169 resultados para URSS


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Il mio lavoro di tesi si intitola "Alla ricerca dell'autenticità. Kathy Acker e Vladimir Sorokin a confronto". La comparazione riflette sulle inaspettate similarità sociali, e di conseguenza letterarie, di Usa e Urss dagli anni Settanta agli anni Novanta, indagate attraverso l'arte dei due scrittori citati nel titolo.  Kathy Acker è nata nel 1947 a New York e durante gli anni Settanta frequentò assiduamente la comunità artistica definita "Downtown New York". Vladimir Sorokin è nato nel 1955 nei dintorni di Mosca e negli stessi anni entrò all'intorno del circolo "Moskovskij Konzeptualism" della grande città. Queste due comunità artistiche erano create dalla libera aggregazione di artisti, scultori, letterati, poeti, musicisti.. in un vortice creativo in contrasto con la chiusura sociale e artistica degli ambiti definibili come accademici o ufficiali.  Con le loro opere Acker e Sorokin cercarono di distruggere le norme sovraimposte e arrivare all'"autenticità" riguardo al sé, all'homo sovieticus, all'uomo americano e riguardo al genere umano in generale.  Nell'arco del mio studio l'utopia del radioso avvenire sovietico e l'utopia del sogno americano d'oltreoceano si sono rivelati come prigioni della vita di ogni giorno, in grado di allontanare l'uomo dai suoi desideri veri e dai suoi impulsi più umani. Le risposte artistiche delle due comunità in generale e dei due scrittori in particolare sono volte alla liberazione dai vincoli dell'utopia e alla riscoperta di ciò che è ritenuto come debolezza e bassezza dell'uomo. Le due comunità artistiche cercarono il contatto con un vasto pubblico non elitario, cercano un linguaggio comprensibile da tutti. Contemporaneamente il corpo con tutte le sue pulsioni cerca di riguadagnare il proprio spazio in un sè egemonizzato dalla mente. Ma quel che queste comunità artistiche soprattutto fanno è porre domande alla coscienza e incoscienza della società. Cercano di trasformare il terrore quotidiano in qualcosa di comprensibile e scaricabile, un ruolo che una volta era proprio dei rituali trasgressivi del popolo e che dal Novecento, con la trasformazione del popolo in massa omologata, sono venuti a mancare. Acker e Sorokin cercano strutture narrative e artistiche in grado di proporre alla “corporealtà collettiva” una via di redenzione ritualistica. Questi artisti non si conformano e sono in grado di illuminare, di dare sostentamento all'individuo nella ricerca personale di una lingua, di un pensiero, di un mito in cui vivere. Reagiscono al balbettio omologante delle società di massa, non si adeguano a nessuna forma fissa e anche la loro arte continua a evolvere, a fallire, a cercare.

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Negli anni Ottanta si assiste tanto nel vecchio quanto nel nuovo continente alla rinascita del movimento antinucleare. Mentre in Europa l’origine di questa ondata di proteste antinucleari è collegata alla “doppia decisione” NATO del 1979, negli Stati Uniti la genesi si colloca nel contesto dalla mobilitazione dei gruppi ambientalisti in seguito all’incidente alla centrale nucleare di Three Mile Island. Dopo l’elezione di Ronald Reagan, alle proteste contro le applicazioni pacifiche dell’atomo si affiancarono quelle contro la politica nucleare del Paese. La retorica di Reagan, il massiccio piano di riarmo, unitamente al rinnovato deteriorarsi delle relazioni tra USA e URSS contribuirono a diffondere nell’opinione pubblica la sensazione che l’amministrazione Reagan, almeno da un punto di vista teorico, non avesse escluso dalle sue opzioni il ricorso alle armi nucleari nel caso di un confronto con l’URSS. I timori legati a questa percezione produssero una nuova ondata di proteste che assunsero dimensioni di massa grazie alla mobilitazione provocata dalla Nuclear Weapons Freeze Campaign (NWFC). Il target della NWFC era l’ampio programma di riarmo nucleare sostenuto da Reagan, che secondo gli attivisti nucleari, in un quadro di crescenti tensioni internazionali, avrebbe fatto aumentare le possibilità di uno scontro atomico. Per evitare lo scenario dell’olocausto nucleare, la NWFC proponeva «un congelamento bilaterale e verificabile del collaudo, dell’installazione e della produzione di armi nucleari». L’idea del nuclear freeze, che era concepito come un passo per fermare la spirale del riarmo e tentare successivamente di negoziare riduzioni negli arsenali delle due superpotenze, riscosse un tale consenso nell’opinione pubblica americana da indurre l’amministrazione Reagan a formulare una risposta specifica. Durante la primavera del 1982 fu, infatti, creato un gruppo interdipartimentale ad hoc, l’Arms Control Information Policy Group, con il compito di arginare l’influenza della NWFC sull’opinione pubblica americana e formulare una risposta coerente alle critiche del movimento antinucleare.

