963 resultados para Sun corona
Resumo:
CAPITOLO 1 INTRODUZIONE Il lavoro presentato è relativo all’utilizzo a fini metrici di immagini satellitari storiche a geometria panoramica; in particolare sono state elaborate immagini satellitari acquisite dalla piattaforma statunitense CORONA, progettata ed impiegata essenzialmente a scopi militari tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, e recentemente soggette ad una declassificazione che ne ha consentito l’accesso anche a scopi ed utenti non militari. Il tema del recupero di immagini aeree e satellitari del passato è di grande interesse per un ampio spettro di applicazioni sul territorio, dall’analisi dello sviluppo urbano o in ambito regionale fino ad indagini specifiche locali relative a siti di interesse archeologico, industriale, ambientale. Esiste infatti un grandissimo patrimonio informativo che potrebbe colmare le lacune della documentazione cartografica, di per sé, per ovvi motivi tecnici ed economici, limitata a rappresentare l’evoluzione territoriale in modo asincrono e sporadico, e con “forzature” e limitazioni nel contenuto informativo legate agli scopi ed alle modalità di rappresentazione delle carte nel corso del tempo e per diversi tipi di applicazioni. L’immagine di tipo fotografico offre una rappresentazione completa, ancorché non soggettiva, dell’esistente e può complementare molto efficacemente il dato cartografico o farne le veci laddove questo non esista. La maggior parte del patrimonio di immagini storiche è certamente legata a voli fotogrammetrici che, a partire dai primi decenni del ‘900, hanno interessato vaste aree dei paesi più avanzati, o regioni di interesse a fini bellici. Accanto a queste, ed ovviamente su periodi più vicini a noi, si collocano le immagini acquisite da piattaforma satellitare, tra le quali rivestono un grande interesse quelle realizzate a scopo di spionaggio militare, essendo ad alta risoluzione geometrica e di ottimo dettaglio. Purtroppo, questo ricco patrimonio è ancora oggi in gran parte inaccessibile, anche se recentemente sono state avviate iniziative per permetterne l’accesso a fini civili, in considerazione anche dell’obsolescenza del dato e della disponibilità di altre e migliori fonti di informazione che il moderno telerilevamento ci propone. L’impiego di immagini storiche, siano esse aeree o satellitari, è nella gran parte dei casi di carattere qualitativo, inteso ad investigare sulla presenza o assenza di oggetti o fenomeni, e di rado assume un carattere metrico ed oggettivo, che richiederebbe tra l’altro la conoscenza di dati tecnici (per esempio il certificato di calibrazione nel caso delle camere aerofotogrammetriche) che sono andati perduti o sono inaccessibili. Va ricordato anche che i mezzi di presa dell’epoca erano spesso soggetti a fenomeni di distorsione ottica o altro tipo di degrado delle immagini che ne rendevano difficile un uso metrico. D’altra parte, un utilizzo metrico di queste immagini consentirebbe di conferire all’analisi del territorio e delle modifiche in esso intercorse anche un significato oggettivo che sarebbe essenziale per diversi scopi: per esempio, per potere effettuare misure su oggetti non più esistenti o per potere confrontare con precisione o co-registrare le immagini storiche con quelle attuali opportunamente georeferenziate. Il caso delle immagini Corona è molto interessante, per una serie di specificità che esse presentano: in primo luogo esse associano ad una alta risoluzione (dimensione del pixel a terra fino a 1.80 metri) una ampia copertura a terra (i fotogrammi di alcune missioni coprono strisce lunghe fino a 250 chilometri). Queste due caratteristiche “derivano” dal principio adottato in fase di acquisizione delle immagini stesse, vale a dire la geometria panoramica scelta appunto perché l’unica che consente di associare le due caratteristiche predette e quindi molto indicata ai fini spionaggio. Inoltre, data la numerosità e la frequenza delle missioni all’interno dell’omonimo programma, le serie storiche di questi fotogrammi permettono una ricostruzione “ricca” e “minuziosa” degli assetti territoriali pregressi, data appunto la maggior quantità di informazioni e l’imparzialità associabili ai prodotti fotografici. Va precisato sin dall’inizio come queste immagini, seppur rappresentino una risorsa “storica” notevole (sono datate fra il 1959 ed il 1972 e coprono regioni moto ampie e di grandissimo interesse per analisi territoriali), siano state molto raramente impiegate a scopi metrici. Ciò è probabilmente imputabile al fatto che il loro trattamento a fini metrici non è affatto semplice per tutta una serie di motivi che saranno evidenziati nei capitoli successivi. La sperimentazione condotta nell’ambito della tesi ha avuto due obiettivi primari, uno generale ed uno più particolare: da un lato il tentativo di valutare in senso lato le potenzialità dell’enorme patrimonio rappresentato da tali immagini (reperibili ad un costo basso in confronto a prodotti simili) e dall’altro l’opportunità di indagare la situazione territoriale locale