949 resultados para Fotografia aerea em geologia
Resumo:
Questo lavoro nasce principalmente da un legame affettivo e di parentela che mi lega alla figura di Mario Giacomelli e alla sua grande opera di fotografo che lo ha portato a raggiungere un ruolo fondamentale nella storia della fotografia contemporanea. Ricordo che sin da quando ero bambino rimanevo affascinato dalle sue opere, da quei paesaggi fotografati in bianco e nero, da quelle sagome dei pretini che sembrano danzare nel vuoto, il tutto però senza capire la vera importanza di quello che avevo davanti ai miei occhi e ignorando completamente tutto l’interesse, le critiche e i dibattiti che quegli scatti accendevano in quegli anni, al punto di venire addirittura esposti in quello che si può definire il museo di arte moderna per antonomasia, ovvero il MoMa, in fondo per me non era altro che uno zio. Il ricordo mi porta nella sua piccola e buia Tipografia Marchigiana, in pieno centro storico a Senigallia, proprio dietro il Municipio, dove lo trovavo sempre indaffarato con timbri, foto e oggetti di ogni tipo, sommerso in un caos primordiale. È incredibile pensare come in quel minuscolo negozio siano passati tutti i più grandi personaggi della fotografia italiana, quali Giuseppe Cavalli, Ferruccio Ferroni, Gianni Berengo Gardin, Ferdinando Scianna; dietro quella facciata di piccola bottega si nascondeva un universo parallelo che entrava in contatto con le più importanti gallerie e musei di arte contemporanea del mondo. Oggi al suo posto c’è una Parrucchieria. Molte cose sono cambiate, io ho capito, aimè in ritardo, l’importanza del personaggio che ho avuto la fortuna di conoscere e di avere come parente. La città stessa si è accorta solo dopo la morte, come spesso accade, di quale formidabile artista ha cresciuto, un artista che è sempre rimasto fedele alla sua terra di origine, che ha rappresentato una fonte inesauribile di spunti per la sua opera fotografica. A quel punto si è scatenato un turbinio di conferenze, mostre e pubblicazioni sul lavoro di Giacomelli, tanto che sarebbe rimasto impossibile a chiunque non capire il peso che questa figura ha ancora oggi per la città. Proprio lo scorso Novembre è ricorso il decennale della sua scomparsa e in questa occasione si è dato il via ad una infinita serie di iniziative, mostre, conferenze e pubblicazioni dedicate alla figura del fotografo senigalliese, ribadendo la necessità per la città di dotarsi di uno spazio idoneo ad ospitare questi eventi. In una recente intervista condotta dal quotidiano Il Resto del Carlino, Simone Giacomelli, figlio del fotografo, ha sottolineato l’urgenza della creazione di uno spazio dedicato alle fotografie del padre “Io lavoro molto con l'estero e sono in contatto con appassionati che arrivano da tutto il mondo per ammirare le foto di Giacomelli. C'è un gruppo di studenti che mi ha contattato dall'Australia. Ho dovuto dire di aspettare perché in città c'è una raccolta di foto al Museo mezzadria ed una parte al Museo dell'informazione. Manca un luogo dove si possa invece vedere tutta la produzione.”. Con queste premesse il progetto per un Centro Internazionale della Fotografia non poteva che essere a Senigallia, non tanto per il fatto di essere la mia città, alla quale sono molto legato, quanto per l’essere stata la culla di un grande artista quale Mario Giacomelli, dalla quale non si è mai voluto allontanare e che ha rappresentato per lui la fonte di ispirazione di quasi tutte le sue opere. Possiamo dire che grazie a questo personaggio, Senigallia è diventata la città della Fotografia, in quanto non passa settimana senza che non venga presentata una nuova iniziativa in ambito fotografico e non vengano organizzate mostre di fotografi di calibro internazionale quali Henri Cartier Bresson, Ara Guler, etc… Ecco quindi motivato il titolo di Internazionale attribuito al museo, in quanto da questo cuore pulsante si dovranno creare una serie di diramazioni che andranno a collegare tutti i principali centri di fotografia mondiali, favorendo lo scambio culturale e il dibattito. Senigallia è una città di modeste dimensioni sulla costa adriatica, una città dalle grandi potenzialità e che fa del turismo sia balneare che culturale i suoi punti di forza. La progettazione di questa sede museale mi ha permesso di affrontare e approfondire lo studio storico della città nella sua evoluzione. Da questa analisi è emerso un caso molto particolare ed interessante, quello di Piazza Simoncelli, un vuoto urbano che si presenta come una vera e propria lacerazione del tessuto cittadino. La piazza infatti è stata sede fino al 1894 di uno dei quattro lotti del ghetto ebraico. Cambia quindi il ruolo del sito. Ma la mancata capacità aggregativa di questo vuoto, data anche dal fatto della mancanza di un edificio rappresentativo, ne muta il ruolo in parcheggio. E’ la storia di molti ghetti italiani inseriti in piani di risanamento che vedevano la presenza del costruito antecedente, come anomalia da sanare. E’ la storia del ghetto di Roma o di quello di Firenze, che sorgeva nel luogo dell’attuale Piazza della Repubblica. Tutti