252 resultados para Spettroscopia, nanofili, silicio


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Il cancro della prostata (PCa) è il tumore maligno non-cutaneo più diffuso tra gli uomini ed è il secondo tumore che miete più vittime nei paesi occidentali. La necessità di nuove tecniche non invasive per la diagnosi precoce del PCa è aumentata negli anni. 1H-MRS (proton magnetic resonance spectroscopy) e 1H-MRSI (proton magnetic resonance spectroscopy imaging) sono tecniche avanzate di spettroscopia in risonanza magnetica che permettono di individuare presenza di metaboliti come citrato, colina, creatina e in alcuni casi poliammine in uno o più voxel nel tessuto prostatico. L’abbondanza o l’assenza di uno di questi metaboliti rende possibile discriminare un tessuto sano da uno patologico. Le tecniche di spettroscopia RM sono correntemente utilizzate nella pratica clinica per cervello e fegato, con l’utilizzo di software dedicati per l’analisi degli spettri. La quantificazione di metaboliti nella prostata invece può risultare difficile a causa del basso rapporto segnale/rumore (SNR) degli spettri e del forte accoppiamento-j del citrato. Lo scopo principale di questo lavoro è di proporre un software prototipo per la quantificazione automatica di citrato, colina e creatina nella prostata. Lo sviluppo del programma e dei suoi algoritmi è stato portato avanti all’interno dell’IRST (Istituto Romagnolo per lo Studio e la cura dei Tumori) con l’aiuto dell’unità di fisica sanitaria. Il cuore del programma è un algoritmo iterativo per il fit degli spettri che fa uso di simulazioni MRS sviluppate con il pacchetto di librerie GAMMA in C++. L’accuratezza delle quantificazioni è stata testata con dei fantocci realizzati all’interno dei laboratori dell’istituto. Tutte le misure spettroscopiche sono state eseguite con il nuovo scanner Philips Ingenia 3T, una delle machine di risonanza magnetica più avanzate per applicazioni cliniche. Infine, dopo aver eseguito i test in vitro sui fantocci, sono stati acquisiti gli spettri delle prostate di alcuni volontari sani, per testare se il programma fosse in grado di lavorare in condizioni di basso SNR.

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L'elaborato riguarda il progetto di un circuito di condizionamento del segnale per sistemi di misura reologica. Il circuito è stato studiato per essere interfacciato con un sistema di misura in fase di studio all'Università di Bologna, sebbene il suo utilizzo nei sistemi di analisi nel dominio delle frequenze sia del tutto generale. Il sistema di misura esistente compie un'analisi chimico-fisica di alimenti, generalmente liquidi, in modo da caratterizzare nel dominio delle frequenze la risposta elettrica ad uno stimolo sinusoidale a frequenza variabile. In particolare, il sistema genera due segnali X(f) ed Y(f). Tuttavia, in molti casi di interesse la dinamica del segnale risulta molto piccola rispetto al range massimo del segnale. Lo scopo del circuito di condizionamento è quello di aumentare la dinamica dei segnali X(f) ed Y(f) in modo da rendere i grafici più leggibili. Tale obiettivo è stato ottenuto mediante la progettazione di un opportuno stadio di amplificazione a guadagno programmabile. Il sistema è controllato da un microcontrollore dotato di interfaccia USB con cui comunica con un PC. Le misure effettuate mostrano che il circuito progettato è in grado di amplificare correttamente la dinamica dei segnali acquisiti nel range 0-VDD.

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Il presente lavoro è stato incentrato sulla sintesi e la caratterizzazione di un polimero elettroconduttore solubile in acqua al fine di valutare se, tramite questo approccio, si potesse aumentare l’efficienza delle celle fotovoltaiche preparate con architettura BHJ. Il polimero ottenuto è stato caratterizzato mediante tecniche spettroscopiche (NMR, FT-IR) e le sue caratteristiche ottiche (tramite spettroscopia UV-Vis). Sono state quindi testate le celle fotovoltaiche utilizzando il prodotto sintetizzato come strato fotoattivo e ne sono state determinate le caratteristiche fotoelettriche (curve J/V).

