973 resultados para gasification reaction rate


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The SfiI endonuclease cleaves DNA at the sequence GGCCNNNN↓NGGCC, where N is any base and ↓ is the point of cleavage. Proteins that recognise discontinuous sequences in DNA can be affected by the unspecified sequence between the specified base pairs of the target site. To examine whether this applies to SfiI, a series of DNA duplexes were made with identical sequences apart from discrete variations in the 5 bp spacer. The rates at which SfiI cleaved each duplex were measured under steady-state conditions: the steady-state rates were determined by the DNA cleavage step in the reaction pathway. SfiI cleaved some of these substrates at faster rates than other substrates. For example, the change in spacer sequence from AACAA to AAACA caused a 70-fold increase in reaction rate. In general, the extrapolated values for kcat and Km were both higher on substrates with inflexible spacers than those with flexible structures. The dinucleotide at the site of cleavage was largely immaterial. SfiI activity is thus highly dependent on conformational variations in the spacer DNA.

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The four major oligomeric reaction products from saponified modified hairy regions (MHR-S) from apple, produced by recombinant rhamnogalacturonan (RG) α-l-rhamnopyranosyl-(1,4)-α-d-galactopyranosyluronide lyase (rRG-lyase) from Aspergillus aculeatus, were isolated and characterized by 1H-nuclear magnetic resonance spectroscopy. They contain an alternating RG backbone with a degree of polymerization of 4, 6, 8, and 10 and with an α-Δ-(4,5)-unsaturated d-galactopyranosyluronic acid at the nonreducing end and an l-rhamnopyranose at the reducing end. l-Rhamnopyranose units are substituted at C-4 with β-galactose. The maximum reaction rate of rRG-lyase toward MHR-S at pH 6.0 and 31°C was 28 units mg−1. rRG-lyase and RG-hydrolase cleave the same alternating RG I subunit in MHR. Both of these enzymes fragment MHR by a multiple attack mechanism. The catalytic efficiency of rRG-lyase for MHR increases with decreasing degree of acetylation. Removal of arabinose side chains improves the action of rRG-lyase toward MHR-S. In contrast, removal of galactose side chains decreased the catalytic efficiency of rRG-lyase. Native RG-lyase was purified from A. aculeatus, characterized, and found to be similar to the rRG-lyase expressed in Aspergillus oryzae.

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A new enzyme, rhamnogalacturonan (RG) α-d-galactopyranosyluronohydrolase (RG-galacturonohydrolase), able to release a galacturonic acid residue from the nonreducing end of RG chains but not from homogalacturonan, was purified from an Aspergillus aculeatus enzyme preparation. RG-galacturonohydrolase acted with inversion of anomeric configuration, initially releasing β-d-galactopyranosyluronic acid. The enzyme cleaved smaller RG substrates with the highest catalytic efficiency. A Michaelis constant of 85 μm and a maximum reaction rate of 160 units mg−1 was found toward a linear RG fragment with a degree of polymerization of 6. RG-galacturonohydrolase had a molecular mass of 66 kD, an isoelectric point of 5.12, a pH optimum of 4.0, and a temperature optimum of 50°C. The enzyme was most stable between pH 3.0 and 6.0 (for 24 h at 40°C) and up to 60°C (for 3 h).

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Possible instabilities during cosmological recombination may produce an epoch of nonlinear density growth and fractal-like structural patterns out to the horizon scale at that epoch (approximately 200 Mpc today). With this motivation, we examine the consequences of the change in effective radiative recombination reaction rate coefficients produced by intense stimulated emission. The proton-electron recombination is considered as a natural laser, leading to the formation of spatially nonuniform distributions of neutral matter earlier than the recombination epoch.

