248 resultados para Régimes de temporalité
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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)
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O artigo descreve o Processo de Bolonha, apresenta um histórico de sua evolução e analisa os progressos e dificuldades em sua implementação. Menção detalhada é feita sobre objeções apresentadas ao processo em si e à sua aplicação sem crítica, em outras regiões do mundo. As reformas provocadas por Bolonha envolvem desde os regimes jurídicos das instituições e da carreira docente até o financiamento público e um novo sistema de acreditação. Os autores notam ser grande, na Europa, a apatia entre os professores e protestos estudantis são vigorosos, mas limitados a aspectos de natureza corporativa. Destacam o conceito de competências e o fato de este se concentrar nos aspectos laborais com vistas à inserção no mercado atual, sem dar a atenção necessária à formação para a cidadania. A concepção de educação como bem público é abandonada em favor da mercantilização. Concluem recordando que, na América Latina, há, desde a Reforma de Córdoba, uma ideia clara sobre a necessidade de se manter a qualidade e pertinência, esta necessariamente vinculada à busca da solução dos grandes problemas da sociedade.
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Pós-graduação em Linguística e Língua Portuguesa - FCLAR
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Il presente studio, per ciò che concerne la prima parte della ricerca, si propone di fornire un’analisi che ripercorra il pensiero teorico e la pratica critica di Louis Marin, mettendone in rilievo i caratteri salienti affinché si possa verificare se, nella loro eterogenea interdisciplinarità, non emerga un profilo unitario che consenta di ricomprenderli in un qualche paradigma estetico moderno e/o contemporaneo. Va innanzitutto rilevato che la formazione intellettuale di Marin è avvenuta nell’alveo di quel montante e pervasivo interesse che lo strutturalismo di stampo linguistico seppe suscitare nelle scienze sociali degli anni sessanta. Si è cercato, allora, prima di misurare la distanza che separa l’approccio di Marin ai testi da quello praticato dalla semiotica greimasiana, impostasi in Francia come modello dominante di quella svolta semiotica che ha interessato in quegli anni diverse discipline: dagli studi estetici all’antropologia, dalla psicanalisi alla filosofia. Si è proceduto, quindi, ad un confronto tra l’apparato concettuale elaborato dalla semiotica e alcune celebri analisi del nostro autore – tratte soprattutto da Opacité de la peinture e De la représentation. Seppure Marin non abbia mai articolato sistematicametne i principi teorici che esplicitassero la sua decisa contrapposizione al potente modello greimasiano, tuttavia le reiterate riflessioni intorno ai presupposti epistemologici del proprio modo di interpretare i testi – nonché le analisi di opere pittoriche, narrative e teoriche che ci ha lasciato in centinaia di studi – permettono di definirne una concezione estetica nettamente distinta dalla pratica semio-semantica della scuola di A. J. Greimas. Da questo confronto risulterà, piuttosto, che è il pensiero di un linguista sui generis come E. Benveniste ad avere fecondato le riflessioni di Marin il quale, d’altra parte, ha saputo rielaborare originalmente i contributi fondamentali che Benveniste diede alla costruzione della teoria dell’enunciazione linguistica. Impostando l’equazione: enunciazione linguistica=rappresentazione visiva (in senso lato), Marin diviene l’inventore del dispositivo concettuale e operativo che consentirà di analizzare l’enunciazione visiva: la superficie di rappresentazione, la cornice, lo sguardo, l’iscrizione, il gesto, lo specchio, lo schema prospettico, il trompe-l’oeil, sono solo alcune delle figure in cui Marin vede tradotto – ma in realtà immagina ex novo – quei dispositivi enunciazionali che il linguista aveva individuato alla base