977 resultados para emodialisi, eco-dialisi, rigenerazione fluido di dialisi


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La mobilitazione di polveri radioattive nel caso di un incidente di perdita di vuoto (LOVA) all’interno di ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), è uno dei problemi di sicurezza che si sono posti durante la costruzione di tale reattore. Le polveri vengono generate dalla continua erosione da parte del plasma del materiale di contenimento. Ciò porta ad un accumulo delle stesse all’interno della camera di vuoto. Nel caso di un incidente LOVA il rilascio di tali polveri in atmosfera rappresenta un rischio per la salute di lavoratori e della popolazione circostante. Per raccogliere dati su tale tipo di incidente è stata costruita presso il laboratorio dell’università di Tor Vergata una piccola facility, STARDUST, in cui sono stati eseguiti vari esperimenti con delle condizioni iniziali simili a quelle presenti all’interno di ITER. Uno di questi esperimenti in particolare simula la rottura della camera di vuoto mediante l’ingresso di aria in STARDUST, inizialmente posto a 100 Pa, con un rateo di pressurizzazione di 300 Pa s−1. All’interno del serbatoio sono presenti delle polveri che, in differente percentuale, vengono portate in sospensione dal flusso di fluido entrante. In particolare le polveri sono composte da tungsteno (W), acciaio inossidabile (SS – 316 ) e carbonio ( C ). Scopo del presente lavoro è quello di riprodurre il campo di velocità che si genera all’interno di STARDUST nel caso dell’esperimento appena descritto e valutare il moto delle particelle portate in sospensione e la loro successiva deposizione. Ciò viene fatto mediante l’utilizzo di una geometria bidimensionale creata con Salome. Su tale geometria sono costruite differenti mesh strutturate in base al tipo di simulazione che si vuole implementare. Quest’ultima viene poi esportata nel solutore utilizzato, Code_Saturne. Le simulazioni eseguite possono essere suddivise in tre categorie principali. Nella prima (Mesh A) si è cercato di riprodurre i risultati numerici presentati dagli autori della parte sperimentale, che hanno utilizzato il software commerciale Fluent. Nella seconda si è riprodotto il campo di velocità interno a STARUDST sulla base dei dati sperimentali in possesso. Infine nell’ultima parte delle simulazioni si è riprodotto il moto delle particelle sospese all’interno del fluido in STARDUST, valutandone la deposizione. Il moto del fluido pressurizzante è stato considerato come compressibile. Il regime di moto è stato considerato turbolento viste le elevate velocità che provocavano elevati valori del numero di Reynolds per l’aria. I modelli con cui si è trattata la turbolenza sono stati di tre tipi. Il campo di velocità ottenuto è stato leggermente differente nei tre casi e si è proceduto ad un confronto per valutare le cause che hanno portato a tali differenze. Il moto delle particelle è stato trattato mediante l’utilizzo del modello di tracciamento lagrangiano delle particelle implementato in Code_Saturne. Differenti simulazioni sono state eseguite per tenere in considerazione i vari modelli di turbolenza adottati. Si è dunque proceduto ad analizzare similitudini e differenze dei risultati ottenuti.

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Il TiO2 è probabilmente il fotocatalizzatore maggiormente studiato in letteratura a partire già dagli anni settanta. Le applicazioni più rilevanti dei dispositivi fotocatalitici sono in campo ambientale (depurazione delle acque da inquinanti quali coloranti, microbatteri e residui metallici) e nella produzione di "solar fuel" (combustibili solari), fra questi l'idrogeno. L'idrogeno come vettore energetico è eco-compatibile e può essere utilizzato come carburante il cui prodotto di scarto è vapor d'acqua. Il biossido di titanio è uno dei materiali più promettenti per la costruzione di celle fotocatalitiche, grazie alla sua biocompatibilità e resistenza alla corrosione in ambiente acquoso. Il limite principale di questo materiale è legato allo scarso assorbimento nel visibile dovuto al band gap troppo elevato (circa 3.2 eV). Fra le varie strategie per superare questo problema, è stato mostrato che opportuni droganti permettono di incrementare la "Visible Light Activity", portando ai cosiddetti fotocatalizzatori di 2a generazione. I droganti più promettenti sono il vanadio e l'azoto che possono essere utilizzati singolarmente o in co-doping. L'inserimento di questi materiali nella matrice di TiO2 porta a un notevole miglioramento dei dispositivi abbassando il valore di band gap e permettendo un maggiore assorbimento nello spettro solare. Scopo di questa tesi è lo studio dei processi di crescita di film nanoparticellari di TiO2 drogato con vanadio. La tecnica di crescita usata è la Condensazione in Gas Inerte (IGC), mentre per l'indagine di morfologia e composizione ci si è serviti della microscopia elettronica. Con l'ausilio della diffrazione di raggi X è stato possibile controllare lo stato di cristallizzazione e determinare a quali temperature di trattamento in atmosfera ossidante avviene quest'ultima. Tramite le misure micro-Raman effettuate presso i laboratori dell'Università di Trento è stato possibile monitorare l'andamento della cristallizzazione di campioni depositati con parametri di evaporazione differenti (presenza di ossigeno o meno nell'atmosfera di evaporazione), evidenziando un maggior controllo sulla fase cristallina ottenuta per i campioni cresciuti in atmosfera ricca di ossigeno. Sono state effettuate analisi strutturali avanzate presso i laboratori ESRF di Grenoble, dove sono state portate avanti misure di assorbimento di raggi X di tipo EXAFS e XANES sulla soglia del titanio e del vanadio, evidenziando il carattere sostituzionale del vanadio all'interno della matrice di TiO2 e le diverse fasi di cristallizzazione.