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La tesi si sviluppa attorno a 6 capitoli che, ripercorrendo le peculiarità storiche, linguistiche ed economiche di Moldova e Transnistria, tenteranno di mettere in luce i contrasti salienti del rapporto tra Chişinău e Tiraspol. Il capitolo 1 si concentra sulla comparazione di alcune fonti (provenienti da est e da ovest) che hanno ricostruito la storia della Moldova della Grande Romania e della Moldavia sovietica. In tal modo sarà possibile dimostrare che la regione di interesse è stata oggetto di una manipolazione intenzionale del proprio passato asservita ai centri di potere che miravano alla supremazia del territorio. Il capitolo 2 ripercorre le fasi dell’epoca di industrializzazione della Transnistria che, a partire dagli anni ’90, si suppone abbia permesso a Tiraspol di sganciarsi de facto dal governo moldavo. Il capitolo 3 si sofferma sui motivi che spinsero la popolazione del Dnestr ad appoggiare la secessione trascinandola nel conflitto del 1992. Una volta tracciata la cornice storica lungo i capitoli 1, 2 e 3, il capitolo 4 presenterà il multiforme panorama linguistico dell’attuale Repubblica Moldova soffermandosi sul ruolo della lingua russa, scintilla della secessione transnistriana. Il capitolo 5 offre uno spunto di riflessione sull’incidenza di Mosca nella separazione moldava per mezzo di uno studio dell’economia della Transnistria. Il capitolo 6, infine, rivela che gli argomenti trattati nel corso dei 5 capitoli precedenti sono tutti tasselli imprescindibili dell’identità nazionale transnistriana e permette di muovere alcune ipotesi sui metodi attuati da Tiraspol per garantire la fedeltà nazionale della propria popolazione facendo perno sul controllo dei mass media.

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La planta química Pridneprovsky fue una de las empresas mas grandes de procesamiento de uranio de la antigua URSS. Los depósitos de Zapadnoe contienen la mayoría de estos residuos. Proponemos un marco teórico basado en el Análisis de Decisión Multicriterio y la Lógica Borrosa para analizar diferentes alternativas de remediación de los residuos Zapadnoe, en las que objetivos económicos, sociales y ambientales potencialmente conflictivos entre sí son simultáneamente tenidos en cuenta. Se ha construido una jerarquía de objetivos, que incluye todos los aspectos relevantes del problema, en la que se observa claramente los objetivos y atributos que son necesarios conseguir si se quieren alcanzar objetivos de un nivel superior. Se han usado conjuntos borrosos en lugar de valores exactos, para evaluar las alternativas de remediación en los diferentes criterios y cuanticar las preferencias del decisor. Para ello, se propone que las alternativas de remediación deben ser evaluadas por medio de una función de utilidad de multiatributo aditiva. Este método producirá una utilidad esperada para cada alternativa representada por medio de un numero borroso trapezoidal. Finalmente se usará un algoritmo de ordenamiento de números borrosos para elegir la mejor alternativa.

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El autor reflexiona sobre la influencia de la economía y los cambios históricos en la concepción de la ciencia. A raíz de la caída de la URSS, Martín Pereda considera que la ciencia y la tecnología deben desarrollarse basándose en la cooperación entre las naciones y los científicos.

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Reflexión sobre la situación en la que quedaron muchos científicos norteamericanos con el fin de la guerra fría y después de la desaparición de la URSS.

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En el contexto de inestabilidad y cambio vivido en la URSS durante la década de 1920, un grupo de arquitectos dirigido por Moisei Ginzburg abordó el tema del alojamiento de masas. Su misión no sería sólo dar solución al problema de la vivienda, sino redefinirla como el marco adecuado para una sociedad sometida a un cambio sin precedentes. La respuesta se desarrolló a través de un proceso de investigación que duró más de cinco años, en tres aproximaciones sucesivas que culminaron con el edificio Narkomfin. La primera, de carácter conceptual, se formalizó en el Concurso Amistoso de 1926. La segunda se articuló a través de la investigación del Stroikom bajo premisas científicas y metodológicas. Finalmente, las conclusiones tipológicas alcanzadas en esta segunda etapa se materializaron en la construcción de algunos ejemplos, entre los que destacó el edificio Narkomfin. Este último acercamiento, de carácter empírico, ha sido tradicionalmente examinado por los expertos como un hecho aislado. Sin embargo, su estudio debe trascender necesariamente el genio del autor-creador en favor del proceso de investigación al que pertenece. Sólo desde este punto de vista cobra sentido la consideración de Ginzburg sobre su propio edificio como un medio propositivo y no impositivo: un proyecto concebido como una herramienta de transición hacia una sociedad más avanzada.