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In questo lavoro di tesi, si cerca di studiare una reazione in grado di generare doppi legami sulla catena polimerica di un fluoroelastomero e analizzare le caratteristiche del polimero così ottenuto. I siti di insaturazione generati potranno essere sfruttati per successive reazioni di funzionalizzazione del polimero o per un eventuale processo di vulcanizzazione radicalico. La reazione utilizzata consiste in una deidrofluorurazione in ambiente alcalino di un copolimero VDF/HFP di produzione industriale. Essa è stata condotta sia in un sistema bifasico, sia in una fase omogenea, a 24 tempi e temperature diversi. La formazione dei doppi legami è stata analizzata tramite spettroscopia di risonanza magnetica al nucleo di fluoro (19F-NMR) e spettroscopia infrarossa. La possibilità di poter sfruttare le insaturazioni generate è stata studiata mediante prove di reticolazione via perossido indotta da radiazione UV, radiazione visibile ed energia termica. Nei primi due casi, il fenomeno è stato monitorato con spettri IR e UV-Vis, nel secondo caso la reazione è stata seguita per via reometrica (ODR: Oscillating Disk Reometer). Il lavoro è stato svolto in collaborazione con Elastomers Union srl, azienda con stabilimento di produzione a Castel Guelfo, specializzata nella preparazione di compound a base fluoroelastomerica e fluorosiliconica.

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Nel presente lavoro espongo i risultati degli esperimenti svolti durante la mia internship all’Institut des NanoSciences de Paris (INSP), presso l’Università Pierre et Marie Curie (Paris VI), nel team "Phisico-Chimie et Dynamique des Surfaces", sotto la supervisione del Dott. Geoffroy Prévot. L’elaborato è stato redatto e in- tegrato sotto la guida del Dott. Pasquini, del dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna. La tesi s’inserisce nel campo di ricerca del silicene, i.e. l’allotropo bidimensionale del silicio. Il cosidetto free-standing silicene è stato predetto teoricamente nel 2009 utilizzando calcoli di Density Functional Theory, e da allora ha stimolato un’intensa ricerca per la sua realizzazione sperimentale. La sua struttura elettronica lo rende particolarmente adatto per eventuali appli- cazioni tecnologiche e sperimentali, mentre lo studio delle sue proprietà è di grande interesse per la scienza di base. Nel capitolo 1 presento innanzitutto la struttura del silicene e le proprietà previste dagli studi pubblicati nella letteratura scientifica. In seguito espongo alcuni dei risultati sperimentali ottenuti negli ultimi anni, in quanto utili per un paragone con i risultati ottenuti durante l’internship. Nel capitolo 2 presento le tecniche sperimentali che ho utilizzato per effettuare le misure. Molto tempo è stato investito per ottenere una certa dimistichezza con gli apparati in modo da svolgere gli esperimenti in maniera autonoma. Il capitolo 3 è dedicato alla discussione e analisi dei risultati delle misure, che sono presentati in relazione ad alcune considerazioni esposte nel primo capitolo. Infine le conclusioni riassumono brevemente quanto ottenuto dall’analisi dati. A partire da queste considerazioni propongo alcuni esperimenti che potrebbero ulteriormente contribuire alla ricerca del silicene. I risultati ottenuti su Ag(111) sono contenuti in un articolo accettato da Physical Review B.