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Helicobacter pylori è un batterio Gram-negativo in grado di colonizzare la mucosa gastrica umana e persistere per l'intero arco della vita dell'ospite. E' associato a patologie gastrointestinali, quali gastrite cronica, ulcere gastriche e duodenali, adenocarcinomi e linfomi gastrici. Si tratta di uno dei patogeni più diffusi, presente in circa metà della popolazione mondiale, e il solo che si è adattato a vivere nell'ambiente ostile dello stomaco umano. Molteplici sono i fattori di virulenza che permettono al batterio la colonizzazione della nicchia gastrica e contribuiscono, anche attraverso l' induzione di una risposta infiammatoria, a profonde modificazioni dell' omeostasi gastrica. Queste ultime si associano, ad esempio, all'iperproduzione di fattori proinfiammatori, ad alterazioni sia della regolazione della secrezione acida gastrica sia del ciclo cellulare e della morte cellulare programmata (apoptosi) delle cellule epiteliali gastriche, a disordini nel metabolismo del ferro e a carenze di elementi essenziali. Studi sulla diversità genetica di H. pylori osservata in ceppi isolati da varie regioni del mondo, dimostrano che tale batterio ha avuto una coevoluzione col genere umano attraverso la storia, ed è verosimile che H. pylori sia stato un costituente del microbiota gastrico per almeno 50.000 anni. Scopo della tesi è stato quello di identificare e caratterizzare proteine importanti per la colonizzazione e l'adattamento di H. pylori alla nicchia gastrica. In particolare gli sforzi si sono concentrati su due proteine periplasmatiche, la prima coinvolta nella difesa antiossidante (l'enzima catalasi-like, HP0485), e la seconda nel trasporto di nutrienti presenti nell'ambiente dello stomaco all'interno della cellula (la componente solubile di un ABC transporter, HP0298). La strategia utilizzata prevede un'analisi bioinformatica preliminare, l'ottenimento del gene per amplificazione, mediante PCR, dal genoma dell'organismo, la costruzione di un vettore per il clonaggio, l'espressione eterologa in E. coli e la successiva purificazione. La proteina così ottenuta viene caratterizzata mediante diverse tecniche, quali spettroscopia UV, dicroismo circolare, gel filtrazione analitica, spettrometria di massa. Il capitolo 1 contiene un'introduzione generale sul batterio, il capitolo 2 e il capitolo 3 descrivono gli studi relativi alle due proteine e sono entrambi suddivisi in un abstract iniziale, un'introduzione, la presentazione dei risultati, la discussione di questi ultimi, i materiali e i metodi utilizzati. La catalasi-like (HP0485) è una proteina periplasmatica con struttura monomerica, appartenente ad una famiglia di enzimi a funzione per la maggior parte sconosciuta, ma evolutivamente correlati alla ben nota catalasi, attore fondamentale nella difesa di H. pylori, grazie alla sua azione specifica di rimozione dell'acqua ossigenata. HP0485, pur conservando il fold catalasico e il legame al cofattore eme, non può compiere la reazione di dismutazione dell'acqua ossigenata; possiede invece un'attività perossidasica ad ampio spettro, essendo in grado di accoppiare la riduzione del perossido di idrogeno all'ossidazione di diversi substrati. Come la catalasi, lavora ad alte concentrazioni di aqua ossigenata e non arriva a saturazione a concentrazioni molto elevate di questo substrato (200 mM); la velocità di reazione catalizzata rimane lineare anche a questi valori, aspetto che la differenzia dalle perossidasi che vengono in genere inattivate da concentrazioni di perossido di idrogeno superiori a 10-50 mM. Queste caratteristiche di versatilità e robustezza suggeriscono che la catalasi-like abbia un ruolo di scavenger dell'acqua ossigenata e probabilmente anche un'altra funzione connessa al suo secondo substrato, ossia l'ossidazione di composti nello spazio periplasmatico cellulare. Oltre alla caratterizzazione dell'attività è descritta anche la presenza di un ponte disolfuro, conservato nelle catalasi-like periplasmatiche, con un ruolo nell'assemblaggio dell'eme per ottenere un enzima attivo e funzionale. La proteina periplasmatica HP0298, componente di un sistema di trasporto ABC, è classificata come trasportatore di dipeptidi e appartiene a una famiglia di proteine in grado di legare diversi substrati, tra cui di- e oligopeptidi, nichel, eme, glutatione. Benchè tutte associate a trasportatori di membrana batterici, queste proteine presentano un dominio di legame al substrato che risulta essere conservato nei domini extracellulari di recettori specifici di mammifero e uomo. Un esempio sono i recettori ionotropici e metabotropici del sistema nervoso. Per caratterizzare questa proteina è stato messo a punto un protocollo di ligand-fishing accoppiato alla spettrometria di massa. La proteina purificata, avente un tag di istidine, è stata incubata con un estratto cellulare di H. pylori per poter interagire con il suo substrato specifico all'interno dell'ambiente naturale in cui avviene il legame. Il complesso proteina-ligando è stato poi purificato per cromatografia di affinità e analizzato mediante HPLC-MS. L'identificazione dei picchi differenziali tra campioni con la proteina e 5 campioni di controllo ha portato alla caratterizzazione di pentapeptidi particolarmente ricchi in aminoacidi idrofobici e con almeno un residuo carico negativamente. Considerando che H. pylori necessita di alcuni aminoacidi essenziali, per la maggior parte idrofobici, e che lo stomaco umano è particolarmente ricco di peptidi prodotti dalla digestione delle proteine introdotte con il cibo, il ruolo fisiologico di HP0298 potrebbe essere l'internalizzazione di peptidi, con caratteristiche specifiche di lunghezza e composizione, che sono naturalmente presenti nella nicchia gastrica.