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In questo progetto di tesi abbiamo lavorato all’ottimizzazione di un nuovo processo di sintesi di idrossitirosolo eco-compatibile e di possibile applicazione industriale. Il processo, che risulta una via molto competitiva per ottenere idrossitirosolo, si compone di due step: una prima sintesi di un intermedio acetalico e la successiva riduzione di questo al prodotto di interesse. In particolare il lavoro di tesi ha riguardato lo studio di catalizzatori e delle condizioni per le due reazioni al fine di aumentare le selettività dei prodotti target, analizzando la formazione dei sottoprodotti. Si è cercato, inoltre, di intraprendere una strada alternativa, provando la sintesi di un intermedio acetalico ciclico (possibilmente più stabile dell’altro intermedio acetalico) e, quindi, la sua riduzione, ritenendo di poter così evitare la formazione dei sottoprodotti. In this project we worked on the optimization of a new and industrially applicable process for the synthesis of hydroxytyrosol. Furthermore, we devised a process according to the principles of green chemistry. The process, that is a competitive way to obtain hydroxytyrosol, consists of two steps: first the synthesis of an acetalic precursor and then its reduction. Particularly the work was focused on the study of the catalysts and the conditions for the two reactions in order to increase the selectivity of target products, also analyzing the formation of the by-products. At last, we tried to take an alternative route with the synthesis of another acetalic precursor: a cyclic one. This because we thought that a cyclic acetal should be more stable than not cyclic one and maybe the reduction on this second precursor could not pass by the formation of the by-products already saw.

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Il crescente fabbisogno energetico mondiale, dovuto essenzialmente al rapido incremento di popolazione originatosi nel secolo scorso, unitamente alla necessità di ridurre le emissioni di anidride carbonica, porta a ricercare continuamente nuove fonti primarie di energia nonché metodi innovativi per il recupero di quest’ultima da materiali di scarto. I Cicli Rankine a fluido Organico (Organic Rankine Cycle) rappresentano in questo senso una tecnologia emergente capace di rivoluzionare il concetto di risparmio energetico. In questa tesi viene effettuato uno studio dettagliato della tecnologia ORC, che mira ad identificarne i principali vantaggi e le maggiori problematiche, con particolare riferimento ad un caso di studio concreto, riguardante l’installazione di un impianto di recupero energetico da fumi di combustione all’interno di uno stabilimento di produzione di nero di carbonio. Il cuore della tesi è rappresentato dall’individuazione e dall’analisi dettagliata delle alternative impiantistiche con cui il recupero energetico può essere realizzato. Per ognuna di esse, dopo una breve spiegazione, viene effettuato il calcolo dell’energia elettrica prodotta annualmente con l’ausilio un simulatore di processo. Successivamente vengono esposte le proposte ricevute dai fornitori interpellati per la fase di progettazione di base dell’impianto di recupero energetico. Nell’ultima parte della tesi viene presentata la simulazione fluidodinamica del camino di una delle linee di produzione dell’impianto di Ravenna, effettuata utilizzando un codice CFD e mirata alla verifica dell’effettiva quantità di calore recuperato dai fumi e dell’eventuale presenza di condense lungo la ciminiera. I risultati ottenuti mostrano che la tecnologia ORC, utilizzata per il recupero energetico in ambito industriale, possiede delle grosse potenzialità. La massimizzazione dei vantaggi derivanti dall’utilizzo di questi sistemi è tuttavia fortemente condizionata dalla capacità di gestire al meglio l’integrazione degli impianti di recupero all’interno dei processi produttivi esistenti.

