995 resultados para Piano quartets


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Frequency upconversion (UC) processes involving energy transfer (ET) among Nd 3+ and Pr 3+ ions in a fluoroindate glass are reported. In a first experiment, the excitation of Pr 3+ [transition 3H 4→ 1D 2] and of Nd 3+ [transition 4I 9/2→( 2G 7/2+ 4G 5/2)] was achieved with a dye laser operating in the 575-590 nm range. In a second experiment, the Nd 3+ ions were excited with the second harmonic of a Nd: YAG laser at 532 nm. The ET processes leading to UC in both experiments were studied by monitoring the blue fluorescence decay at 480 nm due to the transition 3P 0→ 3H 4 in Pr 3+. In the more relevant UC process, quartets of ions (Nd-Nd-Pr-Pr) are excited due to absorption of three laser photons by two Nd 3+ ions which transfer their energy to two Pr 3+ ions. Each Pr 3+ ion promoted to the 3P 0 level decays to the ground state emitting one photon in the blue region. This conclusion was achieved investigating the dependence of the UC fluorescence intensity as a function of laser intensity, samples concentrations, and temporal behavior of the UC signal. Other UC processes involving nonisoionic groups of three ions are also reported. © 2002 American Institute of Physics.

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Este hino foi composto para as comemorações do Jubileu de Prata (25 anos) da Unesp em 2001. Edmundo Villani-Cortes, então professor de Composição do Instituto de Artes, campus de São Paulo, escreveu a música e o então aluno de graduação no curso de Bacharelado em Música com habilitação em Composição e Regência, Julio Bellodi, a convite dele, escreveu a letra. A obra, interpretada pela Orquestra de Câmara da Unesp, teve sua estreia em 3 de dezembro daquele ano.

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The purpose of the study was to examine any differences that exist in the quality of motions employed by pianists when they are sight-reading versus performing repertoire. A secondary question of interest was whether or not an improvement in the efficiency of motion could be observed between two sight-reading trials of the same musical excerpt. While data analysis for the full study is ongoing, the following results from a case study are illustrative.

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In 1893 Ferruccio Busoni transcribed, for the piano, the famous Bach Chaconne for violin solo from the Partita No.2 in D minor. Numerous transcriptions of this piece for different various instruments exist; however Busoni's transcription stands above all others. The purpose of this study was to analyze what the famous, twentieth-century pianist did when he transcribed Bach's Chaconne. What information exists on the topic comes primarily from pianists who dared to learn this exceptionally difficult, beautiful composition. Busoni's accomplishments lie in the new concept, a conceptual transcription, which has two roots: understanding how, historically, we are connected to the music, and how once genres have a special meaning in the twentieth-century. Every generation of musicians brings their own specific point of view and interpretation. Busoni lived on the border of the two centuries and, in his transcription, reveled in several issues overlooked by the previous generation. With his keen understanding of the piece, Busoni highlighted many different genres present in the music, thus allowing recognition of the last movement of the Partita No. 2 in D minor as a Requiem for Bach's wife. By underscoring the genres, Busoni used them as strata. The idea of strata comes from the aesthetics of “play,” and from a different approach to the quality of sound on piano originally intended for a high string instrument. Busoni's arrangement of the texture added both orchestral quality and stereophonic perception. The strata add to a certain reading of Bach's original. Busoni promoted a dramatic approach opening the possibility of reading the chaconne as a multi-layered form. Through Busoni', we see the possibility not only of a tripartite, variation form, but also a composition, with the elements of a concerto, and a sonata. Who could imagine, that a composition written by a young composer at the fin de siecle, intended for practical use by pianists, would subtly influence so many contemporaries and generations, that they will find his findings and music inspiring. Adviser: Dr. Mark K. Clinton

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This article, part of a doctoral research conducted at the Department of Music of the ECA/USP/FAPESP aims to elucidate compositional and technical procedures in the Prelude from the suite Le Tombeau de Couperin (1914-1917) by french composer Maurice Ravel. Such procedures are traced back to French barroque composer Francois Couperin (1668-1733) harpsichord pieces, and are translated by Ravel to the modern piano. Thus, by studying the works for harpsichord by Couperin it was possible to see a kind of fusion of two languages and two instrumental techniques apart in time. This fusion of languages poses several interpretive questions.

