949 resultados para Le Clézio, J.M. G. (Jean-Marie Gustave), 1940-
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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)
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Abstract Background Chikungunya virus (CHIKV) is responsible for major epidemics worldwide. Autochthonous cases were recently reported in several European countries. Acute infection is thought to be monophasic. However reports on chronic pain related to CHIKV infection have been made. In particular, the fact that many of these patients do not respond well to usual analgesics suggests that the nature of chronic pain may be not only nociceptive but also neuropathic. Neuropathic pain syndromes require specific treatment and the identification of neuropathic characteristics (NC) in a pain syndrome is a major step towards pain control. Methods We carried out a cross-sectional study at the end of the major two-wave outbreak lasting 17 months in Réunion Island. We assessed pain in 106 patients seeking general practitioners with confirmed infection with the CHIK virus, and evaluated its impact on quality of life (QoL). Results The mean intensity of pain on the visual-analogical scale (VAS) was 5.8 ± 2.1, and its mean duration was 89 ± 2 days. Fifty-six patients fulfilled the definition of chronic pain. Pain had NC in 18.9% according to the DN4 questionnaire. Conversely, about two thirds (65%) of patients with NC had chronic pain. The average pain intensity was similar between patients with or without NC (6.0 ± 1.7 vs 6.1 ± 2.0). However, the total score of the Short Form-McGill Pain Questionnaire (SF-MPQ)(15.5 ± 5.2 vs 11.6 ± 5.2; p < 0.01) and both the affective (18.8 ± 6.2 vs 13.4 ± 6.7; p < 0.01) and sensory subscores (34.3 ± 10.7 vs 25.0 ± 9.9; p < 0.01) were significantly higher in patients with NC. The mean pain interference in life activities calculated from the Brief Pain Inventory (BPI) was significantly higher in patients with chronic pain than in patients without it (6.8 ± 1.9 vs 5.9 ± 1.9, p < 0.05). This score was also significantly higher in patients with NC than in those without such a feature (7.2 ± 1.5 vs 6.1 ± 1.9, p < 0.05). Conclusions There exists a specific chronic pain condition associated to CHIKV. Pain with NC seems to be associated with more aggressive clinical picture, more intense impact in QoL and more challenging pharmacological treatment.
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Il lavoro di ricerca tenta di inquadrare sotto nuove prospettive una problematica ormai classica all’interno della semiotica della pubblicità: l’analisi dello spot. I punti chiave del lavoro – e la pretesa di una certa differenza rispetto a lavori con oggetti affini – consistono sostanzialmente in tre aspetti. Innanzitutto, vi è un ritorno alle origini flochiane nella misura in cui non solo il contesto complessivo e le finalità che la ricerca si propone sono fortemente ancorati all’interno di obiettivi di marketing, ma tutto lo studio nella sua interezza nasce dal dialogo concreto tra metodologia di analisi semiotica e prassi concreta all’interno degli istituti di ricerca di mercato. La tesi non presenta quindi una collezione di analisi di testi pubblicitari condotte in modo autoriferito, quanto piuttosto di “messe alla prova” della metodologia, funzionali alla definizione di disegni di ricerca per la marketing research. Questo comporta un dialogo piuttosto stretto con metodologie affini (sociologia qualitativa e quantitativa, psicologia motivazionale, ecc.) nella convinzione che la priorità accordata all’oggetto di analisi sia sovraordinata rispetto all’ortodossia degli strumenti metodologici. In definitiva, lo spot è sempre e comunque analizzato all’interno di una prospettiva brand-centrica che ha ben in mente la semiotica della situazione di consumo rispetto alla quale lo spot agisce da leva di valorizzazione per l’acquisto. In secondo luogo, gli oggetti analizzati sono piuttosto vari e differenziati: non solo lo spot nella sua versione audiovisiva definitiva (il “girato”), ma anche storyboard, animatic, concept (di prodotto e di comunicazione). La prospettiva generativa greimasiana va a innestarsi su problematiche legate (anche) alla genesi dello spot, alla sua progettazione e riprogettazione/ottimizzazione. La tesi mostra quindi come una semiotica per le consulenze di marketing si diriga sul proprio oggetto ponendogli domande ben circoscritte e finalizzate a un obiettivo specifico, sostanzialmente derivato dal brief contenente le intenzioni comunicazionali del cliente-azienda. Infine, pur rimanendo all’interno di una teoria semiotica generativa (sostanzialmente greimasiana e post greimasiana), la ricerca adotta una prospettiva intrinsecamente multidisciplinare che se da un lato guarda a problematiche legate al marketing, al branding e alla comunicazione pubblicitaria e d’impresa tout court, dall’altro ritorna alle teorie dell’audiovisivo, mostrando affinità e differenze rispetto a forme audiovisive standard (il “film”) e a mutuazioni da nuove estetiche (la neotelevisione, il videoclip, ecc). La tesi si mostra solidamente convinta del fatto che per