1000 resultados para Ribes rosso,Prodotti funzionali,Tecniche estrattive,Prodotti a base di carne


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Nel nuovo secolo l’uomo sta cercando di affrontare le problematiche del cambiamento climatico, che purtroppo sta già provocando fenomeni di frequenza ed intensità mai visti. Fra i diversi metodi per provare a mitigare le emissioni di gas serra vi è quello di sfruttare il settore delle Informations and Communications Technologies (ICT). Complessivamente si stima che le ICT consumino l’8-10% di elettricità in Europa e che siano responsabili del 4% delle emissioni di carbonio del continente. Questo lavoro analizza la letteratura scientifica che si è occupata degli studi relativi ai consumi ed alle emissioni legate alle ICT. L’analisi dell’impatto ambientale viene svolta tramite il metodo Life Cycle Assessment (LCA). Nella prima parte di questa tesi si analizzano le impronte di carbonio di diversi prodotti o servizi degni di nota fino ad arrivare in generale a tutto il settore delle ICT. Nella seconda, si valutano gli impatti ambientali di sistemi implementati con le ICT comparati con altri considerati tradizionali. In questo studio, vengono analizzati i benefici e le criticità del metodo di valutazione LCA usato per studiare le ICT. Gli studi con questa tecnica sono basati sempre e solo su un modello matematico, per cui dipendono dalle ipotesi dello studio e sono associati ad una sostanziale incertezza che va considerata nell’analisi finale. Per questo motivo, applicando questo metodo al singolo prodotto, i risultati possono essere utili per fornire una base di dati per futuri studi, considerando, tuttavia, che non si può definire in maniera rigida l’impatto per ogni prodotto. Piuttosto, l’LCA è risultata più efficace per fare una comparazione tra scenari ICT e non ICT per valutare come si possa usare la tecnologia per mitigare l’impatto ambientale. Le ICT sono il presente ed il futuro della società ed è proprio per questo che è necessario monitorarle e svilupparle consapevolmente, perché per quanto l’impatto ambientale di esse possa sembrare basso, non è mai nullo.

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Il lavoro di tesi si è posto l'obiettivo di studiare il comportamento fluidodinamico di un reattore agitato meccanicamente, scale-down di un digestore anaerobico per la produzione di biogas, attraverso tecniche di diagnostica ottica. Le tecniche utilizzate sono state la Particle Image Velocimetry, PIV, e la Planar Laser Induced Fluorescence, PLIF. Le prove sono iniziate utilizzando acqua all’interno del reattore e sono proseguite utilizzando una soluzione di acqua e Carbometilcellulosa (CMC) a concentrazione di CMC progressivamente crescente per aumentare la viscosità apparente della soluzione non newtoniana con lo scopo di simulare il più realisticamente possibile la viscosità del contenuto reale del digestore. Tutte le diverse soluzioni sono state indagate per diverse velocità e diversi sensi di rotazione. Le prove di diagnostica ottica sono state progressivamente affiancate da prove al reometro di campioni di soluzione per il calcolo della viscosità apparente. La PIV ha fornito la misura del campo di moto di un piano, è stato scelto di analizzare un piano verticale. Il metodo di diagnostica ottica ho previsto l’utilizzo di quattro componenti: una sezione per il test otticamente trasparente contenente la soluzione inseminata con piccole particelle di tracciante (particelle di argento e vetro cavo) che seguono il flusso, una sorgente di illuminazione pulsata (laser), un dispositivo di registrazione (una telecamera digitale ad alta definizione) ed un software per la cross-correlazione delle immagini acquisite (DynamicStudio). La PLIF è stata implementata per lo studio del tempo caratteristico di miscelazione nel reattore. La strumentazione utilizzata è stata la stessa della PIV con un tracciante diverso a base di Rodhamina-6G. Lo studio ha riguardato il tempo necessario all’omogeneizzazione del tracciante mediante un’analisi del coefficiente di variazione, CoV, delle immagini acquisite.

