our results showed that 9-HSA-treated cells were not only prevented from proliferating, but also showed a decreased [3H]thymidine incorporation after EGF stimulation. In this condition, HT29 cells expressed very low levels of cyclin D1, that didn’t colocalize with HDAC1. These results suggested that the cyclin D1/HDAC1 complex is required for proliferation. Furthermore, in the effort of understanding the possible mechanisms of this effect, we have analyzed the degree of internalization of the EGF/EGFR complex and its interactions with HDAC1. EGF/EGFR/HDAC1 complex quantitatively increases in 9-HSA-treated cells but not in serum starved cells after EGF stimulation. Our data suggested that 9-HSA interaction with the catalytic site of the HDAC1 disrupts the HDAC1/cyclin D1 complex and favors EGF/EGFR recruitment by HDAC1, thus enhancing 9-HSA antiproliferative effects. In conclusion 9-HSA is a promising HDAC inhibitor with high selectivity and specificity, capable of inducing cell cycle arrest and histone hyperacetylation, but also able to modulate HDAC1 protein interaction. All these aspects may contribute to the potency of this new antitumor agent.

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Il problema della sicurezza/insicurezza delle città, dalle grandi metropoli sino ai più piccoli centri urbani, ha sollecitato negli ultimi anni un’attenzione crescente da parte degli studiosi, degli analisti, degli organi di informazione, delle singole comunità. La delinquenza metropolitana viene oggi diffusamente considerata «un aspetto usuale della società moderna»: «un fatto – o meglio un insieme di fatti – che non richiede nessuna speciale motivazione o predisposizione, nessuna patologia o anormalità, e che è iscritto nella routine della vita economica e sociale». Svincolata dagli schemi positivistici, la dottrina criminologica ha maturato una nuova «cultura del controllo sociale» che ha messo in risalto, rispetto ad ogni visione enfatizzante del reo, l’esigenza di pianificare adeguate politiche e pratiche di prevenzione della devianza urbana attraverso «tutto l’insieme di istituzioni sociali, di strategie e di sanzioni, che mirano a ottenere la conformità di comportamento nella sfera normativa penalmente tutelata». Tale obiettivo viene generalmente perseguito dagli organismi istituzionali, locali e centrali, con diverse modalità annoverabili nel quadro degli interventi di: prevenzione sociale in cui si includono iniziative volte ad arginare la valenza dei fattori criminogeni, incidendo sulle circostanze sociali ed economiche che determinano l’insorgenza e la proliferazione delle condotte delittuose negli ambienti urbani; prevenzione giovanile con cui si tende a migliorare le capacità cognitive e relazionali del minore, in maniera tale da controllare un suo eventuale comportamento aggressivo, e ad insegnare a genitori e docenti come gestire, senza traumi ed ulteriori motivi di tensione, eventuali situazioni di crisi e di conflittualità interpersonale ed interfamiliare che coinvolgano adolescenti; prevenzione situazionale con cui si mira a disincentivare la propensione al delitto, aumentando le difficoltà pratiche ed il rischio di essere scoperti e sanzionati che – ovviamente – viene ponderato dal reo. Nella loro quotidianità, le “politiche di controllo sociale” si sono tuttavia espresse in diversi contesti – ed anche nel nostro Paese - in maniera a tratti assai discutibile e, comunque, con risultati non sempre apprezzabili quando non - addirittura – controproducenti. La violenta repressione dei soggetti ritenuti “devianti” (zero tolerance policy), l’ulteriore ghettizzazione di individui di per sé già emarginati dal contesto sociale, l’edificazione di interi quartieri fortificati, chiusi anche simbolicamente dal resto della comunità urbana, si sono rivelate, più che misure efficaci nel contrasto alla criminalità, come dei «cortocircuiti semplificatori in rapporto alla complessità dell’insieme dei problemi posti dall’insicurezza». L’apologia della paura è venuta così a riflettersi, anche fisicamente, nelle forme architettoniche delle nuove città fortificate ed ipersorvegliate; in quelle gated-communities in cui l’individuo non esita a sacrificare una componente essenziale della propria libertà, della propria privacy, delle proprie possibilità di contatto diretto con l’altro da sé, sull’altare di un sistema di controllo che malcela, a sua volta, implacabili