730 resultados para Crohn-Krankheit
Resumo:
Studio prospettico su 75 pazienti con malattia paranale di Crohn che ha come obiettivo quello di confrontare i risultati tra le nuove terapie medico-chirurgiche emergenti. La prima procedura è comune a tutti i pazienti e consiste in un intervento di incisione degli ascessi, fistulectomia e posizionamento di setoni di drenaggio nei tramiti fistolosi per il controllo della sepsi.Successivamente i pazienti vengono divisi in cinque gruppi e sottoposti ai trattamenti per la chiusura dei tramiti fistolosi: terapia sistemica con Infliximab,terapia sistemica con Adalimumab,confezionamento di Flap endoanale, instillazione di colla di fibrina o posizionamento di protesi biologiche. Abbiamo osservato una chiusura completa dei tramiti fistolosi nel 60% dei pazienti trattati con Infliximab, 53% di quelli trattati con Adalimumab, 40% di quelli in terapia con colla di fibrina, 80% di quelli sottoposti a Flap endoanale e 60% di quelli trattati con protesi biologiche. Gli ottimi risultati raggiunti in con le diverse metodiche di trattamento chirurgico locale rappresentano una valida alternativa alla terapia con farmaci biologici. Tali nuove metodiche risultano anzi fondamentali per il trattamento di quei pazienti che dopo una terapia con farmaci biologici non hanno raggiunto una completa risoluzione del quadro (rescue therapy). Terapia biologica e nuove tecniche chirurgiche risultano pertanto complementari, la prima contribuendo al miglioramento della qualità della mucosa del canale anale e del retto basso sulla quale risulta quindi più agevole agire con le seconde con una percentuale di successo sempre maggiore.
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La malattia paranale di Crohn rappresenta una condizione clinica complessa e invalidante. La chirurgia da sola è efficace nel migliorare i sintomi mediante il controllo della sepsi, ma è raramente associata alla guarigione definitiva. L'introduzione dei farmaci biologici ha aumentato le possibilità di chiusura definitiva delle fistole. Tuttavia molti pazienti non rispondono a questo trattamento bio-chirurgico combinato. Il ruolo del mucosal healing del retto ottenuto con i farmaci non è al momento ancora chiaro. L'obiettivo del presente studio è quello di identificare possibili terapia alternative per pazienti non responsivi ai biologici. Lo studio ha valutato efficacia e sicurezza della chirurgia riparativa, confezionamento di flap mucosi endorettali e posizionamento di protesi biologiche, nei pazienti non responsivi ai biologici ma che grazie ad essi abbiano ottenuto un mucosal healing del retto.
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Al giorno d'oggi una pratica molto comune è quella di eseguire ricerche su Google per cercare qualsiasi tipo di informazione e molte persone, con problemi di salute, cercano su Google sintomi, consigli medici e possibili rimedi. Questo fatto vale sia per pazienti sporadici che per pazienti cronici: il primo gruppo spesso fa ricerche per rassicurarsi e per cercare informazioni riguardanti i sintomi ed i tempi di guarigione, il secondo gruppo invece cerca nuovi trattamenti e soluzioni. Anche i social networks sono diventati posti di comunicazione medica, dove i pazienti condividono le loro esperienze, ascoltano quelle di altri e si scambiano consigli. Tutte queste ricerche, questo fare domande e scrivere post o altro ha contribuito alla crescita di grandissimi database distribuiti online di informazioni, conosciuti come BigData, che sono molto utili ma anche molto complessi e che necessitano quindi di algoritmi specifici per estrarre e comprendere le variabili di interesse. Per analizzare questo gruppo interessante di pazienti gli sforzi sono stati concentrati in particolare sui pazienti affetti dal morbo di Crohn, che è un tipo di malattia infiammatoria intestinale (IBD) che può colpire qualsiasi parte del tratto gastrointestinale, dalla bocca all'ano, provocando una grande varietà di sintomi. E' stato fatto riferimento a competenze mediche ed informatiche per identificare e studiare ciò che i pazienti con questa malattia provano e scrivono sui social, al fine di comprendere come la loro malattia evolve nel tempo e qual'è il loro umore a riguardo.
