996 resultados para Johann Georg <Sachsen, Kurfürst>Johann Georg <Sachsen, Kurfürst>


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Trigonometry, branch of mathematics related to the study of triangles, developed from practical needs, especially relating to astronomy, Surveying and Navigation. Johann Müller, the Regiomontanus (1436-1476) mathematician and astronomer of the fifteenth century played an important role in the development of this science. His work titled De Triangulis Omnimodis Libri Quinque written around 1464, and published posthumously in 1533, presents the first systematic exposure of European plane and spherical trigonometry, a treatment independent of astronomy. In this study we present a description, translation and analysis of some aspects of this important work in the history of trigonometry. Therefore, the translation was performed using a version of the book Regiomontanus on Triangles of Barnabas Hughes, 1967. In it you will find the original work in Latin and an English translation. For this study, we use for most of our translation in Portuguese, the English version, but some doubt utterance, statement and figures were made by the original Latin. In this work, we can see that trigonometry is considered as a branch of mathematics which is subordinated to geometry, that is, toward the study of triangles. Regiomontanus provides a large number of theorems as the original trigonometric formula for the area of a triangle. Use algebra to solve geometric problems and mainly shows the first practical theorem for the law of cosines in spherical trigonometry. Thus, this study shows some of the development of the trigonometry in the fifteenth century, especially with regard to concepts such as sine and cosine (sine reverse), the work discussed above, is of paramount importance for the research in the history of mathematics more specifically in the area of historical analysis and critique of literary sources or studying the work of a particular mathematician

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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This thesis attempts to comprehend, through the work of Georg Simmel and Ulrich Beck, two distinct phases of modernity through the concept of individualism and individualization processes arising therefrom. A substantial formulation of the concept that remits to the conceptual transposition unscathed from one reality to another is not the main focus of this study. This is about, in advance, two distinct realities, conceptual and comparative examination that aims to weave the points pertaining to echoes - internalized and modified according to the complexity of the historical premises - the thought of Simmel in theoretical perspective of Beck. The forms can be characterized as individualism according to the socio-philosophical mores of Simmel in the intention to understand the forms assumed by individualism in modern history, as well as the derived individualization processes sustained by individual law. Therewith, is intended to transpose the optical analysis of contemporary Ulrich Beck and reap, through conceptual analysis, the points that refer to the influence and continuity of thought of Georg Simmel

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Conselho Nacional de Desenvolvimento Científico e Tecnológico (CNPq)