contraddizioni. Nei pressanti interrogativi circa la percezione, la diffusione e la padronanza del rischio nella società contemporanea - glocale, postmoderna, tardomoderna, surmoderna o della “seconda modernità”, a seconda del punto di vista al quale si aderisce – va colto l’eco delle diverse concezioni della sicurezza urbana, intesa sia in senso oggettivo, quale «situazione che, in modo obiettivo e verificabile, non comporta l’esposizione a fattori di rischio», che in senso soggettivo, quale «risultante psicologica di un complesso insieme di fattori, tra cui anche indicatori oggettivi di sicurezza ma soprattutto modelli culturali, stili di vita, caratteristiche di personalità, pregiudizi, e così via». Le amministrazioni locali sono direttamente chiamate a garantire questo bisogno primario di sicurezza che promana dagli individui, assumendo un ruolo di primo piano nell’adozione di innovative politiche per la sicurezza urbana che siano fra loro complementari, funzionalmente differenziate, integrali (in quanto parte della politica di protezione integrale di tutti i diritti), integrate (perché rivolte a soggetti e responsabilità diverse), sussidiarie (perché non valgono a sostituire i meccanismi spontanei di prevenzione e controllo della devianza che si sviluppano nella società), partecipative e multidimensionali (perché attuate con il concorso di organismi comunali, regionali, provinciali, nazionali e sovranazionali). Questa nuova assunzione di responsabilità da parte delle Amministrazioni di prossimità contribuisce a sancire il passaggio epocale «da una tradizionale attività di governo a una di governance» che deriva «da un’azione integrata di una molteplicità di soggetti e si esercita tanto secondo procedure precostituite, quanto per una libera scelta di dar vita a una coalizione che vada a vantaggio di ciascuno degli attori e della società urbana nel suo complesso». All’analisi dei diversi sistemi di governance della sicurezza urbana che hanno trovato applicazione e sperimentazione in Italia, negli ultimi anni, e in particolare negli ambienti territoriali e comunitari di Roma e del Lazio che appaiono, per molti versi, esemplificativi della complessa realtà metropolitana del nostro tempo, è dedicata questa ricerca. Risulterà immediatamente chiaro come il paradigma teorico entro il quale si dipana il percorso di questo studio sia riconducibile agli orientamenti della psicologia topologica di Kurt Lewin, introdotti nella letteratura sociocriminologica dall’opera di Augusto Balloni. Il provvidenziale crollo di antichi steccati di divisione, l’avvento di internet e, quindi, la deflagrante estensione delle frontiere degli «ambienti psicologici» in cui è destinata a svilupparsi, nel bene ma anche nel male, la personalità umana non hanno scalfito, a nostro sommesso avviso, l’attualità e la validità della «teoria del campo» lewiniana per cui il comportamento degli individui (C) appare anche a noi, oggi, condizionato dalla stretta interrelazione che sussiste fra le proprie connotazioni soggettive (P) e il proprio ambiente di riferimento (A), all’interno di un particolare «spazio di vita». Su queste basi, il nostro itinerario concettuale prende avvio dall’analisi dell’ambiente urbano, quale componente essenziale del più ampio «ambiente psicologico» e quale cornice straordinariamente ricca di elementi di “con-formazione” dei comportamenti sociali, per poi soffermarsi sulla disamina delle pulsioni e dei sentimenti soggettivi che agitano le persone nei controversi spazi di vita del nostro tempo. Particolare attenzione viene inoltre riservata all’approfondimento, a tratti anche critico, della normativa vigente in materia di «sicurezza urbana», nella ferma convinzione che proprio nel diritto – ed in special modo nell’ordinamento penale – vada colto il riflesso e la misura del grado di civiltà ma anche delle tensioni e delle contraddizioni sociali che tormentano la nostra epoca. Notevoli spunti ed un contributo essenziale per l’elaborazione della parte di ricerca empirica sono derivati dall’intensa attività di analisi sociale espletata (in collaborazione con l’ANCI) nell’ambito dell’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio, un organismo di supporto della Presidenza della Giunta Regionale del Lazio al quale compete, ai sensi dell’art. 8 della legge regionale n. 15 del 2001, la funzione specifica di provvedere al monitoraggio costante dei fenomeni criminali nel Lazio.