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OBIETTIVO: Le fistole retto-vaginali Crohn-relate hanno un impatto significativo sulla qualità della vita. Quando il canale anale è alterato da ulcerazioni e stenosi o in pazienti con difetti estesi del perineo, la chirurgia locale produce risultati insoddisfacenti. Lo scopo di questo studio è quello di valutare l'efficacia della trasposizione del muscolo gracile nelle fistole retto-vaginali Crohn-relate e determinare i suoi effetti sulla qualità della vita. MATERIALI E METODI: Da gennaio 2012 a ottobre 2014 sono state trattate 10 pazienti; sono state raccolte alcune variabili (età, BMI, il fumo, CDAI, setone perioperatorio, precedenti procedure, uso di immunomodulatori e steroidi). Tutte le pazienti sono state sottoposte ad ileostomia temporanea prima della graciloplastica. La percentuale di successo è stata misurata come numero di pazienti con fistola guarita dopo la chiusura della stomia. Sono stati utilizzati tre questionari prima della graciloplastica e 3 mesi dopo la chiusura della stomia al fine di valutare la qualità della vita (SF-36), l’ incontinenza fecale e la funzione sessuale. RISULTATI: La fistola retto-vaginale è stata chiusa in 9 pazienti su 10 dopo graciloplastica, con un follow-up medio di chiusura della stomia di 19 mesi (range 4 -34). È stata documentata una recidiva di RVF. Il tempo operatorio era 90-150 minuti (media, 120). La degenza postoperatoria era 7-16 giorni (media 10). Complicanze postoperatorie precoci includevano deiscenza delle suture perineali in 2 casi. Le complicanze a lungo termine includevano disestesia della cicatrice perineale. Nei dati post-operatori abbiamo riportato un miglioramento della qualità di vita, della funzione sessuale e della continenza fecale. CONCLUSIONI: La chiusura della fistola retto-vaginale utilizzando la trasposizione del muscolo gracile è associata a morbidità minima e un alto tasso di successo.
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Der Ginkgo biloba-Extrakt EGb 761 besteht aus einer Reihe pharmakologisch wirksamer Substanzen, welche gut beschriebene Wirkungen auf verschiedene potentiell zytoprotektive Signalwege ausüben und u.a. antioxidative Wirksamkeit haben. Folglich wurde EGb 761 bisher als eine natürliche Behandlung bei neurodegenerativen Erkrankungen mit zellulärem oxidativen Stress angewendet, einschließlich der Alzheimer-Krankheit (AD). Aufgrund von vielen gemeinsamen Merkmalen zwischen der AD und der Huntington-Krankheit (HD) wurde vermutet, dass EGb 761 eventuell auch positive Wirksamkeit bei der HD aufweisen könnte. rnDie Neuropathologie der HD wird durch pathologische Verlängerung an Glutamin-Wiederholungen im Huntingtin-Protein (polyQ-Protein) verursacht, wodurch es zu Fehlfaltungen im Protein kommt und hierdurch der proteasomale Abbau aberranter Proteine erschwert wird. Somit sollten in der vorliegenden Arbeit die EGb 761-Wirkungen auf die Proteasom-Aktivität und die Proteinaggregation in zellulären Modellen der HD untersucht werden. rnWie die ersten Untersuchungen in nativen HEK293-Zellen ergaben, bewirkte die Behandlung der Zellen mit EGb 761 eine Steigerung der basalen Proteasom-Aktivität sowie des proteasomalen Proteinabbaus und erhöhte die Transkription proteasomaler Gene. Hieraus ergaben sich Untersuchungen in Zellen mit Expressionen pathologischer Varianten von polyQ-Proteinen als zelluläre Modelle der HD. Hierbei konnte festgestellt werden, dass