995 resultados para Valle del Guadalhorce


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Si partimos del hecho de que comer es algo más que ingerir alimentos, plantearse el problema de la alimentación de las comunidades negras de los Valles interandinos del Patía en Colombia y del Chota-Mira en el Ecuador, pasa por considerar que esta temática sugiere aspectos interesantes para el abordaje, desde una perspectiva que nos permita observar tanto las implicaciones culturales del acto de comer, como la manera en que los alimentos son producidos. Lo anterior implica determinar cuáles han sido los conocimientos y prácticas alimentarias de estos pueblos negros, cómo y por qué factores se han transformado a través del tiempo, que tipo de estructura de tenencia de la tierra ha existido y con que sistemas productivos, máxime si consideramos que las comunidades asentadas en estas regiones de ambos países, se pueden considerar como campesinos negros con procesos de poblamiento diferenciados, así provengan de una misma matriz: la trata trasatlántica y la presencia de esclavizados/as negras y de cimarrones/as en el territorio que hoy denominamos América Latina. En este sentido, más allá del sostenimiento vital que la comida le representa al organismo, ésta se convierte en una construcción cultural. La comida se constituye en un elemento de construcción de identidades y de historias que están cruzadas por el lugar que ocupan en el mundo y las formas como se relacionan las comunidades con ese espacio en el que mediante las relaciones sociales hacen posible la territorialidad. Por otra parte, la comida se articula con el sistema de creencias que en el caso de las comunidades patiana y choteña, tiene una ruta larga desde el África y las adaptaciones en el nuevo continente. También, los tiempos rituales que estas comunidades han elaborado tienen implicaciones en las dinámicas gastronómicas en tanto posibilita la preparación de platos y viandas que solamente se elaboran en tiempos específicos de celebraciones. La producción de alimentos de las comunidades campesinas ha venido sufriendo, desde la implementación del proyecto modernizador, el paulatino abandono de sus sistemas y productos tradicionales que les han garantizado el sustento y han creado las bases culturales, hacia los modelos capitalistas diseñados para la comercialización, la implementación de monocultivos y la desaparición de los cultivos de corto tiempo o de pancoger, afectando de esta manera la seguridad alimentaria de las comunidades campesinas y degradando considerablemente el sistema alimentario culturalmente generado.

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[ES] Entre 15 y 6 mil años atrás, durante la era del Neolítico, el nivel del Mar Mediterráneo subió entre 100 y 10 m. por debajo de su nivel actual. En esta época el Mar Negro era un lago de agua dulce (Lago Nuevo Euxino) que desembocaba en el Mar Egeo. Sin embargo, durante este periodo se fue secando poco a poco y el nivel de su superficie descendió a 150 mmetros por debajo de su nivel actual. Hace 7.150 años, tal vez gracias a la ayuda de un terremoto, el mar rompió el dique del Bósforo que separaba el Lago Nuevo Euxino del Mar Egeo. En un principio fue una pequeña corriente de agua salada que fluía a través del valle del Bósforo hacia el lago, pero en poco tiempo ésta se convirtió en un torrente y luego en un diluvio. Fue tanta la cantidad de agua salada que fluía a través del Bósforo que el nivel del lago subía ventricuatro centrímetros por día y se llenó en tan sólo dos años. Debido a esta inundación, los valles se convirtieron en trampas mortales y las personas que vivían en la periferia del lago se vieron obligados a evacuar sus hogares y ciudades y trasladarse a terrenos más altos, escapando hacia Europa, India, Mesopotamia, Armenia, Anatolia y Grecia. Algunos historiadores sostienen que los refugiados que llegaron a Egipto comenzaron la leyenda de la Atlántida. Según los profesores Ryan y Pitman, descubridores de la inundación del Mar Negro, todos los habitantes de esta diáspora hablaban un lenguaje similar, Indo-Europeo, y por ello explican las similitudes existentes entre el sánscrito, el alemán y el latín. Los profesores Ryan y Pitman proponen además en su libro que la inundación del Mar Negro, la devastación y la posterior diáspora es la base para el relato bíblico del Diluvio Univeral de Noé.