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Il presente lavoro di tesi sperimentale prende in considerazione diverse possibili alternative ai plastificanti (in particolare alla famiglia degli ftalati) e ritardanti di fiamma (triossido di antimonio) ampiamente utilizzati al giorno d’oggi nella produzione di finte pelli in PVC, anticipando in questo modo possibili restrizioni future imposte dalla normativa REACH: quattro ftalati a basso peso molecolare (Benzil-ButilFtalato, Di-ButilFtalato, Di-Iso-ButilFtalato, e Di-2-Etil-EsilFtalato) sono già stati proibiti ed il triossido di antimonio è inserito nella lista delle sostanze candidate a possibili restrizioni. Le limitazioni all’uso di queste sostanze è dovuta agli effetti negativi sulla salute e sull’ambiente causati da queste sostanze: gli ftalati a basso peso molecolare possono interferire nei cicli ormonali; il triossido di antimonio è un sospetto cancerogeno, è pericoloso per inalazione ed è considerato causa di pneumoconiosi e irregolarità cardiache dei lavoratori a contatto con esso. Inoltre, l’antimonio è un inquinante persistente, bioaccumulabile e tossico (PBT). Sono stati presi in esame 21 plastificanti appartenenti a varie categorie (sebacati, adipati, trimellitati, fosfati, benzoati, …), coi quali sono state prodotte foglie di PVC plastificato. Le foglie sono state sottoposte a caratterizzazione tramite spettroscopia FT-IR ed a test sia di natura meccanica (durezza, resistenza meccanica, etc.) che focalizzati a determinare proprietà legate al loro uso finale (migrazione del plastificante, resistenza alla fiamma, stabilità termica, etc.). Tra i migliori plastificanti individuati vi sono i trimellitati ed alcuni plastificanti da fonti rinnovabili (azelati, tetravalerati). Sono state investigate singolarmente le proprietà di 5 tipologie di ritardanti di fiamma in sostituzione del triossido di antimonio (a varie percentuali di additivazione nel materiale) e di 3 miscele di ritardanti allo scopo di valutare eventuali effetti sinergici. Le foglie additivate con questi ritardanti di fiamma sono state caratterizzate tramite analisi termiche specifiche: analisi al cono calorimetro e analisi TGA accoppiata ad FT-IR, utili per la comprensione dei meccanismi di azione dei ritardanti di fiamma e della loro influenza sulla degradazione termica del PVC plastificato. Infine, le foglie sono state sottoposte ai classici test di resistenza meccanica, resistenza alla fiamma, stabilità termica, ecc. I migliori ritardanti di fiamma individuati sono: ipofosfito di calcio, sali carbossilati ed allumina triidrata, da soli o miscelati con zinco idrossistannato.

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Il presente lavoro di tesi propone uno studio approfondito di proprietà morfologiche e di trasporto di carica di film sottili di SiOxNy amorfi (a-SiOxNy) e nanocristallini (nc-SiOxNy), che trovano importanti applicazioni in celle fotovoltaiche ad eterogiunzione in silicio, ad alta efficienza. Lo studio è condotto mediante caratterizzazione elettrica e morfologica attraverso tecniche di microscopia a forza atomica (AFM). Sono stati studiati campioni di a-SiOxNy cresciuti con tecnica PECVD (Plasma Enhanced Chemical Vapor Deposition), in cui è stata variata unicamente la distanza tra gli elettrodi durante la deposizione. Sono stati inoltre studiati campioni di nc-SiOxNy, cresciuti con PECVD con una differente percentuale di N2O come gas precursore e un differente tempo di annealing. In entrambi i casi si tratta di un materiale innovativo, le cui proprietà fisiche di base, nonostante le numerose applicazioni, sono ancora poco studiate. L'analisi morfologica, condotta mediante AFM e successiva analisi statistica delle immagini, ha permesso di determinare alcune proprietà morfologiche dei campioni. L’analisi statistica delle immagini è stata validata, dimostrandosi stabile e consistente per lo studio di queste strutture. Lo studio delle proprietà di trasporto è stato condotto mediante acquisizione di mappe di corrente con tecnica conductive-AFM. In questo modo si è ottenuta una mappa di conducibilità locale nanometrica, che permette di comprendere come avviene il trasporto nel materiale. L'analisi di questo materiale mediante tecniche AFM ha permesso di evidenziare che l'annealing produce nei materiali nanocristallini sia un clustering della struttura, sia un significativo aumento della conducibilità locale del materiale. Inoltre la distanza tra gli elettrodi in fase di deposizione ha un leggero effetto sulle dimensioni dei grani. È da notare inoltre che su questi campioni si sono osservate variazioni locali della conducibilità alla nanoscala. L’analisi delle proprietà dei materiali alla nanoscala ha contribuito alla comprensione più approfondita della morfologia e dei meccanismi di trasporto elettronico.