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Lo scopo di questa tesi è stato quello di analizzare le caratteristiche qualitative delle carni di sovracoscia di pollo appartenenti alle principali categorie commerciali presenti sul mercato nazionale per caratterizzarne i principali parametri qualitativi. A tale scopo, sono stati campionati un totale 12 lotti di carne avicola che differivano in termini di peso alla macellazione, tipo di alimentazione e sistema di allevamento. Per ogni lotto, sono state selezionate 20 sovracosce, suddivise in 3 gruppi sperimentali (n=80/gruppo) in funzione della categoria commerciale di appartenenza e corrispondente peso di macellazione: pollo medio convenzionale (PMC) 3,5-3,8 kg, pollo pesante convenzionale (PPC) 2,5-2,8 kg e pollo leggero allevato all’aperto (PLA) 1,8-2 kg. I campioni sono stati utilizzati per l’analisi del pH, del colore e dell’ossidazione lipidica e proteica, tramite la valutazione del contenuto di TBARs e carbonili, rispettivamente. Dai risultati ottenuti è possibile evidenziare come il gruppo PLA abbia fatto registrare variazioni significative in termini di colore e ossidazione lipidica rispetto agli altri gruppi sperimentali oggetto di tesi. Nel dettaglio, il gruppo PLA ha mostrato valori di b* più che raddoppiati rispetto alle altre categorie commerciali: ciò potrebbe essere un aspetto favorevole in quei mercati in cui vi è una consolidata abitudine a questa pigmentazione della carne. Inoltre, i risultati dell’analisi dei TBARs indicano un livello di ossidazione lipidica significativamente superiore nel gruppo PLA rispetto a PMC e PPC: ciò potrebbe essere correlato ad uno scadimento qualitativo della carne, specialmente quando questa viene macinata ed utilizzata nella formulazione di prodotti trasformati. Dunque, i risultati ottenuti potrebbero essere di particolare interesse per l’industria avicola, in quanto potrebbero suggerire l’idoneità della carne proveniente da una particolare categoria commerciale per il consumo fresco anziché per la trasformazione.

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La maggior parte della rete viaria nazionale ha superato i 50 anni di vita, essendo stata progettata tra il dopo guerra e i primi anni ’70. Di conseguenza, le infrastrutture come ad esempio ponti e viadotti sono caratterizzate da un generalizzato stato di degrado. Nell’ottica delle verifiche di sicurezza delle opere in C.A.P. esistenti, quindi, conoscere la precompressione residua di un determinato elemento, con un certo grado di affidabilità, permette di valutare la necessità di intervento o meno sullo stesso. Tra le tecniche diagnostiche in maggior diffusione vi è quella del rilascio tensionale, che consiste nello stimare l’attuale stato di precompressione agente su specifiche sezioni di elementi precompressi a partire dal rilascio di deformazione di precompressione, agente sul calcestruzzo, isolandone una porzione tramite una serie di tagli fino al raggiungimento del completo rilascio. Esistono varie tecniche di rilascio tensionale ma nella letteratura scientifica non esiste ancora una robusta validazione di questi metodi dal punto di vista dell’affidabilità e dell’accuratezza. In questo lavoro di tesi sono state affrontate due tecniche, riconducibili a due macrogruppi di metodi di misura: metodo tramite la realizzazione di tagli inclinati o perpendicolari rispetto alla superficie del manufatto in calcestruzzo, al fine di estrarre un provino tronco piramidale; metodo tramite l’estrazione di una carota perpendicolare alla superficie del manufatto in calcestruzzo. L’obiettivo prefissato era la valutazione delle prove in termini di attendibilità dei risultati con, inoltre, una particolare attenzione all’invasività nei confronti della struttura e alla ripetibilità in situ. Per il lavoro di tesi sono state realizzate 10 colonne in cemento armato (C.A.) a cui, al fine di simulare uno stato di precompressione, è stata applicata una tensione nota di compressione per poi procedere con le prove di rilascio tensionale tramite i metodi considerati.

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Il tema centrale di questa Tesi è il cosiddetto "Teorema di Rappresentazione di Riesz" per i funzionali positivi su alcuni spazi di funzione continue. Questo Teorema, caposaldo dell'Analisi Funzionale, è inscindibilmente legato alla Teoria della Misura. Esso, infatti, stabilisce un'importante legame tra funzionali lineari positivi e misure positive di Radon. Dopo un'ampia disamina di questo Teorema, la Tesi si concentra su alcune delle sue Applicazioni in Analisi Reale e in Teoria del Potenziale. Nello specifico, viene provato un notevole risultato di Analisi Reale: la differenziabilità quasi dappertutto delle funzioni monotone su un intervallo reale. Nella dimostrazione di questo fatto, risulta cruciale anche un interessantissimo argomento di "continuità dalla positività", attraverso cui passiamo varie volte nella Tesi. Infatti, esso è determinante anche nelle Applicazioni in Teoria del Potenziale per la costruzione della misura armonica di un aperto regolare e della cosiddetta "misura di Riesz di una funzione subarmonica".