die Expression aberranter polyQ-Proteine eine verminderte zelluläre Proteasom-Aktivität bewirkte. Interessanterweise verursachte EGb 761 eine Abmilderung der pathologisch-induzierten verminderten Proteasom-Aktivität, in dem die EGb 761-Behandlung der Zellen zu einer erhöhten Proteasom-Aktivität, einem verbesserten proteasomalen Proteinabbau, sowie zu einer erhöhten Transkription proteasomaler Gene führte. Da diese EGb 761-Effekte unabhängig von der Expression aberranter polyQ-Proteine waren, demonstrierten diese Ergebnisse eine allgemeine EGb 761-Wirkungen auf die Proteasom-Aktivität. Anhand dieser Ergebnisse sollten anschließend weitere Untersuchungen mit zellulären Modellen der HD die genau Wirkung von EGb 761 auf die Degradation von abnormal verlängerten polyQ-Proteinen sowie auf die Bildung von polyQ-Aggregaten klären. rnHier konnte gezeigt werden, dass die Expression aberranter polyQ-Proteinen zu einer Akkumulation von SDS-resistenten bzw. SDS-unlöslichen, aggregierten polyQ-Proteinen führte, sowie die Bildung von sichtbaren polyQ-Aggregaten in Zellen bewirkte. Hierbei verursachte eine EGb 761-Behandlung der Zellen eine signifikante Verminderung im Gehalt an SDS-resistenten polyQ-Proteinen sowie eine Reduzierung von Aggregat-tragenden Zellen. Zudem konnte gezeigt werden, dass eine pharmakologische Inhibition des Proteasoms in EGb 761-behandelten Zellen, den Gehalt an SDS-unlöslichen polyQ-Proteinaggregate wieder erhöhte und somit den Effekt von EGb 761 aufhob. Folglich zeigten diese Ergebnisse, dass die EGb 761-induzierte Reduzierung der polyQ-Proteinaggregate durch einen effizienteren proteasomalen Abbau von fehlgefalteten, aberranten polyQ-Proteinen bewirkte wurde. rnAufbauend auf diesen Ergebnissen wurde eine experimentell-therapeutische Anwendung von EGb 761 in Modellen der HD in vitro und in vivo überprüft und hierzu primäre humane Fibroblasten sowie transgene C. elegans Würmer mit Expressionen aberranter polyQ-Proteine untersucht. Interessanterweise konnte in vitro und in vivo gezeigt werden, dass die EGb 761-Behandlung auch hier eine Reduzierung von SDS-unlöslichen polyQ-Proteinen bewirkte und zudem eine Reduzierung des pathologisch erhöhten Gehalts an Polyubiquitin-Proteinen bewirkte. Folglich wurde auch hier vermutet, dass EGb 761 einen verbesserten proteasomalen Abbau von polyQ-Proteinen induzierte und dies eine Verminderung der polyQ-Proteinaggregate verursachte. Darüber hinaus führte die EGb 761-Behandlung von seneszenten Fibroblasten zur Reduzierung von altersabhängig erhöhten Mengen von polyQ-Aggregaten, wodurch ein therapeutischer Effekt auf den proteasomalen Abbau der polyQ-Proteine verdeutlicht wurde. Zusätzlich konnte in polyQ-transgenen C. elegans demonstriert werden, dass eine EGb 761-Behandlung die Abmilderung eines typischen pathologischen Phänotyps bewirkte, indem eine polyQ-induzierte verminderte Motilität der Nematoden verbessert wurde und hierdurch eine positive EGb 761-Wirkung auf die Pathologie der HD in vivo dargestellt wurde. rnZusammenfassend konnten in dieser Arbeit neue Wirkungen von EGb 761 in der HD demonstriert werden. Hierbei wurde gezeigt, dass EGb 761 die Aggregation von pathogenen aberranten polyQ-Proteinen in vitro und in vivo reduziert, indem eine effizientere Degradation von polyQ-Proteinen erfolgt. Somit könnte diese Wirkungen von EGb 761 eine potentiell therapeutische Anwendung in der HD und ähnliche neurodegenerativen Erkrankungen darstellen.
