992 resultados para VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE MATERIE PRIME RIFIUTI METALLICI MULINO CERNITRICE


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San Patrignano non rappresenta solo una comunità di recupero, ma anche un'azienda agricola che, al suo interno, vede realizzata l'intera filiera di produzione e lavorazione del latte vaccino. Uno dei prodotti di spicco, di grande importanza per l'economia locale, è certamente lo Squacquerone di Romagna Dop, un formaggio fresco, caratterizzato da particolari parametri chimico-fisici ed organolettici strettamente correlati al territorio d'origine. La ricerca, svoltasi in un periodo di dodici mesi, ha permesso di raccogliere un cospicuo quantitativo di dati, con l'obiettivo di valutare la qualità igienica, la sicurezza e la relazione con la materia prima utilizzata per la caseificazione. Le analisi sono state svolte secondo uno specifico piano di campionamento mensile, che prevedeva sia la determinazione della qualità microbiologica del latte utilizzato, prima e dopo la fase preliminare di pastorizzazione, sia la determinazione dei principali agenti degradativi e patogeni nel prodotto finito. Si sono volute evidenziare eventuali differenze in rapporto al periodo di raccolta del latte ed eventuali ripercussioni sulla qualità finale dello Squacquerone DOP. I risultati testimoniano l'ottima qualità del latte ottenuto dalle bovine presso la stalla San Patrignano, anche in relazione alla stagionalità. A conferma di ciò, la sporadica presenza di batteri degradativi, non in grado di influenzare in modo significativo la shelf life del prodotto Squacquerone, e l'assenza continuativa di batteri patogeni. Inoltre, i dati raccolti, in un'ottica di controllo qualità dell’azienda agricola, supportano l'identificazione dei punti critici del processo di produzione.

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Gli odierni sviluppi delle reti stradali nel territorio italiano e l’aumento della propensione all’utilizzo del veicolo hanno portato ad una continua ricerca nello stesso ambito volta sì a mantenere alti i livelli prestazionali e di sicurezza sulla rete stradale ma anche ad aprirsi ad uno scenario ecosostenibile, dato il continuo scarseggiare di materie prime per proseguire con le usuali tecniche di produzione. In tutti i campi riguardanti l’ambito delle costruzioni civili, che siano esse strutturali o infrastrutturali, numerose sono state le tecnologie introdotte per la realizzazione di materiali sostenibili ma anche e soprattutto il recupero di materiale di scarto, andando così incontro oltre che a una costruzione sostenibile anche ad un recupero di ciò che sarebbe destinato a discariche, ufficiali o abusive che siano. Nell’ottica dell’introduzione di “nuovi” materiali una posizione di rispetto interessa gli Pneumatici Fuori Uso (PFU) il cui recupero sotto forma di granulato e di polverino in gomma costituiscono, nell’ambito delle pavimentazioni stradali, una notevole opportunità di riutilizzo all’interno dei conglomerati bituminosi. Il presente lavoro sperimentale è stato svolto nell’ottica di analizzare dapprima le caratteristiche delle pavimentazioni drenanti, del polverino di gomma da PFU e dell’interazione tra i due, a supporto delle sperimentazioni effettuate sulle miscele realizzate in laboratorio. In particolare, sfruttando la tecnologia dry, che permette l’inserimento del polverino nella fase di miscelazione degli aggregati, dopo un’attenta analisi preliminare della composizione delle miscele da realizzare e il successivo confezionamento dei provini e loro addensamento, si è proceduto all’esecuzione di diverse prove al termine delle quali sono state analizzate le differenze meccaniche e reologiche tra miscele ottenute con aggiunta di polverino e miscele prive di PFU.