per una zona della Turchia sud orientale (intorno al sito archeologico di Tilmen Höyük) sulla quale è attivo un progetto condotto dall’Università di Bologna (responsabile scientifico il Prof. Nicolò Marchetti del Dipartimento di Archeologia), a cui il DISTART collabora attivamente dal 2005. L’attività è condotta in collaborazione con l’Università di Istanbul ed il Museo Archeologico di Gaziantep. Questo lavoro si inserisce, inoltre, in un’ottica più ampia di quelle esposta, dello studio cioè a carattere regionale della zona in cui si trovano gli scavi archeologici di Tilmen Höyük; la disponibilità di immagini multitemporali su un ampio intervallo temporale, nonché di tipo multi sensore, con dati multispettrali, doterebbe questo studio di strumenti di conoscenza di altissimo interesse per la caratterizzazione dei cambiamenti intercorsi. Per quanto riguarda l’aspetto più generale, mettere a punto una procedura per il trattamento metrico delle immagini CORONA può rivelarsi utile all’intera comunità che ruota attorno al “mondo” dei GIS e del telerilevamento; come prima ricordato tali immagini (che coprono una superficie di quasi due milioni di chilometri quadrati) rappresentano un patrimonio storico fotografico immenso che potrebbe (e dovrebbe) essere utilizzato sia a scopi archeologici, sia come supporto per lo studio, in ambiente GIS, delle dinamiche territoriali di sviluppo di quelle zone in cui sono scarse o addirittura assenti immagini satellitari dati cartografici pregressi. Il lavoro è stato suddiviso in 6 capitoli, di cui il presente costituisce il primo. Il secondo capitolo è stato dedicato alla descrizione sommaria del progetto spaziale CORONA (progetto statunitense condotto a scopo di fotoricognizione del territorio dell’ex Unione Sovietica e delle aree Mediorientali politicamente correlate ad essa); in questa fase vengono riportate notizie in merito alla nascita e all’evoluzione di tale programma, vengono descritti piuttosto dettagliatamente gli aspetti concernenti le ottiche impiegate e le modalità di acquisizione delle immagini, vengono riportati tutti i riferimenti (storici e non) utili a chi volesse approfondire la conoscenza di questo straordinario programma spaziale. Nel terzo capitolo viene presentata una breve discussione in merito alle immagini panoramiche in generale, vale a dire le modalità di acquisizione, gli aspetti geometrici e prospettici alla base del principio panoramico, i pregi ed i difetti di questo tipo di immagini. Vengono inoltre presentati i diversi metodi rintracciabili in bibliografia per la correzione delle immagini panoramiche e quelli impiegati dai diversi autori (pochi per la verità) che hanno scelto di conferire un significato metrico (quindi quantitativo e non solo qualitativo come è accaduto per lungo tempo) alle immagini CORONA. Il quarto capitolo rappresenta una breve descrizione del sito archeologico di Tilmen Höyuk; collocazione geografica, cronologia delle varie campagne di studio che l’hanno riguardato, monumenti e suppellettili rinvenute nell’area e che hanno reso possibili una ricostruzione virtuale dell’aspetto originario della città ed una più profonda comprensione della situazione delle capitali del Mediterraneo durante il periodo del Bronzo Medio. Il quinto capitolo è dedicato allo “scopo” principe del lavoro affrontato, vale a dire la generazione dell’ortofotomosaico relativo alla zona di cui sopra. Dopo un’introduzione teorica in merito alla produzione di questo tipo di prodotto (procedure e trasformazioni utilizzabili, metodi di interpolazione dei pixel, qualità del DEM utilizzato), vengono presentati e commentati i risultati ottenuti, cercando di evidenziare le correlazioni fra gli stessi e le problematiche di diversa natura incontrate nella redazione di questo lavoro di tesi. Nel sesto ed ultimo capitolo sono contenute le conclusioni in merito al lavoro in questa sede presentato. Nell’appendice A vengono riportate le tabelle dei punti di controllo utilizzati in fase di orientamento esterno dei fotogrammi.
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Tourists to the archaeological site of Tiwanaku are presented with ancient calendars, of which the Gateway of the Sun is the most important, famous, and beautiful. Arthur Posnansky and other early 20th-century archaeologists claimed that its inscriptions constituted a written calendar. These claims were intimately connected to narratives of Tiwanaku as a central source of knowledge in both pre-Columbian times and the contemporary world. Posnansky presented his interpretation of Tiwanaku’s calendars as a response to the debates of the World Calendar Movement, which in the 1930s was attempting to rationalize the Gregorian calendar. In the Gateway, Posnansky found a uniquely Bolivian response to the international, North Atlantic-dominated scientific community’s search for a rational way to keep time in the world economy. Bolivian intellectuals merged their interest in the indigenous past with their concerns about the role of the modernist Bolivian state in the global system.