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L’ermeneutica filosofica di Hans-Georg Gadamer – indubbiamente uno dei capisaldi del pensiero novecentesco – rappresenta una filosofia molto composita, sfaccettata e articolata, per così dire formata da una molteplicità di dimensioni diverse che si intrecciano l’una con l’altra. Ciò risulta evidente già da un semplice sguardo alla composizione interna della sua opera principale, Wahrheit und Methode (1960), nella quale si presenta una teoria del comprendere che prende in esame tre differenti dimensioni dell’esperienza umana – arte, storia e linguaggio – ovviamente concepite come fondamentalmente correlate tra loro. Ma questo quadro d’insieme si complica notevolmente non appena si prendano in esame perlomeno alcuni dei numerosi contributi che Gadamer ha scritto e pubblicato prima e dopo il suo opus magnum: contributi che testimoniano l’importante presenza nel suo pensiero di altre tematiche. Di tale complessità, però, non sempre gli interpreti di Gadamer hanno tenuto pienamente conto, visto che una gran parte dei contributi esegetici sul suo pensiero risultano essenzialmente incentrati sul capolavoro del 1960 (ed in particolare sui problemi della legittimazione delle Geisteswissenschaften), dedicando invece minore attenzione agli altri percorsi che egli ha seguito e, in particolare, alla dimensione propriamente etica e politica della sua filosofia ermeneutica. Inoltre, mi sembra che non sempre si sia prestata la giusta attenzione alla fondamentale unitarietà – da non confondere con una presunta “sistematicità”, da Gadamer esplicitamente respinta – che a dispetto dell’indubbia molteplicità ed eterogeneità del pensiero gadameriano comunque vige al suo interno. La mia tesi, dunque, è che estetica e scienze umane, filosofia del linguaggio e filosofia morale, dialogo con i Greci e confronto critico col pensiero moderno, considerazioni su problematiche antropologiche e riflessioni sulla nostra attualità sociopolitica e tecnoscientifica, rappresentino le diverse dimensioni di un solo pensiero, le quali in qualche modo vengono a convergere verso un unico centro. Un centro “unificante” che, a mio avviso, va individuato in quello che potremmo chiamare il disagio della modernità. In altre parole, mi sembra cioè che tutta la riflessione filosofica di Gadamer, in fondo, scaturisca dalla presa d’atto di una situazione di crisi o disagio nella quale si troverebbero oggi il nostro mondo e la nostra civiltà. Una crisi che, data la sua profondità e complessità, si è per così dire “ramificata” in molteplici direzioni, andando ad investire svariati ambiti dell’esistenza umana. Ambiti che pertanto vengono analizzati e indagati da Gadamer con occhio critico, cercando di far emergere i principali nodi problematici e, alla luce di ciò, di avanzare proposte alternative, rimedi, “correttivi” e possibili soluzioni. A partire da una tale comprensione di fondo, la mia ricerca si articola allora in tre grandi sezioni dedicate rispettivamente alla pars destruens dell’ermeneutica gadameriana (prima e seconda sezione) ed alla sua pars costruens (terza sezione). Nella prima sezione – intitolata Una fenomenologia della modernità: i molteplici sintomi della crisi – dopo aver evidenziato come buona parte della filosofia del Novecento sia stata dominata dall’idea di una crisi in cui verserebbe attualmente la civiltà occidentale, e come anche l’ermeneutica di Gadamer possa essere fatta rientrare in questo discorso filosofico di fondo, cerco di illustrare uno per volta quelli che, agli occhi del filosofo di Verità e metodo, rappresentano i principali sintomi della crisi attuale. Tali sintomi includono: le patologie socioeconomiche del nostro mondo “amministrato” e burocratizzato; l’indiscriminata espansione planetaria dello stile di vita occidentale a danno di altre culture; la crisi dei valori e delle certezze, con la concomitante diffusione di relativismo, scetticismo e nichilismo; la crescente incapacità a relazionarsi in maniera adeguata e significativa all’arte, alla poesia e alla cultura, sempre più degradate a mero entertainment; infine, le problematiche legate alla diffusione di armi di distruzione di massa, alla concreta possibilità di una catastrofe ecologica ed alle inquietanti prospettive dischiuse da alcune recenti scoperte scientifiche (soprattutto nell’ambito della genetica). Una volta delineato il profilo generale che Gadamer fornisce della nostra epoca, nella seconda sezione – intitolata Una diagnosi del disagio della modernità: il dilagare della razionalità strumentale tecnico-scientifica – cerco di mostrare come alla base di tutti questi fenomeni egli scorga fondamentalmente un’unica radice, coincidente peraltro a suo giudizio con l’origine stessa della modernità. Ossia, la nascita della scienza moderna ed il suo intrinseco legame con la tecnica e con una specifica forma di razionalità che Gadamer – facendo evidentemente riferimento a categorie interpretative elaborate da Max Weber, Martin Heidegger e dalla Scuola di Francoforte – definisce anche «razionalità strumentale» o «pensiero calcolante». A partire da una tale visione di fondo, cerco quindi di fornire un’analisi della concezione gadameriana della tecnoscienza, evidenziando al contempo alcuni aspetti, e cioè: primo, come l’ermeneutica filosofica di Gadamer non vada interpretata come una filosofia unilateralmente antiscientifica, bensì piuttosto come una filosofia antiscientista (il che naturalmente è qualcosa di ben diverso); secondo, come la sua ricostruzione della crisi della modernità non sfoci mai in una critica “totalizzante” della ragione, né in una filosofia della storia pessimistico-negativa incentrata sull’idea di un corso ineluttabile degli eventi guidato da una razionalità “irrazionale” e contaminata dalla brama di potere e di dominio; terzo, infine, come la filosofia di Gadamer – a dispetto delle inveterate interpretazioni che sono solite scorgervi un pensiero tradizionalista, autoritario e radicalmente anti-illuminista – non intenda affatto respingere l’illuminismo scientifico moderno tout court, né rinnegarne le più importanti conquiste, ma più semplicemente “correggerne” alcune tendenze e recuperare una nozione più ampia e comprensiva di ragione, in grado di render conto anche di quegli aspetti dell’esperienza umana che, agli occhi di una razionalità “limitata” come quella scientista, non possono che apparire come meri residui di irrazionalità. Dopo aver così esaminato nelle prime due sezioni quella che possiamo definire la pars destruens della filosofia di Gadamer, nella terza ed ultima sezione – intitolata Una terapia per la crisi della modernità: la riscoperta dell’esperienza e del sapere pratico – passo quindi ad esaminare la sua pars costruens, consistente a mio giudizio in un recupero critico di quello che egli chiama «un altro tipo di sapere». Ossia, in un tentativo di riabilitazione di tutte quelle forme pre- ed extra-scientifiche di sapere e di esperienza che Gadamer considera costitutive della «dimensione ermeneutica» dell’esistenza umana. La mia analisi della concezione gadameriana del Verstehen e dell’Erfahrung – in quanto forme di un «sapere pratico (praktisches Wissen)» differente in linea di principio da quello teorico e tecnico – conduce quindi ad un’interpretazione complessiva dell’ermeneutica filosofica come vera e propria filosofia pratica. Cioè, come uno sforzo di chiarificazione filosofica di quel sapere prescientifico, intersoggettivo e “di senso comune” effettivamente vigente nella sfera della nostra Lebenswelt e della nostra esistenza pratica. Ciò, infine, conduce anche inevitabilmente ad un’accentuazione dei risvolti etico-politici dell’ermeneutica di Gadamer. In particolare, cerco di esaminare la concezione gadameriana dell’etica – tenendo conto dei suoi rapporti con le dottrine morali di Platone, Aristotele, Kant e Hegel – e di delineare alla fine un profilo della sua ermeneutica filosofica come filosofia del dialogo, della solidarietà e della libertà.

