855 resultados para parametri cosmologici
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La gestione di fanghi da dragaggio richiede una buona conoscenza della natura degli inquinanti da cui essi sono contaminati. Questo studio si è posto l’obiettivo di individuare una strategia di caratterizzazione applicata a sedimenti dragati nel Porto di Ravenna. Particolare attenzione è stata rivolta allo studio della mobilità degli inquinanti inorganici (metalli pesanti), sia sul materiale tal quale che sui residui ottenuti dopo trattamento di soil washing, operazione prevista al fine di separare sabbie a basso carico di contaminanti dalla frazione sitosa-argillosa dove si ha la maggior concentrazione di contaminanti. Lo studio sulla mobilità è stato eseguito avvalendosi di opportuni test di rilascio, valutando gli effetti di diversi parametri, quali pH, tempo di dilavamento, rapporto solido-liquido. In conclusione, dai risultati della caratterizzazione chimica si è potuto valutare l’efficienza del Soil Washing sui sedimenti trattati: efficienza elevata per le componenti organiche, meno vistosa la decontaminazione dei metalli sulle sabbie per valori bassi di contaminazione. I sedimenti e le sabbie non presentano livelli di contaminazione preoccupanti, cosa che li renderebbe idonei al riuso secondo le modalità previste. Il metallo la cui lisciviazione dipende maggiormente dal pH è lo Zn, il Cu è il metallo più influenzato dalla complessazione con la sostanza organica, l’As è l’unico metallo ad avere massima lisciviazione a pH basico. Dopo trattamento Soil Washing tutti i metalli ad esclusione di Cu e del Fe aumentano la loro mobilità nella frazione fina rispetto al sedimento tal quale.
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La temperatura influenza molti dei processi fisiologici degli organismi marini e, considerato che la riproduzione dei coralli sembrerebbe essere sensibile agli stress, è necessario comprendere come questa possa reagire ai cambiamenti climatici globali per riuscire a prevedere le future risposte delle popolazioni. Leptopsammia pruvoti (Scleractinia, Dendrophylliidae) è un corallo solitario non zooxantellato presente in Mediterraneo e lungo le coste Atlantiche dal Portogallo alla Gran Bretagna meridionale, dalla superficie fino a 70 metri di profondità.. È un organismo gonocorico con fecondazione interna. In questo lavoro di tesi sono stati analizzati gli aspetti della gametogenesi di L. pruvoti a diverse latitudini per ottenere risultati preliminari riguardanti le possibili correlazioni tra attività riproduttiva e parametri ambientali (temperatura e irradianza). Tale studio si colloca all’interno del progetto europeo sul riscaldamento globale e biologia dei coralli FP7–IDEAS-ERC “Corals and Global Warming: The Mediterranean versus the Red Sea” (CoralWarm). I risultati presentati in questo lavoro sono relativi a cinque popolazioni di L. pruvoti (Genova, Calafuria, Palinuro, Scilla e Pantelleria) disposte lungo un gradiente latitudinale di temperatura e irradianza nel versante occidentale della penisola italiana. I campioni sono stati raccolti mediante campionamenti mensili effettuati tramite immersioni subacquee. Su ogni campione sono state effettuate misurazioni biometriche e analisi cito-istometriche. Nelle popolazioni analizzate i parametri riproduttivi (fecondità, abbondanza, indice gonadico, dimensione) sono stati messi in relazione con la temperatura di fondo (DT, °C) e l’irradianza solare (W/m2) peculiari di ogni sito. L. pruvoti ha mostrato una sessualità gonocorica in tutti i siti considerati. In tutte le popolazioni, la presenza di due stock di ovociti e la distribuzione degli stadi di maturazione degli spermiari durante le fasi di attività riproduttiva, nell’arco dell’anno, hanno permesso di definire un periodo di reclutamento e uno di maturità gonadica, suggerendo che tali eventi siano influenzati dai cambiamenti stagionali della temperatura dell’acqua e del fotoperiodo. Nel periodo di reclutamento, la fecondità presentava una debole correlazione positiva con i parametri ambientali considerati. Al momento della maturità gonadica gli ovociti erano di dimensioni maggiori e meno numerosi rispetto al periodo precedente, nelle popolazioni con una maggiore temperatura e irradianza. Una possibile interpretazione potrebbe essere l’esistenza di un processo di fusione degli ovociti nel periodo di maturità gonadica che sembrerebbe più marcato nelle popolazioni più calde e maggiormente irradiate. La spermatogenesi, diversamente, non ha delineato finora un pattern chiaramente interpretabile. Con i dati attualmente in nostro possesso, non possiamo tuttavia escludere che le differenze riscontrate nelle dimensioni di ovociti e spermiari lungo il gradiente latitudinale considerato siano dovute a un lieve sfasamento nel raggiungimento della maturità gonadica, pur mantenendo la medesima stagionalità nel ciclo riproduttivo delle diverse popolazioni. Ulteriori studi saranno necessari per poter meglio comprendere i complessi meccanismi che regolano e controllano i processi riproduttivi al variare dei parametri ambientali. In questo modo sarà possibile considerare i risulti ottenuti nel contesto dei cambiamenti climatici globali.
