254 resultados para Hipertermia maligna


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Con il termine neurofibromatosi (NF) si comprendono almeno sette malattie genetiche diverse ma accomunate dalla presenza di neurofibromi localizzati nei distretti cutaneo, orale, viscerale e scheletrico. Dal momento che la NF1 (malattia di Von Recklinghausen), una delle più diffuse malattie genetiche, può avere manifestazioni a livello orale, gli odontoiatri devono essere a conoscenza delle sue caratteristiche patognomoniche. Obiettivo della tesi è la ricerca di manifestazioni della NF1 a livello dell’apparato stomatognatico. Materiali e metodi 98 pazienti affetti da NF1 (44 maschi, 54 femmine dai 2 ai 24 anni; età media di 8,6 anni) sono stati indagati clinicamente e radiograficamente; clinicamente si sono valutati: prevalenza della patologia cariosa (dmft; DMFt), indice parodontale di comunità (CPI), anomalie dentali, presenza di lesioni a livello dei tessuti molli intraorali, presenza di patologie ortopedico-ortodontiche; presenza di abitudini viziate; sulle ortopantomografie eseguite su 49 pazienti (23 maschi, 26 femmine dai 6 ai 19 anni; età media di 10 anni) si sono valutate manifestazioni ossee e dentali caratteristiche della sindrome. Risultati Dallo studio è emerso che i pazienti affetti da NF1 presentano: dmft/DMFt e CPI elevati (dmft = 2,1; DMFt = 1,6; tessuti gengivali con sanguinamento nel 50% dei casi; eruzione dentale anticipata nel 10%; eruzione dentale ritardata nel 10%; taurodontismo nel 16%; patologie ortopedico-ortodontiche nel 40% (tendenza alla terza classe scheletrica, palato ogivale, morso aperto anteriore, morso coperto, morso crociato posteriore monolaterale, morso crociato posteriore bilaterale, linea mediana deviata, incompetenza labiale); abitudini viziate nel 27% (respirazione orali e deglutizione infantile); lesione neurofibromatosa della gengiva in un caso; per quanto riguarda la valutazione delle ortopantomografie, manifestazioni ossee caratteristiche della sindrome sono state evidenziate nel 28% dei casi (incisura coronoide deformata, processo coronoide ipoplasico o pseudoallungato, condilo ipoplasico, condilo iperplasico, canale mandibolare allargato, forame mandibolare allargato e alto, bordo inferiore della mandibola deformato). La necessità di programmi ed interventi di screening e follow-up periodici (visite odontoiatriche a partire dal momento della diagnosi a cadenza semestrale, esami radiografici a partire dai 6 anni di età a cadenza stabilita individualmente in funzione del livello di rischio) è supportata dall’elevato rischio di patologie cariosa e parodontale e dalla presenza di manifestazioni a livello dei tessuti duri e molli del distretto cefalico a documentato rischio di trasformazione maligna. Parole chiave: neurofibromatosi, patologie orali, distretto cefalico.

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L’infiammazione cronica è un fattore di rischio di insorgenza del cancro, e la citochina infiammatoria IL-6 gioca un ruolo importante nella tumorigenesi. In questo studio abbiamo dimostrato che L’IL-6 down-regola l'espressione e l'attività di p53. In linee cellulari umane, IL-6 stimola la trascrizione dell’rRNA mediante espressione della proteina c-myc a livello post-trascrizionale in un meccanismo p38MAPK-dipendente. L'up-regolazione della biogenesi ribosomiale riduce l'espressione di p53 attraverso l'attivazione della via della proteina ribosomale-MDM2. La down-regolazione di p53 produce l’acquisizione di modifiche fenotipiche e funzionali caratteristiche della epitelio mesenchimale di transizione, un processo associato a trasformazione maligna e progressione tumorale. I nostri dati mostrano che questi cambiamenti avvengono anche nelle cellule epiteliali del colon di pazienti affetti da colite ulcerosa, un esempio rappresentativo di una infiammazione cronica soggetta a trasformazione neoplastica, che scompaiono dopo trattamento con farmaci antinfiammatori. Questi risultati svelano un nuovo effetto oncogenico indotto dall’IL-6 che può contribuire notevolmente ad aumentare il rischio di sviluppare il cancro non solo in pazienti con infiammazioni croniche, ma anche in quei pazienti con condizioni patologiche caratterizzate da elevato livello di IL-6 nel plasma, quali l'obesità e e il diabete mellito di tipo 2.