sventrati senza motivazioni diverse che non la fatiscenza dell’aggregato. A Senigallia il risultato è stato una vera e propria lacerazione del tessuto urbano, giungendo alla produzione di un vuoto oppositivo al resto della città, che ha portato la perdita della continuità spaziale, se non si vuole poi far riferimento a quella culturale. Il mio intervento quindi vede nel legame con la storia e con l’identità del luogo un punto fondamentale di partenza. Da queste basi ho cercato di sviluppare un progetto che ha come presupposto il forte legame con la memoria del luogo e con le architetture locali. Un progetto che possa rappresentare un polo culturale, un cuore pulsante dove poter sviluppare e approfondire le conoscenze fotografiche, dal quale poter entrare in contatto con tutti i principali centri dedicati alla fotografia e nel quale poter tenere sempre vivo il ricordo di uno dei più importanti artisti che la città ha avuto la fortuna di crescere.
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My project explores and compares different forms of gender performance in contemporary art and visual culture according to a perspective centered on photography. Thanks to its attesting power this medium can work as a ready-made. In fact during the 20th century it played a key role in the cultural emancipation of the body which (using a Michel Foucault’s expression) has now become «the zero point of the world». Through performance the body proves to be a living material of expression and communication while photography ensures the recording of any ephemeral event that happens in time and space. My questioning approach considers the gender constructed imagery from the 1990s to the present in order to investigate how photography’s strong aura of realism promotes and allows fantasies of transformation. The contemporary fascination with gender (especially for art and fashion) represents a crucial issue in the global context of postmodernity and is manifested in a variety of visual media, from photography to video and film. Moreover the internet along with its digital transmission of images has deeply affected our world (from culture to everyday life) leading to a postmodern preference for performativity over the more traditional and linear forms of narrativity. As a consequence individual borders get redefined by the skin itself which (dissected through instant vision) turns into a ductile material of mutation and hybridation in the service of identity. My critical assumptions are taken from the most relevant changes occurred in philosophy during the last two decades as a result of the contributions by Jacques Lacan, Michel Foucault, Jacques Derrida, Gilles Deleuze who developed a cross-disciplinary and comparative approach to interpret the crisis of modernity. They have profoundly influenced feminist studies so that the category of gender has been reassessed in contrast with sex (as a biological connotation) and in relation to history, culture, society. The ideal starting point of my research is the year 1990. I chose it as the approximate historical moment when the intersection of race, class and gender were placed at the forefront of international artistic production concerned with identity, diversity and globalization. Such issues had been explored throughout the 1970s but it was only from the mid-1980s onward that they began to be articulated more consistently. Published in 1990, the book "Gender trouble: feminism and the subversion of identity" by Judith Butler marked an important breakthrough by linking gender to performance as well as investigating the intricate connections between theory and practice, embodiment and representation. It inspired subsequent research in a variety of disciplines, art history included. In the same year Teresa de Lauretis launched the definition of queer theory to challenge the academic perspective in gay and lesbian studies. In the meantime the rise of Third Wave Feminism in the US introduced a racially and sexually inclusive vision over the global situation in order to reflect on subjectivity, new technologies and popular culture in connection with gender representation. These conceptual tools have enabled prolific readings of contemporary cultural production whether fine arts or mass media. After discussing the appropriate framework of my project and taking into account the postmodern globalization of the visual, I have turned to photography to map gender representation both in art and in fashion. Therefore I have been creating an archive of images around specific topics. I decided to include fashion photography because in the 1990s this genre moved away from the paradigm of an idealized and classical beauty toward a new vernacular allied with lifestyles, art practices, pop and youth culture; as one might expect the dominant narrative modes in fashion photography are now mainly influenced by cinema and snapshot. These strategies originate story lines and interrupted narratives using models’ performance to convey a particular imagery where identity issues emerge as an essential part of