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This PhD work deals with problems of synthetic organic chemistry with particular attention to the development of environmentally friendly processes. In particular, new synthetic strategies have been studied based on the use of low cost heterogeneous catalysts, non-toxic reagents and mild operating conditions that do not involve, when possible, the use of solvents. The catalysts examined are both basic and acids, commercial or prepared by hetereogenization of homogeneous catalysts synthesized by tethering or impregnation. In particular it will be discussed the catalytic activity of oxides (Al2O3 and TiO2), supported sulphonic acids and hydrotalcites for the reactions of selective monoesterificazion of dicarboxylic acids, dehydrogenation of butane in gas phase, esterification of levulinic acid, Friedel-Craft acylations, C-C and C-P coupling. The use of these materials has allowed the development of simple processes with low environmental impact. The operating conditions are in fact mild and reaction times short. The selectivity for the desired products is in all reported cases very high and the catalysts can be recycled maintaining their optimum performances.

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L'elaborato si impegna ad esporre i risultati derivanti da una revisione estensiva della letteratura riguardante le pratiche di misurazione della sostenibilità in azienda. Si è scelto un approccio al problema di impostazione bibliometrico, consistente in analisi statistiche di dati bibliografici ricavabili osservando le relazioni tra documenti. Si sono utilizzati strumenti di clustering per categorizzare la letteratura ed individuare le aree di maggior interesse potenziali per aziende che desiderino investire con successo nella sostenibilità. Come risultato, si è ottenuta una chiara identificazione delle principali tematiche che devono essere tenute in considerazione nell’affrontare valutazioni relative alla misurazione e valorizzazione dei concetti di sostenibilità e impatto ambientale in ambito aziendale. Il presente lavoro si presenta inoltre come guida metodologica per un approccio quantitativo alla revisione della letteratura, adattabile ed applicabile in maniera iterativa per un continuo monitoraggio del tema o per indagini in altri ambiti. Questa tesi si pone dunque come base per ricerche e analisi successive finalizzate alla comprensione della letteratura.

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L’internazionalizzazione dei contesti industriali e l’aumento della competizione sopravvenuti nel mondo contemporaneo hanno reso necessari diversi mutamenti nelle attività produttive e legate ai servizi, dalla diversificazione dei prodotti, alla riduzione dei lead time, alla razionalizzazione dei costi a tutti i livelli della supply chain, non solo relativamente alle materie prime e alla diminuzione dei prezzi di vendita, ma anche di tutti i costi indiretti, che assumono un peso importante. La rapidità nella sostituzione dei prodotti e la necessità di contenere al massimo i tempi di risposta spingono sempre più le aziende a rivedere la propria struttura in modo da eliminare gli sprechi. Le imprese operano in un ambiente molto complesso, di conseguenza si rende necessario il coinvolgimento non solo delle funzioni interne ad un’azienda, ma anche di quelle esterne, nell’ottimizzazione delle attività che producono valore e di quelle necessarie che non intervengono direttamente. Tra tutte queste attività si cerca, in questo elaborato, di porre un focus su quelle legate alla gestione delle scorte all’interno della supply chain e all’integrazione dei fornitori nella rete logistica aziendale. Verranno ripresi i concetti fondamentali della teoria di gestione delle scorte, e sarà esposto il percorso intrapreso dall’azienda Carpigiani Group, leader mondiale nella produzione e commercializzazione di macchine per la produzione di gelato artigianale ed “espresso”, di integrazione dei fornitori all’interno della catena di approvvigionamento, attraverso un sistema kanban di fornitura e politiche di approvvigionamento riconducibili al consignment stock, con il fine ultimo di ottimizzare i livelli di scorte a magazzino e di servire le linee produttive con efficacia ed efficienza.