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La Tesi tratta della modellazione e dell'analisi di ponti ad arco in muratura. In particolare è stato studiato il caso del vecchio ponte di Bagno di Piano, sito al km 14 della S.P. 18 "Palludese" in comune di Sala Bolognese in Provincia di Bologna. L’obiettivo della Tesi di Laurea è duplice, nel senso che da un lato si cerca di risalire alle probabili cause del crollo e, dall’altra si intende mettere a punto un quadro operativo per l’analisi strutturale di ponti ad arco in muratura.

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La ricerca si propone di definire le linee guida per la stesura di un Piano che si occupi di qualità della vita e di benessere. Il richiamo alla qualità e al benessere è positivamente innovativo, in quanto impone agli organi decisionali di sintonizzarsi con la soggettività attiva dei cittadini e, contemporaneamente, rende evidente la necessità di un approccio più ampio e trasversale al tema della città e di una più stretta relazione dei tecnici/esperti con i responsabili degli organismi politicoamministrativi. La ricerca vuole indagare i limiti dell’urbanistica moderna di fronte alla complessità di bisogni e di nuove necessità espresse dalle popolazioni urbane contemporanee. La domanda dei servizi è notevolmente cambiata rispetto a quella degli anni Sessanta, oltre che sul piano quantitativo anche e soprattutto sul piano qualitativo, a causa degli intervenuti cambiamenti sociali che hanno trasformato la città moderna non solo dal punto di vista strutturale ma anche dal punto di vista culturale: l’intermittenza della cittadinanza, per cui le città sono sempre più vissute e godute da cittadini del mondo (turisti e/o visitatori, temporaneamente presenti) e da cittadini diffusi (suburbani, provinciali, metropolitani); la radicale trasformazione della struttura familiare, per cui la famiglia-tipo costituita da una coppia con figli, solido riferimento per l’economia e la politica, è oggi minoritaria; l’irregolarità e flessibilità dei calendari, delle agende e dei ritmi di vita della popolazione attiva; la mobilità sociale, per cui gli individui hanno traiettorie di vita e pratiche quotidiane meno determinate dalle loro origini sociali di quanto avveniva nel passato; l’elevazione del livello di istruzione e quindi l’incremento della domanda di cultura; la crescita della popolazione anziana e la forte individualizzazione sociale hanno generato una domanda di città espressa dalla gente estremamente variegata ed eterogenea, frammentata e volatile, e per alcuni aspetti assolutamente nuova. Accanto a vecchie e consolidate richieste – la città efficiente, funzionale, produttiva, accessibile a tutti – sorgono nuove domande, ideali e bisogni che hanno come oggetto la bellezza, la varietà, la fruibilità, la sicurezza, la capacità di stupire e divertire, la sostenibilità, la ricerca di nuove identità, domande che esprimono il desiderio di vivere e di godere la città, di stare bene in città, domande che non possono essere più soddisfatte attraverso un’idea di welfare semplicemente basata sull’istruzione, la sanità, il sistema pensionistico e l’assistenza sociale. La città moderna ovvero l’idea moderna della città, organizzata solo sui concetti di ordine, regolarità, pulizia, uguaglianza e buon governo, è stata consegnata alla storia passata trasformandosi ora in qualcosa di assai diverso che facciamo fatica a rappresentare, a descrivere, a raccontare. La città contemporanea può essere rappresentata in molteplici modi, sia dal punto di vista urbanistico che dal punto di vista sociale: nella letteratura recente è evidente la difficoltà di definire e di racchiudere entro limiti certi l’oggetto “città” e la mancanza di un convincimento forte nell’interpretazione delle trasformazioni politiche, economiche e sociali che hanno investito la società e il mondo nel secolo scorso. La città contemporanea, al di là degli ambiti amministrativi, delle espansioni territoriali e degli assetti urbanistici, delle infrastrutture, della tecnologia, del funzionalismo e dei mercati globali, è anche luogo delle relazioni umane, rappresentazione dei rapporti tra gli individui e dello spazio urbano in cui queste relazioni si muovono. La città è sia concentrazione fisica di persone e di edifici, ma anche varietà di usi e di gruppi, densità di rapporti sociali; è il luogo in cui avvengono i processi di coesione o di esclusione sociale, luogo delle norme culturali che regolano i comportamenti, dell’identità che si esprime materialmente e simbolicamente nello spazio pubblico della vita cittadina. Per studiare la città contemporanea è necessario utilizzare un approccio nuovo, fatto di contaminazioni e saperi trasversali forniti da altre discipline, come la sociologia e