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Le fioriture algali rappresentano un problema emergente che colpisce le attività ricreative costiere negli ultimi decenni e molta responsabilità è attribuita alla pressione antropica sulle coste, anche se fondamentalmente i fenomeni di fioriture dannose rimangono imprevedibili. Un tempo confinate in aree tropicali e sub-tropicali, nuove alghe tossiche produttrici di composti palitossina-simili, quali Ostreopsis spp., si sono diffuse anche in regioni temperate, come il Mediterraneo. Le condizioni di sviluppo di queste fioriture sono legate a fattori ambientali quali irraggiamento, temperatura, concentrazione di nutrienti e alle caratteristiche biologiche delle singole specie. Per valutare il rischio reale sulla salute dell’uomo, vi è necessità di conoscere i parametri ambientali ottimali alla proliferazione delle specie, in termini di temperatura, intensità luminosa e disponibilità di nutrienti, così come di chiarire la struttura delle tossine e le condizioni che possono favorire la loro produzione. In questo studio un ceppo della dinoflagellata Ostreopsis ovata e un ceppo della dinoflagellata Prorocentrum lima sono stati coltivati in colture batch a tre diverse temperature (20°C, 25°C, 30°C) come monocolture e come colture miste. La raccolta è avvenuta nel periodo della loro presunta fase stazionaria. Le informazioni circa il comportamento delle microalghe nelle diverse colture sono state raccolte tramite calcolo del tasso di crescita, analisi del consumo di nutrienti, valutazione dell’efficienza fotosintetica, produzione di tossine. E’ stato applicato un nuovo metodo di misura per il calcolo dei biovolumi. Tra le due microalghe, O. ovata ha esibito maggiore variabilità morfologica, tassi di crescita più elevati e migliore efficienza fotosintetica, mostrando però di subire stress alla temperatura di 30°C. P. lima ha presentato tassi di crescita inferiori, incompleto utilizzo dei nitrati e minore efficienza fotosintetica, accompagnata da grande dissipazione di energia sotto forma di calore. Nelle colture miste, l’uptake più rapido di nitrati da parte di O. ovata ha fatto sì che il numero di cellule di P. lima fosse notevolmente inferiore a quello sviluppatosi nelle colture pure. Ciononostante, la produzione di acido okadaico da parte di P. lima non si è modificata in presenza di O. ovata. Il ceppo di O. ovata utilizzato è stato in grado di produrre ovatossina-a, la tossina maggiormente presente nelle cellule, e quantità circa quattro volte inferiori di ovatossine d+e, oltre a piccole quantità di palitossina putativa. Non è stato invece in grado di produrre le altre due ovatossine conoscisute, l’ovatossina-b e l’ovatossina-c. La produzione di tossine ha dimostrato di essere correlata positivamente con l’aumento della temperatura quando espressa su unità di biovolume, ed è stata inferiore nelle colture miste rispetto alle colture pure. Grazie alla maggiore capacità di crescita, al miglior utilizzo di nutrienti e alla migliore efficienza fotosintetica, O. ovata si dimostra in grado di dare origine a importanti eventi di fioritura, mentre per P. lima i parametri di crescita studiati non evidenziano questa capacità. Le analisi in corso circa la quantità di tossine emesse nel mezzo di coltura permetterano di completare il quadro delineato dal presente studio. Allo stato attuale, non si può concludere che esista attività allelopatica di una specie nei confronti dell’altra.
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Organic electronics has grown enormously during the last decades driven by the encouraging results and the potentiality of these materials for allowing innovative applications, such as flexible-large-area displays, low-cost printable circuits, plastic solar cells and lab-on-a-chip devices. Moreover, their possible field of applications reaches from medicine, biotechnology, process control and environmental monitoring to defense and security requirements. However, a large number of questions regarding the mechanism of device operation remain unanswered. Along the most significant is the charge carrier transport in organic semiconductors, which is not yet well understood. Other example is the correlation between the morphology and the electrical response. Even if it is recognized that growth mode plays a crucial role into the performance of devices, it has not been exhaustively investigated. The main goal of this thesis was the finding of a correlation between growth modes, electrical properties and morphology in organic thin-film transistors (OTFTs). In order to study the thickness dependence of electrical performance in organic ultra-thin-film transistors, we have designed and developed a home-built experimental setup for performing real-time electrical monitoring and post-growth in situ electrical characterization techniques. We have grown pentacene TFTs under high vacuum conditions, varying systematically the deposition rate at a fixed room temperature. The drain source current IDS and the gate source current IGS were monitored in real-time; while a complete post-growth in situ electrical characterization was carried out. At the end, an ex situ morphological investigation was performed by using the atomic force microscope (AFM). In this work, we present the correlation for pentacene TFTs between growth conditions, Debye length and morphology (through the correlation length parameter). We have demonstrated that there is a layered charge carriers distribution, which is strongly dependent of the growth mode (i.e. rate deposition for a fixed temperature), leading to a variation of the conduction channel from 2 to 7 monolayers (MLs). We conciliate earlier reported results that were apparently contradictory. Our results made evident the necessity of reconsidering the concept of Debye length in a layered low-dimensional device. Additionally, we introduce by the first time a breakthrough technique. This technique makes evident the percolation of the first MLs on pentacene TFTs by monitoring the IGS in real-time, correlating morphological phenomena with the device electrical response. The present thesis is organized in the following five chapters. Chapter 1 makes an introduction to the organic electronics, illustrating the operation principle of TFTs. Chapter 2 presents the organic growth from theoretical and experimental points of view. The second part of this chapter presents the electrical characterization of OTFTs and the typical performance of pentacene devices is shown. In addition, we introduce a correcting technique for the reconstruction of measurements hampered by leakage current. In chapter 3, we describe in details the design and operation of our innovative home-built experimental setup for performing real-time and in situ electrical measurements. Some preliminary results and the breakthrough technique for correlating morphological and electrical changes are presented. Chapter 4 meets the most important results obtained in real-time and in situ conditions, which correlate growth conditions, electrical properties and morphology of pentacene TFTs. In chapter 5 we describe applicative experiments where the electrical performance of pentacene TFTs has been investigated in ambient conditions, in contact to water or aqueous solutions and, finally, in the detection of DNA concentration as label-free sensor, within the biosensing framework.