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La forte crescita nella pescicoltura ha portato ad una significativa pressione ambientale di origine antropica nei sistemi costieri. Il bivalve locale Scrobicularia plana è stato usato come bioindicatore per valutare la qualità ambientale di un ecosistema affetto da scarichi di acque residuali di una piscifattoria nel braccio di mare Rio San Pedro (Spagna sud-occidentale). I bivalvi sono stati raccolti nei sedimenti intertidali nell'ottobre del 2010 da cinque siti del braccio di mare, seguendo un gradiente di inquinamento decrescente dall'effluente al sito di controllo. Per valutare l'esposizione e l'effetto di contaminanti legati alle acque residuali delle piscifattorie è stata selezionata una batteria di biomarker. Sono state misurate nei tessuti delle ghiandole digestive dei bivalvi: l'attività di enzimi del sistema di detossificazione della Fase I (etossiresorufina-O-deetilasi, EROD e dibenzilfluoresceina, DBF) l'attività di un enzima del sistema di detossificazione di Fase II (glutatione S-transferasi, GST), l'attività di enzimi antiossidanti (glutatione perossidasi, GPX e glutatione reduttasi, GR) e parametri di stress ossidativo (perossidazione lipidica, LPO, e danno al DNA). In parallelo sono state misurate in situ, nelle aree di studio, temperatura, pH, salinità e ossigeno disciolto nelle acque superficiali; nelle acque interstiziali sono stati misurati gli stessi parametri con l'aggiunta del potenziale redox. Sono state trovate differenze significative (p<0,05) tra siti di impatto e sito di controllo per quanto riguarda l'attività di EROD e GR, LPO e danno al DNA; è stato osservato un chiaro gradiente di stress riconducibile alla contaminazione, con alte attività di questi biomarker nell'area di scarico delle acque residuali della pescicoltura e livelli più bassi nel sito di controllo. È stata trovata inoltre una correlazione negativa significativa (p<0,01) tra la distanza alla fonte di inquinamento e l’induzione dei biomarker. Sono state analizzate le componenti abiotiche, inserendole inoltre in una mappa georeferenziata a supporto. Ossigeno disciolto, pH, salinità e potenziale redox mostrano valori bassi vicino alla fonte di inquinamento, aumentando man mano che ci si allontana da esso. I dati ottenuti indicano nel loro insieme che lo scarico di acque residuali dalle attività di pescicoltura nel braccio di mare del Rio San Pedro può indurre stress ossidativo negli organismi esposti che può portare ad un'alterazione dello stato di salute degli organismi.

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The recent default of important Italian agri-business companies provides a challenging issue to be investigated through an appropriate scientific approach. The events involving CIRIO, FERRUZZI or PARMALAT rise an important research question: what are the determinants of performance for Italian companies in the Italian agri – food sector? My aim is not to investigate all the factors that are relevant in explaining performance. Performance depends on a wide set of political, social, economic variables that are strongly interconnected and that are often very difficult to express by formal or mathematical tools. Rather, in my thesis I mainly focus on those aspects that are strictly related to the governance and ownership structure of agri – food companies representing a strand of research that has been quite neglected by previous scholars. The conceptual framework from which I move to justify the existence of a relationship between the ownership structure of a company, governance and performance is the model set up by Airoldi and Zattoni (2005). In particular the authors investigate the existence of complex relationships arising within the company and between the company and the environment that can bring different strategies and performances. They do not try to find the “best” ownership structure, rather they outline what variables are connected and how they could vary endogenously within the whole economic system. In spite of the fact that the Airoldi and Zattoni’s model highlights the existence of a relationship between ownership and structure that is crucial for the set up of the thesis the authors fail to apply quantitative analyses in order to verify the magnitude, sign and the causal direction of the impact. In order to fill this gap we start from the literature trying to investigate the determinants of performance. Even in this strand of research studies analysing the relationship between different forms of ownership and performance are still lacking. In this thesis, after a brief description of the Italian agri – food sector and after an introduction including a short explanation of the definitions of performance and ownership structure, I implement a model in which the performance level (interpreted here as Return on Investments and Return on Sales) is related to variables that have been previously identified by the literature as important such as the financial variables (cash and leverage indices), the firm location (North Italy, Centre Italy, South Italy), the power concentration (lower than 25%, between 25% and 50% and between 50% and 100% of ownership control) and the specific agri – food sector (agriculture, food and beverage). Moreover we add a categorical variable representing different forms of ownership structure (public limited company, limited liability company, cooperative) that is the core of our study. All those variables are fully analysed by a preliminary descriptive analysis. As in many previous contributions we apply a panel least squares analysis for 199 Italian firms in the period 1998 – 2007 with data taken from the Bureau Van Dijck Dataset. We apply two different models in which the dependant variables are respectively the Return on Investments (ROI) and the Return on Sales (ROS) indicators. Not surprisingly we find that companies located in the North Italy representing the richest area in Italy perform better than the ones located in the Centre and South of Italy. In contrast with the Modigliani - Miller theorem financial variables could be significant and the specific sector within the agri – food market could play a relevant role. As the power concentration, we find that a strong property control (higher than 50%) or a fragmented concentration (lower than 25%) perform better. This result apparently could suggest that “hybrid” forms of concentrations could create bad functioning in the decision process. As our key variables representing the ownership structure we find that public limited companies and limited liability companies perform better than cooperatives. This is easily explainable by the fact that law establishes that cooperatives are less profit – oriented. Beyond cooperatives public limited companies perform better than limited liability companies and show a more stable path over time. Results are quite consistent when we consider both ROI and ROS as dependant variables. These results should not lead us to claim that public limited company is the “best” among all possible governance structures. First, every governance solution should be considered according to specific situations. Second more robustness analyses are needed to confirm our results. At this stage we deem these findings, the model set up and our approach represent original contributions that could stimulate fruitful future studies aimed at investigating the intriguing issue concerning the effect of ownership structure on the performance levels.