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L’evolvere del sistema insediativo nelle Marche, dal dopoguerra ad oggi, ha condotto ad un diffuso sottoutilizzo dei piccoli centri storici ed all’abbandono, ormai definitivo, di quei borghi minori, privi di funzioni di pregio, privi ormai anche delle dotazioni minime funzionali all’abitare. Il piccolo nucleo di Sant’Arduino si inserisce in quel lungo elenco di borghi che, con il graduale abbandono dell’agricoltura, hanno subito un progressivo processo di spopolamento. Lungo la strada che da Macerata Feltria conduce verso il monte Carpegna, il complesso monumentale è quasi sospeso su un dirupo: un campanile senza campane, una chiesa sconsacrata e pochi edifici rustici da alcuni anni completamente abbandonati. E' tutto quello che rimane dell'antico castello e della Chiesa parrocchiale di Sant’Arduino, che oggi ha perso la propria autonomia amministrativa e si colloca nel Comune di Pietrarubbia. Questo lavoro vuole offrire un contributo al processo di valorizzazione dei nuclei minori di antico impianto, intento promosso dalla stessa Regione all’interno del progetto “Borghi delle Marche”. La sensibilizzazione per un recupero urbanistico e architettonico del patrimonio tradizionale minore si coniuga con la scelta di inserire l’intervento nel suo contesto culturale e geografico, cercando di impostare, non un isolato intervento di recupero, ma un anello di connessione in termini sociali, culturali e funzionali con le politiche di sviluppo del territorio. Il percorso individuato si è articolato su una prima fase di indagine volta ad ottenere una conoscenza del tema dei borghi abbandonati e del sistema dei borghi delle Marche, successivamente l’analisi storica e la lettura e l’indagine dell’oggetto, fasi propedeutiche all’elaborazione di un’ipotesi di intervento, per giungere all’individuazione della modalità di riuso compatibile con il rispetto dei valori storico, formali e culturali del luogo. Per questo la scelta del riuso turistico del complesso, trovando nella funzione di albergo diffuso la possibile e concreta conversione dei manufatti. Il tutto basandosi su un’approfondita ricerca storica e su un’analisi dei sistemi costruttivi tradizionali, inserendo gli interventi di restauro dell’esistente e di integrazione delle nuove strutture nel totale rispetto della fabbrica. L’idea che ha mosso l’intero lavoro parte dall’analisi della cultura rurale locale, che ha generato il patrimonio dell’architettura minore. L’alta valle del Foglia può rappresentare un territorio nuovamente appetibile se non perde le sue ricchezze; la valorizzazione e il recupero di quest’architettura diffusa può rappresentare un buon trampolino di lancio per riappropriarsi della storia e della tradizione del luogo.

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Sommario Il polo chimico di Ferrara, situato nella periferia nord occidentale del territorio comunale, rappresenta un’area ad alta concentrazione di stabilimenti, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 334/99 e s.m.i., ovvero un’area in cui sono presenti diversi stabilimenti a rischio di incidente rilevante, così definiti in base alle caratteristiche di pericolosità e dei quantitativi delle sostanze chimiche presenti. Per tali aree la norma di legge prevede la realizzazione di uno Studio di Sicurezza Integrato d’Area o SSIA. Allo SSIA del polo chimico ferrarese è stato dato avvio nel corso del 2012, in seguito ad un accordo tra la Regione Emilia Romagna, l’Agenzia Regionale di Protezione Civile, la Provincia di Ferrara, l’Ufficio Territoriale del Governo, il Comune di Ferrara, la Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco, l’Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente e le stesse aziende presenti nel polo. La realizzazione dello SSIA prevede 6 fasi: 1) la definizione dei criteri metodologici da adottare per l’analisi del rischio; 2) la raccolta e l’analisi critica dei dati necessari all'analisi del rischio; 3) l’individuazione e la caratterizzazione delle sorgenti di rischio; 4) l’analisi delle conseguenze e la stima della frequenza di accadimento degli scenari incidentali che possono scaturire da ogni sorgente di rischio; 5) la ricomposizione, per tutti gli scenari di ogni sorgente e per tutte le sorgenti, delle frequenze e delle conseguenze negli indici di rischio; 6) l’analisi e la valutazione dei risultati ottenuti, al fine di interventi eventuali interventi per la riduzione e la mitigazione del rischio stesso. Il presente lavoro di tesi si inserisce nello Studio di Sicurezza Integrato d’Area del polo chimico di Ferrara ed in particolare nelle fasi 2), 3) e 4) sopra citate. Esso ha preso avvio durante un tirocinio svolto presso l’Agenzia Regionale di Protezione Civile ed ha avuto ad oggetto il trasporto di sostanze pericolose via strada e ferrovia nell'area dello SSIA. Il lavoro di tesi è così strutturato: a valle del capitolo 1 avente carattere introduttivo, si è descritta nel dettaglio l’area oggetto dello SSIA, con particolare riferimento alle vie di trasporto delle sostanze pericolose (capitolo 2). Successivamente (capitolo 3) si è illustrata la metodologia utilizzata per effettuare il censimento dei dati di trasporto delle sostanze pericolose forniti dalle aziende del polo e si sono presentati i risultati ottenuti. Infine (capitolo 4) si è eseguita l’analisi delle conseguenze degli scenari incidentali associati al trasporto di alcune delle sostanze movimentate per strada e ferrovia.

