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Questo progetto di tesi ha come obiettivo lo sviluppo di un algoritmo per la correzione e la calibrazione delle immagini in microscopia a fluorescenza e della sua implementazione come programma. Infatti, senza tale calibrazione le immagini di microscopia a fluorescenza sarebbero intrinsecamente affette da molteplici tipi di distorsioni ottiche. Questo limita fortemente la possibilità di effettuare analisi quantitative del livello di fluorescenza osservato. Il difetto sul quale ci siamo soffermati è la disomogeneità di campo, ossia una non uniforme fluorescenza causata dalla forma irregolare del fascio di eccitazione. Per conseguire l'obiettivo da noi proposto è necessaria l'acquisizione, in parallelo al campione in esame, di immagini di calibrazione contenenti sfere nanometriche a fluorescenza nota. A partire da queste, tramite procedure di image processing da noi implementate, abbiamo stimato la funzione di correzione della fluorescenza, localmente per ogni punto dell'immagine. Per la creazione di tale algoritmo abbiamo ipotizzato una possibile distribuzione dell'intensità dovuta alla non omogeneità del fascio ed abbiamo quindi stimato i parametri tramite un'apposita procedura di maximum likelihood. Tale stima è stata eseguita tenendo conto di possibili effetti dovuti alla luminosità di background, alla sovrapposizione di più nanosfere e ad effetti di bordo nel corso dell'elaborazione. Questa procedura è stata ripetuta su quattro diverse immagini di calibrazione, per valutarne la consistenza e la validità. Inoltre, per poter verificare che il software di elaborazione abbia le desiderate proprietà di linearità tra segnale misurato ed intensità nota, ci siamo serviti di un'ulteriore immagine di calibrazione contenente una mistura di sfere nanometriche con intensità variabili su due ordini di grandezza. Il risultato di questo lavoro di tesi verrà incluso in un programma per la calibrazione delle immagini in fluorescenza acquisite al laboratorio di biofisica del Dipartimento di Fisica ed Astronomia di Bologna.

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La suddivisione in aree assistenziali per intensità di cura e non in reparti e unità operative, consente al personale medico e sanitario una migliore gestione del paziente, ponendolo al centro del suo percorso di cura, evitando dispersioni, sprechi di tempo, di spazio, di risorse e consentendo una ottimizzazione del proprio lavoro. I settori su cui questo elaborato tende a focalizzarsi maggiormente, sono le aree a media e bassa intensità. Tali aree ospitano pazienti i quali necessitano di monitoraggio dei propri parametri fisiologici vitali, ma non in modo invasivo e costante come al contrario avviene in aree assistenziali ad intensità più alta. Si tratterà in particolare di quali dispositivi sono i più adatti per essere impiegati all’interno di tali aree. Si vuole sottolineare l’importanza della “modularità” di questi dispositivi, ovvero la possibilità di rilevare solo ed esclusivamente i parametri che realmente servono al medico per comprendere il quadro clinico del paziente in fase di stabilizzazione. I dati rilevati vengono poi generalmente trasmessi a un accentratore attraverso Bluetooth o altri standard a corto raggio. La cartella clinica del paziente viene aggiornata automaticamente e il personale sanitario può accedere in qualsiasi momento allo storico dei dati, ottimizzando il proprio lavoro. Per descrivere lo stato dell’arte dei dispositivi ne vengono riportati due esempi: Win@Hospital dell’azienda pisana Winmedical e EverOn dell’azienda israeliana EarlySense. L’integrazione dei dati medicali di questi dispositivi, così come per tutte le apparecchiature biomedicali presenti all’interno degli ospedali, avviene per mezzo di standard quali HL7 e sulla base di profili di integrazione definiti da IHE.

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Argomento di questo lavoro di tesi è l’accelerazione di ioni tramite interazione laser-plasma. Nel particolare, uno studio teorico sui principali meccanismi di accelerazione e una campagna di simulazioni numeriche volte ad analizzare gli effetti sullo spettro energetico dei protoni accelerati dovuti al preplasma sono stati svolti. Quando laser ad impulsi brevi, ad alta intensità e a contrasto finito, interagiscono con un campione solido è presente un preimpulso che causa la formazione di una regione di preplasma antistante il bersaglio che può rendere più efficace l’accelerazione dei protoni. Vengono dunque introdotti nel primo capitolo i concetti e le tecniche base per studiare a livello teorico e numericamente le interazioni laser-plasma. Nel secondo capitolo sono trattati analiticamente alcuni meccanismi di accelerazione di ioni. Nel terzo ed ultimo capitolo vengono descritti gli effetti di preplasma ed esposti risultati di simulazioni PIC volte a trovare i parametri ottimali per ottenere ioni più energetici.