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Con l’aumento del consumo mondiale di risorse energetiche del pianeta, è diventato sempre più necessario utilizzare sistemi energetici che sfruttino al meglio la fonte di energia che li alimenta. Una delle soluzioni in questo ambito è quella proposta dagli Organic Rankine Cycle (ORC). Questi sistemi recuperano energia termica altrimenti non utilizzabile per le temperature troppo basse e sfruttano sorgenti termiche con ampi range di temperatura. L’elaborato volge all’analisi sperimentale delle prestazioni di un sistema Micro-ORC di piccola taglia, con rendimento termodinamico massimo dichiarato dal costruttore del 10 %. Inizialmente vengono descritti i fluidi organici e i sistemi che ne fanno uso, descrivendo anche esempi bibliografici di banchi prova per interpretare al meglio i risultati ottenuti con quello disponibile, che viene poi descritto, comprendendo i circuiti di asservimento dell’acqua calda e fredda, i punti di misura e il programma di acquisizione dati. Ci si concentra poi sulla descrizione e l’utilizzo dei codici implementati per l’elaborazione dei dati acquisiti. Questi hanno permesso di osservare gli andamenti temporali delle grandezze fondamentali per il sistema e valutarne la ripetibilità del comportamento nel corso di differenti prove. Vengono proposte infine le mappe di funzionamento per l’intero impianto e per i vari sotto-sistemi, offrendone un’interpretazione e inquadrandone i punti di lavoro ottimali. Attraverso la loro osservazione si sono dedotte le condizioni necessarie per avere un funzionamento ritenuto stabile del sistema ed è stato possibile ottimizzare le procedure svolte durante le fasi di test e di acquisizione dati. Sarà oggetto di studi futuri l’ottimizzazione dell’impianto, prolungando i tempi di esercizio a parità di carico elettrico e frequenza imposta alla pompa, con il fine di ottenere delle curve di prestazioni confrontabili con quelle presenti in bibliografia per altri sistemi ORC.

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Lo scopo di questa attività è approfondire le conoscenze sul processo di riempimento a caldo noto come nitro-hot-fill (NHF) utilizzato per contenitori in PET. Il nostro obiettivo è quello di simulare su scala di laboratorio il processo industriale al fine di ottimizzarne i parametri e aumentare la stabilità dei contenitori anche attraverso l’utilizzo di materie prime con caratteristiche migliorate utilizzando formulazioni adatte ai trattamenti a caldo. Il processo consiste nel riempimento della bottiglia ad una temperatura tra gli 80°/85°C, successivo al quale vi è l’iniezione di azoto al fine di evitare l’implosione durante il raffreddamento fino a temperatura ambiente. Questo settore del mercato è in forte crescita, molte bevande infatti hanno la necessità di un contenitore asettico; il processo di NHF ha il vantaggio di utilizzare il calore del prodotto stesso al fine di rendere la bottiglia sterile. Da qui nascono le criticità legate al processo, occorre prendere diversi accorgimenti al fine di rendere processabile in questo modo una bottiglia, infatti l’aumento di pressione interna dovuto all’iniezione di azoto si accompagna una temperatura vicina alla temperatura di transizione vetrosa. La nostra attività di ricerca ha focalizzato la propria attenzione sul design della bottiglia, sul processo di stiro-soffiaggio, sull’influenza dell’umidità assorbita nel PET, sul materiale utilizzato e su altri parametri di processo al fine di produrre contenitori in grado di resistere al riempimento NHF.

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La tesi ha come oggetto di studio la progettazione e realizzazione in autocostruzione del padiglione temporaneo dal nome Modulo Eco in Piazzale della Pace a Parma. Per “autocostruzione” si intende il processo in cui il committente di un immobile partecipa attivamente alla fase realizzativa dello stesso. È un percorso molto impegnativo, che richiede una forte motivazione ma allo stesso tempo molto appagante. Ad oggi in Italia non esiste una normativa nazionale che codifichi le modalità e le regole dell’edificare in autocostruzione. La partecipazione attiva nel processo realizzativo di personale non addetto ai lavori aumenta automaticamente i rischi legati all’inesperienza e alla mancanza di formazione in materia. L’attenzione quindi alla sicurezza e soprattutto all’iniziale formazione dei nuovi operai in cantiere permette di ridurre notevolmente tali pericoli. Il progetto è stato ideato dall’associazione culturale Manifattura Urbana in collaborazione con il Comune di Parma. Posizionato in Piazzale della Pace, in pieno centro, questo spazio ospiterà l’ufficio Sportello Energia del Comune stesso. È infatti interesse dell’amministrazione dare un’importanza significativa alle tematiche energetiche, non lasciando tutte le relative riflessioni solamente a tecnici ma rivolgendosi invece direttamente ai cittadini, per informarli e sensibilizzarli. È stato quindi deciso di progettare e realizzare un padiglione temporaneo, facilmente costruibile (con l’aiuto di studenti, volontari e interessati), con un minimo impatto ambientale e allo stesso tempo ad alta efficienza energetica, non solo rispettante ma superante tutti gli standard di bassi consumi energetici previsti dalla normativa per le nuove costruzioni. Il progetto è totalmente autofinanziato dalle aziende fornitrici partner, che sponsorizzano in forma gratuita il materiale da costruzione e formano direttamente in cantiere i volontari per imparare a gestirlo, in cambio di visibilità all’interno del progetto.

