909 resultados para Bible and tradition.


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Pós-graduação em Educação - IBRC

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Pós-graduação em Música - IA

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Conselho Nacional de Desenvolvimento Científico e Tecnológico (CNPq)

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Pós-graduação em Letras - IBILCE

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Pós-graduação em Letras - FCLAS

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Esta dissertação tem como título A natureza comunicativa da cultura: pesquisa exploratória sobre a Festividade de Carimbó de São Benedito de Santarém Novo – Pará. O objetivo da pesquisa é compreender a natureza comunicativa dessa festividade, observando as características que a constituem e nelas buscando elementos que são interpretados como processos comunicativos. A proposta parte das noções de natureza comunicativa da cultura em Martín-Barbero (2006) e França (2001), além da concepção de processo comunicativo desta pesquisadora. Delineamos, assim, os contextos nos quais a pesquisa está inserida, refletindo sobre a “invenção” da Amazônia (ARAGÓN, 2007; MAUÉS, 1999; DUTRA, 2009) e sua formação socio-histórica (BEZERRA NETO, 2001; BECKER, 2009) e cultural (SALLES, 2004; ALVES FILHO, 2001; LOUREIRO, 2000). No que se refere à Comunicação, buscamos sua “perspectiva antropológica” (WOLTON, 2006) aliada às relações entre mídia e modernidade (THOMPSON, 2011). Entendendo a Comunicação a partir da cultura, discutimos, observando a experiência cultural que a festividade representa (RODRIGUES, 1994), as relações entre a tradição e a modernidade (THOMPSON, 2011) em seus processos de hibridação (GARCÍA-CANCLINI, 2008). Além disso, refletimos sobre a “herança funcional” das pesquisas em Comunicação (WOLF, 2008; MARTÍN-BARBERO, 2004, 2006, 2009a; MARTINO, 2004, 2006) e nossa perspectiva de natureza comunicativa da cultura (MARTÍN-BARBERO, 2006; FRANÇA. 2001), relacionando-a aos conceitos de “mediações comunicativas da cultura” e de “midiatização” (BRAGA, 2012; SODRÉ, 2011). Para desenvolvermos a pesquisa de campo, além da pesquisa bibliográfica, utilizamos técnicas da etnografia para a coleta de dados, tais como: a observação participante, a entrevista em profundidade com os integrantes da festa e o diário de campo. Compreendemos, assim, a natureza comunicativa da festividade a partir dos elementos que a constituem destacando o seu caráter comunitário e de tradição, o que nos levou a evidenciar a comunicação em seu sentido de compartilhamento e de comunhão.

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Poe, Baudelaire and Huysmans, voices that bewilder readers due to their literary iconoclastic impulse, knew how to bother society and tradition becoming archetypes of the poèt maudit. Eccentrics, these poets, living exiled to the margins of the frustrated bourgeois society with its moral rules, wish for something beyond world then was offering; so, they turn for the mysterious regions of the obscure, of the sordidness and of the Satanic, finally becoming the poets of the abyss. At the same time maudits and aesthetes, they wish to be sublime and consider the dandyism like the last ray of light of the decadence: it is what this article intends to discuss.

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Biblical justifications for a vegetarian diet seem to meet with much adversity within mainstream American culture. Texts suggesting that people were intended to be vegetarians can be found in the Bible. However, this interpretation of Biblical texts has not been widely accepted by Protestant Christianity. This research attempts to identifY social and religious characteristics of people who are vegetarian. Fundamentalism, denomination, belief in the inerrancy of the Bible, and strength of belief in Christianity are examined as factors related to supporting vegetarianism. The General Social Survey's data from 1993 and 1994 were used in this study. The data were analyzed using frequencies, means, cross tabulations. correlations, and regressions. The sample was 57% female and 87% white, the mean age was 46 and the average level of education was 13 years. The study found that, among the independent variables. belief in animal rights, rather than any specific religious views, had the strongest influence on vegetarianism.