parlare di efficacia discorsiva sia imprescindibile approfondire le tematiche riguardanti il sincretismo espressivo e le specifiche modalità di manifestazione stilistica. In questo contesto, il lavoro si compone di quattro grandi aree tematiche. Dopo una breve introduzione sull’attualità del tema “spot” e sulla prospettiva analiticometodologica adottata (§ 1.), nel secondo capitolo si assume teoreticamente che i contenuti dello spot derivino da una specifica (e di volta in volta diversa) creolizzazione tra domini tematici derivanti dalla marca, dal prodotto (inteso tanto come concept di prodotto, quanto come prodotto già “vestito” di una confezione) e dalle tendenze socioculturali. Le tre dimensioni vengono valutate in relazione all’opposizione tra heritage, cioè continuità rispetto al passato e ai concorrenti e vision, cioè discontinuità rispetto alla propria storia comunicazionale e a quella dei concorrenti. Si esplorano inoltre altri fattori come il testimonial-endorser che, in quanto elemento già intrinsecamente foriero di elementi di valorizzazione, va a influire in modo rilevante sul complesso tematico e assiologico della pubblicità. Essendo la sezione della tesi che prende in considerazione il piano specificatamente contenutistico dello spot, questa parte diventa quindi anche l’occasione per ritornare sul modello delle assiologie del consumo di Jean-Marie Floch, approntando alcune critiche e difendendo invece un modello che – secondo la prospettiva qui esposta – contiene punti di attualità ineludibili rispetto a schematizzazioni che gli sono successive e in qualche modo debitrici. Segue una sezione (§ 3.) specificatamente dedicata allo svolgimento e dis-implicazione del sincretismo audiovisivo e quindi – specularmente alla precedente, dedicata alle forme e sostanze del contenuto – si concentra sulle dinamiche espressive. Lo spot viene quindi analizzato in quanto “forma testuale” dotata di alcune specificità, tra cui in primis la brevità. Inoltre vengono approfondite le problematiche legate all’apporto di ciascuna specifica sostanza: il rapporto tra visivo e sonoro, lo schermo e la sua multiprospetticità sempre più evidente, il “lavoro” di punteggiatura della musica, ecc. E su tutto il concetto dominante di montaggio, intrinsecamente unito a quello di ritmo. Il quarto capitolo ritorna in modo approfondito sul rapporto tra semiotica e ricerca di mercato, analizzando sia i rapporti di reciproca conoscenza (o non conoscenza), sia i nuovi spazi di intervento dell’analisi semiotica. Dopo aver argomentato contro un certo scetticismo circa l’utilità pragmatica dell’analisi semiotica, lo studio prende in esame i tradizionali modelli di valutazione e misurazione dell’efficacia pubblicitaria (pre- e post- test) cercando di semiotizzarne il portato. Ne consegue la proposta di disegni di ricerca semiotici modulari: integrabili tra loro e configurabili all’interno di progetti semio-quali-quantitativi. Dopo aver ridefinito le possibilità di un’indagine semiotica sui parametri di efficacia discorsiva, si procede con l’analisi di un caso concreto (§ 5.): dato uno spot che si è dimostrato efficace agli occhi dell’azienda committente, quali possono essere i modi per replicarne i fattori di successo? E come spiegare invece quelli di insuccesso delle campagne successive che – almeno teoricamente – erano pensate per capitalizzare l’efficacia della prima? Non si tratta quindi di una semiotica ingenuamente chiamata a “misurare” l’efficacia pubblicitaria, che evidentemente la marketing research analizza con strumenti quantitativi assodati e fondati su paradigmi di registrazione di determinati parametri sul consumatore (ricordo spontaneo e sollecitato, immagine di marca risultante nella mente di user e prospect consumer, intenzione d’acquisto stimolata). Piuttosto l’intervento qui esposto si preoccupa più funzionalmente a spiegare quali elementi espressivi, discorsivi, narrativi, siano stati responsabili (e quindi prospetticamente potranno condizionare in positivo o in negativo in futuro) la ricezione dello spot. L’analisi evidenzia come elementi apparentemente minimali, ancorati a differenti livelli di pertinenza siano in grado di determinare una notevole diversità negli effetti di senso. Si tratta quindi di un problema di mancata coerenza tra intenzioni comunicative e testo pubblicitario effettivamente realizzato. La risoluzione di tali questioni pragmatiche conduce ad approfondimenti teoricometodologici su alcuni versanti particolarmente interessanti. In primo luogo, ci si interroga sull’apporto della dimensione passionale nella costruzione dell’efficacia e nel coinvolgimento dello spettatore/consumatore. Inoltre – e qui risiede uno dei punti di maggior sintesi del lavoro di tesi – si intraprende una proficua discussione dei modelli di tipizzazione dei generi pubblicitari, intesi come forme discorsive. Si fanno quindi dialogare modelli diversi ma in qualche misura coestensivi e sovrapponibili come quelli di Jean Marie Floch, Guido Ferraro, Cosetta Saba e Chiara Giaccardi. Si perviene così alla costruzione di un nuovo modello sintetico, idealmente onnipervasivo e trasversale alle prospettive analizzate.