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Il carcinoma squamoso orale (CSO) è spesso preceduto da lesioni definite potenzialmente maligne tra cui la leucoplachia e il lichen ma una diagnosi precoce avviene ancora oggi in meno della metà dei casi. Inoltre spesso un paziente trattato per CSO svilupperà secondi tumori. Scopo del lavoro di ricerca è stato: 1) Studiare, mediante metodica di next generation sequencing, lo stato di metilazione di un gruppo di geni a partire da prelievi brushing del cavo orale al fine di identificare CSO o lesioni ad alto rischio di trasformazione maligna. 2) Valurare la relazione esistente tra sovraespressione di p16INK4A e presenza di HPV in 35 pazienti affetti da lichen 3) Valutare la presenza di marker istopatologici predittivi di comparsa di seconde manifestazioni tumorali 4) valutare la relazione clonale tra tumore primitivo e metastasi linfonodale in 8 pazienti mediante 2 metodiche di clonalità differenti: l’analisi di mtDNA e delle mutazioni del gene TP53. I risultati hanno mostrato: 1) i geni ZAP70 e GP1BB hanno presentato un alterato stato di metilazione rispettivamente nel 100% e nel 90,9% di CSO e lesioni ad alto rischio, mentre non sono risultati metilati nei controlli sani; ipotizzando un ruolo come potenziali marcatori per la diagnosi precoce nel CSO. 2)Una sovraespressione di p16INK4A è risultata in 26/35 pazienti affetti da lichen ma HPV-DNA è stato identificato in soli 4 campioni. Nessuna relazione sembra essere tra sovraespressione di p16INK4A e virus HPV. 3)L’invasione perineurale è risultato un marker predittivo della comparsa di recidiva locale e metastasi linfonodale, mentre lo stato dei margini chirurgici si è rilevato un fattore predittivo per la comparsa di secondi tumori primitivi 4) Un totale accordo nei risultati c’è stato tra analisi di mtDNA e analisi di TP53 e le due metodiche hanno identificato la presenza di 4 metastasi linfonodali non clonalmente correlate al tumore primitivo.

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Oggetto della tesi e' l'approfondimento su tecniche e metodiche di preservazione del polmone isolato per lo studio ecografico. E' discussa l'appropriatezza sull'uso degli ultrasuoni in corso di chirurgia mini invasiva polmonare, obiettivo di una ricerca sperimentale. Il razionale dello studio si fonda sull'indicazione all'exeresi chirurgica di noduli polmonari di diametro inferiore al centometro, ovvero di diametro superiore ma localizzati in aree centrali del polmone. Queste lesioni sono sempre piu' frequentente diagnosticate per mezzo di avanzate tecniche di imaging. L'atto chirurgico ha scopo terapeutico quando sia stata posta la diagnosi di neoplasia maligna, diagnostico-terapeutico quando non sia ancora ottenuta la tipizzazione istologica della lesione. La tecnica toracoscopica offre numerosi vantaggi rispetto alle tecniche chirurgiche tradizionali ma presenta il grave limite di non permettere la palpazione diretta del tessuto polmonare e la localizzazione della formazione tumorale quando essa non sia visibile macroscopicamente. Gli ultrasuoni sono stati utilizzati con successo per indirizzare la localizzazione del nodulo polmonare. Scopo dello studio sperimentale e' quello di confrontare tecniche diverse di preservazione del polmone isolato in un modello animale, comparando catatteristiche e prestazioni di sonde ecografiche differenti per tipologia. Del tutto recentemente, in ambito trapiantologico, sono state proposte tecniche di preservazione organica utili ai fini di uno studio anatomico sperimentale particolareggiato (EVLP) e moderna e' da considerarsi la concezione di mezzi tecnici specifici per la localizzazione di bersagli intrapolmonari. La tecnica clinica applicata allo studio del particolare ecografico, nel modello animale, ha reso comprensibile e meglio definito il ruolo delle sonde ecografiche nell'individuazione di forme tumorali suscettibili di exeresi definitiva.

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All-trans retinoic acid (ATRA) plus anthracycline chemotherapy is the reference treatment of newly diagnosed acute promyelocytic leukemia (APL), whereas the role of cytosine arabinoside (AraC) remains disputed. We performed a joint analysis of patients younger than 65 years included in Programa para el Estudio de la Terapéutica en Hemopatía Maligna (PETHEMA) LPA 99 trial, where patients received no AraC in addition to ATRA, high cumulative dose idarubicin, and mitoxantrone, and APL 2000 trial, where patients received AraC in addition to ATRA and lower cumulative dose daunorubicin. In patients with white blood cell (WBC) count less than 10 x 10(9)/L, complete remission (CR) rates were similar, but 3-year cumulative incidence of relapse (CIR) was significantly lower in LPA 99 trial: 4.2% versus 14.3% (P = .03), although 3-year survival was similar in both trials. This suggested that AraC is not required in APL with WBC count less than 10 x 10(9)/L, at least in trials with high-dose anthracycline and maintenance treatment. In patients with WBC of 10 x 10(9)/L or more, however, the CR rate (95.1% vs 83.6% P = .018) and 3-year survival (91.5% vs 80.8%, P = .026) were significantly higher in APL 2000 trial, and there was a trend for lower 3-year CIR (9.9% vs 18.5%, P = .12), suggesting a beneficial role for AraC in those patients.

