950 resultados para Danza afro
Resumo:
The thesis focuses on the ecological thought of Gregory Bateson and the contributions that such epistemology can offer nowadays to the educational scene, connecting in particular to the problematicistic perspective of Giovanni Maria Bertin with the aim of rethinking and updating it. The writing explicates the meaning of education to an ecological knowledge, that privileges connections, creativity and solidarity with the living world. The work analyzes, moreover, the cultural and epistemological value of relations focusing on ethic commitment as an instrument of promotion of the right to difference. A final part of the work is dedicated to some ecological aspects such as environmental safeguard and development, fundamental topics especially for the educational context.
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La presente tesi parte dalla poetica e dalla metodologia di costruzione dell’essere scenico proposta dai fondatori della danza Butō – Tatsumi Hijikata e Kazuo Ōno – cercando di individuarne alcuni dei principali elementi filosofici e tecnici, che potrebbero offrirsi come tessuto epistemologico nella proposta di una pedagogia critica del corpo. In questa direzione, rintraccia alcune caratteristiche di ambito storico, sociologico, tecnico e filosofico che sostengono il progetto politico-artistico d’“insurrezione” fisica messo in scena dalla danza Butō. Le sue proposte di reificazione delle memorie del corpo, d’instaurazione di processi metamorfici e di dissoluzione delle energie espressive di un self razionale, sono alcuni esempi di modalità di promulgazione di “politiche del corpo” che concedono una dimensione critica al gesto e, al contempo, una qualità sovversiva alla materialità della carne. La ribellione del corpo cui attinge la danza Butō, dunque, potrebbe servire come riferimento per la costruzione di “anticorpi”, ovvero di differenti concezioni del corpo che si contrappongano, come antitesi, al corpo sfidante e dominatore della contemporaneità e, al tempo stesso, possano servire come microrganismi di combattimento a favore della guarigione della società malata costruita dall’Occidente.
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Questa tesi prende in esame le convergenze culturali (tecniche e prassi attoriali) nelle metodologie pedagogiche del “secondo” Novecento teatrale. L’analisi riguarda il modo in cui le tecniche provenienti dai derivati della tradizione africana – in particolare le azioni, i gesti e gli atteggiamenti corporei usati nelle danze sacre del Candomblé – e lo studio degli organi espressivi del corpo permettono all’ artista della scena di acquisire conoscenze pragmatiche su determinati automatismi della sua struttura bio-psichica. L’esame di queste convergenze è fatto pertanto attraverso l’analisi di pratiche teatrali che ammettono le interconnessioni culturali, le “migrazioni” ed i “contagi” fra tecniche teatrali europee e modus operandi extraeuropei. Mediante l’analisi di queste pratiche pedagogiche transculturali si verifica che, gli elementi tecnico-espressivi “estranei” appartenenti ad altre culture possono essere efficaci in un tipo di metodologia “meticcia” solo quando questo modus operandi transculturale contempla la partecipazione collaborativa tra i soggetti coinvolti nel processo educativo.
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Basata sul reperimento di un’ampia mole di testi giornalistici (come cronache, interviste, elzeviri e articoli di “Terza”) dedicati alle pratiche coreiche e pubblicati in Italia nel corso del ventennio fascista, la tesi ricostruisce i lineamenti di quello che, seppure ancora embrionale e certo non specialistico, si può comunque ritenere una sorta di “pensiero italiano” sulla danza del Primo Novecento. A partire dalla ricognizione sistematica di numerose testate quotidiane e periodiche e, pertanto, dalla costruzione di un nutrito corpus di fonti primarie, si è proceduto all’analisi dei testi reperiti attraverso un approccio metodologico che, fondamentalmente storiografico, accoglie tuttavia alcuni rudimenti interpretativi elaborati in ambito semiotico (con particolare riferimento alle teorizzazioni di Jurij Lotman e Umberto Eco), il tutto al fine di cogliere, pur nell’estrema varietà formale e contenutistica offerta dal materiale documentario, alcune dinamiche culturali di fondo attraverso le quali disegnare, da un lato, il panorama delle tipologie di danza effettivamente praticate sulle scene italiane del Ventennio,e, dall’altro, quello dell’insieme di pensieri, opinioni e gusti orbitanti attorno ad esse Ne è scaturita una trattazione fondamentalmente tripartita in cui, dopo la messa in campo delle questioni metodologiche, si passa dapprima attraverso l’indagine dei tre principali generi di danza che, nella stampa del periodo fascista, si ritenevano caratteristici della scena coreica internazionale – qui definiti nei termini di “ballo teatrale”, “ballo russo” e “danze libere” – e, successivamente, si presenta un approfondimento su tre singolari figure di intellettuali che, ognuno con un’attitudine estremamente personale, hanno dedicato alla danza un’attenzione speciale: Anton Giulio Bragaglia, Paolo Fabbri e Marco Ramperti. Un’ampia antologia critica completa il lavoro ripercorrendone gli snodi principali.
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Fil: Berbel, Silvina. Universidad Nacional de Cuyo
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Fil: Silventi, María Cristina. Universidad Nacional de Cuyo
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El objetivo de la ponencia es presentar las conclusiones parciales de mi trabajo de investigación, el cual se orienta a pensar a la danza cómo un contenido de la Educación Corporal. Daremos por supuesto el conocimiento de las coordenadas conceptuales básicas que supone el desplazamiento de una Educación Física a una Educación Corporal y haremos eje en los desplazamientos epistemológicos que son necesarios de operar en el marco epistemológico de la teoría de la danza para volverla objeto de la Educación Corporal y alejarla de las teorías estéticas y artísticas. Para ello describiremos algunos elementos básicos de la forma de comprensión de la danza como práctica artística, haciendo especial hincapié en la idea de movimiento como objeto de esa comprensión, y las consecuencias que a nivel de construcción de los modos de pensamiento, implica pensar a la danza como práctica y por lo tanto construir al cuerpo como su objeto
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Fil: Yutzis, Daniela. Universidad Nacional de La Plata. Facultad de Humanidades y Ciencias de la Educación; Argentina.
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La observación de los niños y niñas en la organización espacial y temporal de sus juegos, los parámetros que utilizan los bailarines y bailarinas para preparar sus composiciones, los rituales religiosos y los de la vida cotidiana, la eficacia de los movimientos deportivos y muchos otros ejemplos, nos hablan de una manera práctica y eficaz de desenvolvimiento corporal que resumen experiencias en forma de conocimiento, que no siempre está contenido y organizado de acuerdo a la manera en que se presenta en el universo de las disciplinas formales. Estas formas prácticas de moverse generan muchas veces, contradicciones con lo que se espera desde las maneras institucionalizadas de entender el movimiento. En ese universo podemos incluir a disciplinas como la educación física, la danza, el deporte, la expresión corporal, etc.; es decir que cuando hablamos de experiencia del movimiento, nos estamos refiriendo a una construcción, resultado de una intensa puja entre los aprendizajes y el uso del cuerpo en la vida cotidiana, y la incorporación de técnicas del movimiento producto de nuestro contacto con la actividad física institucionalizada. El análisis de los relatos de experiencias de docentes y bailarinas de la ciudad de Neuquén, y la observación de clases de danza donde, mujeres y varones se sumergen en la destreza de bailar, de moverse a ritmo, de incorporar gestos, movimientos, saltos, giros, etc., más el estudio de cómo se elaboran las consignas para la clase y los recursos de imágenes estéticas utilizados, permite conocer el universo del movimiento, enfocado desde la diferencia de géneros.