258 resultados para HelpDesk Ticket OTRS SSO Shibbleth
Resumo:
La tesi si occupa della teoria delle ranking functions di W. Spohn, dottrina epistemologica il cui fine è dare una veste logica rigorosa ai concetti di causalità, legge di natura, spiegazione scientifica, a partire dalla nozione di credenza. Di tale teoria manca ancora una esposizione organica e unitaria e, soprattutto, formulata in linguaggio immediatamente accessibile. Nel mio lavoro, che si presenta come introduzione ad essa, è anche messa a raffronto con le teorie che maggiormente l’hanno influenzata o rispetto alle quali si pone come avversaria. Il PRIMO CAPITOLO si concentra sulla teoria di P. Gärdenfors, il più diretto predecessore e ispiratore di Spohn. Questo consente al lettore di acquisire familiarità con le nozioni di base della logica epistemica. La conoscenza, nella teoria del filosofo svedese, è concepita come processo di acquisizione ed espulsione di credenze, identificate con proposizioni, da un insieme. I tre maggiori fenomeni epistemici sono l’espansione, la revisione e la contrazione. Nel primo caso si immagazzina una proposizione in precedenza sconosciuta, nel secondo se ne espelle una a causa dell’acquisizione della sua contraddittoria, nel terzo si cancella una proposizione per amore di ipotesi e si investigano le conseguenze di tale cancellazione. Controparte linguistica di quest’ultimo fenomeno è la formulazione di un condizionale controfattuale. L’epistemologo, così come Gärdenfors concepisce il suo compito, è fondamentalmente un logico che deve specificare funzioni: vale a dire, le regole che deve rispettare ciascun passaggio da un insieme epistemico a un successivo per via di espansione, revisione e contrazione. Il SECONDO CAPITOLO tratta infine della teoria di Spohn, cercando di esporla in modo esauriente ma anche molto semplice. Anche in Spohn evidentemente il concetto fondamentale è quello di funzione: si tratta però in questo caso di quella regola di giudizio soggettivo che, a ciascuna credenza, identificata con una proposizione, associa un grado (un rank), espresso da un numero naturale positivo o dallo zero. Un rank è un grado di non-credenza (disbelief). Perché la non-credenza (che comporta un notevole appesantimento concettuale)? Perché le leggi della credenza così concepite presentano quella che Spohn chiama una “pervasiva analogia” rispetto alle leggi della probabilità (Spohn la chiama persino “armonia prestabilita” ed è un campo su cui sta ancora lavorando). Essenziale è il concetto di condizionalizzazione (analogo a quello di probabilità condizionale): a una credenza si associa un rank sulla base di (almeno) un’altra credenza. Grazie a tale concetto Spohn può formalizzare un fenomeno che a Gärdenfors sfugge, ossia la presenza di correlazioni interdoxastiche tra le credenze di un soggetto. Nella logica epistemica del predecessore, infatti, tutto si riduce all’inclusione o meno di una proposizione nell’insieme, non si considerano né gradi di credenza né l’idea che una credenza sia creduta sulla base di un’altra. Il TERZO CAPITOLO passa alla teoria della causalità di Spohn. Anche questa nozione è affrontata in prospettiva epistemica. Non ha senso, secondo Spohn, chiedersi quali siano i tratti “reali” della causalità “nel mondo”, occorre invece studiare che cosa accade quando si crede che tra due fatti o eventi sussista una correlazione causale. Anche quest’ultima è fatta oggetto di una formalizzazione logica rigorosa (e diversificata, infatti Spohn riconosce vari tipi di causa). Una causa “innalza lo status epistemico” dell’effetto: vale a dire, quest’ultimo è creduto con rank maggiore (ossia minore, se ci si concentra sulla non-credenza) se condizionalizzato sulla causa. Nello stesso capitolo espongo la teoria della causalità di Gärdenfors, che però è meno articolata e minata da alcuni errori. Il QUARTO CAPITOLO è tutto dedicato a David Lewis e alla sua teoria controfattuale della causalità, che è il maggiore avversario tanto di Spohn quanto di Gärdenfors. Secondo Lewis la migliore definizione di causa può essere data in termini controfattuali: la causa è un evento tale che, se non fosse accaduto, nemmeno l’effetto sarebbe accaduto. Naturalmente questo lo obbliga a specificare una