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Los inmunomoduladores tópicos han demostrado utilidad en las enfermedades orales inflamatorias resistentes a corticoesteroides tópicos, en enfermedades sistémicas con mucosa oral primeramente comprometida y en lesiones severas que involucren la mucosa oral. La queilitis actínica es una lesión potencialmente maligna, con riesgo de progresar a Carcinoma espinocelular, por ello es necesario su tratamiento temprano.

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El presente trabajo es un estudio comparativo sobre perpetradores del Holocausto. Luego de una breve introducción sobre el fenómeno nazi en su contexto, se analizan los casos de tres de sus protagonistas: Rudolf Hss, Jrgen Stroop y Franz Stangl; comandante del campo de exterminio Auschwitz, responsable de la liquidación del gueto de Varsovia y comandante del campo de exterminio de Treblinka respectivamente. El caso de Hss es estudiado a partir de su autobiografía, mientras que los dos restantes a partir de las entrevistas e investigaciones de Kazimierz Moczarski y Gitta Sereny. Hss, Stangl y Stroop fueron condenados por las muertes de 1.100.000, entre 750.00 y 900.00 y 350.000 personas respectivamente. En este sentido una premisa de este trabajo es que ninguno de ellos puede ser considerado hombre corriente o persona común; por el contrario siguiendo a Raul Hilberg se los piensa como sujetos totalmente identificados e impregnados de la cosmovisión y la ideología del nacionalsocialismo y las SS que desde un marco de referencia previo agresivo y violento eventualmente fueron transformándose en asesinos en masa. Como sostiene Gustavo Cosacov estos sujetos serían dueños de una "santidad maligna o invertida" que había reemplazado sus valores éticos y morales cristiano-occidentales; permitiéndoles cometer crímenes en forma sistemática. A pesar de que la cuestión de los victimarios ha sido menos abordada que la de las victimas, en el campo historiográfico existen sólidos aportes. Basta nombrar a Christopher Browning, Peter Longerich o Raul Hilberg para explicitar la corriente de investigación a la que este texto reconoce y aspira. En este sentido el objetivo de las siguientes páginas primero es describir y explicar algunos de los mecanismos históricos, psicológicos y sociológicos que producen a perpetradores de asesinatos en serie de personas tan distantes como desconocidas; como así descifrar a también su marco de referencia. Para ello se hará un repaso crítico por las fuentes históricas a la luz de múltiples disciplinas sociales, analizando sus discursos, sus argumentos, tratando de delinear las voluntades y motivaciones de Hss, Stangl y Stroop. Un concepto clave de esta investigación es "burocracia" en el sentido de Max Weber. En un segundo lugar se reflexionará sobre la violencia nazi, en el sentido de una violencia autotélica contradictoria con respecto al paradigma social liberal y al estado de derecho. En ambos casos se priorizará recrear e interpretar el punto de vista de los perpetradores. Buscando amplitud historiográfica, se utilizarán obras clásicas como también publicaciones recientes sobre el tema. No se busca obtener conclusiones ni respuestas absolutas sino reflexionar, repensar y complejizar a los protagonistas de, acaso, el hecho más oscuro de la historia humana