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Estudos com eletrodos modificados foram conduzidos utilizando dois sistemas porfirínicos supramoleculares diferentes. O primeiro foi baseado na modificação de eletrodo de carbono vítreo com uma porfirina de níquel tetrarrutenada, [NiIITPyP{RuII(bipy)2Cl}4]4+. A modificação do eletrodo foi realizada por meio de sucessivos ciclos voltamétricos em meio alcalino (pH 13), gerando um eletrodo com característica similar a eletrodos modificados com α-Ni(OH)2. A caracterização química do filme formado foi realizada através das técnicas de voltametria cíclica, ressonância paramagnética eletrônica, espectroscopia eletrônica por reflectância e espectroscopia Raman com ensaio espectro-eletroquímico. Os resultados sugerem a formação de um polímero de coordenação, [µ-O2-NiIITPyP{RuII(bipy)2Cl}4]n, composto por subunidades porfirínicas ligadas entre si por pontes µ-peroxo axialmente coordenadas aos átomos de níquel (Ni-O-O-Ni). O crescimento do filme apresentou dependência da alcalinidade do meio pela formação do precursor octaédrico [Ni(OH)2TRPyP]2+ em solução, pela coordenação de OH- nas posições axiais do átomo de níquel. O processo de eletropolimerização indicou a participação de radical hidroxil, gerado por oxidação eletrocatalítica da água nos sítios periféricos da porfirina contendo o complexo de rutênio. O mesmo eletrodo foi aplicado como sensor eletroquímico para análise amperométrica de ácido fólico em comprimidos farmacêuticos. O sensor foi associado a um sistema de Batch Injection Analysis (BIA) alcançando considerável rapidez e baixo limite de detecção. Para as análises das amostras também foi proposto um método para a remoção da lactose, que agia como interferente. O segundo estudo envolveu a modificação de eletrodos de carbono vítreo com diferentes hemoglobinas, naturais (HbA0, HbA2 e HbS) e sintéticas (Hb-PEG5K2, αα-Hb-PEG5K2 e BT-PEG5K4), para a avaliação da eficiência na redução eletrocatalítica de nitrito mediada por FeI-heme. Os filmes foram produzidos pela mistura de soluções das hemoglobinas com brometo de didodecildimetiltrimetilamônio (DDAB), aplicados nas superfícies com consecutiva evaporação, formando filmes estáveis. Os valores de potencial redox para os processos do grupo heme e a sua associação com a disponibilidade do grupo na proteína foram avaliados por voltametria cíclica. Os valores das constantes de velocidade, k, para redução de nitrito foram obtidos por cronoamperometria em -1,1 V (vs Ag/AgCl(KCl 3M)) que foram utilizados para estudo comparativo entre as espécies sintéticas para eventual aplicação clínica.