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We report a serious bleeding complication due to injury of the corona mortis following insertion of a transvaginal tape, TVT-Secur™ (Ethicon Women's Health, Sommerville, NJ, USA).
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We describe a case of a 10 years old girl, which presented to the emergency room with non-specific gastro-intestinal symptoms, fatigue and low blood pressure. The clinical signs and laboratory value supported the diagnosis of Addison crisis with hypovolaemic shock. The pathophysiology and the therapy of this entity are discussed. Importantly, in children the aetiology may differ depending on age and sex. Based on the family history of autoimmune disorders, in our patient presenting with autoimmune adrenalitis and celiac disease, the diagnosis of an autoimmune polyendocrinopathy was made. A therapy of mineralcorticoids and glucocorticoids was initiated and a special gluten-free diet was prescribed. On this treatment our patient recovered promptly.
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Abstract to be posted.
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We encountered recently 3 cases with a histopathologic diagnosis of melanoma in situ on sun-damaged skin (male = 2, female = 1; median age: 59 years; range: 52-60 years). The diagnosis was based mainly on the finding of actinic elastosis in the dermis and increased number of melanocytes in the epidermis and was confirmed by strong positivity for Melan-A in single cells and in small nests ("pseudomelanocytic nests"), located at the dermoepidermal junction. Indeed, examination of slides stained with hematoxylin and eosin revealed the presence of marked hyperpigmentation and small nests of partially pigmented cells at the dermoepidermal junction, positive for Melan-A. The histologic and especially the immunohistochemical features were indistinguishable from those of melanoma in situ on chronic sun-damaged skin. In addition, a variably dense lichenoid inflammation was present. Clinicopathologic correlation, however, showed, in all patients, the presence of a lichenoid dermatitis (phototoxic reaction, 1 case; lichen planus pigmentosus, 1 case; and pigmented lichenoid keratosis, 1 case). Our cases clearly show the histopathologic pitfalls represented by lichenoid reactions on chronic sun-damaged skin. Immunohistochemical investigations, especially if performed with Melan-A alone, may lead to confusing and potentially disastrous results. The unexpected staining pattern of Melan-A in cases like ours raises concern about the utility of this antibody in the setting of a lichenoid tissue reaction on chronic sun-damaged skin. It should be underlined that pigmented lesions represent a paradigmatic example of how immunohistochemical results should be interpreted carefully and always in conjunction with histologic and clinical features.
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A new species of Cladorhizidac, front the Aleutian Islands is described and compared with all known species of Cladorhizza worldwide. Cladorhiza corona sp. now has a unique growth form with two planes of differently shaped appendages. Appendages are Inserted directly at the stalk; a spherical or conical body at the stalk is lacking. It is the only species reported where different spicule types occur in three morphologically different areas of the sponge. The spiculation of the basal plate is characterized by the occurrence of short, thick anisoxcas and the lack of anisochelae. Anisochelac arc found in the stalk and the basal appendages only. Flattened sigmancistras and (sub-)tylostyles are restricted to the crown. The arrangement of spicules is different in the basal plate, the stalk with the basal appendages, and in the distal append ages. The dimensions and combination of spicule types separate C. corona sp. nov. from all known members of the genus.
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Critical measurements for understanding accretion and the dust/gas ratio in the solar nebula, where planets were forming 4.5 billion years ago, are being obtained by the GIADA (Grain Impact Analyser and Dust Accumulator) experiment on the European Space Agency's Rosetta spacecraft orbiting comet 67P/Churyumov-Gerasimenko. Between 3.6 and 3.4 astronomical units inbound, GIADA and OSIRIS (Optical, Spectroscopic, and Infrared Remote Imaging System) detected 35 outflowing grains of mass 10(-10) to 10(-7) kilograms, and 48 grains of mass 10(-5) to 10(-2) kilograms, respectively. Combined with gas data from the MIRO (Microwave Instrument for the Rosetta Orbiter) and ROSINA (Rosetta Orbiter Spectrometer for Ion and Neutral Analysis) instruments, we find a dust/gas mass ratio of 4 +/- 2 averaged over the sunlit nucleus surface. A cloud of larger grains also encircles the nucleus in bound orbits from the previous perihelion. The largest orbiting clumps are meter-sized, confirming the dust/gas ratio of 3 inferred at perihelion from models of dust comae and trails.