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A partire dal 1° giugno 2015 è stato adottato ufficialmente in Europa il Regolamento 1272/2008/CE relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e miscele pericolose, noto con il termine di Regolamento CLP. La data del 1° giugno 2015 coincide anche con il termine ultimo prescritto per il recepimento da parte degli Stati membri dell’Unione Europea della Direttiva 2012/18/UE sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose. Dunque, come recepimento della sopracitata direttiva, il 29 luglio 2015 è stato emanato in Italia il D.Lgs. 105/2015, che ha introdotto numerose novità indotte non solo dalla direttiva da cui discende, ma anche e soprattutto dal fatto che il Legislatore italiano ha colto l’occasione per legiferare su alcuni aspetti attuativi della direttiva, così da produrre quello che viene identificato in ambito nazionale come Testo Unico per il rischio di incidente rilevante. La variazione più evidente apportata dal D.Lgs. 105/2015 rispetto alla norma precedente è l’adeguamento dell’allegato 1 al Regolamento CLP; l’allegato 1 elenca le sostanze e le categorie di sostanze pericolose con i corrispondenti valori soglia da utilizzare per valutare l’assoggettabilità degli stabilimenti al Decreto. A fronte dell’emanazione del D.Lgs. 105/2015, l’impatto dell’adeguamento è controverso e non noto a priori: nonostante la classificazione degli stabilimenti assoggettabili si mantenga sempre su due livelli, non è da escludersi il possibile passaggio di uno stabilimento da una situazione a rischio basso ad una a rischio alto o viceversa oil suo ingresso o la sua fuoriuscita dal campo di applicazione del Decreto. Altri elementi innovativi introdotti dal D.Lgs. 105/2015 sono relativi ai contenuti del Rapporto di Sicurezza, che deve essere redatto e trasmesso dai Gestori degli stabilimenti a maggior rischio: viene disposta per generici stabilimenti la possibilità di adottare per l’analisi preliminare del rischio metodologie alternative al metodo ad indici finora esclusivamente previsto dalla norma italiana. Inoltre, nel testo del D.Lgs. 105/2015 vengono ufficialmente indicati i riferimenti a due metodi semplificati (uno per il suolo e sottosuolo e uno per le acque superficiali) per la valutazione del rischio di contaminazione ambientale causato da rilasci rilevanti di idrocarburi liquidi e/o sostanze eco-tossiche da depositi. Per quanto riguarda il rischio di incidenti tecnologici innescati da fenomeni naturali (rischio NaTech), la nuova norma sancisce la libertà di scelta da parte dei Gestori della metodologia di valutazione da adottare con riferimento allo stato dell’arte in materia. Al fine di applicare una prima valutazione delle novità introdotte dal D.Lgs. 105/2015, si è considerata l’applicazione di alcune valutazioni previste dal Decreto a due casi di studio reali: come primo caso si è scelto uno Stabilimento che effettua principalmente l’attività di produzione e deposito nel settore degli esplosivi e come secondo caso uno Stabilimento che produce e confeziona prodotti per la nutrizione e difesa vegetale rappresentati per lo più da fertilizzanti organo-minerali e agrofarmaci.

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L’oggetto di questa tesi è un intervento di rigenerazione, riqualificazione ed efficientamento energetico di un edificio residenziale di 40 alloggi a Bologna, zona Bolognina. Quest’ultimo, vittima dei bombardamenti della seconda Guerra Mondiale fu ricostruito nel 1952 mantenendo le caratteristiche di quello precedente. Come in molti edifici analoghi per epoca di costruzione e aratteristiche, anche in questo caso si manifestano alcune criticità ricorrenti, in particolare: - Scarsa efficienza energetica; - Inadeguatezza sismica; - Comfort abitativo insoddisfacente; - Taglio degli alloggi pensato per nuclei famigliari diversi da quelli attuali; - Spazi pubblici, dotazioni e arredi urbani carenti. L'obiettivo che si pone la tesi è quello di migliorare la vivibilità dell'edificio e dell'area in cui si colloca, adattandolo alle esigenze di oggi e di domani. Il progetto propone un insieme di interventi coordinati, definiti con attenzione per la loro fattibilità tecnica e tenendo conto del fatto che si tratta di un complesso di edilizia residenziale pubblica del patrimonio ACER Bologna. In termini pratici, il progetto interviene sia sugli spazi circostanti l'edificio, sia sul manufatto architettonico. A scala micro-urbana è stata prevista la riorganizzazione e il riordino delle aree scoperte di pertinenza, ridefinendo la viabilità dotandole di elementi di arredo che ne consentano la fruizione. A scala edilizia è stato progettato un efficientamento energetico che portasse l'edificio in classe A dalla attuale classe energetica F. Ciò ha richiesto di ridefinire le stratigrafie delle chiusure verticali ed orizzontali in coerenza con gli aspetti di composizione delle facciate. Piccole riconfigurazioni interne hanno poi portato ad un riassetto del taglio degli alloggi per disporre in maggior numero di unità di piccole dimensioni, adatte alla domanda oggi prevalente.