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Na primeira parte do trabalho, foram investigados materiais ativos para eletro-oxidar etanol e acetaldeído seletivos para a rota C2 (Carbono 2) e, também, ativos para eletro-oxidar hidrogênio molecular, visando a aplicação em células a combustível de hidrogênio indireto. Neste tipo de célula, um processador de combustível externo desidrogena o etanol e os produtos desta reação, contendo H2, acetaldeído e, possivelmente, etanol residual, são direcionados para alimentar o ânodo. Neste sentido, o eletrocatalisador anódico pode ser ativo para a eletro-oxidação de etanol residual, bem como acetaldeído, mas este deve catalisar a reação via C2 com o objetivo de evitar a formação de espécies que envenenam a superfície catalítica (CO ou CHx), ou seja, a ligação C-C deve permanecer intacta. Os eletrocatalisadores bimetálicos foram formados por M/Pt/C (onde M = W, Ru ou Sn) e os produtos reacionais foram analisados por DEMS On-line. Os resultados mostraram que Ru/Pt/C e Sn/Pt/C apresentaram maiores taxas de reação global, no entanto, eles não foram seletivos. Por outro lado, W2/Pt3/C foi mais seletivo para a rota C2, dada a não formação de CH4 e CO2. Além disso, este material também foi ativo e estável para a eletro-oxidação de H2, mesmo na presença de acetaldeído, o que o torna um potencial catalisador para aplicação no ânodo de células a combustível de hidrogênio indireto. Na segunda parte do trabalho, o objetivo foi relacionado com o estudo de eletrocatalisadores seletivos para a rota C1 (Carbono 1). A oxidação eletroquímica do etanol e de seus produtos reacionais foram investigados por DEMS on-line em temperatura ambiente e intermediária (245oC). Para temperatura ambiente, utilizou-se solução aquosa de ácido sulfúrico (H2SO4) e, para temperatura intermediária, utilizou-se ácido sólido (CsH2PO4) como eletrólito. Os eletrocatalisadores investigados foram formados por SnOxRuOx-Pt/C e Pt/C. Em temperatura ambiente, os resultados de polarização potenciodinâmica mostraram uma maior atividade eletrocatalítica para o material SnOxRuOx-Pt/C, com eficiência de corrente para formação de CO2 de 15,6% contra 15,2% para Pt/C, sob condições estagnantes, sem controle por transporte de massa. O stripping de resíduos reacionais, após a eletro-oxidação de etanol bulk, sob condições de fluxo, mostraram o acúmulo de espécies com 1 átomo de carbono (CO e CHx) que causam o bloqueio dos sítios ativos e são oxidadas eletroquimicamente somente em mais altos potenciais (ca. 1,0 V). Por outro lado, as curvas de polarização a 245oC mostraram maiores valores de eficiências de correntes para formação de CO2 (45% para Pt/C em ambos potenciais 0,5 V e 0,8 V contra 36% e 50% para SnOxRuOx-Pt/C em 0,5 V e 0,8 V respectivamente) quando comparado com os valores obtidos em temperatura ambiente, mas com atividades similares para SnOxRuOx-Pt/C e Pt/C. Para ambos os eletrocatalisadores, os estudos de espectrometria de massas a 245oC evidenciaram que as rotas eletroquímicas ocorrem em paralelo com rotas puramente químicas, envolvendo catálise heterogênea, de decomposição do etanol, produzindo H2 e CO2 como produtos majoritários.