della parole come messa in funzione della langue. Marin ha saputo così interpretare, in modo convincente, le opere e i testi della cultura francese del XVII secolo alla quale sono dedicati buona parte dei suoi studi: dai pittori del classicismo (Poussin, Le Brun, de Champaigne, ecc.) agli eruditi della cerchia di Luigi XIV, dai filosofi (soprattutto Pascal), grammatici e logici di Port-Royal alle favole di La Fontaine e Perrault. Ma, come si evince soprattutto da testi come Opacité de la peinture, Marin risulterà anche un grande interprete del rinascimento italiano. In secondo luogo si è cercato di interpretare Le portrait du Roi, il testo forse più celebre dell’autore, sulla scorta dell’ontologia dell’immagine che Gadamer elabora nel suo Verità e metodo, non certo per praticare una riduzione acritica di due concezioni che partono da presupposti divergenti – lo strutturalismo e la critica d’arte da una parte, l’ermeneutica filosofica dall’altra – ma per rilevare che entrambi ricorrono al concetto di rappresentazione intendendolo non tanto come mimesis ma soprattutto, per usare il termine di Gadamer, come repraesentatio. Sia Gadamer che Marin concepiscono la rappresentazione non solo come sostituzione mimetica del rappresentato – cioè nella direzione univoca che dal rappresentato conduce all’immagine – ma anche come originaria duplicazione di esso, la quale conferisce al rappresentato la sua legittimazione, la sua ragione o il suo incremento d’essere. Nella rappresentazione in quanto capace di legittimare il rappresentato – di cui pure è la raffigurazione – abbiamo così rintracciato la cifra comune tra l’estetica di Marin e l’ontologia dell’immagine di Gadamer. Infine, ci è sembrato di poter ricondurre la teoria della rappresentazione di Marin all’interno del paradigma estetico elaborato da Kant nella sua terza Critica. Sebbene manchino in Marin espliciti riferimenti in tal senso, la sua teoria della rappresentazione – in quanto dire che mostra se stesso nel momento in cui dice qualcos’altro – può essere intesa come una riflessione estetica che trova nel sensibile la sua condizione trascendentale di significazione. In particolare, le riflessioni kantiane sul sentimento di sublime – a cui abbiamo dedicato una lunga disamina – ci sono sembrate chiarificatrici della dinamica a cui è sottoposta la relazione tra rappresentazione e rappresentato nella concezione di Marin. L’assolutamente grande e potente come tratti distintivi del sublime discusso da Kant, sono stati da noi considerati solo nella misura in cui ci permettevano di fare emergere la rappresentazione della grandezza e del potere assoluto del monarca (Luigi XIV) come potere conferitogli da una rappresentazione estetico-politica costruita ad arte. Ma sono piuttosto le facoltà in gioco nella nostra più comune esperienza delle grandezze, e che il sublime matematico mette esemplarmente in mostra – la valutazione estetica e l’immaginazione – ad averci fornito la chiave interpretativa per comprendere ciò che Marin ripete in più luoghi citando Pascal: una città, da lontano, è una città ma appena mi avvicino sono case, alberi, erba, insetti, ecc… Così abbiamo applicato i concetti emersi nella discussione sul sublime al rapporto tra la rappresentazione e il visibile rappresentato: rapporto che non smette, per Marin, di riconfigurarsi sempre di nuovo. Nella seconda parte della tesi, quella dedicata all’opera di Bernard Stiegler, il problema della comprensione delle immagini è stato affrontato solo dopo aver posto e discusso la tesi che la tecnica, lungi dall’essere un portato accidentale e sussidiario dell’uomo – solitamente supposto anche da chi ne riconosce la pervasività e ne coglie il cogente condizionamento – deve invece essere compresa proprio come la condizione costitutiva della sua stessa umanità. Tesi che, forse, poteva essere tematizzata in tutta la sua portata solo da un pensatore testimone delle invenzioni tecnico-tecnologiche del nostro tempo e del conseguente e radicale