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ABSTRACT (italiano) Con crescente attenzione riguardo al problema della sicurezza di ponti e viadotti esistenti nei Paesi Bassi, lo scopo della presente tesi è quello di studiare, mediante la modellazione con Elementi Finiti ed il continuo confronto con risultati sperimentali, la risposta in esercizio di elementi che compongono infrastrutture del genere, ovvero lastre in calcestruzzo armato sollecitate da carichi concentrati. Tali elementi sono caratterizzati da un comportamento ed una crisi per taglio, la cui modellazione è, da un punto di vista computazionale, una sfida piuttosto ardua, a causa del loro comportamento fragile combinato a vari effetti tridimensionali. La tesi è incentrata sull'utilizzo della Sequentially Linear Analysis (SLA), un metodo di soluzione agli Elementi Finiti alternativo rispetto ai classici approcci incrementali e iterativi. Il vantaggio della SLA è quello di evitare i ben noti problemi di convergenza tipici delle analisi non lineari, specificando direttamente l'incremento di danno sull'elemento finito, attraverso la riduzione di rigidezze e resistenze nel particolare elemento finito, invece dell'incremento di carico o di spostamento. Il confronto tra i risultati di due prove di laboratorio su lastre in calcestruzzo armato e quelli della SLA ha dimostrato in entrambi i casi la robustezza del metodo, in termini di accuratezza dei diagrammi carico-spostamento, di distribuzione di tensioni e deformazioni e di rappresentazione del quadro fessurativo e dei meccanismi di crisi per taglio. Diverse variazioni dei più importanti parametri del modello sono state eseguite, evidenziando la forte incidenza sulle soluzioni dell'energia di frattura e del modello scelto per la riduzione del modulo elastico trasversale. Infine è stato effettuato un paragone tra la SLA ed il metodo non lineare di Newton-Raphson, il quale mostra la maggiore affidabilità della SLA nella valutazione di carichi e spostamenti ultimi insieme ad una significativa riduzione dei tempi computazionali. ABSTRACT (english) With increasing attention to the assessment of safety in existing dutch bridges and viaducts, the aim of the present thesis is to study, through the Finite Element modeling method and the continuous comparison with experimental results, the real response of elements that compose these infrastructures, i.e. reinforced concrete slabs subjected to concentrated loads. These elements are characterized by shear behavior and crisis, whose modeling is, from a computational point of view, a hard challenge, due to their brittle behavior combined with various 3D effects. The thesis is focused on the use of Sequentially Linear Analysis (SLA), an alternative solution technique to classical non linear Finite Element analyses that are based on incremental and iterative approaches. The advantage of SLA is to avoid the well-known convergence problems of non linear analyses by directly specifying a damage increment, in terms of a reduction of stiffness and strength in the particular finite element, instead of a load or displacement increment. The comparison between the results of two laboratory tests on reinforced concrete slabs and those obtained by SLA has shown in both the cases the robustness of the method, in terms of accuracy of load-displacements diagrams, of the distribution of stress and strain and of the representation of the cracking pattern and of the shear failure mechanisms. Different variations of the most important parameters have been performed, pointing out the strong incidence on the solutions of the fracture energy and of the chosen shear retention model. At last a confrontation between SLA and the non linear Newton-Raphson method has been executed, showing the better reliability of the SLA in the evaluation of the ultimate loads and displacements, together with a significant reduction of computational times.
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I continui sviluppi nel campo della fabbricazione dei circuiti integrati hanno comportato frequenti travolgimenti nel design, nell’implementazione e nella scalabilità dei device elettronici, così come nel modo di utilizzarli. Anche se la legge di Moore ha anticipato e caratterizzato questo trend nelle ultime decadi, essa stessa si trova a fronteggiare attualmente enormi limitazioni, superabili solo attraverso un diverso approccio nella produzione di chip, consistente in pratica nella sovrapposizione verticale di diversi strati collegati elettricamente attraverso speciali vias. Sul singolo strato, le network on chip sono state suggerite per ovviare le profonde limitazioni dovute allo scaling di strutture di comunicazione condivise. Questa tesi si colloca principalmente nel contesto delle nascenti piattaforme multicore ad alte prestazioni basate sulle 3D NoC, in cui la network on chip viene estesa nelle 3 direzioni. L’obiettivo di questo lavoro è quello di fornire una serie di strumenti e tecniche per poter costruire e aratterizzare una piattaforma tridimensionale, cosi come dimostrato nella realizzazione del testchip 3D NOC fabbricato presso la fonderia IMEC. Il primo contributo è costituito sia una accurata caratterizzazione delle interconnessioni verticali (TSVs) (ovvero delle speciali vias che attraversano l’intero substrato del die), sia dalla caratterizzazione dei router 3D (in cui una o più porte sono estese nella direzione verticale) ed infine dal setup di un design flow 3D utilizzando interamente CAD 2D. Questo primo step ci ha permesso di effettuare delle analisi dettagliate sia sul costo sia sulle varie implicazioni. Il secondo contributo è costituito dallo sviluppo di alcuni blocchi funzionali necessari per garantire il corretto funziomento della 3D NoC, in presenza sia di guasti nelle TSVs (fault tolerant links) che di deriva termica nei vari clock tree dei vari die (alberi di clock indipendenti). Questo secondo contributo è costituito dallo sviluppo delle seguenti soluzioni circuitali: 3D fault tolerant link, Look Up Table riconfigurabili e un sicnronizzatore mesocrono. Il primo è costituito fondamentalmente un bus verticale equipaggiato con delle TSV di riserva da utilizzare per rimpiazzare le vias guaste, più la logica di controllo per effettuare il test e la riconfigurazione. Il secondo è rappresentato da una Look Up Table riconfigurabile, ad alte prestazioni e dal costo contenuto, necesaria per bilanciare sia il traffico nella NoC che per bypassare link non riparabili. Infine la terza soluzione circuitale è rappresentata da un sincronizzatore mesocrono necessario per garantire la sincronizzazione nel trasferimento dati da un layer and un altro nelle 3D Noc. Il terzo contributo di questa tesi è dato dalla realizzazione di un interfaccia multicore per memorie 3D (stacked 3D DRAM) ad alte prestazioni, e dall’esplorazione architetturale dei benefici e del costo di questo nuovo sistema in cui il la memoria principale non è piu il collo di bottiglia dell’intero sistema. Il quarto ed ultimo contributo è rappresentato dalla realizzazione di un 3D NoC test chip presso la fonderia IMEC, e di un circuito full custom per la caratterizzazione della variability dei parametri RC delle interconnessioni verticali.