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O microrreator faz parte de conjunto de dispositivos de uma nova e promissora tecnologia, que podem ser chamados de micro fabricados, atuante em campos como a da química, biológica, farmacêutica, engenharia química e biotecnologia. Trata-se de um dispositivo que possibilita reação química, tais como os reatores convencionais, mas com dimensões menores, com canais na escala micrométrica. A tecnologia de miniaturização de dispositivos para reações químicas vem se expandindo promovendo uma importante evolução, com microssistemas que abrange dispositivos mais eficazes, com configuração e geometrias específicas e menor consumo de energia, onde reações com elevadas taxas de transporte podem ser usadas para muitas finalidades diferentes, tais como, reações rápidas, mistura, reações sensíveis à temperatura, temperatura de homogeneização, ou até mesmo precipitação de nano partículas. Devido sua escala ser extremamente reduzida em relação à escala macro, oferecem um sistema que permite uma investigação do processo em um curto espaço de tempo, sendo muito útil para o rastreio de substratos, enzimas, condições de reação, bem como a determinação de parâmetros cinéticos. O presente trabalho teve por objetivo estudar a biodegradação enzimática de 2,4,6-Triclorofenol, com a utilização das enzimas Lacase e Soybean Peroxidase em microrreator da Syrris com volume de 250 ?l, que permite o estudo de cinéticas muito rápidas. Para as análises de degradação utilizou-se duas enzimas, a Lacase em concentrações de 0,05; 0,1 e 0,2 mg/ml; e a Soybean Peroxidase em concentrações de 0,0005; 0,001 e 0,002 mg/ml com a adição de Peróxido de Hidrogênio. Através dos ensaios realizados obteve-se dados experimentais da reação enzimática, possibilitando a verificação da taxa inicial de reação e sua cinética. Posteriormente, realizou-se as análises em simulação utilizando os dados experimentais, que através de um sistema de EDOs estimando inicialmente as constantes cinéticas k1, k2 e k3 usando a ferramenta ESTIMA, onde apresentaram duas respostas, uma resposta típica de mínimos quadrados, e a outra resposta que a velocidade inicial, que foi melhor representada pelos parâmetros obtidos. O método empregado na degradação do substrato, o microrreator mostrou-se eficiente, permitindo a detecção de baixo consumo de substrato para a determinação da taxa inicial, em curto tempo de residência. Perante os ensaios realizados com Lacase e Soybean Peroxidase, o microrreator é também um equipamento eficaz na repetitividade e na reprodutibilidade dos dados obtidos em diferentes concentrações.

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Recentemente, o uso de persulfato em processo de oxidação química in situ em áreas contaminadas por compostos orgânicos ganhou notoriedade. Contudo, a matriz sólida do solo pode interagir com o persulfato, favorecendo a formação de radicais livres, evitando o acesso do oxidante até o contaminante devido a oxidação de compostos reduzidos presentes no solo ou ainda pela alteração das propriedades hidráulicas do solo. Essa pesquisa teve como objetivos avaliar se as interações entre a solução de persulfato com três solos brasileiros poderiam eventualmente interferir sua capacidade de oxidação bem como se a interação entre eles poderia alterar as propriedades hidráulicas do solo. Para isso, foram realizados ensaios de oxidação do Latossolo Vermelho (LV), Latossolo Vermelho Amarelo (LVA) e Neossolo Quartzarênico (NQ) com solução de persulfato (1g/L e 14g/L) por meio de ensaios de batelada, bem como a oxidação do LV por solução de persulfato (9g/L e 14g/L) em colunas indeformadas. Os resultados mostraram que o decaimento do persulfato seguiu modelo de primeira ordem e o consumo do oxidante não foi finito. A maior constante da taxa de reação (kobs) foi observada para o reator com LV. Essa maior interação foi decorrente da diferença na composição mineralógica e área específica. A caulinita, a gibbsita e os óxidos de ferro apresentaram maior interação com o persulfato. A redução do pH da solução dos reatores causou a lixiviação do alumínio e do ferro devido a dissolução dos minerais. O ferro mobilizado pode ter participado como catalisador da reação, favorecendo a formação de radicais livres, mas foi o principal responsável pelo consumo do oxidante. Parte do ferro oxidado pode ter sido precipitado como óxido cristalino favorecendo a obstrução dos poros. Devido à maior relação entre massa de persulfato e massa de solo, a constante kobs obtida no ensaio com coluna foi 23 vezes maior do que a obtida no ensaio de batelada, mesmo utilizando concentração 1,5 vezes menor no ensaio com coluna. Houve redução na condutividade hidráulica do solo e o fluxo da água mostrou-se heterogêneo após a oxidação devido a mudanças na estrutura dos minerais. Para a remediação de áreas com predomínio de solos tropicais, especialmente do LV, pode ocorrer a formação de radicais livres, mas pode haver um consumo acentuado e não finito do oxidante. Verifica-se que o pH da solução não deve ser inferior a 5 afim de evitar a mobilização de metais para a água subterrânea e eventual obstrução dos poros por meio da desagregação dos grãos de argila.