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Die vorliegende Arbeit beschäftigt sich mit dem Transformationsprozess von Schulsystemen, den die ostdeutschen Länder mit dem Erlangen der deutschen Vereinigung bewältigen mussten am Beispiel der Mittelschule im Freistaat Sachsen. Dieser Prozess wird mit Fokus auf die Sekundarstufe I und darin insbesondere auf die Mittelschule als „neue Schulform“ nachge-zeichnet und analysiert. Die skizzierten Entwicklungslinien werden aufgegriffen und am Beispiel dieses konkreten bildungspolitischen Vorhabens, des Aufbaus einer neuen Schulform und eines zweigliedrigen Schulsystems, vor dem Hintergrund der widersprüchlichen Aufgabe, ein Schulsystem zu reformieren und dabei weder Ausgangspunkt noch Ziel der Reform genau bestimmen zu können, diskutiert und in ihrer Wirkung bewertet. Dabei werden die Bedeutung der Einzelschule bei der Transformation des Schulsystems herausgearbeitet, die Wirkung von Modellversuchsergebnissen für die weitere Gestaltung des Schulsystems kritisch untersucht und schließlich danach gefragt, welche Form von Steuerung einzelne Schulen brauchen, um sich ansprechend der sich verschärfenden Anforderung an Bildung optimal entwickeln zu können und welche Art der bildungspolitischen Steuerung des Gesamtsystems erforderlich ist, um Qualitätssicherung und Qualitätsentwicklung im Kontext der internationalen Leistungsvergleichsstudien zu realisieren. Die Analysen des Transformationsprozesses stehen unter dem Einfluss der Ergebnisse der ersten PISA-Studie und der sich daran anschließenden bildungspolitischen Diskussionen über die Qualität von Schule in Deutschland im internationalen Vergleich. Damit wird die Perspektive über den Einigungsprozess hinaus geöffnet und an bestehende Forschungsergebnisse angeknüpft, wonach sich der deutsch-deutsche Einigungsprozess hinsichtlich der mit ihm vollzogenen Öffnung in der Gestaltung der Schulverhältnisse als ein Probestück der Bundesrepublik für den europäischen Einigungsprozess verstehen lässt und sich in diesem Sinne auch bewährt hat. Mit den Debatten um Bildung und vor allem um Qualität von Bildung in der Folge der länderübergreifenden Vergleichsstudien zeigt sich aber, dass die Themen auf der bildungspolitischen Agenda raschen Veränderungen unterworfen sind. Im Lichte dieser gesellschaftlichen Debatte um die Qualität und die Steuerung von Bildung werden abschließend die Herausforderungen für die Schulforschung vor dem Hintergrund globalisierter Leistungsanforderungen und erweiterter Selbstverantwortung der Einzelschulen skizziert.