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Con questa tesi si intendono mostrare i risultati delle prove empiriche svolte presso lo stabilimento Saint-Gobain Vetri di Villa Poma (MN) riguardanti l'uso del rottame nella produzione di vetro cavo e la problematica degli infusi. In modo particolare, vengono mostrate le fasi e i parametri produttivi che sono risultati maggiormente correlati con gli infusi. Viene inoltre proposta una serie di analisi circa la qualità del rottame di vetro e si illustra lo svolgimento di un progetto di miglioramento di un fornitore. Si introduce, infine, un innovativo sottoprodotto del riciclo del vetro, in grado di risolvere alcune criticità legate agli infusi: la granella di vetro.
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Negli ultimi anni si è sviluppata una forte sensibilità nei confronti del rischio che il dissesto idrogeologico comporta per il territorio, soprattutto in un paese come il nostro, densamente abitato e geologicamente fragile. Il rischio idrogeologico In Italia infatti è diffuso in modo capillare e si presenta in modo differente a seconda dell’assetto geomorfologico del territorio. Tra i fattori naturali che predispongono il nostro territorio a frane ed alluvioni, rientra la conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un’orografia giovane e da rilievi in via di sollevamento. A seguito del verificarsi di una serie di eventi calamitosi (Piemonte 1994, Campania 1998 e 1999, Sovereto 2000, Alpi centrali 2000 e 2002) sono state emanate leggi specifiche finalizzate all’individuazione e all’applicazione di norme, volte a prevenire e contenere i gravi effetti derivanti dai fenomeni di dissesto. Si fa riferimento in particolare, alle leggi n°267 del 3/08/1998 e 365/2000 che hanno integrato la legge 183/1989. In questo modo gli enti territoriali (Regioni, Autorità di bacino) sono stati obbligati a predisporre una adeguata cartografia con perimetrazione delle aree a differente pericolosità e rischio. Parallelamente continuano ad essere intrapresi, promossi e finanziati numerosi studi scientifici volti allo studio dei fenomeni ed alla definizione più puntuale delle condizioni di rischio, oltre alle iniziative volte alla creazione di un efficace sistema di allertamento e di sorveglianza dei fenomeni e alla messa a punto di una pianificazione di emergenza volta a coordinare in modo efficace la risposta delle istituzioni agli eventi. In questo contesto gli studi su validi approcci metodologici per l’analisi e la valutazione del rischio possono fornire un supporto al processo decisionale delle autorità preposte alla gestione del territorio, identificando gli scenari di rischio e le possibili strategie di mitigazione, e individuando la soluzione migliore in termini di accettabilità sociale e convenienza economica. Nel presente elaborato si vuole descrivere i temi relativi alla valutazione della pericolosità, del rischio e della sua gestione, con particolare attenzione ai fenomeni di instabilità dei versanti e nello specifico ai fenomeni di crollo da pareti rocciose che interessano il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano. Il fenomeno della caduta massi infatti è comunemente diffuso in tutte le regioni di montagna e lungo le falesie costiere, ed in funzione dell’elevata velocità con cui si manifesta può costituire una costante fonte di pericolo per le vite, i beni e le attività umane in zone generalmente molto attive dal punto di vista del turismo e delle grandi vie di comunicazione. Il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano è fortemente interessato da questo problema, sia per la morfologia montuosa della provincia che per le infrastrutture che sempre più occupano zone di territorio un tempo poco urbanizzate. Al fine di pervenire ad una legittima programmazione delle attività di previsione e prevenzione, il Dipartimento dei Lavori Pubblici della Provincia, ha scelto di utilizzare una strategia che prevedesse un insieme di attività dirette allo studio ed alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, alla identificazione dei rischi, ed alla determinazione delle zone del territorio soggette ai rischi stessi. E’ nato così, con l’operatività dell’Ufficio Geologia e Prove Materiali, il supporto del Dipartimento Opere Pubbliche e della Ripartizione Protezione Civile e la collaborazione scientifica del DISTART – Università degli Studi di Bologna, Alma Mater Studiorum, il progetto VISO che riguarda i pericoli generati da frane di crollo, ribaltamento, scivolamento di porzioni di pareti rocciose e caduta massi. Il progetto ha come scopo la valutazione del pericolo, della vulnerabilità e del rischio e dell’effettiva funzionalità delle opere di protezione contro la caduta massi lungo la strada statale del Brennero. Il presente elaborato mostra l’iter per l’individuazione del rischio specifico che caratterizza un particolare tratto stradale, così come è stato pensato dalla Provincia Autonoma di Bolzano all’interno di una strategia di previsione e prevenzione, basata su metodi il più possibile oggettivi, ed estesa all’intera rete stradale di competenza provinciale. Si esamina l’uso di metodologie diverse per calcolare l’intensità di un fenomeno franoso che potrebbe potenzialmente svilupparsi su un versante e si osserva in che modo la presenza di opere di protezione passiva influisce sull’analisi di pericolosità. Nel primo capitolo viene presentata una panoramica sui fenomeni di crollo descrivendo i fattori principali che li originano e gli interventi di protezione posti a difesa del versante. Si esaminano brevemente le tipologie di intervento, classificate in opere attive e passive, con particolare attenzione alle barriere paramassi., che si collocano tra gli interventi di difesa passivi e che stanno diventando il tipo di intervento più frequentemente utilizzato. Nel capitolo vengono descritte dal punto di vista progettuale, prendendo in esame anche la normativa di riferimento nonché le nuove linee guida per la certificazione CE delle barriere, nate negli ultimi anni per portare ad una facile comparabilità dei vari prodotti sottoposti ad impatti normalizzati, definendo con chiarezza i livelli energetici ai quali possono