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Analisi fatte su colate attive, mostrano che per loro natura i lenti movimenti della frana, possono essere accelerati e fluidificati durante estesi o intesi periodi di pioggia. Il meccanismo ampiamente proposto che produce questo tipo di comportamento fluido, è rappresentato dall’aumento della pressione dall’acqua nei pori all’interno del corpo di frana, generando così una parziale o completa liquefazione. Questa transizione solido-liquido è il risultato di una drastica riduzione, in termini di rigidezza meccanica nella zona di terreno liquefatto, il quale può essere potenzialmente rilevata dal monitoraggio della variazione nelle velocità delle onde di taglio (Vs), come dimostrato dalla studio effettuato da Mainsant et al. del 2012. Con questo presupposto in mente, è stata condotta una campagna di monitoraggio durata da maggio a settembre 2015, che attraverso la tecnica d’indagine sismica MASW con metodo attivo-passivo, si è misurato, con cadenza bimestrale, la velocità delle onde di taglio superficiali in vari punti del corpo di frana della colata di Montevecchio (Cesena). Al fine di possedere una conoscenza migliore di suddetta frana, è stato condotto uno studio morfoevolutivo preliminare al periodo di monitoraggio, identificando e definendo così i principali aspetti che caratterizzano la frana. Dai risultati ottenuti dal monitoraggio, si evince che il cambiamento reologico nei terreni fini di frana, possono essere osservato attraverso la variazione delle (Vs), identificando una correlazione diretta tra eventi di precipitazione, con conseguente riattivazione della frana e decrescita delle velocità (Vs), tanto più marcato, quanto maggiore è stato lo spostamento registrato. Il lavoro di tesi condotto conferma quanto detto nello studio di Mainsant et al. del 2012, ponendolo come un valido metodo per predire gli eventi franosi tipo colata.

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Questa tesi si focalizza sullo studio dei modelli fisico-matematici attualmente in uso per la simulazione di fluidi al calcolatore con l’obiettivo di fornire nozioni di base e avanzate sull’utilizzo di tali metodi. La trattazione ha lo scopo di facilitare la comprensione dei principi su cui si fonda la simulazione di fluidi e rappresenta una base per la creazione di un proprio simulatore. E’ possibile studiare le caratteristiche di un fluido in movimento mediante due approcci diversi, l’approccio lagrangiano e l’approccio euleriano. Mentre l’approccio lagrangiano ha lo scopo di conoscere il valore, nel tempo, di una qualsiasi proprietà di ciascuna particella che compone il fluido, l’approccio euleriano, fissato uno o più punti del volume di spazio occupato da quest’ultimo, vuole studiare quello che accade, nel tempo, in quei punti. In particolare, questa tesi approfondisce lo studio delle equazioni di Navier-Stokes, approcciandosi al problema in maniera euleriana. La soluzione numerica del sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali derivante dalle equazioni sopracitate, approssima la velocità del fluido, a partire dalla quale è possibile risalire a tutte le grandezze che lo caratterizzano. Attenzione viene riservata anche ad un modello facente parte dell’approccio semi-lagrangiano, il Lattice Boltzmann, considerato una via di mezzo tra i metodi puramente euleriani e quelli lagrangiani, che si basa sulla soluzione dell’equazione di Boltzmann mediante modelli di collisione di particelle. Infine, analogamente al metodo di Lattice Boltzmann, viene trattato il metodo Smoothed Particles Hydrodynamics, tipicamente lagrangiano, secondo il quale solo le proprietà delle particelle comprese dentro il raggio di una funzione kernel, centrata nella particella di interesse, influenzano il valore della particella stessa. Un resoconto pratico della teoria trattata viene dato mediante delle simulazioni realizzate tramite il software Blender 2.76b.