teoria delle condizioni di verità di tale classe di enunciati che, andando contro i fatti per definizione, non possono essere paragonati alla realtà. Lewis ricorre allora alla dottrina dei mondi possibili e della loro somiglianza comparativa, concludendo che un controfattuale è vero se il mondo possibile in cui il suo antecedente e il suo conseguente sono veri è più simile al mondo attuale del controfattuale in cui il suo antecedente è vero e il conseguente è falso. Il QUINTO CAPITOLO mette a confronto la teoria di Lewis con quelle di Spohn e Gärdenfors. Quest’ultimo riduce i controfattuali a un fenomeno linguistico che segnala il processo epistemico di contrazione, trattato nel primo capitolo, rifiutando così completamente la dottrina dei mondi possibili. Spohn non affronta direttamente i controfattuali (in quanto a suo dire sovraccarichi di sottigliezze linguistiche di cui non vuole occuparsi – ha solo un abbozzo di teoria dei condizionali) ma dimostra che la sua teoria è superiore a quella di Lewis perché riesce a rendere conto, con estrema esattezza, di casi problematici di causalità che sfuggono alla formulazione controfattuale. Si tratta di quei casi in cui sono in gioco, rafforzandosi a vicenda o “concorrendo” allo stesso effetto, più fattori causali (casi noti nella letteratura come preemption, trumping etc.). Spohn riesce a renderne conto proprio perché ha a disposizione i rank numerici, che consentono un’analisi secondo cui a ciascun fattore causale è assegnato un preciso ruolo quantitativamente espresso, mentre la dottrina controfattuale è incapace di operare simili distinzioni (un controfattuale infatti è vero o falso, senza gradazioni). Il SESTO CAPITOLO si concentra sui modelli di spiegazione scientifica di Hempel e Salmon, e sulla nozione di causalità sviluppata da quest’ultimo, mettendo in luce soprattutto il ruolo (problematico) delle leggi di natura e degli enunciati controfattuali (a questo proposito sono prese in considerazione anche le famose critiche di Goodman e Chisholm). Proprio dalla riflessione su questi modelli infatti è scaturita la teoria di Gärdenfors, e tanto la dottrina del filosofo svedese quanto quella di Spohn possono essere viste come finalizzate a rendere conto della spiegazione scientifica confrontandosi con questi modelli meno recenti. Il SETTIMO CAPITOLO si concentra sull’analisi che la logica epistemica fornisce delle leggi di natura, che nel capitolo precedente sono ovviamente emerse come elemento fondamentale della spiegazione scientifica. Secondo Spohn le leggi sono innanzitutto proposizioni generali affermative, che sono credute in modo speciale. In primo luogo sono credute persistentemente, vale a dire, non sono mai messe in dubbio (tanto che se si incappa in una loro contro-istanza si va alla ricerca di una violazione della normalità che la giustifichi). In secondo luogo, guidano e fondano la credenza in altre credenze specifiche, che sono su di esse condizionalizzate (si riprendono, con nuovo rigore logico, le vecchie idee di Wittgenstein e di Ramsey e il concetto di legge come inference ticket). In terzo luogo sono generalizzazioni ricavate induttivamente: sono oggettivazioni di schemi induttivi. Questo capitolo si sofferma anche sulla teoria di legge offerta da Gärdenfors (analoga ma embrionale) e sull’analisi che Spohn fornisce della nozione di clausola ceteris paribus. L’OTTAVO CAPITOLO termina l’analisi cominciata con il sesto, considerando finalmente il modello epistemico della spiegazione scientifica. Si comincia dal modello di Gärdenfors, che si mostra essere minato da alcuni errori o comunque caratterizzato in modo non sufficientemente chiaro (soprattutto perché non fa ricorso, stranamente, al concetto di legge). Segue il modello di Spohn; secondo Spohn le spiegazioni scientifiche sono caratterizzate dal fatto che forniscono (o sono finalizzate a fornire) ragioni stabili, vale a dire, riconducono determinati fenomeni alle loro cause e tali cause sono credute in modo persistente. Con una dimostrazione logica molto dettagliata e di acutezza sorprendente Spohn argomenta che simili ragioni, nel lungo periodo, devono essere incontrate. La sua quindi non è solo una teoria della spiegazione scientifica che elabori un modello