fashion spectacle. Focusing on the intersections of gender identities with socially and culturally produced identities, my approach intends to underline how the fashion world has turned to current trends in art photography and in some case turned to the artists themselves. The growing fluidity of the categories that distinguish art from fashion photography represents a particularly fruitful moment of visual exchange. Varying over time the dialogue between these two fields has always been vital; nowadays it can be studied as a result of this close relationship between contemporary art world and consumer culture. Due to the saturation of postmodern imagery the feedback between art and fashion has become much more immediate and then increasingly significant for anyone who wants to investigate the construction of gender identity through performance. In addition to that a lot of magazines founded in the 1990s bridged the worlds of art and fashion because some of their designers and even editors were art-school graduates encouraging innovation. The inclusion of art within such magazines aimed at validating them as a form of art in themselves supporting a dynamic intersection for music, fashion, design and youth culture: an intersection that also contributed to create and spread different gender stereotypes. This general interest in fashion produced many exhibitions of and about fashion itself at major international venues such as the Victoria and Albert Museum in London, the Metropolitan Museum of Art and the Solomon R. Guggenheim Museum in New York. Since then this celebrated success of fashion has been regarded as a typical element of postmodern culture. Owing to that I have also based my analysis on some important exhibitions dealing with gender performance like "Féminin-Masculin" at the Centre Pompidou of Paris (1995), "Rrose is a Rrose is a Rrose. Gender performance in photography" at the Solomon R. Guggenheim Museum of New York (1997), "Global Feminisms" at the Brooklyn Museum (2007), "Female Trouble" at the Pinakothek der Moderne in München together with the workshops dedicated to "Performance: gender and identity" in June 2005 at the Tate Modern of London. Since 2003 in Italy we have had Gender Bender - an international festival held annually in Bologna - to explore the gender imagery stemming from contemporary culture. In few days this festival offers a series of events ranging from visual arts, performance, cinema, literature to conferences and music. Being aware that any method of research is neither race nor gender neutral I have traced these critical paths to question gender identity in a multicultural perspective taking account of the political implications too. In fact, if visibility may be equated with exposure, we can also read these images as points of intersection of visibility with social power. Since gender assignations rely so heavily on the visual, the postmodern dismantling of gender certainty through performance has wide-ranging effects that need to be analyzed. In some sense this practice can even contest the dominance of visual within postmodernism. My visual map in contemporary art and fashion photography includes artists like Nan Goldin, Cindy Sherman, Hellen van Meene, Rineke Dijkstra, Ed Templeton, Ryan McGinley, Anne Daems, Miwa Yanagi, Tracey Moffat, Catherine Opie, Tomoko Sawada, Vanessa Beecroft, Yasumasa Morimura, Collier Schorr among others.
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L’obiettivo di questa tesi di laurea è stato la valutazione delle sovratensioni generate da una scarica atmosferica in linee miste di tipo aerea-cavo affluenti a stazioni di trasformazione. Lo studio si è incentrato sul caso della fulminazione diretta su una fase della linea aerea, il cosiddetto shielding failure, nella situazione peggiore ovvero senza innesco degli spinterometri posti a protezione della catena di isolatori. Applicando la teoria dei diagrammi a graticcio, è stata studiata la propagazione di un’onda di tensione (gradino, triangolo rettangolo e triangolo scaleno), generata da una scarica atmosferica, lungo tre particolari configurazioni di una linea mista AT 132 kV. In particolare, è stato implementato un codice di calcolo in Matlab, con il quale sono state determinate le componenti riflesse, che si formano quando l’onda di tensione incidente va ad impattare nei punti di discontinuità d’impedenza d’onda della linea mista. Tale calcolo ha consentito sia la rappresentazione temporale del transitorio, sia la determinazione del valore di cresta raggiunto dalla sovratensione, in particolari punti sensibili della linea, quali le estremità della linea in cavo ed il collegamento con il trasformatore. Il calcolo analitico è stato poi confrontato con i risultati delle simulazioni relative alla fulminazione diretta su una fase della linea aerea, eseguite con il software EMTPWorks. Il lavoro si è incentrato in particolar modo, sulla determinazione del modello che va a simulare la linea mista presa in considerazione, anche mediante il confronto con un noto caso di studio riportato sulle pubblicazioni.