disorientamento a cui esse ci costringono. Per chiarire la propria concezione della tecnica, nel I volume di La technique et le temps – opera alla quale, soprattutto, sarà dedicato il nostro studio – Stiegler decide di riprendere il problema da dove lo aveva lasciato Heidegger con La questione della tecnica: se volgiamo coglierne l’essenza non è più possibile pensarla come un insieme di mezzi prodotti dalla creatività umana secondo un certi fini, cioè strumentalmente, ma come un modo di dis-velamento della verità dell’essere. Posto così il problema, e dopo aver mostrato come i sistemi tecnici tendano ad evolversi in base a tendenze loro proprie che in buona parte prescindono dall’inventività umana (qui il riferimento è ad autori come F. Gille e G. Simondon), Stiegler si impegna a riprendere e discutere i contributi di A. Leroi-Gourhan. È noto come per il paletnologo l’uomo sia cominciato dai piedi, cioè dall’assunzione della posizione eretta, la quale gli avrebbe permesso di liberare le mani prima destinate alla deambulazione e di sviluppare anatomicamente la faccia e la volta cranica quali ondizioni per l’insorgenza di quelle capacità tecniche e linguistiche che lo contraddistinguono. Dei risultati conseguiti da Leroi-Gourhan e consegnati soprattutto in Le geste et la parole, Stiegler accoglie soprattutto l’idea che l’uomo si vada definendo attraverso un processo – ancora in atto – che inizia col primo gesto di esteriorizzazione dell’esperienza umana nell’oggetto tecnico. Col che è già posta, per Stiegler, anche la prima forma di simbolizzazione e di rapporto al tempo che lo caratterizzano ancora oggi. Esteriorità e interiorità dell’uomo sono, per Stiegler, transduttive, cioè si originano ed evolvono insieme. Riprendendo, in seguito, l’anti-antropologia filosofica sviluppata da Heidegger nell’analitica esistenziale di Essere e tempo, Stiegler dimostra che, se si vuole cogliere l’effettività della condizione dell’esistenza umana, è necessaria un’analisi degli oggetti tecnici che però Heidegger relega nella sfera dell’intramondano e dunque esclude dalla temporalità autentica dell’esser-ci. Se è vero che l’uomo – o il chi, come lo chiama Stiegler per distinguerlo dal che-cosa tecnico – trova nell’essere-nel-mondo la sua prima e più fattiva possibilità d’essere, è altrettanto verò che questo mondo ereditato da altri è già strutturato tecnicamente, è già saturo della temporalità depositata nelle protesi tecniche nelle quali l’uomo si esteriorizza, e nelle quali soltanto, quindi, può trovare quelle possibilità im-proprie e condivise (perché tramandate e impersonali) a partire dalle quali poter progettare la propria individuazione nel tempo. Nel percorso di lettura che abbiamo seguito per il II e III volume de La technique et le temps, l’autore è impegnato innanzitutto in una polemica serrata con le analisi fenomenologiche che Husserl sviluppa intorno alla coscienza interna del tempo. Questa fenomenologia del tempo, prendendo ad esame un oggetto temporale – ad esempio una melodia – giunge ad opporre ricordo primario (ritenzione) e ricordo secondario (rimemorazione) sulla base dell’apporto percettivo e immaginativo della coscienza nella costituzione del fenomeno temporale. In questo modo Husserl si preclude la possibilità di cogliere il contributo che l’oggetto tecnico – ad esempio la registrazione analogica di una melodia – dà alla costituzione del flusso temporale. Anzi, Husserl esclude esplicitamente che una qualsiasi coscienza d’immagine – termine al quale Stiegler fa corrispondere quello di ricordo terziario: un testo scritto, una registrazione, un’immagine, un’opera, un qualsiasi supporto memonico trascendente la coscienza – possa rientrare nella dimensione origianaria e costitutiva di tempo. In essa può trovar posto solo la coscienza con i suo vissuti temporali percepiti, ritenuti o ricordati (rimemorati). Dopo un’attenta rilettura del testo husserliano, abbiamo seguito Stiegler passo a passo nel percorso di legittimazione dell’oggetto