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La presente trattazione descrive l’ottimizzazione del prototipo di un generatore termoelettrico da integrare in caldaie a biomassa. La tecnologia termoelettrica consente di generare potenza elettrica a partire da un flusso di calore. Sebbene tale tecnologia presenti caratteristiche di elevata affidabilità e silenziosità, essa richiede ulteriori sforzi tecnologici nella ricerca dell’integrazione ottimale con un impianto termico, ed è inoltre necessaria una progettazione accurata dell’elettronica di controllo. Nella prima sezione del testo vengono descritti i principi fisici alla base di questa tecnologia e le tecniche per la conversione della potenza generata dai moduli termoelettrici (o ad effetto Seebeck) al fine di renderla fruibile da una tipica utenza domestica. Nel secondo capitolo si riporta lo stato dell’arte dell’applicazione della tecnologia termoelettrica in caldaie a biomassa e alcuni casi di implementazione recenti, sottolineando le configurazioni utilizzate, i principali problemi riscontrati nello sviluppo e nella sperimentazione, e le modifiche conseguentemente adottate per superarli. Il terzo capitolo analizza il prototipo sviluppato presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Bologna e descrive il processo di dimensionamento dei componenti meccanici e le proposte di ottimizzazione a seguito dei risultati dei primi collaudi. Viene infine sviluppato un modello matematico per confrontare, in funzione dei costi di produzione e di esercizio, le possibilità di sostituzione dei metodi di generazione di energia elettrica convenzionali con l’impianto di cogenerazione termoelettrica realizzato, considerando anche aspetti di impatto ambientale. Tali analisi e ottimizzazioni consistono in un primo miglioramento necessario a rendere la tecnologia termoelettrica applicabile alle caldaie a biomassa stand-alone e a permettere una generazione continua di energia elettrica nelle regioni in cui le infrastrutture sono poco affidabili.

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L'energia idroelettrica è una fonte di energia alternativa e rinnovabile che sfrutta il moto dell'acqua, generato grazie all'energia potenziale presente tra due bacini posti a quote diverse per convertire l'energia meccanica in elettrica attraverso un alternatore collegato a turbina. Gli impianti si classificano in: impianti ad acqua fluente, a deflusso regolato, ad accumulo tramite pompaggio. Le turbine idrauliche sono quei dispositivi meccanici in grado di convertire l'energia cinetica in energia meccanica. Fra tutte studieremo la Pelton, la Francis e la Kaplan e i loro criteri di scelta. I grandi impianti hanno un notevole impatto ambientale, ecco perché la nuova tecnologia si basa sul mini idroelettrico; quest'ultimo dal punto di vista economico è competitivo rispetto alle altre fonti rinnovabili ed ai combustibili fossili.