essere utilizzati i vari prodotti e, nel contempo, fornendo informazioni assolutamente indispensabili per la buona progettazione degli stessi. Nel capitolo successivo si prendono in esame i temi relativi alla valutazione della pericolosità e del rischio, l’iter procedurale di analisi del rischio adottato dalla Provincia Autonoma di Bolzano in relazione alle frane da crollo che investono le strade della rete provinciale ed in particolare viene descritto il progetto VISO (Viability Information Operating System), nato allo scopo di implementare un catasto informatizzato che raccolga indicazioni sul patrimonio delle opere di protezione contro la caduta massi e di rilevare e valutare il pericolo, la vulnerabilità, il rischio e l’effettiva funzionalità delle opere di protezione contro la caduta massi lungo le strade statali e provinciali. All’interno dello stesso capitolo si espone come, nell’ambito del progetto VISO e grazie alla nascita del progetto europeo Paramount ” (Improved accessibility reliability and safety of Alpine tran sport infrastructure related to mountainous hazard in a changing climate) si è provveduto, con l’aiuto di una collega del corso di laurea, a raccogliere i dati relativi all’installazione delle barriere paramassi sul territorio della Provincia Autonoma di Bolzano. Grazie ad un’analisi di archivio effettuata all’interno delle diverse sedi del servizio strade della Provincia Autonoma di Bolzano, si è presa visione (laddove presenti) delle schede tecniche delle barriere collocate sul territorio, si sono integrati i dettagli costruttivi contattando le principali ditte fornitrici e si è proceduto con una classificazione delle opere, identificando alcuni modelli di “barriere-tipo che sono stati inseriti nel database PARAMOUNT, già creato per il progetto VISO. Si è proseguito associando a tali modelli le barriere provviste di documentazione fotografica rilevate in precedenza dall’istituto di Geologia della Provincia Autonoma di Bolzano e inserite in VISO e si è valutata la corrispondenza dei modelli creati, andando a verificare sul posto che le barriere presenti sul territorio ed inserite nel database (tramite modello), effettivamente coincidessero, nelle misure e per le caratteristiche geometrico-costruttive, ai modelli a cui erano state associate. Inoltre sono stati considerati i danni tipici a cui può essere soggetta una barriera paramassi durante il suo periodo di esercizio poiché tali difetti andranno ad incidere sulla valutazione dell’utilità del sistema di difesa e di conseguenza sulla valutazione della pericolosità del versante(H*). Nel terzo capitolo si è esposta una possibile integrazione, mediante il software di calcolo RocFall, della procedura di valutazione dell’analisi di pericolosità di un versante utilizzata nell’ambito del progetto VISO e già analizzata in dettaglio nel secondo capitolo. Il software RocFall utilizza un metodo lumped mass su schema bidimensionale basato su ipotesi semplificative e consente di effettuare simulazioni probabilistiche di fenomeni di caduta massi, offrendo importanti informazioni sull’energia che si sviluppa durante il crollo, sulle velocità raggiunte e sulle altezze di rimbalzo lungo tutto il versante considerato, nonché sulla distanza di arresto dei singoli massi. Si sono realizzati dei profili-tipo da associare al versante, considerando il pendio suddiviso in tre parti : parete verticale (H = 100 m) lungo la quale si sviluppa il movimento franoso; pendio di altezza H = 100 m e angolo pari ai quattro valori medi della pendenza indicati nella scheda di campagna; strada (L = 10 m). Utilizzando il software Cad si sono realizzati 16 profili associando la pendenza media del versante a 4 morfologie individuate grazie all’esperienza dell’Istituto di Geologia e Prove materiali della Provincia Autonoma di Bolzano; si è proceduto importando tali profili in RocFall dove sono state aggiunte informazioni riguardanti la massa del blocco e l’uso del suolo, ottenendo 256 profili-tipo ai quali è stata associata una sigla definita come segue : morfologia (1, 2, 3, 4) _ pendenza (37, 53, 67, 83 gradi) _ uso del suolo (A, B, C, D) _ massa (a,b,c,d). Fissando i parametri corrispondenti al peso del masso ( inserito al solo scopo di calcolare la velocità rotazionale e l’energia cinetica ) e considerando, per ogni simulazione, un numero di traiettorie possibili pari a 1000, avendo osservato che all’aumentare di tale numero (purchè sufficientemente elevato) non si riscontrano variazioni sostanziali nei risultati dell’analisi, si è valutato come i parametri uso del suolo (A;B;C;D), morfologia (1;2;3;4) e pendenza (37°;53°;67°;83°) incidano sulla variazione di energia cinetica, di altezza di rimbalzo e sulla percentuale di massi che raggiunge la strada, scegliendo come punto di riferimento il punto di intersezione tra il pendio e la strada. Al fine di realizzare un confronto tra un profilo reale e un profilo-tipo, sono stati utilizzati 4 profili posti su un versante situato nel Comune di Laives, noto per le frequenti cadute di massi che hanno raggiunto in molti casi la strada. Tali profili sono stati visionati in sede di sopralluogo dove si è provveduto alla compilazione delle schede di campagna (impiegate per valutare l’intensità del fenomeno che potenzialmente si sviluppa dal versante) e all’individuazione dei profili-tipo corrispondenti. Sono state effettuate analisi di simulazione per entrambe le tipologie di profilo, e sono stati confrontati i risultati ottenuti in termini di Energia cinetica; altezza di rimbalzo e percentuale dei blocchi in corrispondenza della strada. I profili reali sono stati importati in RocFal in seguito ad estrapolazione dal modello digitale del terreno (ottenuto da analisi con Laser Scanner) utilizzando l’ estensione Easy Profiler nel software Arcmap. Infine si è valutata la possibilità di collocare eventuali barriere paramassi su un profilo reale, si è proceduto effettuando una analisi di simulazione di caduta massi in RocFall, importando in excel i valori corrispondenti all’andamento dei massimi dell’Energia cinetica e dell’altezza di rimbalzo lungo il pendio che forniscono una buona indicazione circa l´idonea ubicazione delle opere di protezione.