tecnico quale condizione costitutiva dell’esperienza temporale, mostrando come le tecniche di registrazione analogica di un oggetto temporale modifichino, in tutta evidenza, il flusso ritentivo della coscienza – che Husserl aveva supposto automatico e necessitante – e con ciò regolino, conseguente, la reciproca permeabilità tra ricordo primario e secondario. L’interpretazione tecnica di alcuni oggetti temporali – una foto, la sequenza di un film – e delle possibilità dispiegate da alcuni dispositivi tecnologici – la programmazione e la diffusione audiovisiva in diretta, l’immagine analogico-digitale – concludono questo lavoro richiamando l’attenzione sia sull’evidenza prodotta da tali esperienze – evidenza tutta tecnica e trascendente la coscienza – sia sul sapere tecnico dell’uomo quale condizione – trascendentale e fattuale al tempo stesso – per la comprensione delle immagini e di ogni oggetto temporale in generale. Prendendo dunque le mosse da una riflessione, quella di Marin, che si muove all’interno di una sostanziale antropologia filosofica preoccupata di reperire, nell’uomo, le condizioni di possibilità per la comprensione delle immagini come rappresentazioni – condizione che verrà reperità nella sensibilità o nell’aisthesis dello spettatore – il presente lavoro passerà, dunque, a considerare la riflessione tecno-logica di Stiegler trovando nelle immagini in quanto oggetti tecnici esterni all’uomo – cioè nelle protesi della sua sensibilità – le condizioni di possibilità per la comprensione del suo rapporto al tempo.
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Il presente elaborato ha per oggetto la tematica del Sé, in particolar modo il Sé corporeo. Il primo capitolo illustrerà la cornice teorica degli studi sul riconoscimento del Sé corporeo, affrontando come avviene l’elaborazione del proprio corpo e del proprio volto rispetto alle parti corporee delle altre persone. Il secondo capitolo descriverà uno studio su soggetti sani che indaga l’eccitabilità della corteccia motoria nei processi di riconoscimento sé/altro. I risultati mostrano un incremento dell’eccitabilità corticospinale dell’emisfero destro in seguito alla presentazione di stimoli propri (mano e cellulare), a 600 e 900 ms dopo la presentazione dello stimolo, fornendo informazioni sulla specializzazione emisferica substrati neurali e sulla temporalità dei processi che sottendono all’elaborazione del sé. Il terzo capitolo indagherà il contributo del movimento nel riconoscimento del Sé corporeo in soggetti sani ed in pazienti con lesione cerebrale destra. Le evidenze mostrano come i pazienti, che avevano perso la facilitazione nell’elaborare le parti del proprio corpo statiche, presentano tale facilitazione in seguito alla presentazione di parti del proprio corpo in movimento. Il quarto capitolo si occuperà dello sviluppo del sé corporeo in bambini con sviluppo atipico, affetti da autismo, con riferimento al riconoscimento di posture emotive proprie ed altrui. Questo studio mostra come alcuni processi legati al sé possono essere preservati anche in bambini affetti da autismo. Inoltre i dati mostrano che il riconoscimento del sé corporeo è modulato dalle emozioni espresse dalle posture corporee sia in bambini con sviluppo tipico che in bambini affetti da autismo. Il quinto capitolo sarà dedicato al ruolo dei gesti nel riconoscimento del corpo proprio ed altrui. I dati di questo studio evidenziano come il contenuto comunicativo dei gesti possa facilitare l’elaborazione di parti del corpo altrui. Nella discussione generale i risultati dei diversi studi verranno considerati all’interno della loro cornice teorica.
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Il presente studio discute il concetto di “finzione teorica” di Michel de Certeau quale momento di raccordo tra letteratura e storiografia. La concezione dell’altro e dell’assente propria della mistica e il modello di temporalità della psicoanalisi sono riconosciute come matrici del suo pensiero.