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Il calore contenuto in profondità negli ammassi rocciosi può essere estratto attraverso un sistema geotermico che prevede l’inserimento di tubazioni in corrispondenza del rivestimento del tunnel, all'interno del quale circola un fluido termovettore che assorbe calore dalle pareti circostanti. Il caso di studio analizzato è la Galleria di Mules, un tunnel scavato in metodo tradizionale all'interno del Granito di Bressanone, che funge come unica finestra di accesso sul lato italiano alla Galleria di Base del Brennero (BBT). Essa si sviluppa in direzione ovest-est per una lunghezza pari circa a 1780 m. In fase di esercizio. Attraverso una caratterizzazione geologica e idrogeologica dell’area di interesse, prove di laboratorio su campioni e rilevazioni delle temperature all’interno della galleria, è stato possibile delineare un quadro geotermico dell’area di interesse. I dati raccolti hanno permesso di ricavare un modello 3D delle temperature dell’area e, attraverso un’apposita procedura di calcolo, quantificare il potenziale energetico estraibile dal tratto di galleria considerato. Sulla base dei risultati ottenuti, è stato realizzato uno schema dettagliato della disposizione del circuito sorgente, adattato sul progetto definitivo del rivestimento interno alla Galleria di Mules. In assenza di potenziali utenze termiche nelle vicinanze del portale di accesso, si è ipotizzato di destinare la risorsa geotermica ad una pavimentazione stradale dotata di sistema snow and ice melting. La pavimentazione permetterà il collegamento fra la strada SS12 e l’imbocco del tunnel. E’ stata effettuata una stima dei costi di investimento dell’intero sistema a pompa di calore e, sulla base del fabbisogno energetico dell’utenza considerata, sono stati valutati i costi di esercizio, confrontandoli con altre possibili soluzioni. Lo studio ha dimostrato la fattibilità tecnico-economica di soluzioni di questo tipo e si pone come primo passo per approfondimenti futuri.

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Implementazione sequenziale e parallela dell'algoritmo Evolution Constructed feature per il riconoscimento di oggetti in immagini. Analisi dei risultati ottenuti dall'algoritmo tramite la precision e la recall. Confronto dei tempi di esecuzione delle due versioni dell'algoritmo al fine di valutare gli effettivi guadagni ottenuti tramite la parallelizzazione.

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In questa tesi ci si è posto l’obiettivo di caratterizzare la modalità di trasporto con cui studenti e lavoratori si recano in Via Terracini e quindi l’accessibilità della sede secondaria della Facoltà di Ingegneria. Il primo passo è stato sottoporre il questionario cartaceo a 130 utenti durante il periodo dell’indagine a destinazione e in seguito aggregare i dati ottenuti da ogni intervista per poter effettuare una analisi di sintesi. Allo stesso modo si sono elaborati i risultati dei 441 questionari online, eseguendo prima un accorpamento dei dati e poi una catalogazione per categoria di utenza. Poiché la maggior parte degli utenti intervistati a destinazione erano studenti, si è potuto confrontare i due tipi di indagine per tale categoria e controllarne l’attendibilità dei risultati. Si è poi proceduto con uno studio delle tendenze delle categorie rimanenti individuando la modalità di trasporto più utilizzata da ognuna di esse.

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Questo elaborato ha lo scopo di esporre quelli che sono i vantaggi derivanti dall' utilizzo degli acciai inossidabili, specificando il tipo di componente e le ragioni della scelta, nei sistemi per la produzione di energia: dalle turbine, agli impianti nucleari, fino agli impianti che sfruttano le energie alternative (solare, eolica, geotermica, biogas). Inizialmente viene fornito un quadro generale sui differenti tipi di acciai inox (martensitici, ferritici, austenitici e duplex, con le relative proprietà, sottolineandone vantaggi e svantaggi), descrivendone anche i sistemi di designazione, con particolare attenzione alla norma AISI (American Iron and Steel Institute). Una volta messe in risalto queste caratteristiche, vengono esaminati e descritti diversi sistemi di produzione di energia in cui gli acciai inox trovano applicazione: si parte dalle turbine (idraulica, a vapore e a gas), spiegando i benefici nell'utilizzo di particolari categorie di acciai inox nella realizzazione di alcuni dei componenti per questi impianti. Vengono quindi esaminati gli impianti nucleari, partendo da quelli che utilizzano come moderatore e fluido refrigerante acqua naturale, ("PWR", Pressurized Water Reactor) e ("BWR", Boiling Water Reactor), fino a quelli che utilizzano invece acqua pesante ("CANDU", Canadian Deuterium Uranium Reactor), nonchè i reattori veloci ("FBR", Fast Breeding Reactor). Infine, vengono esaminate le applicazioni degli acciai inox, nei sistemi per la produzione di energia che, sfruttano fonti alternative (elencate in precedenza).