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Il Genius Loci, affrontato nelle sue caratteristiche e analizzato tra la perdita e la riscoperta del luogo, è il filo conduttore per la rilettura di un percorso, che si snoda attraverso le esperienze didattiche progettuali maturate durante il corso di studi. L’analisi del concetto di luogo avviene secondo la lettura data dagli architetti che in particolare ne hanno promosso il confronto, Aldo Rossi e Christian Norberg-Schulz, nella loro interpretazione volta alla riscoperta della memoria del luogo e dell’identificazione con esso. Se da una parte c’è una valutazione della sedimentazione storica, individuata come memoria imprescindibile; dall’altra c’è un apprezzamento delle caratteristiche intrinseche del sito, che ne costituiscono la sua identità. Il confronto con alcuni scritti di Umberto Cao e Franco Purini ha permesso di concludere un lungo discorso, riallacciandolo al dibattito culturale che aveva suscitato. Per avvicinarci a questo concetto di rispetto del luogo e alla sua valorizzazione si sono presentati due progetti, che ne rappresentano da una parte la piena realizzazione e dall’altra il fallimento e questi sono il Centro culturale Jean-Marie Tjibaou a Nouméa in Nuova Caledonia di Renzo Piano ed il progetto Nexus di un complesso di abitazioni a Fukuoka, in Giappone, coordinato da Arata Isozaky. I progetti maturati durante le esperienze didattiche e presentati per un confronto sul tema sono: Un giardino in forma di teatro, progettato per il quadrilatero di Cervia, con la professoressa Maura Savini; Tre edifici per uffici e pubblici esercizi, realizzati all’interno di un intervento di gruppo più ampio, sulla Vena Mazzarini, a Cesenatico, affrontati con il professor Jose’ Charters Monteiro; un Edificio per il rilevamento delle acque, in prossimità di Kleve, in Germania, realizzato durante il periodo Erasmus, svoltosi presso la Fachhochschule di Colonia, con il professor Hannes Hermanns.
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The ubiquitous marine trace gas dimethyl sulfide (DMS) comprises the greatest natural source of sulfur to the atmosphere and is a key player in atmospheric chemistry and climate. We explore the short-term response of DMS production and cycling and that of its algal precursor dimethyl sulfoniopropionate (DMSP) to elevated carbon dioxide (CO2) and ocean acidification (OA) in five 96 h shipboard bioassay experiments. Experiments were performed in June and July 2011, using water collected from contrasting sites in NW European waters (Outer Hebrides, Irish Sea, Bay of Biscay, North Sea). Concentrations of DMS and DMSP, alongside rates of DMSP synthesis and DMS production and consumption, were determined during all experiments for ambient CO2 and three high-CO2 treatments (550, 750, 1000 µatm). In general, the response to OA throughout this region showed little variation, despite encompassing a range of biological and biogeochemical conditions. We observed consistent and marked increases in DMS concentrations relative to ambient controls (110% (28-223%) at 550 µatm, 153% (56-295%) at 750 µatm and 225% (79-413%) at 1000 µatm), and decreases in DMSP concentrations (28% (18-40%) at 550 µatm, 44% (18-64%) at 750 µatm and 52% (24-72%) at 1000 µatm). Significant decreases in DMSP synthesis rate constants (µDMSP /d) and DMSP production rates (nmol/d) were observed in two experiments (7-90% decrease), whilst the response under high CO2 from the remaining experiments was generally indistinguishable from ambient controls. Rates of bacterial DMS gross consumption and production gave weak and inconsistent responses to high CO2. The variables and rates we report increase our understanding of the processes behind the response to OA. This could provide the opportunity to improve upon mesocosm-derived empirical modelling relationships and to move towards a mechanistic approach for predicting future DMS concentrations.