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Il concetto di "core training" è ampiamente diffuso nelle moderne metodologie di allenamento, nonostante sia spesso collegato a pratiche da campo non pienamente supportate dalla ricerca scientifica. Il termine "core" identifica il "centro funzionale del corpo" in grado di garantire una "adeguata stabilità prossimale al fine di ottimizzare la mobilità distale", sostenendo il complesso lombo-pelvico e permettendo la connessione funzionale tra arti e tronco. La muscolatura del core, cositutita principalmente dalla regione addominale e paraspinale, è ben condizionabile dall'utilizzo di superfici instabili quali Bosu e Fitball, strumenti comuni nel settore sportivo e rieducativo ma sui quali esistono teorie e conoscenze altamente eterogenee. Obiettivo della presente tesi è, dunque, da un lato quello di confrontare una varietà di esercizi eseguibili su entrambe le superfici instabili precedentemente citate al fine di determinare le attivazioni muscolari a livello del "core", dall'altro quello di valutare gli effetti indotti da un "core training" di 8 settimane su parametri performance-specifici. Lo studio, effettuato su atleti aventi una elevata esperienza in tale settore, evidenzia valori elettromiografici superiori nella Fitball e Bosu rispetto al tappeto, seppure in maniera non significativa; circa il legame con aspetti prestativi, emerge invece come un allenamento specifico ad alto impatto nervoso, modulato secondo un target razionale, consenta di incrementare l'endurance della muscolatura addominale, l'equilibrio funzionale dinamico e la capacità di trasmissione di forze arti-tronco, giustificandone un utilizzo in vari settori dell'attività motoria.
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Il presente lavoro presenta una analisi di sensitività sui parametri progettuali più significativi per i sistemi di ancoraggio di dispositivi di produzione di energia del mare di tipo galleggiante, comunemente conosciuti come Floating Wave Energy Converters (F-WEC). I convertitori di questo tipo sono installati offshore e possono basarsi su diversi principi di funzionamento per la produzione di energia: lo sfruttamento del moto oscillatorio dell’onda (chiamati Wave Active Bodies, gran parte di convertitori appartengono la tecnologia di questo tipo), la tracimazione delle onde (Overtopping Devices), o il principio della colonna d’acqua oscillante (Oscillating Water Columns). La scelta del luogo di installazione dei tali dispositivi implica una adeguata progettazione del sistema di ancoraggio che ha lo scopo di mantenere il dispositivo in un intorno sufficientemente piccolo del punto dove è stato originariamente collocato. Allo stesso tempo, dovrebbero considerarsi come elemento integrato del sistema da progettare al fine di aumentare l’efficienza d’estrazione della potenza d’onda. Le problematiche principali relativi ai sistemi di ancoraggio sono: la resistenza del sistema (affidabilità, fatica) e l’economicità. Le due problematiche sono legate tra di loro in quanto dall’aumento del resistenza dipende l’aumento della complessità del sistema di ancoraggio (aumentano il numero delle linee, si utilizzano diametri maggiori, aumenta il peso per unità di lunghezza per ogni linea, ecc.). E’ però chiaro che sistemi più affidabili consentirebbero di abbassare i costi di produzione e renderebbero certamente più competitiva l’energia da onda sul mercato energetico. I dispositivi individuali richiedono approcci progettuali diversi e l’economia di un sistema di ormeggio è strettamente legata al design del dispositivo stesso. Esistono, ad oggi, una serie di installazioni a scala quasi di prototipo di sistemi WEC che hanno fallito a causa del collasso per proprio sistema di ancoraggio, attirando così l’attenzione sul problema di una progettazione efficiente, affidabile e sicura.
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Il presente documento affronta l’impiego dell’effetto Coanda come metodo di sostentamento per velivoli UAV/UAS. A tal proposito è stato valutato il dimostratore costruito presso la facoltà mediante l’ottimizzazione del sistema propulsivo impiegato e la variazione di configurazioni atte a ricercare l’influenza sulla trazione, di alcuni parametri individuati dalla bibliografia. I dati raccolti sono stati posti a confronto con quelli pubblicati e in parte stimati, con alcuni dimostratori attualmente volanti. Dalle conclusioni elaborate dalla sperimentazione con il dimostratore, si è analizzato l’effetto Coanda su un semi-modello a profilo ellittico, variando la collocazione e la portata della sorgente, dandone una prima descrizione analitica.