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La riduzione dei consumi di combustibili fossili e lo sviluppo di tecnologie per il risparmio energetico sono una questione di centrale importanza sia per l’industria che per la ricerca, a causa dei drastici effetti che le emissioni di inquinanti antropogenici stanno avendo sull’ambiente. Mentre un crescente numero di normative e regolamenti vengono emessi per far fronte a questi problemi, la necessità di sviluppare tecnologie a basse emissioni sta guidando la ricerca in numerosi settori industriali. Nonostante la realizzazione di fonti energetiche rinnovabili sia vista come la soluzione più promettente nel lungo periodo, un’efficace e completa integrazione di tali tecnologie risulta ad oggi impraticabile, a causa sia di vincoli tecnici che della vastità della quota di energia prodotta, attualmente soddisfatta da fonti fossili, che le tecnologie alternative dovrebbero andare a coprire. L’ottimizzazione della produzione e della gestione energetica d’altra parte, associata allo sviluppo di tecnologie per la riduzione dei consumi energetici, rappresenta una soluzione adeguata al problema, che può al contempo essere integrata all’interno di orizzonti temporali più brevi. L’obiettivo della presente tesi è quello di investigare, sviluppare ed applicare un insieme di strumenti numerici per ottimizzare la progettazione e la gestione di processi energetici che possa essere usato per ottenere una riduzione dei consumi di combustibile ed un’ottimizzazione dell’efficienza energetica. La metodologia sviluppata si appoggia su un approccio basato sulla modellazione numerica dei sistemi, che sfrutta le capacità predittive, derivanti da una rappresentazione matematica dei processi, per sviluppare delle strategie di ottimizzazione degli stessi, a fronte di condizioni di impiego realistiche. Nello sviluppo di queste procedure, particolare enfasi viene data alla necessità di derivare delle corrette strategie di gestione, che tengano conto delle dinamiche degli impianti analizzati, per poter ottenere le migliori prestazioni durante l’effettiva fase operativa. Durante lo sviluppo della tesi il problema dell’ottimizzazione energetica è stato affrontato in riferimento a tre diverse applicazioni tecnologiche. Nella prima di queste è stato considerato un impianto multi-fonte per la soddisfazione della domanda energetica di un edificio ad uso commerciale. Poiché tale sistema utilizza una serie di molteplici tecnologie per la produzione dell’energia termica ed elettrica richiesta dalle utenze, è necessario identificare la corretta strategia di ripartizione dei carichi, in grado di garantire la massima efficienza energetica dell’impianto. Basandosi su un modello semplificato dell’impianto, il problema è stato risolto applicando un algoritmo di Programmazione Dinamica deterministico, e i risultati ottenuti sono stati comparati con quelli derivanti dall’adozione di una più semplice strategia a regole, provando in tal modo i vantaggi connessi all’adozione di una strategia di controllo ottimale. Nella seconda applicazione è stata investigata la progettazione di una soluzione ibrida per il recupero energetico da uno scavatore idraulico. Poiché diversi layout tecnologici per implementare questa soluzione possono essere concepiti e l’introduzione di componenti aggiuntivi necessita di un corretto dimensionamento, è necessario lo sviluppo di una metodologia che permetta di valutare le massime prestazioni ottenibili da ognuna di tali soluzioni alternative. Il confronto fra i diversi layout è stato perciò condotto sulla base delle prestazioni energetiche del macchinario durante un ciclo di scavo standardizzato, stimate grazie all’ausilio di un dettagliato modello dell’impianto. Poiché l’aggiunta di dispositivi per il recupero energetico introduce gradi di libertà addizionali nel sistema, è stato inoltre necessario determinare la strategia di controllo ottimale dei medesimi, al fine di poter valutare le massime prestazioni ottenibili da ciascun layout. Tale problema è stato di nuovo risolto grazie all’ausilio di un algoritmo di Programmazione Dinamica, che sfrutta un modello semplificato del sistema, ideato per lo scopo. Una volta che le prestazioni ottimali per ogni soluzione progettuale sono state determinate, è stato possibile effettuare un equo confronto fra le diverse alternative. Nella terza ed ultima applicazione è stato analizzato un impianto a ciclo Rankine organico (ORC) per il recupero di cascami termici dai gas di scarico di autovetture. Nonostante gli impianti ORC siano potenzialmente in grado di produrre rilevanti incrementi nel risparmio di combustibile di un veicolo, è necessario per il loro corretto funzionamento lo sviluppo di complesse strategie di controllo, che siano in grado di far fronte alla variabilità della fonte di calore per il processo; inoltre, contemporaneamente alla massimizzazione dei risparmi di combustibile, il sistema deve essere mantenuto in condizioni di funzionamento sicure. Per far fronte al problema, un robusto ed efficace modello dell’impianto è stato realizzato, basandosi sulla Moving Boundary Methodology, per la simulazione delle dinamiche di cambio di fase del fluido organico e la stima delle prestazioni dell’impianto. Tale modello è stato in seguito utilizzato per progettare un controllore predittivo (MPC) in grado di stimare i parametri di controllo ottimali per la gestione del sistema durante il funzionamento transitorio. Per la soluzione del corrispondente problema di ottimizzazione dinamica non lineare, un algoritmo basato sulla Particle Swarm Optimization è stato sviluppato. I risultati ottenuti con l’adozione di tale controllore sono stati confrontati con quelli ottenibili da un classico controllore proporzionale integrale (PI), mostrando nuovamente i vantaggi, da un punto di vista energetico, derivanti dall’adozione di una strategia di controllo ottima.