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La creciente demanda, en los últimos años, a nivel mundial y nacional de los productos deshidratados hace que esta actividad se perfile como promisoria en la región cuyana. Prácticamente el 100 % de la deshidratación de cebolla (Allium cepa L.) del país se realiza en Mendoza, habiendose hecho sólo producciones aisladas y de escaso volúmen en otras plantas del país. Las estimaciones preveen que se seguirá abasteciendo el mercado local y se incrementaránlas exportaciones de cebolla deshidratada. El objetivo general del presente trabajo fue establecer la influencia de la fertilización y el riego sobre la productividad y calidad de un cultivar mejorado de cebolla de importancia económica para la industria del deshidratado. En el Campo Experimental del INTA La Consulta se llevaron a cabo durante los años 1994-´95 y 1995-´96, dos ciclos de ensayos, con una línea de cebolla para deshidratar derivada del cultivar Southport White Globe. El suelo es de origen aluvial, profundo y de textura franca (Torrifluvente típico). Se determinaron los principales parámetros físicos, químicos e hídricos de la fracción fina del suelo. Para determinar el efecto de la fertilización sobre componentes de crecimiento y calidad y estudiar la variación de la concentración y ritmo de absorción de nutrimentos se ensayaron diferentes tratamientos. En el primer ciclo se ensayaron nueve tratamientos con tres niveles de N (0, 100, 200 kg N ha-1 ) aplicado como urea y tres niveles de P (0, 30, 60 kg P ha-1 ) como superfosfato. En el segundo ciclo se probaron ocho tratamientos con los siguientes niveles de N, P y K, respectivamente: (0 y 100 kg N ha-1), (0 y 40 kg P ha-1) y (0 y 60 kg K ha-1), éste último como sulfato de potasio. Para evaluar el efecto de diferentes regímenes de riego al final del ciclo de cultivo sobre la produccción cuantitativa y cualitativa de cebolla para la industria del deshidratado se programaron cortes anticipados de riegos, según diferentes fechas anteriores a la cosecha. Estas fueron para el primero y segundo ciclo de ensayo, respectivamente: (33, 27, 21, 8) y (21,14, 7) días anteriores a la fecha de cosecha estimada. Las principales conclusiones fueron: A) Con respecto a la fertilización: i) En todos los casos, e independientemente del tratamiento ensayado el mayor incremento relativo de sustancia seca aérea se evidencia durante la II fase de viii desarrollo que tiene lugar entre los primeros días de noviembre y mediados de diciembre ii) En dicha II fase se comienzan a manifestar incrementos absolutos de peso seco aéreo y área foliar atribuibles a la fertilización iii) También en todos los tratamientos se verifica que al finalizar la II fase el peso de los bulbos alcanza el 20 % de su peso de cosecha. En ese momento, los valores determinados para el porcentaje de sólidos totales (% ST) oscilan entre 13 % y 14 % iv) La mayor tasa de crecimiento del bulbo se constató en la III fase en la que se logra el 80% restante de su peso final v) En la III fase el % ST del bulbo sigue en aumento hasta casi el momento de cosecha y alcanzó valores promedios de 20 % y 21 %. La fertilización con diferentes dosis de N, P y K no influyó en el contenido de materia seca de los bulbos aunque sí lo hizo positivamente sobre su peso fresco vi) Los máximos rendimientos de bulbos (37.3 Mg ha-1) y de materia seca (7.92 Mg ha-1) se obtuvieron, en el segundo ciclo de ensayo, con las dosis de 100 kg N ha-1 y 40 kg P ha-1 vii) Los parámetros tisulares aéreos de valor diagnóstico asociados a máximosrendimientos, y al final de la II fase, correspondieron a una Alimentación Global (N, P, K) de 4.96 g % g s. seca y concentraciones de N, P y K respectivamente de: 2.56 g %, 0.22 g % y 2.18 g %. En cuanto a los tenores de Ca y Mg los porcentajes respectivos fueron: 2.10 g % y 0.16 g %. Los valores medios de equilibrios nutricionales fueron: N - P - K: 52 % - 4% - 44%. Con respecto a los micronutrimentos sus concentraciones fueron, en mg kg-1, Fe: 