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Negli ultimi anni sta diventando sempre più insistente la necessità di sviluppare nuovi materiali in grado di sostituire le comuni plastiche derivanti dal petrolio con bioplastiche ottenute da biopolimeri che spesso vengono rinforzate mediante riutilizzo di scarti agricoli, come fibre di bambù, in grado di conferire proprietà meccaniche migliori, dando vita ai biocompositi. In particolare, una delle risorse rinnovabili più promettenti al giorno d'oggi è la cellulosa, come quella contenuta nella fibra di bambù, che, usata come filler rinforzante, permette di ottenere biocompositi con caratteristiche meccaniche e termiche migliori rispetto alle matrici polimeriche pure tipo PHB e PLA. Questa nuova generazione di biocompositi può essere vista come evoluzione dei vecchi compositi e punta l’attenzione alla sostenibilità ed ecoefficienza ponendosi sul mercato come prodotti sostenibili, ecologici e competitivi, utilizzabili in svariati ambiti, dal packaging alimentare ai complementi d’arredo, dall’automotive all’edilizia, dall’industria tessile alle applicazioni biomedicali. Lo scopo di questo lavoro di Tesi è stato quello di realizzare e caratterizzare dal punto di vista termico e meccanico biocompositi a base di PLA con tre percentuali crescenti di filler naturale ed a base di PHB con le stesse percentuali di filler. I sei biocompositi sono stati realizzati tramite plastografo Brabender. In seguito, sono state effettuate le seguenti prove: 1) Calorimetria a scansione differenziale (DSC); 2) Stampaggio ad iniezione per la realizzazione dei campioni secondo la normativa; 3) Prove di trazione, al fine di capire se il filler avesse modificato il modulo di Young e l’allungamento a rottura della matrice pura; 4) Prove di impatto, effettuate per studiare la tenacità del materiale al variare delle diverse percentuali di filler; 5) Microscopio a scansione elettronica (SEM), con lo scopo di osservare l’adesione matrice-filler.

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Software bot per l’automatizzazione dell’acquisto su piattaforme retail (tech). Un sistema scritto interamente in Python riguardante web scraping, richieste HTTP, l’utilizzo di Cookie per il processo di checkout, sistemi di sicurezza, captcha, acquisto di un articolo in maniera autonoma, un sistema di autenticazione per la commercializzazione, sistema di log degli errori, sistema di notifiche. Il tutto sulla base di un cambiamento sociale che ha portato sempre più prodotti ad essere limitati rendendo difficile all’acquisto.

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Il presente elaborato si propone di raccogliere e dettagliare il lavoro svolto presso l’azienda Motori Minarelli durante il tirocinio curricolare. Minarelli ha dato l’avvio ad un nuovo progetto di nome ISSIMO e conseguentemente si è trovata ad approcciare una nuova tipologia di prodotto da assemblare attraverso linea di montaggio: una bicicletta elettrica. Il compito dell’azienda bolognese era quello di progettare e implementare la linea produttiva per la commercializzazione dell’e-bike. Al giorno d’oggi una buona progettazione del ciclo produttivo è alla base per la generazione di prodotti eccellenti e di qualità, per questo il ciclo di assemblaggio è stato definito tramite l’applicazione di una serie di algoritmi euristici di line balancing, per definire la struttura della linea di montaggio e la sequenza di produzione. Si è divisa la trattazione in quattro parti distinte: la prima parte è una analisi storica che parte dalla nascita della catena di montaggio sino alla teoria degli algoritmi di bilanciamento; la seconda parte permette di calarsi nel contesto aziendale; la terza parte dettaglia il progetto ISSIMO nei dettagli e la quarta parte, quella sperimentale, mostra l’applicazione degli algoritmi alla linea di assemblaggio in esame.