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CD99, glicoproteina di membrana codificata dal gene MIC2, è coinvolta in numerosi processi cellulari, inclusi adesione, migrazione, apoptosi, differenziamento e regolazione del trafficking intracellulare di proteine, in condizioni fisiologiche e patologiche. Nell’osteosarcoma risulta scarsamente espressa ed ha ruolo oncosoppressivo. L’isoforma completa (CD99wt) e l’isoforma tronca (CD99sh), deleta di una porzione del dominio intracellulare, influenzano in modo opposto la malignità tumorale. In questo studio, comparando cellule di osteosarcoma caratterizzate da differenti capacità metastatiche e diversa espressione di CD99, abbiamo valutato la modulazione dei contatti cellula-cellula, la riorganizzazione del citoscheletro di actina e la modulazione delle vie di segnalazione a valle del CD99, al fine di identificare i meccanismi molecolari regolati da questa molecola e responsabili del comportamento migratorio e invasivo delle cellule di osteosarcoma. L'espressione forzata di CD99wt induce il reclutamento di N-caderina e β-catenina a livello delle giunzioni aderenti ed inibisce l'espressione di molecole cruciali nel processo di rimodellamento del citoscheletro di actina, come ACTR2, ARPC1A, Rho-associated, coiled–coil-containing protein kinase 2 (ROCK2), nonché di ezrina, membro della famiglia ezrin/radixin/moesin e chiaramente associata con la progressione tumorale e la metastatizzazione dell’OS. Gli studi funzionali identificano ROCK2 come mediatore fondamentale nella regolazione della migrazione e della diffusione metastatica dell’osteosarcoma. Mantenendo cSRC in una conformazione inattiva, CD99wt inibisce la segnalazione mediata da ROCK2 inducendo una diminuzione dell’ezrina a livello della membrana accompagnata dalla traslocazione in membrana di N-caderina e β-catenina, principali ponti molecolari per il citoscheletro di actina. La ri-espressione di CD99wt, generalmente presente negli osteoblasti, ma perso nelle cellule di osteosarcoma, attraverso l'inibizione dell'attività di cSrc e ROCK2, aumenta la forza di contatto e riattiva i segnali anti-migratori ostacolando l’azione pro-migratoria, altrimenti dominante, dell’ezrina nell’osteosarcoma. Abbiamo infine valutato la funzione di ROCK2 nel sarcoma di Ewing: nonostante il ruolo oncogenico esercitato da CD99, ROCK2 guida la migrazione cellulare anche in questa neoplasia.

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L’incidente stradale è la conseguenza di uno o più errori all'interno di un sistema complesso, in cui l'uomo rappresenta la principale causa d’incidentalità. Spesso ciò che può apparire a una prima analisi un errore dell’utente, in realtà può essere collegato a problemi di progettazione e gestione dell’infrastruttura. Per massimizzare i risultati nel campo della sicurezza stradale, occorre valutare il “sistema strada” in ogni suo elemento. Per raggiungere questi obiettivi le analisi di sicurezza giocano un ruolo fondamentale. Il Road Safety Review consente di individuare nel tracciato la presenza di situazioni di rischio, in modo tale da eliminarli o attenuarli prima che diano luogo ad incidenti. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha emanato le "Linee guida per la gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali". Secondo queste Linee Guida l'uomo detiene un ruolo centrale nel sistema. L'uomo deve adattare il suo comportamento, in funzione del veicolo condotto e delle condizioni ambientali. Diventa indispensabile integrare le analisi di sicurezza con il fattore uomo. Obiettivo della tesi è analizzare la sicurezza di un’infrastruttura viaria esistente integrando i risultati ottenuti dal Road Safety Review con metodologie innovative che tengano conto del comportamento degli utenti durante la guida. È stata realizzata una sperimentazione in sito che ha coinvolto un campione formato da 6 soggetti. Ognuno di essi ha percorso il tronco stradale, della SP26 "Valle del Lavino", in provincia di Bologna. La strada, richiede interventi di adeguamento e messa in sicurezza poiché risulta la terza tratta stradale a maggior costo sociale di tutta la rete provinciale. La sperimentazione ha previsto due fasi: la prima, in cui è stato condotto il Road Safety Review . La seconda, in cui ogni soggetto ha guidato lungo il tronco stradale, indossando il Mobile Eye-XG, un'innovativa strumentazione eye tracking in grado di tracciare l’occhio umano e i suoi movimenti.