epistemico di che cosa succede quando un fenomeno è spiegato, ma anche una teoria dello sviluppo della scienza in generale, che incoraggia a perseguire la ricerca delle cause come necessariamente coronata da successo. Le OSSERVAZIONI CONCLUSIVE fanno il punto sulle teorie esposte e sul loro raffronto. E’ riconosciuta la superiorità della teoria di Spohn, di cui si mostra anche che raccoglie in pieno l’eredità costruttiva di Hume, al quale gli avversari si rifanno costantemente ma in modo frammentario. Si analizzano poi gli elementi delle teorie di Hempel e Salmon che hanno precorso l’impostazione epistemica. La teoria di Spohn non è esente però da alcuni punti ancora problematici. Innanzitutto, il ruolo della verità; in un primo tempo Spohn sembra rinunciare, come fa esplicitamente il suo predecessore, a trattare la verità, salvo poi invocarla quando si pone il grave problema dell’oggettivazione delle ranking functions (il problema si presenta poiché di esse inizialmente si dice che sono regole soggettive di giudizio e poi si identificano in parte con le leggi di natura). C’è poi la dottrina dei gradi di credenza che Spohn dice presentarsi “unitamente alle proposizioni” e che costituisce un inutile distacco dal realismo psicologico (critica consueta alla teoria): basterebbe osservare che i gradi di credenza sono ricavati o per condizionalizzazione automatica sulla base del tipo di fonte da cui una proposizione proviene, o per paragone immaginario con altre fonti (la maggiore o minore credenza infatti è un concetto relazionale: si crede di più o di meno “sulla base di…” o “rispetto a…”). Anche la trattazione delle leggi di natura è problematica; Spohn sostiene che sono ranking functions: a mio avviso invece esse concorrono a regole di giudizio, che prescrivono di impiegare le leggi stesse per valutare proposizioni o aspettative. Una legge di natura è un ingranaggio, per così dire, di una valutazione di certezza ma non si identifica totalmente con una legge di giudizio. I tre criteri che Spohn individua per distinguere le leggi poi non sono rispettati da tutte e sole le leggi stesse: la generalizzazione induttiva può anche dare adito a pregiudizi, e non di tutte le leggi si sono viste, individualmente, istanze ripetute tanto da giustificarle induttivamente. Infine, un episodio reale di storia della scienza come la scoperta della sintesi dell’urea da parte di F. Wöhler (1828 – ottenendo carbammide, organico, da due sostanze inorganiche, dimostra che non è vera la legge di natura fini a quel momento presunta tale secondo cui “sostanze organiche non possono essere ricavate da sostanze inorganiche”) è indice che le leggi di natura non sono sempre credute in modo persistente, cosicché per comprendere il momento della scoperta è pur sempre necessario rifarsi a una teoria di tipo popperiano, rispetto alla quale Spohn presenta invece la propria in assoluta antitesi.
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La presente tesi esamina la progettazione e lo sviluppo di un sistema software la cui funzionalità principale è quella di gestire segnalazioni in merito a problematiche riscontrate dall'utente che possono riguardare diversi ambiti come segnalazioni post-vendita in merito a progetti informatici (bug, mancanza di funzionalità, errori di funzionalità...) o segnalazioni in merito a disguidi su ordini (ordine errato, ordine non ricevuto...). Tali problematiche vengono identificate nel ticket. Una volta aperto, dopo un'analisi del problema, il ticket viene assegnato ad un operatore che si occuperà di risolverlo. In questa fase operatore ed utente possono scambiarsi informazioni aggiuntive tramite un thread di conversazione associato al ticket. Il sistema è volto ad uniformare il canale di comunicazione tra azienda e cliente e a fornire all'azienda che ne ha fatto richiesta un sistema efficiente per la gestione di queste segnalazioni, portando dei benefici ad entrambe le parti, impiegati e clienti, che possono fornire un feedback in merito al servizio ricevuto. Il sistema è stato sviluppato per dispositivi Android. L'architettura utilizzata per sviluppare l'applicazione è di tipo client-server. I dati necessari al funzionamento dell'applicazione sono conservati in un database online.