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Di fronte alla concorrenza globale, la sopravvivenza di un'azienda manifatturiera dipende sempre più da come essa può progettare, gestire e strutturare al meglio il proprio sistema di produzione per far fronte alla diversità dei prodotti, per migliorare l'affidabilità di consegna e anche per ridurre i costi. In questo contesto, le aziende manifatturiere utilizzano spesso sistemi di produzione diversi, in base a ciò che richiede il mercato. Molto in generale, i sistemi produttivi possono essere classificati in due categorie principali: make-to-stock (MTS) e make-to-order (MTO), in base alla politica di risposta alla domanda del mercato. Nel nuovo contesto competitivo le aziende si sono trovate a dover produrre costantemente prodotti specifici e di alta qualità con costi unitari bassi e livelli di servizio elevati (ossia, tempi di consegna brevi). È chiaro, dunque, che una delle principali decisioni strategiche da prendere da parte delle aziende sia quella relativa alla ripartizione dei prodotti in MTS/MTO, ovvero quale prodotto o famiglia di prodotti può essere fabbricato per essere stoccato a magazzino (MTS), quale può essere prodotto su ordinazione (MTO) e quale dovrebbe essere fabbricato in base alla politica di produzione ibrida MTS/MTO. Gli ultimi anni hanno mostrato una serie di cambiamenti nella politica di produzione delle aziende, che si stanno gradualmente spostando sempre più verso la modalità̀ di produzione ibrida MTS/MTO. In particolare, questo elaborato si concentrerà sul delayed product differentiation (DPD), una particolare strategia produttiva ibrida, e ne verrà proposto un modello decisionale basato sul funzionamento dell’Analytic Network Process (ANP) implementato attraverso il software Superdecisions.

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Il cambiamento climatico è una delle sfide più ardue che il nostro pianeta abbia mai dovuto affrontare. Negli ultimi anni si sta rendendo sempre più evidente la necessità di un profondo cambiamento ideologico e sociale in ogni campo. La Green Chemistry mira a capeggiare questo cambiamento proponendo dei principi guida in modo da indirizzare la chimica verso tale traguardo. Possibili strumenti attuativi di questa visione sono senza alcun dubbio le bioraffinerie. Raffinerie appunto, nate però per processare materie prime provenienti da fonti rinnovabili, le biomasse. Esistono diversi tipi di biomasse, dalle quali possono essere ricavate differenti molecole piattaforma. La biomassa lignocellulosica, per esempio, viene sfruttata per ottenere perlopiù composti furanici. Tra questi di particolare interesse è la furfurale(FUR), un’aldeide particolarmente reattiva dalla quale possono essere ottenute numerose sostanze chimiche ad alto valore aggiunto. Tra queste si trova il γ-valerolattone(GVL), estere ciclico a cinque atomi di carbonio, promettente prodotto preliminare nella sintesi di combustibili a base biologica e prodotti chimici di base. Il processo che porta dalla FUR al GVL comprende diversi step di reazione, alcuni catalizzati da acididi Lewis, altri da acididi Brønsted. Gli step di riduzione possono essere eseguiti mediante una reazione di Catalytic Transfer Hydrogenation (CTH) utilizzando isopropanolo piuttosto che H2 gassoso. La scelta del solvente/riducente assieme all’utilizzo di un sistema catalitico eterogeneo permettono la realizzazione della reazione con un basso impatto ambientale. Per quanto riguarda la scelta del sistema catalitico, particolarmente interessante è la combinazione TiO2-ZrO2. Lo scopo di questa tesi è stato quello di sintetizzare e valutare le performance di sistemi catalitici a base di ossidi misti Ti/Zr/O con diverse composizioni nella conversione della FUR a GVL in un reattore in fase liquida.