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L'elaborato tratta dell'ottimizzazione del processo di riduzione termica dell'ossido di grafene in termini di conduttività e trasmittanza ottica. Definiti gli standard di deposizione tramite spin-coating e riduzione termica, i film prodotti vengono caratterizzati tramite XPS, AFM, UPS, TGA, ne vengono testate la conducibilità, con e senza effetto di gate, e la trasmittanza ottica, ne si misura l'elasticità tramite spettroscopia di forza, tutto al fine di comprendere l'evoluzione del processo termico di riduzione e di individuare i parametri migliori al fine di progredire verso la produzione di elettrodi flessibili e trasparenti a base di grafen ossido ridotto.

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Il lavoro svolto si concentra sul trasporto di carica e spin in dispositivi trilayer La0.7Sr0.3MnO3/SrTiO3/Co multifunzionali. Questi dispositivi mostrano sia magnetoresistenza che resistive switching, con un'interessante interazione fra i due effetti. Le giunzioni SrTiO3 sono state scelte per questo lavoro sia per via dei precedenti studi su SrTiO3 come barriera in dispositivi spintronici (cioè dispositivi con magnetoresistenza), sia perché sono promettenti come materiale base per costruire memristor (cioè dispositivi con resistive switching). Il lavoro di tesi è stato svolto all'Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati (ISMN-CNR) a Bologna. Nella prima parte di questa tesi illustrerò la fisica dietro al resistive switching e alla magnetoresistenza di dispositivi trilayer, mostrando anche risultati di studi su dispositivi simili a quelli da me studiati. Nella seconda parte mostrerò la complessa fisica degli ossidi utilizzati nei nostri dispositivi e i possibili meccanismi di trasporto attraverso essi. Nell'ultima parte descriverò i risultati ottenuti. I dispositivi La0.7Sr0.3MnO3/SrTiO3/Co sono stati studiati tramite caratterizzazione elettrica, di magnetotrasporto e con spettroscopia di impedenza. Le misure ottenute hanno mostrato una fisica molto ricca dietro al trasporto di spin e carica in questi dispositivi, e la mutua interazione fra fenomeni spintronici e di resistive switching rappresenta una chiave per comprendere la fisica di questi fenomeni. Analisi dati della dipendenza della resistenza della temperature e caratteristiche corrente-tensioni saranno usati per quantificare e descrivere il trasporto in questi dispositivi.

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Negli esperimenti con particelle elementari si rende spesso necessario misurarne l’impulso e discriminare il segno della carica con l’ausilio di campi magnetici. Il lavoro presentato in questa tesi si inserisce nell'attività preliminare per la realizzazione di uno spettrometro per muoni con impulso nell'intervallo 0.5-4 GeV, posto all'interno di un campo magnetico in aria. Il prototipo di tracciatore su cui sono state condotte le misure presentate in questa tesi è costituito da diversi piani di barre di scintillatore plastico accoppiate a fotomoltiplicatori al Silicio. Le misure di laboratorio sono state finalizzate a determinare la risoluzione spaziale del prototipo a partire dai segnali di muoni cosmici nelle barre di scintillatore. Dalla ricostruzione delle tracce dei muoni è stata determinata una risoluzione spaziale migliore di 2 mm, che risulta adeguata per lo spettrometro che si vuole realizzare.