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Questa tesi affronta il progetto di riqualificazione energetica, riorganizzazione funzionale ed ampliamento del plesso scolastico a Villa Romiti a Forlì, costituito da tre istituti scolastici (scuola dell'infanzia "Le Api", scuola primaria "P. Squadrani" e scuola secondaria inferiore "G. Mercuriali") inseriti in un comparto su cui insistono anche il palazzetto dello sport "Pala-Romiti" e la torre piezometrica dell'acquedotto, a servizio dell'omonimo quartiere. Al fine di comprendere meglio le dinamiche che intercorrono tra il plesso scolastico, il quartiere in cui è collocato e la città , è stata inizialmente effettuata un'analisi dell'area, del territorio circostante e del sistema scolastico forlivese, che ne ha evidenziato alcuni dei tratti salienti. Il comparto è una superficie pianeggiante di forma rettangolare, con un'estensione di 34000 mq, collocata a ovest del centro storico di Forlì, in prossimità  del fiume Montone e a contatto diretto con il territorio agricolo periurbano, delimitata su due lati dalla rete viaria urbana e sui restanti due dai campi circostanti. Questa particolare collocazione dispone l'area nel punto di incontro tra due diverse trame del territorio: quella urbana definita dall'allineamento dei corpi di fabbrica del quartiere Romiti, ripreso dall'orientamento degli edifici all'interno del plesso scolastico, e la trama agricola derivante dalla centuriazione romana, che segna l'intero territorio circostante in relazione al tracciato dell'antica via Emilia. In seguito, l'attenzione si è focalizzata sulle relazioni tra i vari elementi che occupano l'area e sugli elementi di criticità  che le condizionano. Sulla scorta dei programmi fissati dall'Amministrazione comunale, un ulteriore approfondimento ha permesso di individuare le criticità  a livello del singolo edificio e di delineare le strategie di intervento per la riqualificazione del comparto. Rispetto al sistema scolastico forlivese, che si è sviluppato invece seguendo le direttrici di espansione della città storica verso est, l'area appare come un nucleo isolato, in cui gli indirizzi dell'Amministrazione prevedono di mantenere ed intensificare la presenza di più istituti scolastici, in modo da rafforzarne il carattere di polo di formazione, a servizio di un bacino di utenza molto vasto, che dall'insediamento urbano più prossimo si estende fino alle frazioni presenti sui colli circostanti. La presenza all'interno del comparto del Palazzetto dello sport accentua le difficoltà  di gestione e l'utilizzo promiscuo degli spazi connettivi e di pertinenza, già  complesse a causa della convivenza di diverse scuole. La necessità  di assicurare l'accesso al Palazzetto anche da parte degli utenti esterni alle scuole ha generato una confusa rete di percorsi di accesso all'area; in cui percorrenze carrabili e pedonali si sovrappongono, con conseguenti problemi sia di funzionalità  che di sicurezza, soprattutto per gli alunni degli istituti. Elemento positivo su cui innestare una riqualificazione del plesso è la presenza di estese aree verdi, in parte di pertinenza esclusiva, che ospitano le attività  ludiche degli studenti ma che attualmente soffrono di incuria e di scarsa manutenzione, aggravate dalla mancanza di un efficiente sistema perimetrale di controllo. Il palazzetto dello sport e la torre piezometrica, servizi di quartiere utili alla collettività , rappresentano due emergenze architettoniche che, nell'ottica di una sistemazione planivolumetrica dell'area, necessitano di un'attenzione particolare, al fine di integrarle all'interno di un unico disegno generale di un "campus" scolastico. Approfondendo l'analisi alla scala dei singoli edifici, di ciascuno di essi sono state evidenziate le principali criticità , in termini architettonici, funzionali