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I sistemi di autenticazione con secondo fattore permettono una migliore protezione dell'identità digitale degli utenti. Questo lavoro descrive l'analisi e progettazione della soluzione di autenticazione a più fattori da integrare nel sistema di Ateneo, conclusasi con lo sviluppo del modulo di integrazione tra il servizio di autenticazione Web Single Sign-On dell'Università di Bologna (ADFS 3.0) e la piattaforma scelta per la fornitura (Time4ID). L'integrazione è stata effettuata programmando un Authentication Provider, costituito da una libreria di integrazione scritta in C#, capace di integrarsi con la piattaforma cloud-based di verifica del secondo fattore.
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Swiss clinical practice guidelines for skin cancer in organ transplant recipients Transplant patients have increased over the last decades. As a consequence of long-term immunosuppression, skin cancer, in particular squamous cell carcinoma (SCC), has become an important problem. Screening and education of potential organ transplant recipients (OTRs) regarding prevention of sun damage and early recognition of skin cancer are important before transplantation. Once transplanted, OTRs should be seen yearly by a dermatologist to ensure compliance with sun avoidance as well as for treatment of precancerosis and SCC. Early removal is the best treatment for SCC. Reduction of immunosuppression, switch to mTOR inhibitors and chemoprevention with acitretin may reduce the incidence of SCC. The dermatological follow-up of OTRs should be integrated into a comprehensive post-transplant management strategy.
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A 19-year old female patient was referred for removal of her wisdom teeth. The panoramic radiograph showed bilateral retromolar canals in the mandible. Since the retromolar canal is neglected in anatomical textbooks and is rarely documented in scientific publications, the case prompted us to perform further diagnostic examinations with informed consent by the patient. A limited cone beam computed tomography was made and, during the surgical removal of the patient's lower right wisdom tooth, a biopsy of the soft tissue bundle emerging from the retromolar foramen was taken. In accordance with the literature, the histology revealed myelinated nerve fibers, small arteries and venules. The limited data available in the literature about the retromolar canal report that this bony canal may convey an aberrant buccal nerve. In addition, sensory nerve fibers entering the retromolar canal from above and branching to the mandibular molars may evade a block anesthesia at the mandibular foramen. These rare anatomic features may explain why the elements of the retromolar canal account for failures of mandibular block anesthesia or postsurgical sensitivity changes in the supply area of the buccal nerve.
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The therapy of traumatized front teeth with ankylosis and additional root resorption is a real challenge for the clinician. Due to the infraposition ankylosed teeth are useless and esthetically unsatisfactory. The progressive replacement resorption and the vertical growth inhibition render an intervention inevitable. In the following case report, the prophylaxis of the alveolar ridge is brought into focus. The treatment of two ankylosed teeth by decoronation, preservation of the alveolar ridge and an implant-supported supraconstruction will be presented. The additional histological assessment confirms the diagnosis and the choice of treatment.
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Since the introduction of cone beam computed tomography (CBCT), this 3-dimensional diagnostic imaging technique has been established in a growing number of fields in dental medicine. It has become an important tool for both diagnosis and treatment planning, and is also able to support endodontic treatments. However, the higher effective dose of ionizing radiation compared to conventional 2-dimensional radiographs is not justifiable in every case. CBCT allows for a more precise diagnosis of periapical lesions, root fractures as well as external and internal resorptions. Concerning the utility of CBCT in treatment planning decisions, the gain of information through 3-dimensional imaging for any of these pathologies has to be evaluated carefully on an individual basis. Moreover, radioopaque materials such as root canal filling and posts often create artefacts, which may compromise diagnosis. The aim of this review is to summarize the possibilities and limits of CBCT imaging in endodontology as well as introduce guidelines for daily clinical practice. Furthermore, the article presents possible therapeutic advantages of preexisting CBCT scans for root canal treatments.