Resumo:
Con il trascorrere del tempo, le reti di stazioni permanenti GNSS (Global Navigation Satellite System) divengono sempre più un valido supporto alle tecniche di rilevamento satellitare. Esse sono al tempo stesso un’efficace materializzazione del sistema di riferimento e un utile ausilio ad applicazioni di rilevamento topografico e di monitoraggio per il controllo di deformazioni. Alle ormai classiche applicazioni statiche in post-processamento, si affiancano le misure in tempo reale sempre più utilizzate e richieste dall’utenza professionale. In tutti i casi risulta molto importante la determinazione di coordinate precise per le stazioni permanenti, al punto che si è deciso di effettuarla tramite differenti ambienti di calcolo. Sono stati confrontati il Bernese, il Gamit (che condividono l’approccio differenziato) e il Gipsy (che utilizza l’approccio indifferenziato). L’uso di tre software ha reso indispensabile l’individuazione di una strategia di calcolo comune in grado di garantire che, i dati ancillari e i parametri fisici adottati, non costituiscano fonte di diversificazione tra le soluzioni ottenute. L’analisi di reti di dimensioni nazionali oppure di reti locali per lunghi intervalli di tempo, comporta il processamento di migliaia se non decine di migliaia di file; a ciò si aggiunge che, talora a causa di banali errori, oppure al fine di elaborare test scientifici, spesso risulta necessario reiterare le elaborazioni. Molte risorse sono quindi state investite nella messa a punto di procedure automatiche finalizzate, da un lato alla preparazione degli archivi e dall’altro all’analisi dei risultati e al loro confronto qualora si sia in possesso di più soluzioni. Dette procedure sono state sviluppate elaborando i dataset più significativi messi a disposizione del DISTART (Dipartimento di Ingegneria delle Strutture, dei Trasporti, delle Acque, del Rilevamento del Territorio - Università di Bologna). E’ stato così possibile, al tempo stesso, calcolare la posizione delle stazioni permanenti di alcune importanti reti locali e nazionali e confrontare taluni fra i più importanti codici scientifici che assolvono a tale funzione. Per quanto attiene il confronto fra i diversi software si è verificato che: • le soluzioni ottenute dal Bernese e da Gamit (i due software differenziati) sono sempre in perfetto accordo; • le soluzioni Gipsy (che utilizza il metodo indifferenziato) risultano, quasi sempre, leggermente più disperse rispetto a quelle degli altri software e mostrano talvolta delle apprezzabili differenze numeriche rispetto alle altre soluzioni, soprattutto per quanto attiene la coordinata Est; le differenze sono però contenute in pochi millimetri e le rette che descrivono i trend sono comunque praticamente parallele a quelle degli altri due codici; • il citato bias in Est tra Gipsy e le soluzioni differenziate, è più evidente in presenza di determinate combinazioni Antenna/Radome e sembra essere legato all’uso delle calibrazioni assolute da parte dei diversi software. E’ necessario altresì considerare che Gipsy è sensibilmente più veloce dei codici differenziati e soprattutto che, con la procedura indifferenziata, il file di ciascuna stazione di ciascun giorno, viene elaborato indipendentemente dagli altri, con evidente maggior elasticità di gestione: se si individua un errore strumentale su di una singola stazione o se si decide di aggiungere o togliere una stazione dalla rete, non risulta necessario il ricalcolo dell’intera rete. Insieme alle altre reti è stato possibile analizzare la Rete Dinamica Nazionale (RDN), non solo i 28 giorni che hanno dato luogo alla sua prima definizione, bensì anche ulteriori quattro intervalli temporali di 28 giorni, intercalati di sei mesi e che coprono quindi un intervallo temporale complessivo pari a due anni. Si è così potuto verificare che la RDN può essere utilizzata per l’inserimento in ITRF05 (International Terrestrial Reference Frame) di una qualsiasi rete regionale italiana nonostante l’intervallo temporale ancora limitato. Da un lato sono state stimate le velocità ITRF (puramente indicative e non ufficiali) delle stazioni RDN e, dall’altro, è stata effettuata una prova di inquadramento di una rete regionale in ITRF, tramite RDN, e si è verificato che non si hanno differenze apprezzabili rispetto all’inquadramento in ITRF, tramite un congruo numero di stazioni IGS/EUREF (International GNSS Service / European REference Frame, SubCommission for Europe dello International Association of Geodesy).
Resumo:
Satellite SAR (Synthetic Aperture Radar) interferometry represents a valid technique for digital elevation models (DEM) generation, providing metric accuracy even without ancillary data of good quality. Depending on the situations the interferometric phase could be interpreted both as topography and as a displacement eventually occurred between the two acquisitions. Once that these two components have been separated it is possible to produce a DEM from the first one or a displacement map from the second one. InSAR DEM (Digital Elevation Model) generation in the cryosphere is not a straightforward operation because almost every interferometric pair contains also a displacement component, which, even if small, when interpreted as topography during the phase to height conversion step could introduce huge errors in the final product. Considering a glacier, assuming the linearity of its velocity flux, it is therefore necessary to differentiate at least two pairs in order to isolate the topographic residue only. In case of an ice shelf the displacement component in the interferometric phase is determined not only by the flux of the glacier but also by the different heights of the two tides. As a matter of fact even if the two scenes of the interferometric pair are acquired at the same time of the day only the main terms of the tide disappear in the interferogram, while the other ones, smaller, do not elide themselves completely and so correspond to displacement fringes. Allowing for the availability of tidal gauges (or as an alternative of an accurate tidal model) it is possible to calculate a tidal correction to be applied to the differential interferogram. It is important to be aware that the tidal correction is applicable only knowing the position of the grounding line, which is often a controversial matter. In this thesis it is described the methodology applied for the generation of the DEM of the Drygalski ice tongue in Northern Victoria Land, Antarctica. The displacement has been determined both in an interferometric way and considering the coregistration offsets of the two scenes. A particular attention has been devoted to investigate the importance of the role of some parameters, such as timing annotations and orbits reliability. Results have been validated in a GIS environment by comparison with GPS displacement vectors (displacement map and InSAR DEM) and ICEsat GLAS points (InSAR DEM).