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Freshwater is extremely precious; but even more precious than freshwater is clean freshwater. From the time that 2/3 of our planet is covered in water, we have contaminated our globe with chemicals that have been used by industrial activities over the last century in a unprecedented way causing harm to humans and wildlife. We have to adopt a new scientific mindset in order to face this problem so to protect this important resource. The Water Framework Directive (European Parliament and the Council, 2000) is a milestone legislative document that transformed the way that water quality monitoring is undertaken across all Member States by introducing the Ecological and Chemical Status. A “good or higher” Ecological Status is expected to be achieved for all waterbodies in Europe by 2015. Yet, most of the European waterbodies, which are determined to be at risk, or of moderate to bad quality, further information will be required so that adequate remediation strategies can be implemented. To date, water quality evaluation is based on five biological components (phytoplankton, macrophytes and benthic algae, macroinvertebrates and fishes) and various hydromorphological and physicochemical elements. The evaluation of the chemical status is principally based on 33 priority substances and on 12 xenobiotics, considered as dangerous for the environment. This approach takes into account only a part of the numerous xenobiotics that can be present in surface waters and could not evidence all the possible causes of ecotoxicological stress that can act in a water section. The mixtures of toxic chemicals may constitute an ecological risk not predictable on the basis of the single component concentration. To improve water quality, sources of contamination and causes of ecological alterations need to be identified. On the other hand, the analysis of the community structure, which is the result of multiple processes, including hydrological constrains and physico-chemical stress, give back only a “photograph” of the actual status of a site without revealing causes and sources of the perturbation. A multidisciplinary approach, able to integrate the information obtained by different methods, such as community structure analysis and eco-genotoxicological studies, could help overcome some of the difficulties in properly identifying the different causes of stress in risk assessment. In synthesis, the river ecological status is the result of a combination of multiple pressures that, for management purposes and quality improvement, have to be disentangled from each other. To reduce actual uncertainty in risk assessment, methods that establish quantitative links between levels of contamination and community alterations are needed. The analysis of macrobenthic invertebrate community structure has been widely used to identify sites subjected to perturbation. Trait-based descriptors of community structure constitute a useful method in ecological risk assessment. The diagnostic capacity of freshwater biomonitoring could be improved by chronic sublethal toxicity testing of water and sediment samples. Requiring an exposure time that covers most of the species’ life cycle, chronic toxicity tests are able to reveal negative effects on life-history traits at contaminant concentrations well below the acute toxicity level. Furthermore, the responses of high-level endpoints (growth, fecundity, mortality) can be integrated in order to evaluate the impact on population’s dynamics, a highly relevant endpoint from the ecological point of view. To gain more accurate information about potential causes and consequences of environmental contamination, the evaluation of adverse effects at physiological, biochemical and genetic level is also needed. The use of different biomarkers and toxicity tests can give information about the sub-lethal and toxic load of environmental compartments. Biomarkers give essential information about the exposure to toxicants, such as endocrine disruptor compounds and genotoxic substances whose negative effects cannot be evidenced by using only high-level toxicological endpoints. The increasing presence of genotoxic pollutants in the environment has caused concern regarding the potential harmful effects of xenobiotics on human health, and interest on the development of new and more sensitive methods for the assessment of mutagenic and cancerogenic risk. Within the WFD, biomarkers and bioassays are regarded as important tools to gain lines of evidence for cause-effect relationship in ecological quality assessment. Despite the scientific community clearly addresses the advantages and necessity of an ecotoxicological approach within the ecological quality assessment, a recent review reports that, more than one decade after the publication of the WFD, only few studies have attempted to integrate ecological water status assessment and biological methods (namely biomarkers or bioassays). None of the fifteen reviewed studies included both biomarkers and bioassays. The integrated approach developed in this PhD Thesis comprises a set of laboratory bioassays (Daphnia magna acute and chronic toxicity tests, Comet Assay and FPG-Comet) newly-developed, modified tacking a cue from standardized existing protocols or applied for freshwater quality testing (ecotoxicological, genotoxicological and toxicogenomic assays), coupled with field investigations on macrobenthic community structures (SPEAR and EBI indexes). Together with the development of new bioassays with Daphnia magna, the feasibility of eco-genotoxicological testing of freshwater and sediment quality with Heterocypris incongruens was evaluated (Comet Assay and a protocol for chronic toxicity). However, the Comet Assay, although standardized, was not applied to freshwater samples due to the lack of sensitivity of this species observed after 24h of exposure to relatively high (and not environmentally relevant) concentrations of reference genotoxicants. Furthermore, this species demonstrated to be unsuitable also for chronic toxicity testing due to the difficult evaluation of fecundity as sub-lethal endpoint of exposure and complications due to its biology and behaviour. The study was applied to a pilot hydrographic sub-Basin, by selecting section subjected to different levels of anthropogenic pressure: this allowed us to establish the reference conditions, to select the most significant endpoints and to evaluate the coherence of the responses of the different lines of evidence (alteration of community structure, eco-genotoxicological responses, alteration of gene expression profiles) and, finally, the diagnostic capacity of the monitoring strategy. Significant correlations were found between the genotoxicological parameter Tail Intensity % (TI%) and macrobenthic community descriptors SPEAR (p<0.001) and EBI (p<0.05), between the genotoxicological parameter describing DNA oxidative stress (ΔTI%) and mean levels of nitrates (p<0.01) and between reproductive impairment (Failed Development % from D. magna chronic bioassays) and TI% (p<0.001) as well as EBI (p<0.001). While correlation among parameters demonstrates a general coherence in the response to increasing impacts, the concomitant ability of each single endpoint to be responsive to specific sources of stress is at the basis of the diagnostic capacity of the integrated approach as demonstrated by stations presenting a mismatch among the different lines of evidence. The chosen set of bioassays, as well as the selected endpoints, are not providing redundant indications on the water quality status but, on the contrary, are contributing with complementary pieces of information about the several stressors that insist simultaneously on a waterbody section providing this monitoring strategy with a solid diagnostic capacity. Our approach should provide opportunities for the integration of biological effects into monitoring programmes for surface water, especially in investigative monitoring. Moreover, it should provide a more realistic assessment of impact and exposure of aquatic organisms to contaminants. Finally this approach should provide an evaluation of drivers of change in biodiversity and its causalities on ecosystem function/services provision, that is the direct and indirect contributions to human well-being.