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La cuestión del asentamiento socialista en la URSS durante la década de 1920 estuvo caracterizada por el objetivo de definir y establecer un estado socialista en términos políticos, sociales y económicos. En este contexto de inestabilidad y cambio, un grupo de arquitectos pertenecientes a la Asociación de Arquitectos Contemporáneos, OSA, y liderado por Moisey Ginzburg, abordó el tema de la vivienda obrera asumiendo la responsabilidad y el compromiso por alcanzar un nuevo orden social. Su misión no consistió únicamente en solucionar el problema del alojamiento para los trabajadores en las grandes ciudades soviéticas, sino en redefinirlo como el marco adecuado para una sociedad sometida a un cambio sin precedentes que, al mismo tiempo y en un proceso dialéctico, debía contribuir a la construcción de esa nueva sociedad. La respuesta dada por la OSA trascendió el diseño inmediato bajo los estándares modernos establecidos en Occidente y tomó forma en un proceso de investigación que habría de prolongarse durante cinco años. Este trabajo, que culminó con la construcción y puesta en crisis de la Casa Narkomfin, se desarrolló en tres aproximaciones sucesivas. La primera, de carácter conceptual, consideró la participación ciudadana, así como de especialistas independientes, formalizándose en el Concurso entre Camaradas convocado por la OSA en 1926. La segunda aproximación al problema de la vivienda obrera se articuló a través de la investigación llevada a cabo por la Sección de Tipificación del Stroykom, esta vez desde premisas científicas y metodológicas. Finalmente, las conclusiones alcanzadas fueron transferidas a la práctica arquitectónica por medio de la construcción de seis Casas Experimentales de Transición, entre las que destacó la Casa Narkomfin. Este último acercamiento, de carácter empírico, ha sido tradicionalmente examinado por los expertos como un hecho aislado. Sin embargo, su estudio debe trascender necesariamente el genio del autor-creador en favor del proceso de investigación al que pertenece. En esta tesis, la Casa Narkomfin no se presenta sólo como el paradigma de vivienda soviética de vanguardia al que estamos acostumbrados, sino como un prototipo que recoge los principios y conclusiones alcanzados en las aproximaciones conceptuales y científicas precedentes. Únicamente desde este punto de vista cobra sentido la consideración de Ginzburg sobre su propio edificio como un medio propositivo y no impositivo: un proyecto concebido como una herramienta de transición hacia una sociedad más avanzada. ABSTRACT The question of mass housing in the USSR during the Twenties was marked by the drive to define and establish a socialist state in political, social and economic terms. In this context of instability and change, a group of architects gathered together under the Association of Contemporary Architects, OSA, led by Moisey Ginzburg, to address the issue of mass housing, thus taking on the responsibility and being committed to creating a new social order. Their quest not only involved solving the problem of housing for workers in large Soviet cities, but also redefining this solution as an appropriate framework for a society undergoing dramatic changes which, at the same time and in a dialectical process, would contribute to the creation of this new society. The solution provided by OSA transcended Modern standards of immediate design set by the West and was the result of a research process that would last five years. This work culminated in the construction of Narkomfin House and its self-criticism, developed in three successive approaches. The first was conceptual, being formalized in the Comradely Competition held by the OSA in 1926 and taking into account the participation of citizens and independent experts. The second approach to the problem of mass housing involved research developed by the Typification Section of the Stroykom, this time under scientific and methodological premises. Finally, the conclusions reached were put in practice with the construction of six Experimental Transitional Houses of which the most notable is Narkomfin House. This third empirical approach has traditionally been examined by scholars in isolation. However, its study must necessarily transcend the genius of the author-creator and involve the research process of which it is part. In this thesis, Narkomfin House is presented not only as the paradigm in Soviet housing avant-garde we are used to, but also as a prototype reflecting the principles and conclusions reached in the preceding conceptual and scientific approaches. Only from this point of view does Ginzburg’s understanding of his own building as a proactive and non-imposed environment make sense: a project conceived as a transition tool towards a more advanced society.

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Inclui notas explicativas e bibliográficas

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Esta tesis doctoral constituye una investigación sobre las dificultades que encontró el Gobierno de la República para adquirir armamento en el mercado clandestino durante el primer año de guerra, es decir, desde que se produjo el golpe de Estado hasta que el doctor Juan Negrín llegó a la presidencia del Gobierno el 17 de mayo de 1937. El objetivo de la investigación es profundizar y demostrar, desde una perspectiva muy poco estudiada hasta ahora, que los intentos republicanos para comprar armamento al margen de los suministros soviéticos, durante el primer año de la guerra, no constituyó una estrategia eficaz que permitiese al Ejército Popular de la República disponer de los recursos bélicos necesarios, ni en calidad ni en cantidad, para hacer frente al Ejército sublevado/franquista. La política de no intervención, ideada por Francia y Gran Bretaña y adoptada por 27 Estados, incluyendo a la URSS, provocó una situación asimétrica: mientras que un Gobierno legítimo y reconocido internacionalmente no pudo adquirir armas ni en los arsenales nacionales de los países que lo suscribieron ni en sus industrias privadas, los sublevados inmediatamente se vieron auxiliados por Hitler y Mussolini, quienes también se adhirieron a la no intervención. Sólo la ayuda de Stalin, vulnerando igualmente su compromiso con la no intervención, permitió que la República pudiese evitar la caída de Madrid en noviembre de 1936 y sustentar el conflicto...