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In 1986 participants of the Benthos Ecology Working Group of ICES conducted a synoptic mapping of the infauna of the southern and central North Sea. Together with a mapping of the infauna of the northern North Sea by Eleftheriou and Basford (1989, doi:10.1017/S0025315400049158) this provides the database for the description of the benthic infauna of the whole North Sea in this paper. Division of the infauna into assemblages by TWINSPAN analysis separated northern assemblages from southern assemblages along the 70 m depth contour. Assemblages were further separated by the 30, 50 m and 100 m depth contour as well as by the sediment type. In addition to widely distributed species, cold water species do not occur further south than the northern edge of the Dogger Bank, which corresponds to the 50 m depth contour. Warm water species were not found north of the 100 m depth contour. Some species occur on all types of sediment but most are restricted to a special sediment and therefore these species are limited in their distribution. The factors structuring species distributions and assemblages seem to be temperature, the influence of different water masses, e.g. Atlantic water, the type of sediment and the food supply to the benthos.
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Changing global climate due to anthropogenic emissions of CO2 are driving rapid changes in the physical and chemical environment of the oceans via warming, deoxygenation, and acidification. These changes may threaten the persistence of species and populations across a range of latitudes and depths, including species that support diverse biological communities that in turn provide ecological stability and support commercial interests. Worldwide, but particularly in the North Atlantic and deep Gulf of Mexico, Lophelia pertusa forms expansive reefs that support biological communities whose diversity rivals that of tropical coral reefs. In this study, L. pertusa colonies were collected from the Viosca Knoll region in the Gulf of Mexico (390 to 450 m depth), genotyped using microsatellite markers, and exposed to a series of treatments testing survivorship responses to acidification, warming, and deoxygenation. All coral nubbins survived the acidification scenarios tested, between pH of 7.67 and 7.90 and aragonite saturation states of 0.92 and 1.47. However, calcification generally declined with respect to pH, though a disparate response was evident where select individuals net calcified and others exhibited net dissolution near a saturation state of 1. Warming and deoxygenation both had negative effects on survivorship, with up to 100% mortality observed at temperatures above 14ºC and oxygen concentrations of approximately 1.5 ml·l-1. These results suggest that, over the short-term, climate change and OA may negatively impact L. pertusa in the Gulf of Mexico, though the potential for acclimation and the effects of genetic background should be considered in future research.
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Exposure to elevated seawater PCO2 limits the thermal tolerance of crustaceans but the underlying mechanisms have not been comprehensively explored. Larval stages of crustaceans are even more sensitive to environmental hypercapnia and possess narrower thermal windows than adults. In a mechanistic approach, we analysed the impact of high seawater CO2 on parameters at different levels of biological organization, from the molecular to the whole animal level. At the whole animal level we measured oxygen consumption, heart rate and activity during acute warming in zoea and megalopa larvae of the spider crab Hyas araneus exposed to different levels of seawater PCO2. Furthermore, the expression of genes responsible for acid-base regulation and mitochondrial energy metabolism, and cellular responses to thermal stress (e.g. the heat shock response) was analysed before and after larvae were heat shocked byrapidly raising the seawater temperature from 10°C rearing temperature to 20°C. Zoea larvae showed a high heat tolerance, which decreased at elevated seawater PCO2, while the already low heat tolerance of megalopa larvae was not limited further by hypercapnic exposure. There was a combined effect of elevated seawater CO2 and heat shock in zoea larvae causing elevated transcript levels of heat shock proteins. In all three larval stages, hypercapnic exposure elicited an up-regulation of genes involved in oxidative phosphorylation, which was, however, not accompanied by increased energetic demands. The combined effect of seawater CO2 and heat shock on the gene expression of heat shock proteins reflects the downward shift in thermal limits seen on the whole animal level and indicates an associated capacity to elicit passive thermal tolerance. The up-regulation of genes involved in oxidative phosphorylation might compensate for enzyme activities being lowered through bicarbonate inhibition and maintain larval standard metabolic rates at high seawater CO2 levels. The present study underlines the necessity to align transcriptomic data with physiological responses when addressing mechanisms affected by an interaction of elevated seawater PCO2 and temperature extremes.