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Die Arbeit untersucht das seuchenartige Auftreten von Besessenheitsfällen in Annaberg (Erzgebirge) in den Jahren 1713-1720, die Auslöser der letzten Hexenprozesse in Kursachsen waren. Zeitgenössische Beobachter stritten intensiv, ob diese sogenannte „Annaberger Krankheit“ durch Zauberei verursacht oder eine psychosomatisch bedingte Massenerkrankung war. In Abkehr von dem Vorurteil, alle Betroffenen einer solchen Massenhysterie litten an derselben Erkrankung, werden diverse Krankengeschichten rekonstruiert. Indem sich dabei Elemente von Rollenspielen (Kinderhexen, Hysterie) und Betrug (Almosenerschleichung, Denunziationen, politisch motivierte Inszenierungen) finden, zeigt sich die wundersame „Krankheit“ als nicht pathologischer sondern sozialer Vorgang. rnAm dessen Beginn stand die Geburt der Interpretation, es gäbe eine außergewöhnliche Krankheit in der Stadt, wozu akzidentielle Ereignisse mehr beitrugen als auffällige Krankheitsfälle. Gerüchtbildung und politische Instrumentalisierung bildeten den Rahmen für den Einstieg von Nachahmern, die das fiktive Krankheitsbild in die Realität eines demonstrativen Schauspiel umsetzten. Dieser Mechanismus eines selbsterfüllenden Menetekels wird vor dem Hintergrund seiner kulturellen, sozialen, ökonomischen und historischen Bedingungen detailliert rekonstruiert.
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Switzerland was the first country to approve certolizumab pegol (Cimzia, CZP) for the treatment of patients with moderate to severe Crohn's disease (CD) in September 2007. This phase IV study aimed to evaluate the efficacy and safety of CZP in a Swiss multicenter cohort of practice-based patients.
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Studies evaluating the correlation between the widely used Simple Endoscopic Score for Crohn's disease (SES-CD) and noninvasive markers are scarce. The aim of this study was to evaluate the correlation between the SES-CD and fecal calprotectin, C-reactive protein (CRP), blood leukocytes, and the Crohn's disease activity index (CDAI).
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To evaluate retrospectively in patients with Crohn's disease (CD) if magnetic resonance (MR) motility alterations correlate with CD typical lesions leading to an increased detection rate.
Extraintestinal Crohn's disease mimicking autoimmune inner ear disease: a histopathological approach
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Patients with autoimmune inner ear disease develop rapidly progressive sensorineural hearing loss over a period of several weeks or months, often accompanied by vestibular loss. This disease can occur as a distinct clinical entity or in association with an underlying autoimmune disorder. Treatment comprises immunosuppression by corticosteroids, cytostatic drugs or tumor necrosis factor- antagonists. We report histopathological and immunohistochemical findings of the inner ear of a patient with a granulomatous inner ear disease suffering from Crohn's disease that was nonresponsive to treatment and who underwent surgery for bilateral cochlear implants.
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We investigated the effectiveness of long-term antibiotic treatment in patients with Crohn's disease.
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Social support has been found to be protective from adverse health effects of psychological stress. We hypothesized that higher social support would predict a more favorable course of Crohn's disease (CD) directly (main effect hypothesis) and via moderating other prognostic factors (buffer hypothesis).
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We undertook a meta-analysis of six Crohn's disease genome-wide association studies (GWAS) comprising 6,333 affected individuals (cases) and 15,056 controls and followed up the top association signals in 15,694 cases, 14,026 controls and 414 parent-offspring trios. We identified 30 new susceptibility loci meeting genome-wide significance (P < 5 × 10 ? ? ). A series of in silico analyses highlighted particular genes within these loci and, together with manual curation, implicated functionally interesting candidate genes including SMAD3, ERAP2, IL10, IL2RA, TYK2, FUT2, DNMT3A, DENND1B, BACH2 and TAGAP. Combined with previously confirmed loci, these results identify 71 distinct loci with genome-wide significant evidence for association with Crohn's disease.
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Antitumor necrosis factor a agents have significantly improved the management of Crohn's disease (CD), but not all patients benefit from this therapy. We used data from the Swiss Inflammatory Bowel Disease Cohort Study and predefined appropriateness criteria to examine the appropriateness of use of infliximab (IFX) in CD patients.
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About 30-50% of patients with Crohn's disease (CD) develop fistulae, implying significant disease burden and complicated clinical management.