Resumo:
L’oggetto della mia ricerca è la società multiculturale e il livello di sviluppo sociale delle comunità minoritarie in Macedonia, rispetto all’attuazione delle politiche e i programmi europei per la stabilizzazione democratica. L’indagine condotta nella mia tesi si è sviluppata esaminando i risultati ottenuti dai programmi CARDS, attuati per soddisfare gli obblighi stabiliti nell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione e per l’implementazione dell’Accordo Quadro di Ohrid. Uno dei valori democratici, su cui l’UE è particolarmente attenta, ed al quale ha riservato un posto primario nei programmi CARDS, è la tutela dei diritti delle minoranze ossia il rispetto delle differenze culturali, linguistiche e religiose. L’obiettivo della mia indagine è stato quello di valutare l’impatto delle politiche europee sulla normativa macedone, concernente i diritti delle comunità minoritarie, ovvero il loro effetto sul consolidamento della società multiculturale e sullo status sociale delle comunità minoritarie in Macedonia. A tale scopo, in primo luogo sono stati esaminati gli emendamenti costituzionali e le modifiche legislative introdotti in seguito alla stipulazione dell’Accordo Quadro di Ohrid. L’analisi è stata incentrata nel verificare se la normativa macedone rientra nei parametri della normativa europea. I risultati ottenuti dimostrano quale è il tipo di multiculturalismo che promuove e garantisce la costituzione macedone. Attraverso l’analisi dei rapporti preparati dalla Commissione europea, relativi all’implementazione del Processo di Stabilizzazione e Associazione, è stato dimostrato come le politiche e i programmi europei hanno inciso sul consolidamento della società multiculturale. Analizzando invece i risultati dai rapporti relativi all’implementazione delle disposizioni dell’Accordo Quadro di Ohrid è stato valutato l’impatto che le politiche europee hanno avuto sullo sviluppo sociale delle comunità minoritarie in Macedonia. Per la valutazione di questo ultimo, sono state prese in considerazione il livello di partecipazione politica delle comunità minoritarie, la realizzazione delle richieste e delle questioni legate alla loro particolarità, l’ambito normativo regolato dal diritto di con-decisione, la rappresentanza delle comunità minoritarie nella sfera pubblica, il livello dell’accesso di istruirsi nella propria lingua e quindi il livello di istruzione e l’ambito e la libertà di usare la propria lingua nel settore pubblico. I concetti principali di questa ricerca sono: cooperazione, democrazia, multiculturalismo e sviluppo. Il termine cooperazione usato in questa ricerca si riferisce ai rapporti di cooperazione instaurati tra l’Unione Europea e la Macedonia nell’ambito dell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione e dell’Accordo Quadro di Ohrid, ossia il sostegno dell’UE per la stabilizzazione democratica della Macedonia. Riferendosi a questa ultima, si fa riferimento al livello di garanzia di libera partecipazione dei cittadini, in ogni segmento della vita politica, sociale ed economica, senza discriminazioni etniche, linguistiche e religiose. Il termine multiculturalismo si riferisce alla società multiculturale ed è legato alla questione della politica della differenza, ossia del riconoscimento delle differenze culturali, che discendono dall’appartenenza ad una minoranza etnica e linguistica. Il multiculturalismo in questa ricerca viene analizzato, riferendosi alla multiculturalità della società macedone e ai diritti che la Costituzione macedone garantisce alle comunità minoritarie in Macedonia. Infine, per lo sviluppo in questa ricerca si fa riferimento allo sviluppo sociale delle comunità minoritarie, inteso e misurato tramite una seri di indicatori relativi all’occupazione (crescita di capitale sociale), all’educazione (capitale umano e qualifica di alta istruzione), alla partecipazione politica (occupazione dei posti principali nelle istituzione governative e della amministrazione pubblica), alla diffusione della cultura (uso e mantenimento della lingua e delle tradizioni) ecc. Prendendo in considerazione i principali concetti di questa tesi, il quadro teorico della ricerca sviluppa i nodi cruciali del dibattito sullo sviluppo e la democrazia, sul nesso tra democrazia e multiculturalismo e tra multiculturalismo e sviluppo. Attenendosi alle varie tesi, la ricerca avrà lo scopo di rilevare come si conciliano la società multiculturale macedone ed il modello democratico vigente. In questo contesto sarà fatto riferimento alle tesi fanno favoriscono la necessità di iniziare con la democrazia per poter innescare e sostenere il processo di sviluppo, alla tesi che sostiene la necessità di riconoscimento obbligatorio dei diritti collettivi nella società multiculturale, ossia dell’etnosviluppo delle comunità minoritarie. La ricerca è stata condotta tramite i seguenti metodi: - Il metodo descrittivo sarà usato per descrivere cosa è accaduto nel periodo di interesse di ricerca, riguardo i cambiamenti di natura sociale e politica delle minoranze in Macedonia. - Il metodo comparativo sarà applicato nella comparazione dell'efficacia delle leggi relative ai diritti delle minoranze e del loro status di sviluppo sociale e politico, prima e dopo l'attuazione e implementazione delle riforme europee. - Il metodo qualitativo sarà applicato per l’analisi di documenti, della legislatura e dei rapporti europei e nazionali. Le fonti usate in questa ricerca principalmente si basano su: - analisi di documenti e rapporti governativi, rapporti elaborati dalla Commissione Europea, dall’OSCE, dagli organi governativi e dalle organizzazioni non governative. - analisi di letteratura accademica, focalizzata sui problemi che sono oggetto di questa ricerca. - analisi di documenti pubblicati, come la gazzetta ufficiale, leggi costituzionali e atti legislativi, strategie nazionali e statistiche ufficiali. - analisi dei dati ottenuti da interviste e questionari.