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Il presente lavoro di tesi si inserisce in un progetto basato sulla ricerca di monomeri e polimeri derivati da fonte bio, in un’ottica di transizione verso una chimica green legata alla realizzazione di prodotti ottenuti da risorse rinnovabili e con processi a basso impatto ambientale. I polimeri bio, in particolare, sono prodotti parzialmente o interamente ottenibili da risorse rinnovabili, quali oli vegetali, zuccheri, grassi, resine, proteine, amminoacidi, frazioni lignocellulosiche, etc, e non da petrolio. Tra questi, gli oli vegetali sono interessanti come reagenti di partenza perché permettono di minimizzare l’uso di derivati petrolchimici e sono disponibili in quantità maggiore rispetto al petrolio. Una possibilità di sintesi di polimeri da oli consiste nel trasformare gli acidi grassi, ottenendo composti bifunzionali che possono agire da precursori nella polimerizzazione: in questo modo si possono ottenere molti polimeri lineari, tra cui poliuretani, polieteri, poliesteri, poliammidi, etc. Questo è stato l’approccio seguito per la sintesi dei poliesteri alla base del progetto di tesi. In particolare, il lavoro si è articolato nella sintesi di monomeri e polimeri utilizzando derivati di acidi carbossilici omega insaturi. Inizialmente, trattandosi di prove esplorative sulla fattibilità delle reazioni, è stato utilizzato un precursore commerciale: visti i buoni risultati ottenuti, lo studio è poi proseguito con la sintesi di poliesteri a partire da prodotti di origine naturale. Tutte le polimerizzazioni sono state effettuate in massa. Per ogni reagente, monomero e polimero sono state effettuate analisi NMR (1H-NMR, 13C-NMR, HSQC, HMBC); su alcuni reagenti e monomeri è stata invece effettuata analisi GC-MS. Infine, su tutti i polimeri ottenuti sono state effettuate analisi ATR, GPC, DSC e TGA.

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Quando si parla di shelf life di un prodotto alimentare si fa riferimento al periodo di tempo durante il quale un prodotto mantiene le sue caratteristiche qualitative nelle normali condizioni di conservazione/utilizzo e di conseguenza può essere consumato in totale sicurezza. Gli alimenti, infatti, sono prodotti facilmente deperibili che subiscono modifiche a carico della loro composizione a causa dell’innesco di una serie di reazioni sia di tipo microbiologico che chimico-fisico, con i conseguenti rischi per la sicurezza igienico sanitaria del prodotto. Nei prodotti ittici la degradazione biologica risulta essere una delle prime cause di deterioramento dell’alimento ciò perché essi stessi sono caratterizzati dalla presenza di microrganismi provenienti principalmente dalle materie prime impiegate e dal processo di produzione/preparazione utilizzato. Durante la conservazione e lo stoccaggio del prodotto ittico, in particolare sono tre i meccanismi che determinano il deterioramento e quindi la riduzione della shelf life, ovvero: l’autolisi enzimatica (post mortem e che modifica la consistenza del tessuto muscolare favorendo inoltre la crescita microbica ed il rilascio di ammine biogene); l’ossidazione (che riduce le qualità organolettiche del prodotto alterando gli acidi grassi poliinsaturi); la crescita microbica (con produzione di metaboliti come ammine biogene, acidi organici, solfiti, alcool, aldeidi e chetoni che causano i cattivi odori) (Jiang et al. 1990, Koohmaraie M., 1996, Koutsoumanis& Nychas, 1999, Aoki et al., 1997; Bremner, 1992). Risulta quindi strategico, il poter determinare la conservabilità di un alimento verificando dal punto di vista quantitativo, come tutti i fattori che contribuiscono all’alterazione della qualità del prodotto e all’incremento del processo degradativo (popolazione microbica, attività enzimatiche, variazioni chimiche) varino nel tempo.