400, Zn: 55, Mn: 35 y Cu:19 y los valores de equilibrios nutricionales : 78.5 % - 11 % - 7 % - 3.5 %, respectivamente viii) La extracción total efectuada por el cultivo para esas máximas producciones, en kg ha-1, de N - P - K - Ca - Mg fueron: 214 - 40 -187 - 184 -19 B) Con respecto a los regímenes de riego: i) El rendimiento máximo obtenido -38.9 Mg ha-1- en el ensayo de cortes anticipados de riego correspondió al tratamiento R7 del ciclo 1995-‘96 ii) El mismo perteneció al tratamiento, que además de la fertilización básica con 100 kg N ha-1, aseguró durante los meses de noviembre, diciembre y enero, ix hasta siete días antes de cosecha, una humedad edáfica mínima (umbral de riego) correspondiente al 50 % del agua disponible. Este tratamiento se caracterizó por un total de 18 riegos y una incorporación de agua de 6120 m3 ha-1. iii) Los rendimientos totales de materia seca fueron afectados detrimentalmente por los otros regímenes de riego de cortes más anticipados iv) Se constató una relación lineal positiva altamente ignificativa entre el rendimiento y la lámina total de agua aplicada al cultivo.
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Bergson critica a la tradición filosófica el hecho de haber pensado el tiempo espacialmente, el hecho de atribuirle las notas del espacio: la homogeneidad, la divisibilidad y la simultaneidad. A través de un análisis de las concepciones de la temporalidad de Kant y Husserl, intentaremos limitar las críticas de Bergson para sugerir que la originalidad de la noción de durée no consiste en sus notas intrínsecas (la heterogeneidad, la continuidad y la sucesión), ni en la paradójica alianza que se pueda dar entre ellas (como lo revela la crítica de Bachelard), sino en la posición extrínseca de la noción en relación a las otras nociones del sistema.
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Bergson critica a la tradición filosófica el hecho de haber pensado el tiempo espacialmente, el hecho de atribuirle las notas del espacio: la homogeneidad, la divisibilidad y la simultaneidad. A través de un análisis de las concepciones de la temporalidad de Kant y Husserl, intentaremos limitar las críticas de Bergson para sugerir que la originalidad de la noción de durée no consiste en sus notas intrínsecas (la heterogeneidad, la continuidad y la sucesión), ni en la paradójica alianza que se pueda dar entre ellas (como lo revela la crítica de Bachelard), sino en la posición extrínseca de la noción en relación a las otras nociones del sistema.
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Bergson critica a la tradición filosófica el hecho de haber pensado el tiempo espacialmente, el hecho de atribuirle las notas del espacio: la homogeneidad, la divisibilidad y la simultaneidad. A través de un análisis de las concepciones de la temporalidad de Kant y Husserl, intentaremos limitar las críticas de Bergson para sugerir que la originalidad de la noción de durée no consiste en sus notas intrínsecas (la heterogeneidad, la continuidad y la sucesión), ni en la paradójica alianza que se pueda dar entre ellas (como lo revela la crítica de Bachelard), sino en la posición extrínseca de la noción en relación a las otras nociones del sistema.
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La fusion entre la logique et la dynamique déclenche chez G. W. Leibniz une réforme de la notion de substance qui altère profondément le rapport entre le Je et le temps. Prototype de la substantialité, miroir de Dieu et expression du Tout créé, le Je dirait beaucoup, notamment Être, Un, Même: la persistance d’un « sujet » logique, d’un « je ne sais quoi » de métaphysique et d’un « personnage » moral. Sous l’angle de la temporalité, le Je véhicule tous les temps possibles et réels, passés et futurs. Il est question donc d’une communauté poly- et pan-chronique qui propose une sorte de synchronie de la diversité temporelle dans la notion complète et dans la force primitive qui semblent ainsi s’incliner vers ou se déplier de l’Eternel.