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Lo studio effettuato si inserisce all’interno di una collaborazione tra il DICAM e la Provincia di Bologna ed ha come obiettivo l’analisi di sicurezza della SP26 “Valle del Lavino”, poichè risulta la terza tratta stradale a maggior costo sociale di tutta la rete provinciale. Il rapporto di analisi redatto a seguito del Road Safety Review ha infatti evidenziato numerosi deficit in termini di sicurezza dell’infrastruttura, tra cui gli attraversamenti pedonali. Obiettivo specifico della tesi è stato quello di valutare lo stato attuale di sicurezza degli attraversamenti pedonali presenti lungo il tracciato stradale in esame, in maniera tale da individuare, sulla base di una correlazione fra l’ubicazione degli attraversamenti stessi e il comportamento degli utenti alla guida dei veicoli, le intersezioni pedonali più gravosi, che per questo, in un piano di riqualifica della tratta stradale, richiederebbero opportuni interventi di adeguamento e messa in sicurezza. Con questa finalità è stata programmata ed eseguita una campagna di prove su strada che ha coinvolto un campione di 10 utenti, aventi determinati requisiti di base, del tutto ignari dell’obiettivo che si voleva perseguire e inesperti del tracciato di prova. La sperimentazione ha previsto l’impiego, fondamentale, di metodologie innovative, quali il V-Box e il Mobile Eye Detector, in grado di tener conto del comportamento degli utenti alla guida: il primo permette di rilevare l’andamento delle velocità dei partecipanti lungo il tracciato, il secondo restituisce il tracciamento del punto di vista del conducente alla guida. A ciascun partecipante è stato richiesto di condurre un veicolo, non di loro proprietà, per l’intero tratto della SP26 posto esame, compreso tra la progressiva 0+000, in comune di Zola Predosa, e la progressiva 19+200, in località Badia (comune di Monte San pietro), in andata e in ritorno per un complessivo di 38,4 km di tracciato da esaminare. Al conducente alla guida è stato richiesto di indossare durante tutta la guida l’occhiale Mobile Eye mentre l’auto di prova è stata dotata della strumentazione V-Box.

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Nell’ambito dei trattamenti depurativi delle acque reflue, un ruolo di primaria importanza viene rivestito dalla tecnica di finissaggio. Si tratta di un sistema depurativo definito “naturale” ai sensi di legge, ed è adottato in regioni e luoghi tipicamente sensibili come zone lagunari o porti dove siano presenti particolari e restrittive normative sugli scarichi idrici. Normalmente si tratta di trattamenti appropriati per insediamenti con popolazione compresa tra 50 e 2000 A.E.(abitanti equivalenti), ma laddove il contesto ambientale lo consenta, può risultare opportuno il ricorso a queste tecniche di depurazione, suggerite dallo stesso D.Lgs. 152/99, anche per gli insediamenti di maggiori dimensioni adottando soluzioni integrate con impianti a fanghi attivi o a biomassa adesa a valle del trattamento, con funzione di affinamento dell'effluente. Nel presente lavoro, l’obiettivo è stato quello di analizzare l’entità dell’effetto di finissaggio esercitato su acque reflue in acque di transizione. Nello specifico si è studiato un tratto interno del Canale di Allacciamento (considerato alla stregua di uno stagno facoltativo), fra i comuni di Cesena e Cesenatico, il quale riceve a monte gli effluenti del depuratore di Cesena mentre a valle è influenzato dalle oscillazioni di marea.