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Scopo di questo lavoro di tesi è la caratterizzazione della risposta di una partita di dosimetri a termoluminescenza LiF:Mg,Cu,P (GR200A) a fasci X di energie e intensità variabili. In questo elaborato è presentata la teoria che sta alla base degli strumenti e delle procedure utilizzate, cioè nozioni basilari di radiologia e dosimetria assieme ad una breve trattazione riguardante i dosimetri a termoluminescenza; sono descritti gli strumenti e le attrezzature impiegate, quali il sistema di acquisizione To.Le.Do , il tubo a raggi X presente all'interno del Centro di Coordinamento delle Attività di Fisica Medica e la camera di confronto utilizzata per la taratura. Tramite l'analisi dei dati raccolti sono stati definiti, all'interno della partita, gruppi differenti di dosimetri con risposte uniformi entro livelli di confidenza differenti. Questi gruppi di dosimetri saranno utilizzati dall'U. O. di Fisica Sanitaria dell'Università di Bologna per scopi diversi, in particolare per valutazioni di dosi personali e valutazioni di dosi ambientali in locali sottoposti a controlli di radioprotezione.

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Questo progetto ha confrontato gli effetti indotti da diversi tipi di radiazioni, diversa intensità delle dosi, diverso rateo di dose su sistemi cellulari differenti. In particolare sono stati seguiti due studi differenti, finalizzati all’indagine degli effetti e dei meccanismi indotti da trattamenti radioterapici su cellule in coltura. Nel primo studio -EXCALIBUR- sono stati investigati i meccanismi di induzione e trasmissione del danno a basse dosi di radiazioni, in funzione della qualità della radiazione (raggi gamma e protoni) e della dose. Cellule di glioblastoma umano (T98G) sono state irraggiate con raggi gamma e protoni a due diverse dosi (0,25 Gy e 2 Gy); in questo studio è stata valutata e analizzata la variazione di espressione genica rilevata utilizzando la tecnologia dei microarray. Per mezzo dell’analisi statistica, con due software diversi, si è osservato come nelle cellule irraggiate si attivino i geni legati alla senescenza cellulare; questo risultato è significativo, visto che potrebbe rappresentare una prospettiva terapeutica interessante per molte neoplasie. Il secondo studio –Plasma Focus- ha lo scopo di ampliare le applicazioni nel settore medicale di una sorgente radiante che produce raggi X ad altissimo rateo di dose (plasma focus). In questo studio, l’attenzione è stata posta sulla preparazione dei campioni biologici per l’irraggiamento. Cellule di adenocarcinoma mammario (MCF7) sono state coltivate in laboratorio e posizionate all’interno di appositi portacampioni pronte per essere irraggiate con raggi X ad alto e a basso rateo di dose. Per mezzo della microscopia ottica e della citometria a flusso in fluorescenza, si è osservato come un rateo di dose elevato provochi danni cellulari superiori. L’analisi quantitativa ha mostrato che, nelle cellule trattate con il plasma focus, il 18% risulti danneggiato rispetto al 7% delle cellule di controllo; con i raggi X convenzionali risulta danneggiato l'8% di cellule, rispetto al 3% delle cellule di controllo.