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Suite à la crise financière de 2008 les pays du G20 se sont interrogés sur la transparence des marchés, la stabilité du système et une façon de réguler les risques posés par le nouvel environnement économique. Les produits dérivés de gré à gré ont été identifiés et des engagements ont été pris en faveur de nouvelles régulations des dérivés de gré à gré et la gestion des risques sous-jacents. Les régulateurs ont donc adopté chacun à leur tour un cadre législatif régulant les dérivés de gré à gré tout en déployant un effort international d'harmonisation et de reconnaissance des contreparties assujetties à des régimes équivalents. Les autorités canadiennes en valeurs mobilières ont publié des projets de règlements. Nous nous interrogerons sur ce nouveau cadre réglementaire des dérivés de gré à gré élaboré par les autorités canadiennes en valeurs mobilières, prenant en considération les spécificités canadiennes et les acteurs actifs sur leur territoire. Notre étude traite de ces projets de règlements et de la difficulté d'encadrer les marchés des dérivés de gré à gré qui par définition ne comportent pas de plateformes de négociation ou de lieu géographique et de frontières mais se caractérisent surtout par le lien contractuel entre les parties et l'identification de ces parties. L'élaboration d'un nouveau cadre pour les dérivés de gré à gré qui régule les transactions transfrontières semble très délicat à traiter et les possibles conflits et chevauchements de lois seront inévitables. Confrontés à des définitions divergentes de contreparties locales, les parties à une opération seront condamnées à un risque de qualification en vertu des règlements nationaux sur les dérivés de gré à gré. Une concertation pourrait être renforcée et la détermination de l'autorité compétente ainsi que les concepts de contreparties locales, succursales ou filiales pourraient être harmonisés.
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Projet de recherche réalisé en 2014-2015 avec l'appui du Fonds de recherche du Québec – Société et culture.
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Suite à la crise financière de 2008 les pays du G20 se sont interrogés sur la transparence des marchés, la stabilité du système et une façon de réguler les risques posés par le nouvel environnement économique. Les produits dérivés de gré à gré ont été identifiés et des engagements ont été pris en faveur de nouvelles régulations des dérivés de gré à gré et la gestion des risques sous-jacents. Les régulateurs ont donc adopté chacun à leur tour un cadre législatif régulant les dérivés de gré à gré tout en déployant un effort international d'harmonisation et de reconnaissance des contreparties assujetties à des régimes équivalents. Les autorités canadiennes en valeurs mobilières ont publié des projets de règlements. Nous nous interrogerons sur ce nouveau cadre réglementaire des dérivés de gré à gré élaboré par les autorités canadiennes en valeurs mobilières, prenant en considération les spécificités canadiennes et les acteurs actifs sur leur territoire. Notre étude traite de ces projets de règlements et de la difficulté d'encadrer les marchés des dérivés de gré à gré qui par définition ne comportent pas de plateformes de négociation ou de lieu géographique et de frontières mais se caractérisent surtout par le lien contractuel entre les parties et l'identification de ces parties. L'élaboration d'un nouveau cadre pour les dérivés de gré à gré qui régule les transactions transfrontières semble très délicat à traiter et les possibles conflits et chevauchements de lois seront inévitables. Confrontés à des définitions divergentes de contreparties locales, les parties à une opération seront condamnées à un risque de qualification en vertu des règlements nationaux sur les dérivés de gré à gré. Une concertation pourrait être renforcée et la détermination de l'autorité compétente ainsi que les concepts de contreparties locales, succursales ou filiales pourraient être harmonisés.