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Questa tesi mira a sviluppare la pianificazione, la progettazione e la realizzazione di un percorso ciclabile che colleghi la stazione di Osteria Nuova con la rete ciclabile urbana di Bologna. Tale tratto di pista, insieme ad altri interventi nella valle del Reno, ha l’obiettivo di conferire valore alla città e alla provincia di Bologna nell’ottica di sviluppo della crescita della mobilità ciclabile. Le linee guida di questo progetto sono raccolte nel Piano della Mobilità Ciclistica che propone la realizzazione dell’itinerario europeo denominato Eurovelo7. I percorsi EuroVelo sono itinerari europei, a valenza cicloturistica, che negli ultimi anni stanno avendo un forte sviluppo poiché favoriscono il transito di turisti in tutta l’Europa e valorizzano localmente la via ciclabile come soluzione contro il traffico motorizzato.

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El objetivo del proyecto es formular lineamientos base para propuestas de mejoramiento del hábitat en La Angostura en el Valle del Tafí, favoreciendo su actual proceso de desarrollo y fortalecimiento comunitario como pueblo indígena. La Comunidad se encuentra en un proceso de construcción y reafirmación de su identidad como pueblo originario, lo que involucra reivindicaciones ligadas a la preservación de su hábitat, la reconstrucción de su historia, su desarrollo económico, social y el fortalecimiento comunitario en un momento de ocupación descontrolada del territorio por sectores privados para explotar turísticamente la zona; dejando a la comunidad fuera de los procesos de explotación y producción, usando los recursos del área y condenándola a un estado de dominación y dependencia. El 22 de Mayo de 2006 la Convención Constituyente para la reforma de la Constitución de Tucumán incorporó la propuesta de 21 comunidades indígenas que reconoce los derechos como Pueblos Originarios. La Comunidad cuenta con personería jurídica desde el año 2004 y está organizada de acuerdo a las pautas de los pueblos originarios. Un equipo interdisciplinario integrado por profesionales y estudiantes de Arquitectura, Medicina, Historia, Psicología y Psicología Social estudia las condiciones concretas de existencia y el proceso histórico de la comunidad, la migración de jóvenes que no encuentran fuentes de trabajo o estudio, los adultos y viejos que regresan al valle desde la Capital de la Provincia o del País y vuelcan las influencias recibidas, instalando una idea de progreso situada fuera de su pago.

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La cuenca del valle del río Elqui (Región de Coquimbo, Chile) es un importante foco de actividad agrofrutícola y turística dentro de la zona norte-centro de Chile cuyas condiciones climáticas se caracterizan por el aumento de la temperatura y la disminución de la precipitación. En el contexto del calentamiento global es esperable que la hoya hidrográfica del río Elqui experimente una tendencia ascendente en la aridez, alteraciones en la fenología de plantas y artrópodos y cambios en la riqueza y biodiversidad local de los ecosistemas. En este sentido, en el presente trabajo, mediante colectas manuales en sectores de secano y cultivo de las localidades de Marquesa, Diaguitas y Pisco Elqui en el valle de Elqui, se documentó la composición taxonómica y abundancia del ensamble de Orthoptera (Insecta) en la cuenca del valle del Elqui, se analizó la distribución espacial de las especies constituyentes del ensamble mediante SIG y se documentó la importancia de Orthoptera como potenciales plagas dentro de esta cuenca árida del norte-centro de Chile. Se capturó un total de 204 ejemplares, correspondientes a cuatro familias y seis especies, de las cuales cinco especies fueron capturadas en sectores de secano y cultivo. Acrididae fue la familia más abundante y diversa dentro de los sitios de estudio (65,2% del total capturado) y Trimerotropis ochraceipennis la especie más abundante dentro del sitio de estudio. Las familias Gryllidae, Ommexechidae y Tristiridae estuvieron representadas por una sola especie. La presencia de estas especies en los sectores de secano puede constituir un factor de riesgo para la agricultura, al considerarse potenciales focos irruptivos frente a determinadas condiciones climáticas, y además ocasionar daños en cultivos agrícolas, plantaciones y pastizales. La relación entre la microdistribución del ensamble de Orthoptera presente en el valle de Elqui y el índice NDVI mostró una clara preferencia por la vegetación densa y poco densa (NDVI = 0,1 - 0,49). El presente trabajo es una primera aproximación al estudio de los ortópteros considerados plagas potenciales para el valle del Elqui.

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El presente estudio pretende conocer las características bio-psico–socio-ambientales del envejecimiento en adultos mayores del Instituto Gerontológico Valle del Sol. Los objetivos son: analizar los aspectos socios culturales que influyen en la calidad de vida de los adultos mayores; determinar su desarrollo físico; conocer sus aspectos socio ambientales y determinar sus aspectos biológicos y psicológicos de los adultos mayores del instituto gerontológico Valle de Sol.