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La galleria del vento "Wintaer" (WINd Tunnel itAER) è una piccola galleria subsonica con flusso incomprimibile utilizzata per scopi didattici, dotata di ventola assiale "Varofoil" a passo variabile per la regolazione della velocità del flusso. Lo scopo di questo elaborato è analizzare la qualità del flusso della galleria al fine di determinare le prestazioni del sistema ed alcune proprietà fondamentali, ovvero l'uniformità spaziale del flusso attraverso l'acquisizione di profili di velocità e l'intensità di turbolenza. Dalla conduzione delle prove sperimentali è emerso che la galleria permette il raggiungimento di un range di velocità compreso tra i 16 m/s e i 43 m/s, ha poca uniformità spaziale e presenta alti livelli di turbolenza. Per quanto riguarda il range di velocità si sono riscontrate problematiche relative all'impossibilità di raggiungere le basse velocità (fino a 7 m/s) a causa, molto probabilmente, di blocchi meccanici che limitano l'intervallo di angoli di calettamento (e quindi il passo) delle pale della ventola, ed è quindi necessario l'intervento della ditta per effettuare un'operazione di revisione della ventola. Relativamente ai profili di velocità, acquisiti con tubo di Pitot, e all'intensità di turbolenza, acquisita con anemometro a filo caldo, è emerso che i risultati sono stati disturbati da errori introdotti a causa dell'instabilità termica della galleria, ovvero un aumento progressivo di temperatura nell'impianto. Tale instabilità può essere risolta rimettendo in funzione l'unità di scambio di calore di cui la galleria è equipaggiata. L'attendibilità dei risultati ottenuti è quindi condizionata dall'instabilità termica, dunque, per una più preciso studio della qualità del flusso è necessario effettuare le prove sperimentali in condizioni di stabilità termica, la quale sarà essa stessa oggetto di analisi una volta rimesso in funzione il sistema di raffreddamento. Infine sono proposte soluzioni per il miglioramento della geometria dell'impianto, poco efficiente, in particolare per quanto riguarda i raddrizzatori di filetti fluidi (honeycombs) e il raccordo tra convergente e camera di prova, per il passaggio dalla sezione circolare del convergente a quella rettangolare della camera di prova. Si suggerisce lo spostamento di tale raccordo a monte della camera di calma, l'adozione di un convergente a sezione rettangolare e di una camera di calma a sezione rettangolare con honeycombs esagonali e l'aggiunta di reti per la diminuzione della turbolenza del flusso.

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La dinamica dell'assetto di un satellite artificiale rappresenta uno degli aspetti più delicati della missione che esso stesso andrà a svolgere in orbita attorno ad un qualche corpo celeste, quale appunto il pianeta Terra. Il seguente lavoro di tesi si propone di analizzare la causa di una delle principali componenti di disturbo dell'assetto appena menzionato, preponderante per satelliti dalle piccole dimensioni, fornendo la spiegazione, validata attraverso una simulazione, della messa a punto di un metodo sperimentale per la valutazione della stessa. La componente in questione è la coppia di disturbo magnetica, ed è generata dall'interazione tra il campo magnetico terrestre ed il cosiddetto 'dipolo magnetico residuo' del satellite stesso, ossia quel campo magnetico che esso, in modalità operativa e non, risulta generare a causa del materiale ferromagnetico presente al suo interno, e delle correnti elettriche circolanti nei vari cavi conduttori. Ci si è dunque occupati dell'analisi e messa a punto di un metodo che possa consentire sperimentalmente di rilevare l'entità del dipolo residuo. Il lavoro di simulazione è stato svolto prendendo in considerazione le dimensioni e le possibili caratteristiche del dipolo residuo del micro-satellite ESEO (European Student Earth Orbiter), sviluppato da studenti di diverse università europee ed ora in fase di progetto dettagliato (fase C) presso i laboratori dell'azienda ALMASpace S.r.l. di Forlì. Il metodo in esame consiste nel rilevare il campo magnetico generato dal satellite, posto all'interno di un sistema tridimensionale di bobine di Helmholtz per avere una zona libera da campi magnetici esterni. Il rilevamento del dipolo avviene per mezzo di un magnetometro a tre assi, e dalla suddetta misura si può pervenire alla conoscenza delle componenti del dipolo stesso, quali posizione, orientamento ed intensità; siccome però la misura del magnetometro non è ideale, ma risulta affetta da errori, per una più corretta caratterizzazione del dipolo è necessario utilizzare un numero maggiore di magnetometri (oppure, il che è lo stesso, un unico magnetometro spostato mano a mano) in punti diversi attorno al satellite in modo da avere più misure di campo magnetico e poter così sfruttare una procedura numerica di ottimizzazione per risalire alle componenti del dipolo. Questa intera parte di calcolo è stata realizzata in MatLab®, simulando quindi le misure ottenute dai magnetometri, 'sporcandole' con i predetti errori, ed utilizzando le funzioni di minimizzazione lsqnonlin ed fmincon per verificare la funzionalità del sistema; si sono infatti analizzati i grafici rappresentanti i livelli di errore commessi dall'algoritmo di stima sulle varie componenti del dipolo, per le tipologie di errore dei magnetometri menzionate in precedenza. Si è così cercato di suggerire una configurazione ottimale di magnetometri in grado di fornire una stima caratterizzata da un buon compromesso tra numero di magnetometri da utilizzare non troppo elevato ed errore derivante accettabile.