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Negli ultimi decenni la materia oscura è stata oggetto di crescente interesse scientifico: dati sperimentali indicano che essa costituisce il 26.8% della massa totale dell'Universo ma le sue origini e natura rimangono ancora ignote. Essa interagisce solo gravitazionalmente in quanto priva di carica, caratteristica che ne rende molto difficile la rivelazione. Numerosi esperimenti in tutto il mondo sono alla ricerca di maggiori informazioni riguardo la natura della materia oscura tramite metodi di rivelazione indiretta e diretta; questi ultimi sono accumunati da rivelatori molto massivi per sopperire alla piccola sezione d'urto di interazione e situati in ambienti molto isolati per diminuire il rumore di fondo dovuto alla radioattività terrestre. Tra le varie ipotesi avanzate riguardo la natura della materia oscura spiccano le WIMP, Weakly Interacting Massive Particle. L'esperimento XENON, situato ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso, si occupa della rivelazione diretta di WIMP studiandone l'urto elastico con i nuclei di Xeno, presente allo stato liquido e gassoso all'interno della TPC, il rivelatore fulcro dell'esperimento. I primi risultati dell'ultima fase del progetto sono attesi per l'inizio del 2016; grazie alla massa fiduciale di circa una tonnellata di Xeno, da cui il nome XENON1T, e a migliorie atte a diminuire il rumore di fondo, quali la scelta accurata di materiali a bassa radioattività e a un sistema di veto dei muoni, si ipotizza che il rivelatore raggiungerà una sensibilità due ordini di grandezza superiore a quelle finora raggiunte. Sono in fase di ricerca soluzioni per incrementare la raccolta di luce del rivelatore, nell'ottica di diminuire l'energia di soglia di rivelazione migliorandone la sensibilità. Una delle possibili soluzioni consiste nell'affiancare i PMT già in uso con fotomoltiplicatori al Silicio SiPM. Essi dovranno essere in grado di lavorare a una temperatura di sim ~170 K ed avere una buona efficienza di rivelazione per fotoni di lunghezza d'onda di ~178 nm. Questo lavoro di tesi si colloca nell'ambito di tale progetto di ricerca e sviluppo. Lo scopo del lavoro di tesi presentato è stato la misura della variazione di guadagno e conteggi di buio dei SiPM a disposizione in funzione della temperatura

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Il lavoro svolto è stato commissionato dall’azienda CNI, la quale ha richiesto al Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’università di Bologna la costruzione di una camera iperspettrale per uso industriale. In questo elaborato sono descritte le tecniche di progettazione e realizzazione dell’apparato ottico, adatto ad indagare lunghezze d’onda nel range visibile. Questo apparato è composto da un obiettivo focalizzatore, uno spettroscopio e un sensore finale. La realizzazione pratica dello strumento è stata raggiunta attraverso tre fasi distinte: la calibrazione, l’assemblaggio e i test finali; ciò ha permesso di ottenere risultati in accordo con quelli previsti in fase di progettazione. Poiché i risultati ottenuti si sono rivelati conformi alle richieste dell’azienda, si è potuto procedere all’applicazione di una particolare copertura della camera iperspettrale. Questo procedimento di copertura e chiusura della camera è stato necessario sia per permettere all’azienda di svolgere test con lo spettroscopio in condizioni di elevata oscurità, sia per preservare i vari elementi ottici da movimenti meccanici esterni. Terminato così il lavoro, è stata consegnata all’azienda la camera chiusa. Essa sarà testata per l’analisi spettrale di campioni, che passano attraverso una linea illuminata di lunghezza 1 m e ad una distanza di 1,5 m, su un rullo autotrasportatore. In futuro è prevista anche la realizzazione di un’altra camera iperspettrale che indaghi le lunghezze d’onda nel vicino infrarosso.

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In questo lavoro di tesi è stata investigata la possibilità di utilizzare particolari composti inorganici chiamati metallo-esacianometallati per la produzione elettrochimica di idrogeno. In particolare, elettrodi di glassy carbon (GC) sono stati modificati con TiO2-esacianometallati, come il cobalto-esacianoferrato (CoHCF), indio-esacianoferrato (InHCF) e nichel-cobalto esacianoferrato (NiCoHCF) e le loro performance per la produzione elettrocatalitica di idrogeno sono state esaminate con e senza esposizione alla luce UV. La spettroscopia IR e diffrazione dei raggi X di polveri (XRD) sono stati utilizzate per studiare la morfologia e la struttura dei campioni di TiO2 modificata con metallo-esacianoferrati. La caratterizzazione elettrochimica è stata eseguita attraverso voltammetria ciclica (CV) e cronopotenziometria. Per ottimizzare le condizioni, l'influenza di alcuni parametri tra cui la quantità di catalizzatori nella composizione dell’elettrodo ed il pH dell'elettrolita di supporto sono stati esaminati nel processo di produzione di idrogeno. Gli studi effettuati utilizzando gli elettrodi modificati, evidenziano la migliore performance quando l’elettrodo è modificato con TiO2-InHCF ed è esposto a luce UV. L'elettrodo proposto mostra diversi vantaggi tra cui un lungo ciclo di vita, basso costo, ottima performance e facilità di preparazione su larga scala, potrebbe quindi essere considerato un candidato ideale per la produzione elettrocatalitica di idrogeno.