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Changes in seawater carbonate chemistry that accompany ongoing ocean acidification have been found to affect calcification processes in many marine invertebrates. In contrast to the response of most invertebrates, calcification rates increase in the cephalopod Sepia officials during long-term exposure to elevated seawater pCO2. The present trial investigated structural changes in the cuttlebones of S. officinalis calcified during 6 weeks of exposure to 615 Pa CO2. Cuttlebone mass increased sevenfold over the course of the growth trail, reaching a mean value of 0.71 ± 0.15 g. Depending on cuttlefish size (mantle lengths 44-56 mm), cuttlebones of CO2-incubated individuals accreted 22-55% more CaCO3 compared to controls at 64 Pa CO2. However, the height of the CO2- exposed cuttlebones was reduced. A decrease in spacing of the cuttlebone lamellae, from 384 ± 26 to 195 ± 38 lm, accounted for the height reduction The greater CaCO3 content of the CO2-incubated cuttlebones can be attributed to an increase in thickness of the lamellar and pillar walls. Particularly, pillar thickness increased from 2.6 ± 0.6 to 4.9 ± 2.2 lm. Interestingly, the incorporation of non-acidsoluble organic matrix (chitin) in the cuttlebones of CO2- exposed individuals was reduced by 30% on average. The apparent robustness of calcification processes in S. officials, and other powerful ion regulators such as decapod cructaceans, during exposure to elevated pCO2 is predicated to be closely connected to the increased extracellular [HCO3 -] maintained by these organisms to compensate extracellular pH. The potential negative impact of increased calcification in the cuttlebone of S. officials is discussed with regard to its function as a lightweight and highly porous buoyancy regulation device. Further studies working with lower seawater pCO2 values are necessary to evaluate if the observed phenomenon is of ecological relevance.
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Anthropogenic CO2 is causing warming and ocean acidification. Coral reefs are being severely impacted, yet confusion lingers regarding how reefs will respond to these stressors over this century. Since the 1982-1983 El Niño-Southern Oscillation warming event, the persistence of reefs around the Galápagos Islands has differed across an acidification gradient. Reefs disappeared where pH<8.0 and aragonite saturation state (Omega arag)<=3 and have not recovered, whereas one reef has persisted where pH>8.0 and Omega arag>3. Where upwelling is greatest, calcification by massive Porites is higher than predicted by a published relationship with temperature despite high CO2, possibly due to elevated nutrients. However, skeletal P/Ca, a proxy for phosphate exposure, negatively correlates with density (R=-0.822, p<0.0001). We propose that elevated nutrients have the potential to exacerbate acidification by depressing coral skeletal densities and further increasing bioerosion already accelerated by low pH.
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In the current context of environmental change, ocean acidification is predicted to affect the cellular processes, physiology and behaviour of all marine organisms, impacting survival, growth and reproduction. In relation to thermal tolerance limits, the effects of elevated pCO2 could be expected to be more pronounced at the upper limits of the thermal tolerance window. Our study focused on Crepidula fornicata, an invasive gastropod which colonized shallow waters around European coasts during the 20th century. We investigated the effects of 10 weeks' exposure to current (380 µatm) and elevated (550, 750, 1,000 µatm) pCO2 on this engineer species using an acute temperature increase (1 °C/12 h) as the test. Respiration rates were measured on both males (small individuals) and females (large individuals). Mortality increased suddenly from 34 °C, particularly in females. Respiration rate in C. fornicata increased linearly with temperature between 18 and 34 °C, but no differences were detected between the different pCO2 conditions either in the regressions between respiration rate and temperature or in Q10 values. In the same way, condition indices were similar in all the pCO2 treatments at the end of the experiment, but decreased from the beginning of the experiment. This species was highly resistant to acute exposure to high temperature regardless of pCO2 levels, even though food was limited during the experiment. Crepidula fornicata appears to have either developed resistance mechanisms or a strong phenotypic plasticity to deal with fluctuations of physicochemical parameters in its habitat. This suggests that invasive species may be more resistant to future environmental changes than its native competitors.