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La curva di durata di lungo periodo (POR) è uno strumento grafico molto efficace che mette in evidenza la relazione fra intensità e frequenza delle portate osservate in un determinato intervallo temporale. Essa è ricavata dall'idrogramma dei deflussi, ma presenta il problema della perdita di informazioni relative alla variabilità annuale e stagionali delle portate. Per tal motivo si è reso necessario l'utilizzo di due nuove interpretazioni delle curve di durate: le curve di durata annuali (alle quali può essere associato il concetto di percentile e quindi di probabilità di superamento di un particolare valore di portata) e le curve a base stagionale. La costruzione di tali curve, come nel caso delle POR complessive, è ostacolata dall'insufficienza di dati di portata, per cui sono utilizzate, a tale scopo, procedure di stima basate sulla regionalizzazione dei deflussi. Tra di esse è stato analizzata la tecnica geostatistica del Top-kriging applicata all'indice TND che sintetizza l'intera curva (Pugliese et al., 2014) nella ricostruzione, in cross-validazione, delle curve di durata annuali e stagionali di 182 bacini della regione sud-orientale degli Stati Uniti.

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Negli ultimi 10 anni i blooms attribuibili alla dinoflagellata bentonica Ostreopsis cf. ovata sono aumentati in termini di frequenza ed intensità lungo le coste del Mediterraneo, avendo ripercussioni negative sulla salute umana e forti impatti sulle comunità marine bentoniche, ciò a seguito della produzione di potenti tossine (composti palitossina-simili) da parte della microalga. Tra i fattori ecologici che innescano o regolano le dinamiche dei bloom tossici le interazioni tra microalghe e batteri sono in misura sempre maggiore oggetto di ricerca. In questo studio è stata analizzata la struttura filogenetica della comunità batterica associata ad O. cf. ovata in colture batch e valutate le dinamiche successionali della stessa in relazione alle differenti fasi di crescita della microalga (oltre che in relazione alle dinamiche di abbondanza virale). Lo studio filogenetico è stato effettuato tramite l’ausilio di metodiche molecolari di sequenziamento di next generation (Ion Torrent). Le abbondanze dei batteri e delle particelle virali sono state determinate tramite microscopia ad epifluorescenza; l’abbondanza cellulare algale è stata stimata tramite metodo Uthermohl. Il contributo della frazione batterica ad elevata attività respiratoria è stato determinato tramite doppia colorazione con coloranti DAPI e CTC. Dai dati emersi si evince che la comunità batterica attraversa due fasi di crescita distinte, una più marcata e concomitante con la fase esponenziale di O. cf. ovata, l'altra quando la microalga è in fase media stazionaria. Per quanto concerne la composizione filogenetica della comunità sono stati rilevati 12 phyla, 17 classi e 150 generi, sebbene i dati ottenuti abbiano rilevato una forte dominanza del phylum Proteobacteria con la classe Alphaproteobacteria, seguita dal phylum Bacteroidetes con la classe Sphingobacteria. Variazioni nella struttura filogenetica della comunità batterica, a livello di generi, tra le diverse fasi di crescita della microalga ha permesso di evidenziare ed ipotizzare particolari interazioni di tipo mutualistico e di tipo competitivo.

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Uno dei maggiori obiettivi della ricerca nel campo degli acceleratori basati su interazione laser-plasma è la realizzazione di una sorgente compatta di raggi x impulsati al femtosecondo. L’interazione tra brevi impulsi laser e un plasma, a energie relativistiche, ha recentemente portato a una nuova generazione di sorgenti di raggi x con le proprietà desiderate. Queste sorgenti, basate sulla radiazione emessa da elettroni accelerati nel plasma, hanno in comune di essere compatte, produrre radiazione collimata, incoerente e impulsata al femtosecondo. In questa tesi vengono presentati alcuni metodi per ottenere raggi x da elettroni accelerati per interazione tra laser e plasma: la radiazione di betatrone da elettroni intrappolati e accelerati nel cosiddetto “bubble regime”, la radiazione di sincrotrone da elettroni posti in un ondulatore convenzionale con lunghezza dell’ordine dei metri e la radiazione ottenuta dal backscattering di Thomson. Vengono presentate: la fisica alla base di tali metodi, simulazioni numeriche e risultati sperimentali per ogni sorgente di raggi x. Infine, viene discussa una delle più promettenti applicazioni fornite dagli acceleratori basati su interazione tra laser e plasma: il Free-electron laser nello spettro dei raggi x, capace di fornire intensità 108-1010 volte più elevate rispetto alle altre sorgenti.