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El presente trabajo es un estudio comparativo sobre perpetradores del Holocausto. Luego de una breve introducción sobre el fenómeno nazi en su contexto, se analizan los casos de tres de sus protagonistas: Rudolf Hss, Jrgen Stroop y Franz Stangl; comandante del campo de exterminio Auschwitz, responsable de la liquidación del gueto de Varsovia y comandante del campo de exterminio de Treblinka respectivamente. El caso de Hss es estudiado a partir de su autobiografía, mientras que los dos restantes a partir de las entrevistas e investigaciones de Kazimierz Moczarski y Gitta Sereny. Hss, Stangl y Stroop fueron condenados por las muertes de 1.100.000, entre 750.00 y 900.00 y 350.000 personas respectivamente. En este sentido una premisa de este trabajo es que ninguno de ellos puede ser considerado hombre corriente o persona común; por el contrario siguiendo a Raul Hilberg se los piensa como sujetos totalmente identificados e impregnados de la cosmovisión y la ideología del nacionalsocialismo y las SS que desde un marco de referencia previo agresivo y violento eventualmente fueron transformándose en asesinos en masa. Como sostiene Gustavo Cosacov estos sujetos serían dueños de una "santidad maligna o invertida" que había reemplazado sus valores éticos y morales cristiano-occidentales; permitiéndoles cometer crímenes en forma sistemática. A pesar de que la cuestión de los victimarios ha sido menos abordada que la de las victimas, en el campo historiográfico existen sólidos aportes. Basta nombrar a Christopher Browning, Peter Longerich o Raul Hilberg para explicitar la corriente de investigación a la que este texto reconoce y aspira. En este sentido el objetivo de las siguientes páginas primero es describir y explicar algunos de los mecanismos históricos, psicológicos y sociológicos que producen a perpetradores de asesinatos en serie de personas tan distantes como desconocidas; como así descifrar a también su marco de referencia. Para ello se hará un repaso crítico por las fuentes históricas a la luz de múltiples disciplinas sociales, analizando sus discursos, sus argumentos, tratando de delinear las voluntades y motivaciones de Hss, Stangl y Stroop. Un concepto clave de esta investigación es "burocracia" en el sentido de Max Weber. En un segundo lugar se reflexionará sobre la violencia nazi, en el sentido de una violencia autotélica contradictoria con respecto al paradigma social liberal y al estado de derecho. En ambos casos se priorizará recrear e interpretar el punto de vista de los perpetradores. Buscando amplitud historiográfica, se utilizarán obras clásicas como también publicaciones recientes sobre el tema. No se busca obtener conclusiones ni respuestas absolutas sino reflexionar, repensar y complejizar a los protagonistas de, acaso, el hecho más oscuro de la historia humana

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Los nanomateriales han adquirido recientemente un gran interés debido a la gran con el diagnóstico como con la terapia de enfermedades muy variadas. Dentro de los nanomateriales utilizados en biomedicina, concretamente las nanopartículas magnéticas (NPMs) muestran un interés especial por las como agente de contraste en imagen de resonancia magnética (RM) y por tanto ser de gran utilidad en el diagnóstico de diferentes patologías. Otra de las aplicaciones potenciales de las NPMs en biomedicina se encuentra en el ámbito de la terapia, por ejemplo, la destrucción de tumores mediante hipertermia al aprovecharse la capacidad que poseen las partículas para producir calor en respuesta a la aplicación de campos magnéticos externos.

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Los nanomateriales han adquirido recientemente un gran interés debido a la gran variedad de aplicaciones que pueden llegar a tener en el ámbito de la biomedicina. Este trabajo recoge las posibilidades tanto diagnósticas como terapéuticas que presentan dos modalidades de nanomateriales: nanopartículas de óxido de hierro y nanopartículas de oro. Para ello, en una primera aproximación se ha llevado a cabo la caracterización de las nanopartículas desde el punto de vista de la biocompatibilidad asociada a su tamaño y al tiempo de contacto o circulación en células y tejidos, ensayada tanto in vitro como in vivo así como la cinética de acumulación de dichas nanopartículas en el organismo vivo. Posteriormente se ha realizado la biofuncionalización de los dos tipos de nanopartículas para reconocer dianas moleculares específicas y poder ser utilizadas en el futuro en dos aplicaciones biomédicas diferentes: diagnóstico de enfermedad de Alzheimer mediante imagen de resonancia magnética y destrucción selectiva de células tumorales mediante hipertermia óptica. ABSTRACT Nanomaterials have recently gained a great interest due to the variety of applications that can have in the field of biomedicine. This work covers both diagnostic and therapeutic possibilities that present two types of nanomaterials: iron oxide nanoparticles and gold nanoparticles. Therefore, in a first approximation it has performed the characterizing of nanoparticles from the standpoint of biocompatibility associated with their size and time of contact or movement in cells and tissues, tested both in vitro and in vivo as well as the kinetics of accumulation of the nanoparticles into the living organism. Subsequently the biofunctionalization of two types of nanoparticles was made to recognize specific molecular targets and can be used in the future in two different biomedical applications: diagnosis of Alzheimer's disease by magnetic resonance imaging and selective destruction of tumor cells by optical hyperthermia.