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I materiali compositi possiedono proprietà funzionali e di resistenza sempre più performanti grazie alla natura dei rinforzanti in fibra di carbonio, i quali però sono caratterizzati da criticità relative al processo di trasformazione altamente energivoro e dispendioso, all’inquinamento collegato alla produzione delle fibre e al trattamento di sizing, nonché alla difficoltà nello stadio di separazione dei costituenti del manufatto composito e del conseguente riciclo. A causa di queste problematiche sono stati introdotti in produzione materiali a matrice epossidica rinforzata con fibre di lino. Lo studio è stato indirizzato verso la caratterizzazione delle materie prime che compongono i manufatti, quindi fibre e semilavorati, mediante analisi termiche dinamiche in DSC e TGA con il fine di determinare la composizione e resistenza dei singoli componenti e la misura della variazione nel comportamento quando sono uniti per comporre i prepreg. Sono state eseguite delle prove di igroscopicità, umidità e densità per ottenere una panoramica precisa sulle differenze nella struttura delle fibre in carbonio e lino che le differenzia in modo apprezzabile. Sono stati laminati compositi reticolati secondo tecnologia in autoclave, le cui proprietà sono state definite mediante prove termiche dinamiche in DSC, TGA, DMA, prove alla fiamma mediante conocalorimetro, prove fisiche di igroscopicità, umidità e densità, prove ottiche al SEM in seguito ad una rottura in trazione. Parte del progetto seguito è stato direzionato all’ottimizzazione del ciclo produttivo in autoclave. La simulazione del nuovo ciclo di cura industriale, RAPID, è stata eseguita per valutare la variazione della Tg finale e il grado di curing, nonché le proprietà termiche e meccaniche già valutate nel ciclo di cura, STANDARD.

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Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato lo studio dell’attività fotocatalitica nella reazione di ossidazione selettiva della 5-idrossimetilfurfurale (HMF) di diversi sistemi a base di diossido di titanio. Il lavoro ha comportato la preparazione di una polvere di ossido di titanio nanoparticellare tramite microemulsione. La polvere ottenuta è stata caratterizzata e confrontata con due polveri commerciali (Evonik P25 e Millenium DT51). Successivamente, la titania prepata tramite microemulsione è stata sottoposta a spray-freeze drying per aumentarne l’area superficiale e ridurne la densità. La tecnica di spray-freeze drying è stata poi utilizzata per sviluppare nanocompositi a base di titania, silice e ceria, e per decorare alcune polveri con nanoparticelle di oro e di oro/rame preformate. Le nanoparticelle sono state sintetizzate tramite un processo in acqua a basso impatto ambientale, usando un sistema glucosio-sodio idrossido come riducente e PVP come stabilizzante. Le polveri preparate sono state caratterizzate tramite analisi BET, DRS, XRD, SEM e TEM. Tutti i materiali sviluppati sono stati testati nella reazione di fotoossidazione selettiva dell’HMF utilizzando un simulatore solare. Sono inoltre state svolte prove fotocatalitiche utilizzando scavenger di specie attive, volte ad indagare il meccanismo promosso da alcune delle polveri preparate e le differenze fra questi.

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Durante la sosta degli automezzi alimentati ad LNG, la pressione all'interno dei serbatoi criogenici aumenta a causa della formazione di gas al loro interno fino al raggiungimento di una pressione limite, superata la quale il gas metano generato, detto di boil-off, viene sfiatato in aria. Dato il forte impatto ambientale che ha il metano, si è valutato quali fossero le dinamiche legate alla sua produzione e al suo sfiato in funzione delle condizioni iniziali e delle condizioni ambientali esterne. Dopo aver allestito una stazione di prova per poter monitorare i valori di pressione interna del serbatoio, fino al raggiungimento della pressione di sfiato, e di massa del sistema nel tempo per valutare la portata di sfiato, sono state eseguite quattro prove con differenti valori iniziali di pressione interna e livello di riempimento di liquido. Terminate le prove sperimentali, è stato analizzato un sistema di recupero del gas altrimenti sfiatato da installare direttamente a bordo dell'automezzo. Grazie ai risultati delle prove effettuate, è stato poi possibile valutare il consumo energetico che tale recupero richiederebbe e i vantaggi che comporterebbe sia ambientali che economici. Ulteriori prove possono essere effettuate per analizzare le prestazioni del sistema di recupero, in particolare riguardo alle caratteristiche del compressore presente all'interno del sistema stesso che deve essere installato a bordo dell'automezzo.