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In questa tesi sono state analizzate, a partire da dati batimetrici ad alta risoluzione ottenuti tramite tecnologia multibeam, le morfologie caratteristiche dei tre canali tributari del Delta del Po di Pila: Busa di Dritta, Busa di Tramontana, Busa di Scirocco. Lo studio è stato effettuato col software Global Mapper, che ha permesso la mappatura e l’analisi morfometrica dei principali elementi morfologici osservati, ovvero aree depresse, zone con presenza di forme di fondo, zone a fondo piano e depositi da instabilità gravitativa sulle sponde dei canali. La loro distribuzione nei vari tratti dei canali è stata messa in relazione alle caratteristiche morfologiche e idrauliche del tratto fluviale e ai processi erosivi e deposizionali che interessano i tre canali ad intensità variabile, nell’ambito dell’evoluzione molto recente di questa porzione del delta. I risultati di questo studio indicano come l’utilizzo in ambito fluviale delle più recenti tecniche di acquisizione dei dati batimetrici multibeam possa costituire la base per un dettagliato studio delle morfologie fluviali e delle dinamiche ad esse associate.

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Il fine ultimo di questo lavoro è di analizzare ed interpretare alcuni parametri morfometrici che riguardano bacini in roccia e canali di colate detritiche nelle Dolomiti, estrapolati tramite l’analisi di un DEM derivato da rilievo LiDAR. La procedura, implementata in ambiente GIS, è basata sull’analisi di mappe raster morfometriche derivate dalla rappresentazione digitale del terreno. L’elevata risoluzione di questi modelli digitali del terreno (1m) ha permesso uno studio approfondito della morfologia delle colate detritiche nell’area alpina. L’area di studio, nel comune di Cortina D’Ampezzo, è caratterizzata da frequenti eventi di colata detritica a causa della particolare e caratteristica morfologia dolomitica che si sviluppa in altezza con imponenti testate rocciose ed alla loro base con conoidi detritici. I bacini di roccia sono di piccole dimensioni, mentre la lunghezza dei canaloni può variare in base alla pendenza e alla litologia del luogo. In questo tipo di ambiente la causa principale di innesco di tali fenomeni sono i temporali ad elevata intensità i quali trasformano il materiale di deposito in un fluido che scende, grazie alla pendenza, con velocità elevate attraverso i canali. Raggiunte pendenze basse il fluido si arresta e il materiale viene depositato. In questo studio le zone d’innesco di colata detritica sono state indagate con metodologie quali la fotointerpretazione confrontata con il DEM e la modellazione spazialmente distribuita, una procedura automatica volta ad identificare i possibili punti d’innesco e basata sulla relazione tra pendenza locale e area contribuente. Tramite i punti d’innesco individuati con fotointerpretazione sono stati estratti i relativi bacini di colata. In principio sono stati analizzati e interpretati i parametri morfologici e idrologici che caratterizzano i bacini in roccia e i loro rispettivi canali di colata tramite istogrammi di frequenza. Successivamente sono stati confrontati i parametri più significativi attraverso l’uso di grafici a dispersione. Nello studio è stata posta particolare attenzione soprattutto a quei bacini considerati attivi tramite la raccolta di fonti storiche, con l’obbiettivo di analizzare dettagliatamente i parametri morfometrici che risultano essere direttamente legati all’attività dei bacini.

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Nel presente lavoro di tesi, partendo dall’Inventario del Dissesto della Regione Emilia – Romagna sono stati individuati i fenomeni di colata rapida di detrito che hanno interessato l’Appennino Bolognese negli ultimi anni. Si tratta di fenomeni rapidi, altamente pericolosi e ancora poco studiati. Ad ogni evento individuato è stata associata la precipitazione di innesco, caratterizzandola in termini di durata (D) e intensità (I) al fine di confrontarla con le soglie probabilistiche bayesiane proposte da Berti et al. (2012). Nella maggior parte dei casi è stato verificato che gli eventi considerati ricadono al di sopra delle soglie considerate come limite accettabile. Successivamente è stato applicato il metodo fisicamente basato SHALSTAB (SHALlow STABility model. Montgomery & Dietricht, 1994) al fine di valutarne la capacità previsionale al variare dei dati di input. Ne è emerso che tale metodo risulta fortemente influenzato dalla topografia. Dai dati esaminati, è stato dedotto che i fenomeni di colata rapida si sono innescati in seguito a eventi di pioggia fortemente transitori, pertanto l’applicazione del metodo SHALSTAB, che presuppone flusso allo stato stazionario mal si adatta a riprodurre questi casi.