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La diagnosi di neoplasia epiteliale maligna polmonare è legata tradizionalmente alla distinzione tra carcinoma a piccole cellule (small-cell lung cancer, SCLC) e carcinoma non-a piccole cellule del polmone (non-small-cell lung cancer, NSCLC). Nell’ambito del NSCLC attualmente è importante di-stinguere l’esatto istotipo (adenocarcinoma, carcinoma squamocellulare e carcinoma neuroendocrino) perchè l’approccio terapeutico cambia a seconda dell’istotipo del tumore e la chemioterapia si dimostra molto spesso inefficace. Attualmente alcuni nuovi farmaci a bersaglio molecolare per il gene EGFR, come Erlotinib e Gefitinib, sono utilizzati per i pazienti refrattari al trattamento chemioterapico tradizionale, che non hanno risposto a uno o più cicli di chemioterapia o che siano progrediti dopo questa. I test per la rilevazione di specifiche mutazioni nel gene EGFR permettono di utilizzare al meglio questi nuovi farmaci, applicandoli anche nella prima linea di trattamento sui pazienti che hanno una maggiore probabilità di risposta alla terapia. Sfortunatamente, non tutti i pazienti rispondono allo stesso modo quando trattati con farmaci anti-EGFR. Di conseguenza, l'individuazione di biomarcatori predittivi di risposta alla terapia sarebbe di notevole importanza per aumentare l'efficacia dei questi farmaci a target molecolare e trattare con farmaci diversi i pazienti che con elevata probabilità non risponderebbero ad essi. I miRNAs sono piccole molecole di RNA endogene, a singolo filamento di 20-22 nucleotidi che svolgono diverse funzioni, una delle più importanti è la regolazione dell’espressione genica. I miRNAs possono determinare una repressione dell'espressione genica in due modi: 1-legandosi a sequenze target di mRNA, causando così un silenziamento del gene (mancata traduzione in proteina), 2- causando la degradazione dello specifico mRNA. Lo scopo della ricerca era di individuare biomarcatori capaci di identificare precocemente i soggetti in grado di rispondere alla terapia con Erlotinib, aumentando così l'efficacia del farmaco ed evitan-do/riducendo possibili fenomeni di tossicità e il trattamento di pazienti che probabilmente non ri-sponderebbero alla terapia offrendo loro altre opzioni prima possibile. In particolare, il lavoro si è fo-calizzato sul determinare se esistesse una correlazione tra la risposta all'Erlotinib ed i livelli di espressione di miRNAs coinvolti nella via di segnalazione di EGFR in campioni di NSCLC prima dell’inizio della terapia. Sono stati identificati 7 microRNA coinvolti nel pathway di EGFR: miR-7, -21, 128b, 133a, -133b, 146a, 146b. Sono stati analizzati i livelli di espressione dei miRNA mediante Real-Time q-PCR in campioni di NSCLC in una coorte di pazienti con NSCLC metastatico trattati con Erlotinib dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2014 in 2°-3° linea dopo fallimento di almeno un ciclo di chemioterapia. I pazienti sottoposti a trattamento con erlotinib per almeno 6 mesi senza presentare progressione alla malattia sono stati definiti “responders” (n=8), gli altri “non-responders” (n=25). I risultati hanno mostrato che miR-7, -133b e -146a potrebbero essere coinvolti nella risposta al trat-tamento con Erlotinib. Le indagini funzionali sono state quindi concentrate su miR-133b, che ha mo-strato la maggiore espressione differenziale tra i due gruppi di pazienti. E 'stata quindi studiata la capacità di miR-133b di regolare l'espressione di EGFR in due linee di cellule del cancro del polmone (A549 e H1299). Sono stati determinati gli effetti di miR-133b sulla crescita cellulare. E’ stato anche analizzato il rapporto tra miR-133b e sensibilità a Erlotinib nelle cellule NSCLC. L'aumento di espressione di miR-133b ha portato ad una down-regolazione del recettore di EGF e del pathway di EGFR relativo alla linea cellulare A549. La linea cellulare H1299 era meno sensibili al miR-133b up-regulation, probabilmente a causa dell'esistenza di possibili meccanismi di resistenza e/o di com-pensazione. La combinazione di miR-133b ed Erlotinib ha aumentato l'efficacia del trattamento solo nella linea cellulare A549. Nel complesso, questi risultati indicano che miR-133b potrebbe aumentare / ripristinare la sensibilità di Erlotinib in una frazione di pazienti.