ed energetici. La scuola primaria "P. Squadrani", costruita alla fine degli anni "40, è un edificio a corte, con un regolare disegno di facciata scandito da aperture ad arco, che gli conferiscono un'identità  architettonica, molto più debole invece negli altri edifici del comparto. Per questo edificio, che presenta problemi legati alla fruizione e all'orientamento delle aule per la didattica, il programma dell'Amministrazione comunale prevede un ampliamento in grado di ospitare un'ulteriore sezione. L'Amministrazione non prevede prossimi interventi, invece, per scuola secondaria inferiore "G. Mercuriali", che però, nonostante la sua costruzione risalga agli anni '80, appare in cattivo stato di conservazione e manca sia di un'adeguata area verde di pertinenza, che di una palestra a uso esclusivo. Infine, la scuola dell'infanzia "Le Api", di recente costruzione, è dotata di un'area verde di grande estensione, ma collocata in posizione sfavorevole, a causa dell'ombra proiettata dall'edificio "Pala-Romiti". Per questo istituto, l'Amministrazione prevede il raddoppio della capienza, per raggiungere il numero di sei unità  pedagogiche complessive. Le analisi effettuate sul comportamento energetico evidenziano che le prestazioni di tutti e tre gli edifici sono inadeguate e devono essere sensibilmente migliorate per allinearsi agli standard della recente normativa regionale (DAL 156/2008 Regione Emilia-Romagna). Sulla base degli elementi emersi dalle analisi preliminari e degli obiettivi fissati dall'Amministrazione comunale, la strategia di progetto adottata si è focalizzata su sette principali obiettivi: riorganizzare il sistema di accessi e percorsi, separando l'uso carrabile da quello pedonale: si è previsto di declassare e riservare ai soli mezzi pubblici il tratto di strada comunale antistante il lato sud del comparto e di innestarvi un asse principale di accesso all'area scolastica, ad uso esclusivo degli utenti delle scuole; attestare sul nuovo asse principale di percorrenza i cinque diversi nuclei funzionali presenti nell'area: le tre scuole, il palazzetto dello sport, il nuovo parco pubblico e infine l'area riservata alla torre piezometrica e ai parcheggi; progettare un'unica nuova scuola per l'infanzia, dimensionata per ospitare tutte le sei sezioni previste, collocata a diretto contatto con il verde agricolo circostante, caratterizzata da una separazione netta -funzionale e volumetrica- tra gli spazi dedicati ai bambini e quelli dedicati al personale e organizzata in due blocchi indipendenti di unità pedagogiche, da tre aule ciascuno, dotate di un ampio spazio esterno di gioco e attività all'aperto; riqualificare energeticamente e funzionalmente la scuola primaria e ampliarla con l'aggiunta di un adiacente corpo di fabbrica di nuova costruzione, in continuità planimetrica e volumetrica con l'edificio esistente, a cui il nuovo volume si collega tramite una corte coperta; sottoporre il "Pala-Romiti" ad un "restyling" delle facciate e riorganizzarne i sistemi di collegamento verticale esterni; riconfigurare l'area di pertinenza esclusiva della scuola secondaria inferiore, raccordandola con il nuovo parco pubblico progettato sull'area liberata dalla demolizione della precedente scuola dell'infanzia, collocato nelle vicinanze dell'attuale parco di quartiere, cosi da rinforzare la presenza di verde urbano nel comparto; dotare la torre piezometrica di una propria via di accesso indipendente, sulla quale vengono concentrati i parcheggi necessari alle esigenze dell'intera area. In sintesi, l'obiettivo da raggiungere attraverso questa tesi è quello di proporre un intervento che analizzi e ponga rimedio alle criticità  e contemporaneamente valorizzi i punti di forza già presenti, cercando di progettare uno spazio a misura di bambino, un'isola pedonale immersa nel verde.