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Oggetto della ricerca è lo studio del National Institute of Design (NID), progettato da Gautam Sarabhai e sua sorella Gira, ad Ahmedabad, assunta a paradigma del nuovo corso della politica che il Primo Ministro Nehru espresse nei primi decenni del governo postcoloniale. Obiettivo della tesi è di analizzare il fenomeno che unisce modernità e tradizione in architettura. La modernità indiana, infatti, nacque e si sviluppò con i caratteri di un Giano bifronte: da un lato, la politica del Primo Ministro Nehru favorì lo sviluppo dell’industria e della scienza; dall’altro, la visione di Gandhi mirava alla riscoperta del locale, delle tradizioni e dell’artigianato. Questi orientamenti influenzarono l’architettura postcoloniale. Negli anni ‘50 e ’60 Ahmedabad divenne la culla dell’architettura moderna indiana. Kanvinde, i Sarabhai, Correa, Doshi, Raje trovarono qui le condizioni per costruire la propria identità come progettisti e come intellettuali. I motori che resero possibile questo fermento furono principalmente due: una committenza di imprenditori illuminati, desiderosi di modernizzare la città; la presenza ad Ahmedabad, a partire dal 1951, dei maestri dell’architettura moderna, tra cui i più noti furono Le Corbusier e Kahn, invitati da quella stessa committenza, per la quale realizzarono edifici di notevole rilevanza. Ad Ahmedabad si confrontarono con forza entrambe le visioni dell’India moderna. Lo sforzo maggiore degli architetti indiani si espresse nel tentativo di conciliare i due aspetti, quelli che derivavano dalle influenze internazionali e quelli che provenivano dallo spirito della tradizione. Il progetto del NID è uno dei migliori esempi di questo esercizio di sintesi. Esso recupera nella composizione spaziale la lezione di Wright, Le Corbusier, Kahn, Eames ibridandola con elementi della tradizione indiana. Nell’uso sapiente della struttura modulare e a padiglione, della griglia ordinatrice a base quadrata, dell’integrazione costante fra spazi aperti, natura e architettura affiorano nell’edificio del NID echi di una cultura millenaria.

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La tesi indaga il significato del concetto di “preesistenze ambientali” nel pensiero teorico dell’architetto Ernesto Nathan Rogers. Il tema è scelto come punto di vista privilegiato per indagare il contributo di Rogers al dibattito sull’eredità del Movimento Moderno in un momento, il secondo dopoguerra, in cui si intensifica la necessità di soffermare l’attenzione delle riflessioni teoriche sulle relazioni tra ambiente e progetto. Il problema fu inteso come la ricerca di un linguaggio adeguato all’era macchinista e di un ordine formale per lo sviluppo urbano recente da costruire in funzione del suo rapporto con la città consolidata. Esso fu sviluppato, all’interno dell’opera teorica rogersiana, come riflessione sulla dialettica contrapposizione tra intuizione e trasmissione del sapere, contingenza e universalità. La tesi mostra le ricche connessioni culturali tramite cui tale dialettica è capace di animare un discorso unitario che va dall’insegnamento del Movimento Moderno alle ricerche tipologiche e urbane della cultura italiana degli anni Sessanta. Riportando il concetto di preesistenze ambientali alla sua accezione originale, da un lato attraverso la ricostruzione delle relazioni intellettuali instaurate da Rogers con il Movimento Moderno e i CIAM, dall’altro mediante l’approfondimento del progetto editoriale costruito durante la direzione della rivista “Casabella continuità”, la tesi intende conferire alla nozione il valore di un contributo importante alla teoria della progettazione architettonica urbana. Il concetto di preesistenze ambientali diventa così la chiave analitica per indagare, in particolare, l’influenza del dibattito dell’VIII CIAM su Il Cuore della città e della partecipazione di Rogers al lavoro di redazione dell’Estudio del Plan di Buenos Aires nel 1948-1949 nella maturazione del progetto editoriale di “Casabella continuità” (1954-1965) attraverso l’attribuzione di un preciso valore all’archetipo, alla fenomenologia e alla tradizione nella definizione del rapporto architettura e storia.

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L'Europe commence à découvrir le désert à la fin du XVIIIe siècle. Ce milieu présente des aspects multiples aux premiers explorateurs, qui le décrivent comme un lieu vivant et varié. La géopolitique constitue le premier approche d'analyse : le désert peut être rendu plus viable si mieux administré, donc libre de la domination ottomane. Au cours du siècle, le tourisme se développe, aussi en raison de la colonisation ; l'expérience du désert devient commune, et les voyageurs partent en quête d'une expérience spirituelle aussi bien que d'une aventure. Le désert devient un écran de projection pour la rêverie et les souvenirs des Européens (la Bible et les topos traditionnels demeurent actifs dans l'imaginaire occidental) ; seules certaines caractéristiques de ce milieu sont dès lors appréciées par les voyageurs. Ensuite, avec l'âge du Réalisme, devient objet d'appréciation de la part des peintres. Grâce à la médiation de l'art, la littérature commence à regarder au désert d'un point de vue esthétique, et elle lui reconnaît un charme de la nudité et du dépouillement. La mort et le minéral caractérisent ce milieu vers la fin du siècle ; le désert se vide, et devient le "désert de sable" que nous tous connaissons aujourd'hui.

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