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Lo scopo di questa tesi è quello di ottenere una rappresentazione grafica del profilo di velocità di un fluido all’interno di un condotto. In particolare si studieranno le equazioni di bilancio facendo alcune ipotesi semplificative riguardo il moto del fluido. Si considererà un moto laminare in condizione di completo sviluppo dinamico e convezione forzata. Grazie a queste ipotesi si riuscirà ad ottenere un’equazione semplificata di Navier-Stokes, che permetterà di calcolare l’andamento della velocità all’interno di condotti con qualsiasi forma della sezione. In questo caso si confronterà il profilo di velocità di un condotto a sezione circolare con uno a sezione circolare forata come in uno scambiatore di calore a tubi concentrici. Per risolvere l’equazione di Navier-Stokes e stampare l’andamento delle velocità all’interno della sezione del condotto si è utilizzato il software “Mathematica”, che è stato appreso durante l’attività di tirocinio curriculare. Questo software offre un supporto notevole allo studio matematico di qualsiasi problema. Permette inoltre di avere un riscontro grafico dei risultati ottenuti, direttamente nell’interfaccia utilizzata per la stesura del codice. Per rappresentare il profilo di velocità sarà inoltre utilizzato il metodo degli elementi finiti all’interno di Mathematica, che permetterà di ottenere una soluzione più uniforme e vicina alla realtà. Il metodo degli elementi finiti (FEM) permette di semplificare lo studio del moto di un fluido, in quanto ci dà la possibilità di avere un sistema di equazioni algebriche che ne descrivono il moto, invece di equazioni differenziali e le sue relative condizioni al contorno. Sarà quindi brevemente descritto questo metodo che è stato di grande aiuto tramite l’implementazione della “mesh” su Mathematica.