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Estudou-se o processo de absorção e dessorção de CO2 em solução aquosa da mistura de metildietanolamina (MDEA) e piperazina (PZ). Os ensaios de absorção foram realizados numa coluna de parede molhada com promotor de película, e, os ensaios de dessorção num sistema de semibatelada, ambos em escala de laboratório. Os testes experimentais de absorção foram realizados a 298 K e pressão atmosférica, com vazão de gás (CO2 e ar atmosférico) de 2,2.10-4 m3 s-1 e as seguintes vazões de líquido: 1,0.10-6; 1,3.10-6 e 1,7.10-6 m3 s-1. O sistema de absorção foi caracterizado através da determinação da área interfacial, a, o coeficiente volumétrico de transferência de massa, kGa, e o coeficiente volumétrico global médio de transferência de massa, KGa. No caso dos ensaios de dessorção, estes foram realizados nas temperaturas de 353, 363 e 368 K, onde empregou-se uma solução carbonatada de 10% PZ-20% MDEA e uma corrente de ar atmosférico nas vazões de 1,1.10-5 m3 s-1 e 2,7.10-5 m3 s-1. Este sistema foi caracterizado através da determinação do coeficiente volumétrico global de transferência de massa, KLa. Os resultados experimentais da área interfacial mostram que este é função da vazão do líquido, sugerindo uma maior área de irrigação como o aumento desta, onde teve-se uma maior área de transferência de massa. O resultado do parâmetro, KGa, indica uma dependência da vazão de líquido, a qual está associada à variação da área interfacial e à dependência do parâmetro KG com o perfil das concentrações da MDEA e PZ ao longo da coluna. A partir da teoria do duplo filme e pelo conhecimento dos parâmetros KGa, a e kGa, estimou-se um parâmetro cinético-difusivo associado à fase líquida, (( ) ) . Os resultados experimentais mostram que esse parâmetro varia pouco com a vazão de líquido, indicando tratar-se de um processo independente da hidrodinâmica do líquido, característico de sistemas com reação rápida. A concentração das aminas e carbamatos, nos ensaios de absorção e dessorção, foi determinada através dos modelos de calibração obtidas pela técnica de espectroscopia no infravermelho. Nos ensaios de absorção, foram observados que a concentração de PZ teve uma variação considerável (4 a 5% massa massa-1), entanto que a de MDEA variou pouco (0,3 a 0,5% massa massa-1), sugerindo que o processo de absorção de CO2 na mistura MDEA-PZ é controlado principalmente pela PZ, e supõe-se que a MDEA tem um papel de receptor de prótons procedentes da reação entre a PZ e o CO2. Nos ensaios de dessorção, observou-se que esse processo é afetado pela temperatura, sendo que, em temperaturas perto da ebulição (372 K), a taxa de dessorção de CO2 é maior do que em temperaturas menores, em certa forma é devido à dependência da velocidade de reação química com a temperatura. Os resultados do parâmetro KLa indicam que este diminui em função da concentração de carbamato de PZ (por exemplo, na temperatura de 368 K, de 7,5.10-4 a 1,0.10-4 s-1), devido a que este componente é decomposto em altas temperaturas gerando o CO2 e as aminas, sugerindo uma diminuição na velocidade de dessorção de CO2. Assim também, os resultados experimentais do parâmetro KLa indicam que este aumenta ligeiramente com a vazão do gás.