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La relazione interdisciplinare tra letteratura e fotografia, nella rilettura della storia recente del Mozambico, è l’oggetto di studio della presente tesi. Il presupposto coincide in primo luogo con la disamina interna della dialettica esistente tra archivio coloniale e oralità, modalità narrativa in parte transitata nella estória, declinazione lusofona della forma breve che permette di recuperare l’eredità popolare del racconto tradizionale. Il dialogo tra verbale e visuale consente a sua volta di stabilire nuovi paradigmi interpretativi nel dibattito postcoloniale tra memoria, trauma e rappresentazione. L’analisi comparativa tra la narrativa di João Paulo Borges Coelho e la fotografia di Ricardo Rangel rivela sguardi diversi sul mondo circostante, ma anche convergenze contemplative che si completano nell’incorporazione reciproca delle “omologie strutturali” comuni alle due modalità espressive. La fotografia colma delle lacune fornendoci delle visioni del passato, ma, in quanto “rappresentazione”, ci mostra il mondo per come appare e non per come funziona. Il testo letterario, grazie al suo approccio dialogico-narrativo, consente la rielaborazione museologica della complessa pletora di interferenze semantiche e culturali racchiuse nelle immagini, in altre parole fornisce degli “indizi di verità” da cui (ri)partire per l’elaborazione di nuovi archetipi narrativi tra l’evento rappresentato e la Storia di cui fa parte. Il punto di tangenza tra i due linguaggi è la cornice, espediente fotografico e narrativo che permette di tracciare i confini tra l’indicibile e l’invisibile, ma anche tra ciò che si narra e ciò che sta fuori dalla narrazione, ovvero fuori dalla storia. La tensione dialettica che si instaura tra questi due universi è seminale per stabilire le ragioni della specificità letteraria mozambicana perché, come afferma Luandino Vieira, “nel contesto postcoloniale gli scrittori sono dei satelliti che ruotano intorno ai «buchi neri della storia» la cui forza di attrazione permette la riorganizzazione dell’intero universo letterario.
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La tesi affronta il ruolo problematico della documentazione nella Land art, sia per quanto riguarda l’immagine diffusa dai magazine e dalle riviste d’arte, sia affrontando nello specifico il rapporto con i media nella poetica degli artisti, dedicando particolare attenzione a De Maria, Heizer, Oppenheim, Smithson, Holt, Dibbets, Long, Fulton e Christo e Jeanne-Claude.
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Tra le plurime conseguenze dell’avvento del digitale, la riarticolazione dei rapporti tra immagine statica e immagine in movimento è certamente una delle più profonde. Sintomatica dei cambiamenti in atto sia nei film studies sia nella storia dell’arte, tale riarticolazione richiede un ripensamento dei confini disciplinari tradizionali entro cui il cinema e la fotografia sono stati affrontati come oggetti di studio separati e distinti. Nell’adottare un approccio molteplice, volto a comprendere prospettive provenienti dalla New Film History e dalla media archaeology, dalla teoria dell’arte e dagli studi visuali, questo lavoro esplora l’esistenza di una relazione dialettica tra il cinema e la fotografia intesa in modo duplice: come tensione costitutiva tra due media indissolubilmente connessi – non tanto in considerazione di un medesimo principio realistico di rappresentazione quanto, piuttosto, in virtù di uno scambio incessante nella modellizzazione di categorie quali il tempo, il movimento, l’immobilità, l’istante, la durata; come istanza peculiare della pratica artistica contemporanea, paradigma di riferimento nella produzione estetica di immagini. La tesi si suddivide in tre capitoli. Il primo si concentra sul rapporto tra l’immobilità e il movimento dell’immagine come cifra in grado di connettere l’estetica delle attrazioni e la cronofotografia a una serie di esperienze filmiche e artistiche prodotte nei territori delle avanguardie. Il secondo capitolo considera l’emergenza, dagli anni Novanta, di pratiche artistiche in cui l’incontro intermediale tra film e fotografia fornisce modelli di analisi volti all’indagine dell’attuale condizione estetica e tecnologica. Il terzo offre una panoramica critica su un caso di studio, la GIF art. La GIF è un formato digitale obsoleto che consente di produrre immagini che appaiono, simultaneamente, come fisse e animate; nel presente lavoro, la GIF è discussa come un medium capace di contraddire i confini attraverso cui concepiamo l’immagine fissa e in movimento, suggerendo, inoltre, un possibile modello di pensiero storico-cronologico anti-lineare.