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Abbiamo sintetizzato un nuovo sistema nanogranulare consistente di nanoparticelle di magnetite inserite in idrossiapatite carbonata biomimetica per possibili future prospettive nell'ambito del tissue engineering osseo. Sono stati sintetizzati e studiati tre campioni nanogranulari, uno composto di nanoparticelle di magnetite e due composti di idrossiapatite contenenti magnetite per circa lo 0.8wt.% ed il 4wt.%. Le nanoparticelle di magnetite e il materiale composto sono stati analizzati tramite diffrazione a raggi X (XRD), spettroscopia all'infrarosso (FT-IR) e microscopia in trasmissione elettronica (TEM). Queste analisi hanno fornito informazioni sulla struttura delle nanoparticelle, come il size medio di circa 6 nm e hanno rivelato, sulla loro superficie, la presenza di gruppi idrossilici che incentivano la crescita successiva della fase di idrossiapatite, realizzando una struttura nanocristallina lamellare. I primi studi magnetici, condotti tramite un magnetometro SQUID, hanno mostrato che sia le nanoparticelle as-prepared sia quelle ricoperte di idrossiapatite sono superparamagnetiche a T=300K ma che il rilassamento della magnetizzazione è dominato da interazioni magnetiche dipolari di intensità confrontabile all'interno dei tre campioni. I valori di magnetizzazione più bassi di quelli tipici per la magnetite bulk ci hanno portato ad ipotizzare un possibile fenomeno di canting superficiale per gli spin delle nanoparticelle, fenomeno presente e documentato in letteratura. Nei tre campioni, quello di sole nanoparticelle di magnetite e quelli di idrossiapatite a diverso contenuto di magnetite, si forma uno stato collettivo bloccato a temperature inferiori a circa 20K. Questi risultati indicano che le nanoparticelle di magnetite tendono a formare agglomerati già nello stato as-prepared che sostanzialmente non vengono alterati con la crescita di idrossiapatite, coerentemente con la possibile formazione di legami idrogeno elettrostatici tra i gruppi idrossilici superficiali. L'analisi Mossbauer del campione di magnetite as-prepared ha mostrato un comportamento bimodale nelle distribuzioni dei campi iperfini presenti alle varie temperature. Passando dalle basse alle alte temperature lo spettro collassa in un doppietto, coerentemente con il passaggio dallo stato bloccato allo stato superparamagnetico per il sistema.

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I cambiamenti climatici stanno sempre più influenzando l’assetto territoriale ed ambientale della nostra società. Questo fatto si evince da eventi che riescono a sconvolgere le opere atte alla loro mitigazione; tali sistemi vengono progettati tenendo conto delle competenze acquisite in campo teorico e archivistico, ovvero la serie dei dati storici sui quali costruire dei modelli probabilistici che permettano di determinare il massimo grado di intensità che l'evento di interesse potrà generare. Questi database, però, conseguentemente ai cambiamenti ambientali cui stiamo avendo testimonianza diretta, risultano essere sempre meno affidabili allo scopo di impostare questi studi di tendenza. Esempio di quanto detto sono le alluvioni, generate da eventi meteorologici fuori dall'ordinario: queste situazioni, sempre più frequenti sul nostro territorio, oltre che subire l'influsso dei cambiamenti climatici, trovano un substrato favorevole nel quale attecchire, dovuto dall'alto grado di antropizzazione del territorio. In questo ambito, rientrano quegli eventi che i media chiamano "bombe d'acqua", le quali scaricano su un piccolo territorio una massiccia quantità di acque di precipitazione in un arco di tempo estremamente limitato. L'effetto principale è quello di mettere in crisi la rete idrologica della zona colpita, la quale non è stata progettata per sopportare eventi di tale magnitudo. Gli effetti avversi sul territorio possono essere importanti e vantano una vasta gamma di effetti. Inondazioni ed allagamenti in primis, poi i conseguenti da danni economici, ma anche smottamenti o colate di fango ed il collasso dei sistemi fognari. In questo lavoro di tesi, queste problematiche saranno trattate col fine ultimo di valutare delle soglie di precipitazioni, tali per cui, in caso di eventi meteorologici fuori dall’ordinario, sarà possibile allertare la popolazione localizzata nella zona soggetta a rischio idro-geologico. Questa analisi è stata condotta grazie ai dati reperiti per un piccolo bacino pedecollinare del Comune di Rimini.