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O carcinoma epidermóide bucal (CEC) é uma neoplasia maligna com alta morbidade e mortalidade e de difícil tratamento. O tratamento convencional para o CEC inclui cirurgia e radioterapia, seguida ou não de quimioterapia. Apesar de serem amplamente difundidos, esses tratamentos podem ser ineficazes para alguns CECs resistentes. A terapia fotodinâmica (PDT) oncológica tem sido utilizada para o tratamento adjuvante do CEC bucal, principalmente nos casos menos invasivos e que necessitam de redução do tumor para a ressecção cirúrgica. Contudo, semelhantemente aos tratamentos convencionais, a PDT pode também induzir o aparecimento de populações celulares resistentes, fato já descrito para carcinoma cutâneo, adenocarcinoma de cólon e adenocarcinoma mamário. A hipótese de que células de CEC bucal possam desenvolver resistência à PDT ainda não foi testada. Portanto, o objetivo deste trabalho foi verificar se células de CEC bucal (SCC9) desenvolvem resistência a ciclos repetidos de PDT mediada pelo ácido 5- aminolevulínico (5-ALA-PDT) e avaliar se nesse processo ocorre modificação da expressão de marcadores relacionados a sobrevivência celular (NF?B, Bcl-2, iNOS, mTOR e Akt). Foi utilizada linhagem de células de CEC bucal (SCC9), submetida às seguintes condições: 1) Controle - células cultivadas sem nenhum tratamento; 2) ALA - células incubadas com 5-ALA (1mM durante 4 horas); 3) LED - tratadas com iluminação LED (630nm, 5,86J/cm2, 22,5J, 150mW, 150s); 4) PDT - tratadas com 5- ALA-PDT, com os protocolos do grupo ALA e LED combinados, gerando dose letal de 90%. Inicialmente foi realizado somente um ciclo de PDT, sendo avaliada a viabilidade celular em todos os grupos após 24, 48, 72 e 120h da irradiação. Também foi realizado ensaio de detecção da fragmentação de DNA (TUNEL) e análise por imunofluorescência da expressão das proteínas NF?B, Bcl-2, iNOS, pmTOR e pAkt nas células viáveis. Como resultado desse primeiro tratamento com 5-ALA-PDT, observou-se que as células sobreviventes ao tratamento apresentaram intensa marcação para pmTOR e exibiram potencial de crescimento durante o período analisado. Após esses ensaios, as células que sobreviveram a essa primeira sessão foram coletadas, replaqueadas e novamente cultivadas, sendo então submetidas a novo ciclo de 5-ALA-PDT. Esse processo foi realizado 5 vezes, variando-se a intensidade de irradiação à medida que se observava aumento na viabilidade celular. As populações celulares que exibiram viabilidade 1,5 vezes maior do que a detectada no primeiro ciclo PDT foram consideradas resistentes ao tratamento. Os mesmos marcadores analisados no primeiro ciclo de PDT foram novamente avaliados nas populações resistentes. Foram obtidas quatro populações celulares resistentes, com viabilidade de até 4,6 vezes maior do que a do primeiro ciclo de PDT e irradiação com LED que variou de 5,86 a 9,38J/cm2. A população mais resistente apresentou ainda menor intensidade de protoporfirina IX, maior capacidade de migração e modificação na morfologia nuclear. As populações resistentes testadas exibiram aumento na expressão de pNF?B, iNOS, pmTOR e pAkt, mas não da proteína anti-apoptótica Bcl- 2. Ensaio in vivo foi também conduzido em ratos, nos quais CEC bucal foi quimicamente induzido e tratado ou não com 5-ALA-PDT. Houve intensa expressão imuno-histoquímica das proteínas pNF?B, Bcl-2, iNOS, pmTOR e pAkt em relação ao controle não tratado, nas células adjacentes à área de necrose provocada pela PDT. Concluiu-se que as células de CEC bucal tratadas com 5-ALA-PDT a uma dose de 90% de letalidade desenvolveram viabilidade crescente após ciclos repetidos do tratamento, bem como exibiram superexpressão de proteínas relacionadas à sobrevivência celular, tanto in vitro quanto in vivo. Esses fatos, aliados à maior capacidade de migração, sugerem a aquisição de fenótipo de resistência à 5-ALAPDT. Esse aspecto deve ser cuidadosamente considerado no momento da instituição dessa terapia para os CECs bucais.