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Questa tesi di laurea magistrale ha come obiettivo quello di individuare gli equivalenti interlinguistici in bulgaro, italiano e russo dei concetti trattati nel compendio sugli strumenti di navigazione aerea redatto dall'Office Québécois de la Langue Française. Nel primo capitolo verranno brevemente presentati gli strumenti di navigazione e le tecniche di navigazione. Ci si soffermerà poi sull'istituzione dell'OACI (Organizzazione dell'Aviazione Civile Internazionale), sugli obiettivi e sui metodi della ricerca terminologica di questa tesi. Nel secondo capitolo verrà descritto il compendio sugli strumenti di navigazione aerea e illustrata la sua origine; si parlerà del soggiorno presso l'OQLF e l'Università di Laval e saranno presentati i collaboratori che hanno partecipato alla realizzazione di questa tesi. Il terzo capitolo si propone di illustrare le fonti utilizzate per la ricerca terminologica e di comparare i risultati ottenuti. Le fonti di cui si è usufruito hanno una natura, un pubblico, autori e obbiettivi molto diversi fra loro e ci si vuole interrogare quindi sulla possibilità di conciliazione di queste differenze per la redazione di un glossario multilingue. Nel capitolo quarto, dopo una breve riflessione sulla politica editoriale adottata, sarà esposto il database realizzato nelle tre lingue di lavoro (bulgaro, italiano e russo). Alcune note forniscono le indicazioni necessarie per comprendere come si è agito nei confronti del documento preesistente, redatto in francese ed in inglese e come questo abbia influenzato le decisioni prese sugli equivalenti delle lingue di lavoro. Il capitolo quinto vuol invece esporre le difficoltà incontrate in fieri e le strategie usate per ovviare a queste problematiche. Ci si soffermerà ancora una volta sulle fonti e sulla loro affidabilità, alla luce dei risultati ottenuti e della riflessione condotta a posteriori. Infine, saranno proposte delle riflessioni conclusive sul lavoro svolto, sugli obbiettivi iniziali e il lavoro finale.
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Progettazione della piattaforma aerea 32.19 MP per CTE S.p.A.
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O presente artigo tem por motivação a aproximação da flânerie à lomografia na contemporaneidade. Por isso, parte se do conceito de flâneur, a figura do caminhante e explorador que surge nas cidades modernas, termo cunhado por Charles Baudelaire (1996) e revisitado posteriormente por Walter Benjamin (1995). Contemporaneamente, Susan Sontag (2004) associa o flâneur ao fotógrafo, conceituação que se aproxima da pesquisa empírica realizada neste paper. Por meio do rolé lomográfico, evento promovido pela loja Lomography, buscou-se analisar as impressões produzidas por meio do consumo imagético do cenário urbano, da cidade do Rio de Janeiro, e tentar relacionar com o conceito de Inteligência Territorial
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El ensayo apunta a pensar los cuadros realistas de Belmiro de Almeida a la luz de las teorías de Jacques Rancière, para quien el realismo literario del siglo XIX produce las condiciones de posibilidad para la fotografía y el cine. De este modo, se desplaza el foco de los análisis de la máquina (fotográfica o cinematográfica), más allá de reposicionarse el realismo como punto de articulación del régimen poético al régimen estético.
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El ensayo apunta a pensar los cuadros realistas de Belmiro de Almeida a la luz de las teorías de Jacques Rancière, para quien el realismo literario del siglo XIX produce las condiciones de posibilidad para la fotografía y el cine. De este modo, se desplaza el foco de los análisis de la máquina (fotográfica o cinematográfica), más allá de reposicionarse el realismo como punto de articulación del régimen poético al régimen estético.