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I biscotti rappresentano una fetta importante del mercato alimentare di molti Paesi soprattutto occidentali. Infatti, nonostante il periodo di profonda crisi, legato prima alla pandemia da Covid-19 e ora al conflitto in Ucraina, i prodotti da forno mantengono una posizione di rilievo nel carrello dei consumatori e in particolare, la produzione e il consumo di biscotti sono in aumento. Tuttavia, le esigenze dei consumatori sono in continua evoluzione e nell’ultimo decennio si è osservato una tendenza crescente a rifiutare i prodotti contenenti olio di palma a causa della percezione negativa che si è venuta a creare riguardo agli aspetti nutrizionali, ambientali e sociali correlati al suo impiego. Per venire incontro a questa tendenza, le aziende di trasformazione stanno cercando miscele lipidiche alternative. Sostituire una sostanza grassa con un’altra non è però banale perché le modifiche si riflettono sulla qualità nutrizionale, organolettica e sulla conservabilità del prodotto finito, per questo è necessario un adeguata valutazione della qualità finale del prodotto e uno studio di shelf life preliminare. A questo scopo, in questo progetto di tesi sono state valutate le performance di due biscotti con formulazioni lipidiche differenti rispetto al biscotto ottenuto con solo olio di palma per quanto riguarda lo stato ossidativo, principale causa di scadimento qualitativo per questa tipologia di prodotto. Durante un periodo di conservazione di 355 giorni a 20°C sono stati monitorati indici di ossidazione primaria (numero di perossido) e secondaria (esanale e acidi grassi ossidati), oltre essere stata testata una generale resistenza all’ossidazione accelerata della matrice tramite strumento OXITEST. In questo modo è stato possibile confrontare lo stato ossidativo dei biscotti a diversa formulazione con l’obiettivo di valutare se la qualità di biscotti “senza olio di palma” risulta soddisfacente o meno nell’arco dell’intera shelf life destinata al prodotto.

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Il presente lavoro di tesi ha avuto lo scopo di valutare l’effetto del trattamento con campi elettrici pulsati sulla funzionalità delle proteine e sul livello di ossidazione lipidica e proteica di filetti di branzino (Dicentrarchus labrax) durante 12 giorni di conservazione refrigerata. A tale scopo, un totale di 50 filetti è stato sottoposto a salagione mediante salamoia contenente il 5% di NaCl per 24 ore e successivamente diviso in 2 gruppi sperimentali (n=25/gruppo): CONT, filetti non sottoposti a trattamento e PEF, filetti trattati con campi elettrici pulsati aventi intensità di 0,6 kV/cm, ampiezza degli impulsi di 10 μs per un tempo totale di trattamento pari a 10 s. I filetti sono stati confezionati in atmosfera protettiva (20% di CO2 e 80% di N2) e conservati a temperatura di refrigerazione per i 12 giorni successivi. Nel complesso, i risultati ottenuti suggeriscono come il trattamento PEF non abbia esercitato un effetto né migliorativo né peggiorativo sulla funzionalità delle proteine, determinata tramite analisi della solubilità, risultato piuttosto inatteso data la potenzialità del PEF di migliorare la funzionalità proteica. Si può ipotizzare che il processo di salatura a cui sono stati sottoposti i campioni possa avere in qualche modo mascherato un possibile effetto positivo del trattamento a causa della solubilizzazione delle proteine avvenuta già in fase di salatura. Inoltre, nonostante il PEF possa innescare fenomeni ossidativi a carico della matrice lipidica e proteica, in questo studio non sono state osservate modificazioni, suggerendo come il trattamento non abbia alterato la stabilità ossidativa dei filetti. In conclusione, i risultati ottenuti nel presente studio sono da considerarsi positivi, in quanto è possibile evincere come il trattamento effettuato abbia consentito di migliorare le rese di processo, senza però influenzare la stabilità ossidativa di lipidi e proteine, lasciando quindi inalterata la funzionalità delle stesse.

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L’obiettivo iniziale di questo lavoro era quello di studiare il fenomeno della proteolisi nel formaggio, al variare del tempo di stagionatura e di salatura, mediante lo studio dello stato dell’acqua, con una metodica non distruttiva e innovativa per questa tematica: il TD-NMR. I formaggi oggetto di studio sono stati prodotti con un impianto pilota presente in Dipartimento, con lo stesso latte, nella stessa giornata e nelle medesime condizioni di caseificazione. Il primo passo è stato quello di assegnare un nome alle 4 popolazioni di protoni corrispondenti alle 4 curve esponenziali in cui si traducevano i risultati di T2. Dato che gli studi bibliografici consultati non erano concordi su questo aspetto e nessuno aveva svolto esperimenti che potessero confermare le supposizioni formulate, abbiamo proceduto all’analisi di un formaggio simile ai nostri campioni, addizionato di una soluzione dopante a base di Fe(III)Cl2. Questo passaggio ci ha permesso di identificare i tipi di molecole rappresentati dalle 4 popolazioni. Successivamente siamo stati in grado di fare ipotesi concrete sull’evoluzione dei risultati di T2 e intensità relativa al variare del tempo di stagionatura e di salatura. Dalle nostre osservazioni è emerso che è possibile correlare l’andamento di T2 e I a quello di diversi parametri che caratterizzano il formaggio. Le ipotesi emerse da questo studio sono solamente intuizioni preliminari riguardo l’impiego di questo metodo di analisi per il formaggio, che però ha la potenzialità di essere molto utile nella ricerca e anche nell’industria. Si tratta infatti di un metodo caratterizzato da estrema facilità nella preparazione dei campioni, che può essere adattato ad analisi non distruttive e che impiega uno strumento molto economico rispetto ad altri tipi di analisi NMR. Possiamo inoltre concludere che, avendo messo a punto questi aspetti di base, l’interpretazione dei dati sarà senz’altro più semplice rispetto ad altre analisi NMR.