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O câncer do colo do útero constitui a terceira neoplasia maligna mais comum na população feminina, com aproximadamente 520 mil novos casos e 260 mil óbitos por ano e origina-se a partir da infecção genital persistente pelo Papiloma Vírus Humano (HPV) oncogênico. Os principais HPVs considerados de alto risco oncogênico são os tipos HPV-16 e 18, responsáveis por cerca de 70% de todos os casos de cânceres cervicais (CC) no mundo. Pacientes com CC apresentam taxa de recidiva variando de 8% a 49%. Dentro de dois anos de seguimento, 62% a 89% das recidivas são detectadas. Atualmente, os testes usados para detecção de recidiva são a citopatologia da cúpula vaginal e exames de imagem, porém ainda não estão disponíveis testes específicos. O DNA livre-circulante (cf-DNA) representa um biomarcador não-invasivo facilmente obtido no plasma e soro. Vários estudos mostram ser possível detectar e quantificar ácidos nucléicos no plasma de pacientes com câncer e que as alterações no cfDNA potencialmente refletem mudanças que ocorrem durante a tumorigênese. Essa ferramenta diagnóstica não-invasiva pode ser útil no rastreio, prognóstico e monitoramento da resposta ao tratamento do câncer. Portanto, o desenvolvimento e a padronização de testes laboratoriais não invasivos capazes de identificar marcadores tumorais e diagnosticar precocemente a recidiva da doença aumentam a chance de cura através da utilização dos tratamentos preconizados. Sendo assim, este estudo tem o objetivo de detectar o DNA de HPV no plasma de pacientes com CC para avaliar sua potencial utilidade como marcador precoce de recidiva. Um fragmento de tumor e sangue de pacientes com CC, atendidas no ICESP e HC de Barretos, foram coletados antes do tratamento. Entraram no estudo 137 pacientes nas quais o tumor foi positivo para HPV-16 ou 18, sendo 120 amostras positivas para HPV-16 (87,6%), 12 positivas para HPV-18 (8,8%) e cinco positivas para HPV-16 e 18 (3,6%). A média de idade das pacientes deste estudo foi de 52,5 anos. Plasma de 131 pacientes com CC da data do diagnóstico e de 110 pacientes do seguimento foram submetidas ao PCR em Tempo Real HPV tipo específico. A presença do DNA de HPV no plasma pré-tratamento foi observada em 58,8% (77/131) com carga viral variando de 204 cópias/mL a 2.500.000 cópias/mL. A positividade de DNA no plasma pré-tratamento aumentou com o estadio clínico do tumor: I - 45,2%, II - 52,5%, III - 80,0% e IV - 76,9%, (p=0,0189). A presença do DNA de HPV no plasma pós-tratamento foi observada em 27,3% (30/110). A média de tempo das recidivas foi de 3,1 anos (2,7 - 3,5 anos). O DNA de HPV foi positivo até 460 dias antes do diagnóstico clínico da recidiva. As pacientes com DNA de HPV no plasma apresentaram pior prognóstico, tanto sobrevida como o tempo livre de doença, em relação às que foram negativas. Nas pacientes com CC a presença de HPV no plasma de seguimento pode ser um marcador precoce útil para o monitoramento da resposta terapêutica e detecção de pacientes com risco aumentado de recidiva e progressão da doença.

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As diversas aplicações tecnológicas de nanopartículas magnéticas (NPM) vêm intensificando o interesse por materiais com propriedades magnéticas diferenciadas, como magnetização de saturação (MS) intensificada e comportamento superparamagnético. Embora MNP metálicas de Fe, Co e bimetálicas de FeCo e FePt possuam altos valores de MS, sua baixa estabilidade química dificulta aplicações em escala nanométrica. Neste trabalho foram sintetizadas NPM de Fe, Co, FeCo e FePt com alta estabilidade química e rigoroso controle morfológico. NPM de óxido metálicos (Fe e Co) também foram obtidas. Dois métodos de síntese foram empregados. Usando método baseado em sistemas nanoheterogêneos (sistemas micelares ou de microemulsão inversa), foram sintetizadas NPM de Fe3O4 e Co metálico. Foram empregados surfactantes cátion-substituídos: dodecil sulfato de ferro(III) (FeDS) e dodecil sulfato de cobalto(II) (CoDS). Para a síntese das NPM, foram estudados e determinados a concentração micelar crítica do FeDS em 1-octanol (cmc = 0,90 mmol L-1) e o diagrama de fases pseudoternário para o sistema n-heptano/CoDS/n-butanol/H2O. NPM esferoidais de magnetita com3,4 nm de diâmetro e comportamento quase-paramagnético foram obtidas usando sistemas micelares de FeDS em 1-octanol. Já as NPM de Co obtidas via microemulsão inversa, apesar da larga distribuição de tamanho e baixa MS, são quimicamente estáveis e superparamagnéticas. O segundo método é baseado na decomposição térmica de complexos metálicos, pelo qual foram preparadas NPM esféricas de FePt e de óxidos metálicos (Fe3O4, FeXO1-X, (Co,Fe)XO1-X e CoFe2O4) com morfologia controlada e estabilidade química. O método não mostrou a mesma efetividade na síntese de NPM de FeAg e FeCo: a liga FeAg não foi obtida enquanto que NPM de FeCo com estabilidade química foram obtidas sem controle morfológico. NPM de Fe e FeCo foram preparadas a partir da redução térmica de NPM de Fe3O4 e CoFe2O4, as quais foram previamente recobertas com sílica. A sílica previne a sinterização inter-partículas, além de proporcionar caráter hidrofílico e biocompatibilidade ao material. As amostras reduzidas apresentaram aumento dos valores de MS (entre 21,3 e 163,9%), o qual é diretamente proporcional às dimensões das NPM. O recobrimento com sílica foi realizado via hidrólise de tetraetilortosilicato (TEOS) em sistema de microemulsão inversa. A espessura da camada de sílica foi controlada variando-se o tempo de reação e as concentrações de TEOS e de NPM, sendo então proposto um mecanismo do processo de recobrimento. Algumas amostras receberam um recobrimento adicional de TiO2 na fase anatase, para o qual foi empregado etilenoglicol como solvente e ligante para formação de glicolato de Ti como precursor. A espessura da camada de TiO2 (2-12 nm) é controlada variando as quantidades relativas entre NPM e o precursor de Ti. Ensaios de hipertermia magnética foram realizados para as amostras recobertas com sílica. Ensaios de hipertermia magnéticas mostram grande aumento da taxa de aquecimento das amostras após a redução térmica, mesmo para dispersões diluídas de NPM (0,6 a 4,5 mg mL-1). Taxas de aquecimento entre 0,3 e 3,0oC min-1 e SAR entre 37,2 e 96,3 W g-1. foram obtidos. A atividade fotocatalítica das amostras recobertas foram próximas à da fase anatase pura, com a vantagem de possuir um núcleo magnético que permite a recuperação do catalisador pela simples aplicação de campos magnéticos externos. Os resultados preliminares dos ensaios de hipertermia magnética e fotocatálise indicam um forte potencial dos materiais aqui relatados para aplicações em biomedicina e em fotocatálise.