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Este trabalho dimensionou um receptor de cavidade para uso como reator químico de um ciclo de conversão de energia solar para energia química. O vetor energético proposto é o hidrogênio. Isso implica que a energia solar é concentrada em um dispositivo que absorve a radiação térmica e a transforma em energia térmica para ativar uma reação química endotérmica. Essa reação transforma o calor útil em gás hidrogênio, que por sua vez pode ser utilizado posteriormente para geração de outras formas de energia. O primeiro passo foi levantar os pares metal/óxido estudados na literatura, cuja finalidade é ativar um ciclo termoquímico que possibilite produção de hidrogênio. Esses pares foram comparados com base em quatro parâmetros, cuja importância determina o dimensionamento de um receptor de cavidade. São eles: temperatura da reação; estado físico de reagentes e produtos; desgaste do material em ciclos; taxa de reação de hidrólise e outros aspectos. O par escolhido com a melhor avaliação no conjunto dos parâmetros foi o tungstênio e o trióxido de tungstênio (W/WO3). Com base na literatura, foi determinado um reator padrão, cujas características foram analisadas e suas consequências no funcionamento do receptor de cavidade. Com essa análise, determinaram-se os principais parâmetros de projeto, ou seja, a abertura da cavidade, a transmissividade da janela, e as dimensões da cavidade. Com base nos resultados anteriores, estabeleceu-se um modelo de dimensionamento do sistema de conversão de energia solar em energia útil para um processo químico. Ao se analisar um perfil de concentração de energia solar, calculou-se as eficiências de absorção e de perdas do receptor, em função da área de abertura de um campo de coleta de energia solar e da radiação solar disponível. Esse método pode ser empregado em conjunto com metodologias consagradas e dados de previsão de disponibilidade solar para estudos de concentradores de sistemas de produção de hidrogênio a partir de ciclos termoquímicos.

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A new catalyst derived from osmium has been prepared, fully characterized and tested in the dihydroxylation of alkenes. The catalyst was prepared by wet impregnation methodology of OsCl3·3H2O on a commercial micro-magnetite surface. The catalyst allowed the reaction with one of the lowest osmium loadings for a heterogeneous catalyst and was selective for the monodihydroxylation of 1,5-dienes. Moreover, the catalyst was easily removed from the reaction medium by the simple use of a magnet. The selectivity of catalyst is very high with conversions up to 99%. Preliminary kinetics studies showed a first-order reaction rate with respect to the catalyst.

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Local changes of the interfacial pH can significantly affect the rate and mechanism during the course of an electrodic reaction. For instance, different pH values will have a significant effect on the equilibrium properties of both solution and surface species, altering the reactions kinetics. Ethanol oxidation at platinum electrodes in alkaline media involves the fast consumption of OH− species that will change the local pH at the electrode surface, decreasing the reaction rate. In this study, the local pH change during ethanol oxidation in alkaline media is accomplished by using rotating ring-disc electrode (RRDE) experiments. The current at the ring when polarized at the onset of hydrogen evolution serves as a measure of the local pH in the vicinity of the electrode. The results show that the current at the ring at 0.1 V (vs. RHE) becomes more negative during ethanol oxidation, owing to a change in the equilibrium potential of the hydrogen evolution reaction caused by a change in the local pH.

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Manganese nodules from the Suiko Seamount exhibit the significant characteristics in mineral compositions. Well crystallized todorokite and birnessite, which are principal manganese mineral phase in nodules, only occur in the oxide layer directly incasing pebbles and coarse sand. The preferential formation of todorokite or birnessite phases seem to be principally controlled by the reaction rate of iron-manganese oxides with trace elements such as Cu, Ni, Co, Zn, Pb concentrated in nodules, rather than redox characteristics of sedimentary environment or mineralogical diagenetic process.

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Uranium is a ductile metal and cannot be comminuted to a fine powder by any mechanical means such as crushing, milling or grinding. Uranium, however, reacts readily with hydrogen and forms UH3, which is a fine powder of less than 400 mesh screen size. The factors controlling the rats of the hydride formation are: (a) The surface area of the metal; (b) the temperature at which the reaction takes place; (c) the pressure of hydrogen. In order to increase the reaction area, one has to hydride small metal pieces rather than a single mass. The hydrogen reacts with uranium metal at temperatures as low as 100 deg to 1500 deg, and the reaction rate becomes quite rapid at approximately 225 deg C. The hydrogen for this purpose has to be of high purity and any small amount of oxygen in hydrogen delays the start of the reaction.