le scienze umane, che pure contribuiscono a costruire l’immagine comunemente percepita della città e del territorio, del paesaggio e dell’ambiente. La rappresentazione del sociale urbano varia in base all’idea di cosa è, in un dato momento storico e in un dato contesto, una situazione di benessere delle persone. L’urbanistica moderna mirava al massimo benessere del singolo e della collettività e a modellarsi sulle “effettive necessità delle persone”: nei vecchi manuali di urbanistica compare come appendice al piano regolatore il “Piano dei servizi”, che comprende i servizi distribuiti sul territorio circostante, una sorta di “piano regolatore sociale”, per evitare quartieri separati per fasce di popolazione o per classi. Nella città contemporanea la globalizzazione, le nuove forme di marginalizzazione e di esclusione, l’avvento della cosiddetta “new economy”, la ridefinizione della base produttiva e del mercato del lavoro urbani sono espressione di una complessità sociale che può essere definita sulla base delle transazioni e gli scambi simbolici piuttosto che sui processi di industrializzazione e di modernizzazione verso cui era orientata la città storica, definita moderna. Tutto ciò costituisce quel complesso di questioni che attualmente viene definito “nuovo welfare”, in contrapposizione a quello essenzialmente basato sull’istruzione, sulla sanità, sul sistema pensionistico e sull’assistenza sociale. La ricerca ha quindi analizzato gli strumenti tradizionali della pianificazione e programmazione territoriale, nella loro dimensione operativa e istituzionale: la destinazione principale di tali strumenti consiste nella classificazione e nella sistemazione dei servizi e dei contenitori urbanistici. E’ chiaro, tuttavia, che per poter rispondere alla molteplice complessità di domande, bisogni e desideri espressi dalla società contemporanea le dotazioni effettive per “fare città” devono necessariamente superare i concetti di “standard” e di “zonizzazione”, che risultano essere troppo rigidi e quindi incapaci di adattarsi all’evoluzione di una domanda crescente di qualità e di servizi e allo stesso tempo inadeguati nella gestione del rapporto tra lo spazio domestico e lo spazio collettivo. In questo senso è rilevante il rapporto tra le tipologie abitative e la morfologia urbana e quindi anche l’ambiente intorno alla casa, che stabilisce il rapporto “dalla casa alla città”, perché è in questa dualità che si definisce il rapporto tra spazi privati e spazi pubblici e si contestualizzano i temi della strada, dei negozi, dei luoghi di incontro, degli accessi. Dopo la convergenza dalla scala urbana alla scala edilizia si passa quindi dalla scala edilizia a quella urbana, dal momento che il criterio del benessere attraversa le diverse scale dello spazio abitabile. Non solo, nei sistemi territoriali in cui si è raggiunto un benessere diffuso ed un alto livello di sviluppo economico è emersa la consapevolezza che il concetto stesso di benessere sia non più legato esclusivamente alla capacità di reddito collettiva e/o individuale: oggi la qualità della vita si misura in termini di qualità ambientale e sociale. Ecco dunque la necessità di uno strumento di conoscenza della città contemporanea, da allegare al Piano, in cui vengano definiti i criteri da osservare nella progettazione dello spazio urbano al fine di determinare la qualità e il benessere dell’ambiente costruito, inteso come benessere generalizzato, nel suo significato di “qualità dello star bene”. E’ evidente che per raggiungere tale livello di qualità e benessere è necessario provvedere al soddisfacimento da una parte degli aspetti macroscopici del funzionamento sociale e del tenore di vita attraverso gli indicatori di reddito, occupazione, povertà, criminalità, abitazione, istruzione, etc.; dall’altra dei bisogni primari, elementari e di base, e di quelli secondari, culturali e quindi mutevoli, trapassando dal welfare state allo star bene o well being personale, alla wellness in senso olistico, tutte espressioni di un desiderio di bellezza mentale e fisica e di un nuovo rapporto del corpo con l’ambiente, quindi manifestazione concreta di un’esigenza di ben-essere individuale e collettivo. Ed è questa esigenza, nuova e difficile, che crea la diffusa sensazione dell’inizio di una nuova stagione urbana, molto più di quanto facciano pensare le stesse modifiche fisiche della città.

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Per migliorare la lettura del territorio, al fine di facilitare gli interventi di pronto intervento, in seguito a sopralluoghi sul territorio, sono stati eseguiti interventi di riqualificazione della segnaletica d'indicazione e di miglioramento dell'accessibilità in alcune zone di Casalecchio di Reno, in collaborazione con 118 e 115.