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Estudos com tratamento hipertérmico de tumores utilizando nanopartículas metálicas têm sido realizados durante as últimas décadas e mostram resultados bons quanto à remissão de tumores, por vezes chegando à cura completa. O mesmo acontece em relação aos tratamentos baseados em ação fotodinâmica de fotossensibilizadores. Tratamentos aliando a terapia hipertérmica com nanopartículas de ouro e a terapia fotodinâmica com diversos fotossensibilizadores tem efeito sinérgico e apresenta excelente potencial terapêutico, em que pese serem necessários mais estudos para que uma nova terapia conjunta possa ser implementada. A proposta deste trabalho foi investigar esse efeito sinérgico utilizando nanobastões de ouro complexados com fotossensibilizadores. Após a síntese dos nanobastões pelo método de seeding, a eficácia do tratamento fotodinâmico e da terapia hipertérmica, separadamente, foi investigada. A metodologia do recobrimento dos nanobastões por fotossensibilizador, em um primeiro momento, não logrou êxito com a porfirina, porém com a ftalocianina tetracarboxilada se mostrou mais eficaz. A taxa de fotodegradação da ftalocianina em solução foi investigada como parâmetro para a eficiência em geração de oxigênio singlete. Após centrifugação e lavagem das nanopartículas, no entanto, evidenciou-se por espectrofotometria que o fotossensibilizador não permaneceu aderido aos nanobastões. Em um segundo momento, optamos por recobrir os nanobastões por porfirinas tetrassulfonadas, com ou sem grupamentos metil-glucamina. Após o processo de recobrimento, essas ftalocianinas formaram complexos iônicos com o CTAB que recobre os nanobastões. Os complexos nanobastões-ftalocianinas foram analisados por microscopia eletrônica de transmissão e as taxas de geração de oxigênio singlete e de radical hidroxil foram investigadas. Além disso, foram utilizadas para testes in vivo e in vitro com células de melanoma melanótico (B16F10) ou amelanótico (B16G4F). As células tumorais em cultura ou os tumores em camundongos C57BL6 foram irradiados com luz em 635 nm e os tumores foram observados por 15 dias após o tratamento. Houve evidente aumento na geração de oxigênio singlete por ambos fotossensibilizadores, e maior geração de radicais livres por parte do fotossensibilizador metilglucaminado. O oposto ocorre com o fotossensibilizador sem metilglucamina. Houve, também, moderada citotoxicidade no escuro quando células foram incubadas com nanopartículas recobertas por ftalocianinas ou não. Quando ativados pela luz, os complexos ftalocianinas-nanobastões desencadearam um aumento de 5ºC no meio de cultura das células, e a morte celular observada foi extensa (91% para a linhagem B16G4F e 95% para a linhagem B16F10). Tanto os resultados in vitro quanto os in vivo indicam que as propriedades das ftalocianinas testadas são melhoradas significativamente quando elas estão complexadas aos nanobastões. Este é um estudo pioneiro por utilizar duas porfirinas tetrassulfonadas específicas e por utilizar o mesmo comprimento de onda para a ativação dos fotossensibilizadores e nanobastões.