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Oggi il mercato mondiale dell'anidride maleica (AM) è in continua espansione grazie ad un numero sempre crescente di applicazioni finali e sviluppo di nuove tecnologie industriali. La AM viene impiegata nella produzione di resine poliestere insature e resine alchidiche e nella produzione di chemicals a più alto valore aggiunto. Il processo di sintesi è tutt’ora basato sull'ossidazione selettiva del benzene e del n-butano. Con l’aumento delle emissione di gas serra, legate all’impiego di materie di origine fossile e la loro continua diminuzione, si stanno studiando nuovi processi basati su materie derivanti da fonti rinnovali. Tra i vari processi studiati vi è quello per la sintesi di AM, i quali utilizzano come molecola di furfurale, 5-idrossimetilfurfurale e 1-butanolo; tutte queste presentano però il problema di un costo superiore rispetto alle molecole tutt’ora usate. Ad oggi una delle molecole ottenibili da fonti rinnovabili avente un costo competitivo alle materie derivanti da fonti fossili è il bio-etanolo. Essendo nota la possibilità di trasformare dell’etanolo in composti a 4 atomi di carbonio (C4) come 1-butanolo (reazione di Guerbet) e in 1,3- butadiene (processo Lebedev) su ossidi misti Mg/Si e la loro trasformazioni in AM, è’ dunque possibile ipotizzare un processo operante in fase gas che accoppi entrambi i processi. Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di effettuare uno studio su sistemi catalitici mediante differenti approcci impiantistici. Il primo ha previsto l’impiego di un sistema detto “a cascata” nel quale è stato accoppiato il sistema misto a base di Mg/Si/O, per la trasformazione dell’etanolo a C4, e il pirofosfato di vanadile (VPP), per l’ossidazione selettiva di quest’ultimi in AM. Il secondo approccio ha previsto l’impiego di un unico sistema multifunzionale in grado di catalizzare tutti gli step necessari. In quest’ultimo caso, i sistemi studiati sono stati il Mg2P2O7 ed un sistema costituito da VPP DuPont sul quale è stato depositato MgO. I catalizzatori sono stati caratterizzati mediante diffrattometria a raggi X, spettroscopia Raman e analisi dell’area superficiale mediante metodo BET, mentre i test catalitici sono stati condotti su un impianto di laboratorio con un reattore assimilabile ad un modello di tipo PFR.

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Recenti sviluppi nella progettazione di impianti di luce di sincrotrone di quarta generazione riguardano la produzione di fasci di luce nella banda dei raggi X con elevate caratteristiche in termini di brillanza, coerenza e impulsi estremamente brevi ( femtosecondo ) . I principali schemi per la produzione della radiazione XFEL riguardano l’impiego di ondulatori con differenti modalità di seeding. L’utilizzo dei fasci di radiazione XFEL nelle linee di luce per applicazioni di imaging, spettroscopia e diffrazione, ha determinato un costante sforzo sia nello sviluppo di dispositivi ottici in grado di selezionare e focalizzare il fascio su dimensioni nanometriche, che nella sperimentazione di tecniche “lensless” in grado di superare i limiti imposti dall’utilizzo di tali dispositivi . I risultati ottenuti nella produzione dei fasci hanno consentito nuove possibilità di indagine nella struttura dei materiali su distanze atomiche nella definizione, senza precedenti di dettagli su scale temporali del femtosecondo, permettendo lo studio, non solo di strutture atomiche in condizioni di equilibrio stabile quanto di stati della materia velocemente dinamici e di non equilibrio. CXDI e Spettroscopia Strutturale Ultraveloce risolte in tempo sono alcune delle tecniche in cui l’utilizzo della radiazione XFEL apre nuove possibilità di indagine agli stati transienti della materia permettendo la ricostruzione della dinamica di processi chimico –fisici su intervalli temporali finora inaccessibili .