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Die Arbeit beschriebt das Leben und Wirken Johann Schöffers, des Erben der Mainzer Druckerei Johannes Fusts und Peter Schöffer d.Ä. Im Mittelpunkt stehen die 315 heute noch nachweisbaren Drucke. Neben der bibliographischen Erfassung der Titel, die ergänzt werden durch Hinweise zur Illustration und zur Typographie, wird versucht anhand dieser die Entwicklung und die Veränderungen in der Werkstatt aufzuzeigen. Von Interesse ist dabei, dass sich die historischen Ereignisse und religiösen Strömungen teilweise parallel, teilweise zeitlich versetzt im Verlagsprogramm widerspiegeln.

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La dissertazione è uno studio monografico delle cantate dialogiche e delle serenate a più voci e strumenti composte da Händel in Italia negli anni 1706-1710. Insieme ai drammi per musica e agli oratori coevi, le quattro cantate "Aminta e Fillide" HWV 83, "Clori, Tirsi e Fileno" HWV 96, "Il duello amoroso" HWV 82, "Apollo e Dafne" HWV 122 e le due serenate "Aci, Galatea e Polifemo" HWV 72 e "Olinto pastore arcade alle glorie del Tebro" HWV 143 costituiscono le prime importanti affermazioni di Händel come compositore di musica vocale. Le sei composizioni sono state studiate sotto l’aspetto storico-letterario, drammaturgico-musicale e della committenza, con l’obiettivo di individuare intersecazioni fra questi piani. I testi poetici, di cui si è curata l’edizione, sono stati analizzati da un punto di vista storico e stilistico e collocati nel particolare contesto romano del primo Settecento, in cui la proibizione di ogni spettacolo teatrale determinò, sotto la spinta di una raffinata committenza, un ‘drammatizzazione’ dei generi della cantata e della serenata. L’analisi musicale di ciascuna composizione è stata dunque finalizzata a una lettura ‘drammaturgica’, che ha portato alla individuazione dei dispositivi di ascendenza teatrale nella scelte compositive di Händel. Lo studio si conclude con un selettivo confronto con le cantate e le serenate scritte negli stessi anni a Roma da Alessandro Scarlatti.

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La tesi di dottorato ha come oggetto il pensiero sociologico di Georg Simmel con particolare riferimento alla sua interpretazione nei diversi indirizzi di ricerca della sociologia relazionale contemporanea. In particolare, si propone una rilettura del contributo simmeliano alla luce del paradigma relazionale della sociologia di Pierpaolo Donati. Il lavoro di ricerca è stato condotto secondo una rigorosa ricognizione testuale dell’opus simmeliano e della bibliografia critica internazionale sull'argomento in oggetto. A partire dalla nozione di relazione sociale, si dipana l’analisi della proposta sociologica simmeliana: il termine tedesco Wechselwirkung (azione reciproca) racchiude la complessa semantica con cui assume senso l’intera teoria sociologica simmeliana. Simmel è il primo "sociologo relazionale", come sostenuto da Donati, e in questa ricerca si cerca di mostrare le evidenze della validità di tale asserzione. Nella formulazione simmeliana si trovano importanti indizi teorici che permettono di rielaborare la relazione nei termini di una “forma sociale vitale”. Questo significa che la relazione sociale trova la sua ragion d’essere in quanto fenomeno umano che si determina a partire dalle nozioni di “spirito” (Geist) e “vita”(Leben). Nel primo capitolo si chiarisce la natura di questa relazione sociale in rapporto alle varie proposte sociologiche relazionali in campo internazionale. Nel secondo capitolo si analizza in maniera critica la (ri)formulazione simmeliana della relazione come scambio (nella forma simbolica del denaro) e le interpretazioni relazionali che si sono succedute a partire da questo cambio di rotta. Nel terzo capitolo vengono passate in rassegna le principali figure relazionali (la vita della metropoli, la moda, il conflitto, il povero, lo straniero) con le quali si confronta il sociologo berlinese. Nel quarto capitolo si propone di rileggere fenomeni sociali e culturali come forme relazionali in riferimento alla sfera dell’arte e della teologia (religione).