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This paper presents a clinical and anatomical review of the mental foramen (MF) based on recent publications (since 1990). Usually, the MF is located below the 2nd premolar or between the two premolars, but it may also be positioned below the 1st premolar or below the mesial root of the 1st molar. At the level of the MF, lingual canals may join the mandibular canal (hence the term "crossroads"). Accessory MF are frequently described in the literature with large ethnic variations in incidence. The emergence pattern of the mental canal usually has an upward and posterior direction. The presence and extent of an "anterior loop" of the mental canal may be overestimated with panoramic radiography. Limited cone-beam computed tomography currently appears to be the most precise radiographic technique for assessment of the "anterior loop". The mental nerve exiting the MF usually has three to four branches for innervation of the soft tissues of the chin, lower lip, facial gingiva and mucosa in the anterior mandible. The clinician is advised to observe a safety distance when performing incisions and osteotomies in the vicinity of the MF.
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The aim of this randomized, controlled clinical study was to compare the short-term effects of nonsurgical periodontal therapy with the additional administration of systemic antibiotics (AB) and the same therapy with additional photodynamic therapy (PDT) in the treatment of patients with aggressive periodontitis (AP). Thirty-six patients with AP received full-mouth nonsurgical periodontal treatment (SRP) and were then randomly divided into two groups of 18 subjects each. Group AB received amoxicillin and metronidazole three times a day for 7 days. Group PDT received two applications of PDT on the day of SRP as well as at follow-up after 7 days. The following clinical parameters were measured at baseline and 3 months after therapy: plaque index (PLI), bleeding on probing (BOP), probing depth (PD), gingival recession (GR), and clinical attachment level (CAL). After 3 months, PD was significantly reduced in both groups (from 5.0±0.8 mm to 3.2±0.4 mm with AB, and 5.1±0.5 mm to 4.0±0.8 mm with PDT; both p<0.001), while AB revealed significantly lower values compared to PDT (p = 0.001). In both groups, GR was not significantly changed. CAL was significantly reduced in both groups (PDT: 5.7±0.8 mm to 4.7±1.1 mm; p=0.011; AB: 5.5±1.1 mm to 3.9±1.0 mm; p<0.001) and differed significantly between the groups (p=0.025). The number of residual pockets (PD ≥4 mm) and positive BOP was reduced by AB from 961 to 377, and by PDT from 628 to 394. Pockets with PD ≥7 mm were reduced by AB from 141 to 7, and by PDT from 137 to 61. After 3 months, both treatments led to statistically significant clinical improvements. The systemic administration of antibiotics, however, resulted in significantly higher reduction of PD and a lower number of deep pockets compared to PDT.
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The present study reports on the surgical and prosthodontic rehabilitation of 46 patients, 31 male and 15 female, after resection of oral tumors. The treatment was carried out from 2004 to 2007 at the Department of Prosthodontics, University of Bern, with a follow-up time of 3 to 6 years. The average age at diagnosis was 54 years. 76% of all tumors were squamous cell carcinoma, followed by adenocarcinoma. Resection of the tumors including soft and/or hard tissues was performed in all patients. 80% of them additionally underwent radiotherapy and 40% chemotherapy. A full block resection of the mandible was perfomed in 23 patients, and in 10 patients, the tumor resection resulted in an oronasal communication. 29 patients underwent grafting procedures, mostly consisting of a free fibula flap transplant. To enhance the prosthetic treatment outcome and improve the prosthesis stability, a total of 114 implants were placed. However, 14 implants were not loaded because they failed during the healing period or the patient could not complete the final treatment with the prostheses. The survival rate of the implants reached 84.2% after 4 to 5 years. Many patients were only partially dentate before the tumors were detected, and further teeth had to be extracted in the course of the tumor therapy. Altogether, 31 jaws became or remained edentulous. Implants provide stability and may facilitate the adaptation to the denture, but their survival rate was compromised. Mostly, patients were fitted with removable prostheses with obturators in the maxilla and implant-supported complete dentures with bars in the mandible. Although sequelae of tumor resection are similar in many patients, the individual intermaxillary relations, facial morphology and functional capacity vary significantly. Thus, individual management is required for prosthetic rehabilitation.