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Il presente lavoro di tesi ha come obiettivo quello di illustrare l’origine e l’estrazione degli oli essenziali, il loro utilizzo in diversi ambiti, fino a giungere al loro innovativo impiego nel settore alimentare. Grazie alle sostanze presenti al loro interno, gli oli essenziali sono in grado di esplicare diverse attività come quella antiossidante, antimicrobica, antifungina e di prevenzione. Inoltre, vengono utilizzati anche in ambito alimentare, come sostituti di conservanti chimici, oltre che ad essere impiegati come importanti bio-componenti di film plastici, migliorando così l’aspetto e le funzionalità del packaging. Sono state inoltre confrontate le diverse tecniche estrattive, mettendone in risalto le varie criticità e ponendo particolare attenzione soprattutto agli aspetti innovativi e a quelli legati alla sostenibilità. Successivamente, per caratterizzare l’estratto, sono necessarie delle determinazioni sia qualitative che quantitative. Più mirati sono i metodi e le tecniche utilizzate, maggiore sarà la possibilità di riconoscere la qualità dell’estratto ed anche l’eventuale adulterazione. Attualmente sono sempre di più gli studi che si focalizzano sulla sostenibilità delle tecniche estrattive e sul ruolo degli oli essenziali come risorse utili per valorizzare alcuni sottoprodotti dell’industria alimentare.

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I salumi rappresentano una grande tradizione italiana, lo dimostra il fatto che l'industria suinicola nazionale è principalmente orientata all’allevamento di suino “pesante”, indirizzato proprio all'industria salumiera. L’industria salumiera moderna si trova a dover fare i conti con esigenze di mercato che possono sembrare contrastanti: da un lato si richiedono prodotti tradizionali e locali, dall’altro l’attenzione del consumatore si sta spostando verso ricette innovative, ingredienti naturali, di nicchia, salubri, etici, tracciati e a basso impatto ambientale. Alla luce di ciò, emerge la necessità di un maggiore livello di innovazione al fine di creare nuovi segmenti d’offerta in risposta ai diversi fabbisogni dei consumatori. Il presente lavoro si è posto come obiettivo quello di esaminare le strategie di differenziazione dei salumi fermentati adottate dal Salumificio DelVecchio di Cesena, discutendo le scelte aziendali in relazione alla letteratura scientifica. L’azienda, partendo da una linea di base, la Linea Tradizione, che copre tutti i principali salumi presenti sul territorio italiano, è riuscita a differenziare il proprio portafoglio intervenendo a livello di materie prime e di ricette. Sono state così realizzate la Linea Mora Romagnola, i cui salumi vengono prodotti utilizzando la carne dell’omonima razza; la Linea Bio, con 12 prodotti certificati presso l’ente CCPB - tale linea è stata ulteriormente differenziata con la proposta di 6 Salamini Boscone Aromatizzati; il Salamino Boscone Bio Fonte di Omega 3, in cui la fonte di omega-3 è data dall’aggiunta di semi di lino biologici; e la linea di salumi pre-affettati take-away pronti all’uso. Sulla base di questa analisi e della bibliografia riportata, il portafoglio del Salumificio DelVecchio, pur essendo un’azienda con un profilo soprattutto locale, risulta spiccatamente differenziato al fine di soddisfare le richieste di un’ampia gamma di consumatori.