193 resultados para Cera de carnaúba
Resumo:
Este artigo descreve a atividade e a percepção dos trabalhadores da construção civil sobre os riscos e a carga de trabalho. O estudo, com base na Análise Coletiva de Trabalho (ACT), é parte de pesquisa em políticas públicas para aprimoramento do Sistema de Vigilância em Acidentes de Trabalho (SIVAT) de Piracicaba-SP. Priorizou-se a construção civil pela magnitude epidemiológica de ocorrência de acidentes de trabalho e a baixa eficácia das ações tradicionais de vigilância pelas características de informalidade, terceirização e rotatividade do setor. Os trabalhadores revelaram elevada percepção dos riscos de acidentes e que as medidas de segurança dificultam ou impedem a realização do trabalho. Os achados questionam a eficácia dos treinamentos para adesão às medidas de segurança e evidenciam a necessidade de uma pedagogia transformadora nas ações de promoção da saúde e prevenção dos acidentes de trabalho.
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Obiettivo: studio longitudinale di una coorte di gravidanze gemellari e valutazione di eventuali correlazioni tra specifici parametri cardiaci materni ed esito sfavorevole della gravidanza. Metodi: Sono state arruolate in modo prospettico donne con gravidanze gemellari, sottoposte a controlli seriati della funzione cardiaca materna ( 20-23 settimane; 26-29 settimane e 30-33 settimane). Le pazienti in cui il parto si è verificato prima della 34°settimana compiuta di gestazione sono state escluse a priori dallo studio. Specifici parametri cardiaci campionati sono stati confrontati tra il gruppo di gravidanze con esito positivo ed il gruppo di pazienti che hanno sviluppato complicanze nel corso della gravidanza quali: preeclampsia o ipertensione gestazionale, basso peso alla nascita ( SGA: peso neonatale di uno o entrambi i feti < 5° centile per l’epoca di gestazione). Risultati: sono state incluse nello studio 28 gravidanze gemellari,di cui 8 complicate. Durante ogni visita abbiamo osservato un aumento significativo della gittata cardiaca ( CO ) e sistolica ( SV ) ed una caduta delle resistenze vascolari totali ( TVR ) nelle gravidanze gemellari normali vs complicate. Inoltre, CO, pressione arteriosa (BP), frequenza cardiaca ( HR ) e TVR son rimaste invariate nel corso dei controlli ambulatoriali per le gravidanze con esiti sfavorevole, mentre mostravano modificazioni significative ( CO, HR e BDP in aumento; TVR in diminuzione ) nel gruppo di pazienti con esito favorevole della gravidanza. Conclusioni: La valutazione longitudinale della funzione cardiaca materna sembra dimostrare una significativa differenza tra i valori dei parametri cardiaci materni delle gravidanze multiple non complicate, rispetto a quelle complicate da preeclampsia o neonati SGA.
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Obiettivo: Il nostro obiettivo è stato quello di confrontare la tomoterapia (HT) e la protonterapia ad intensità modulata (IMPT) nel trattamento del tumore prostatico, seguendo un protocollo di boost simultaneo (SIB) e moderatamente ipofrazionato. Materiali e metodi: Abbiamo selezionato 8 pazienti, trattati con HT e abbiamo rielaborato i piani con 2 campi IMPT. La dose prescritta è stata di 74 Gy sul PTV1 (prostata e vescicole seminali prossimali), 65.8 Gy sul PTV2 (vescicole seminali distali) e 54 Gy sul PTV3 (linfonodi pelvici). Risultati: Sia con IMPT che con HT abbiamo ottenuto una copertura e una omogeneità di dose del target sovrapponibile. Oltre i 65 Gy, HT e IMPT erano equivalenti per il retto, mentre con l’IMPT c’era maggior risparmio della vescica e del bulbo penieno da 0 a 70 Gy. Da 0 fino a 60 Gy, i valori dosimetrici dell’IMPT erano molto più bassi per tutti gli organi a rischio (OARs), eccetto che per le teste femorali, dove la HT aveva un vantaggio dosimetrico rispetto all’IMPT nel range di dose 25-35 Gy. La dose media agli OARs era ridotta del 30-50% con l’IMPT. Conclusioni: Con le due tecniche di trattamento (HT e IMPT) si ottiene una simile distribuzione di dose nel target. Un chiaro vantaggio dosimetrico dell’IMPT sul HT è ottenuto dalle medie e basse dosi. Le attuali conoscenze sulle relazioni dose-effetto e sul risparmio delle madie e basse dosi con l’IMPT non sono ancora state quantificate dal punto di vista clinico.
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In this work we presented several aspects regarding the possibility to use readily available propargylic alcohols as acyclic precursors to develop new stereoselective [Au(I)]-catalyzed cascade reactions for the synthesis of highly complex indole architectures. The use of indole-based propargylic alcohols of type 1 in a stereoselective [Au(I)]-catalyzed hydroindolynation/immiun trapping reactive sequence opened access to a new class of tetracyclic indolines, dihydropyranylindolines A and furoindolines B. An enantioselective protocol was futher explored in order to synthesize this molecules with high yields and ee. The suitability of propargylic alcohols in [Au(I)]-catalyzed cascade reactions was deeply investigated by developing cascade reactions in which was possible not only to synthesize the indole core but also to achieve a second functionalization. Aniline based propargylic alcohols 2 were found to be modular acyclic precursors for the synthesis of [1,2-a] azepinoindoles C. In describing this reactivity we additionally reported experimental evidences for an unprecedented NHCAu(I)-vinyl specie which in a chemoselective fashion, led to the annulation step, synthesizing the N1-C2-connected seven membered ring. The chemical flexibility of propargylic alcohols was further explored by changing the nature of the chemical surrounding with different preinstalled N-alkyl moiety in propargylic alcohols of type 3. Particularly, in the case of a primary alcohol, [Au(I)] catalysis was found to be prominent in the synthesis of a new class of [4,3-a]-oxazinoindoles D while the use of an allylic alcohol led to the first example of [Au(I)] catalyzed synthesis and enantioselective functionalization of this class of molecules (D*). With this work we established propargylic alcohols as excellent acyclic precursor to developed new [Au(I)]-catalyzed cascade reaction and providing new catalytic synthetic tools for the stereoselective synthesis of complex indole/indoline architectures.
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In questo elaborato sono state messe a confronto differenti procedure per la creazione di file in formato STL a partire da dati tomografici. Questo tipo di formato di dati è attualmente molto richiesto in quanto è adottato dalle stampanti 3D. I tre software presi in analisi, nello specifico, sono: DEVIDE, un programma open source, compatibile sia con Windows che con Linux, sviluppato presso la Delft University of Technology, nei Paesi Bassi; Imagej, un programma informatico di elaborazione digitale delle immagini, accessibile a tutti, basato su Sun-Java e sviluppato dal National Institutes of Health negli Stati Uniti; e infine VGStudioMax, un software sviluppato in Germania dalla VolumeGraphics GmbH. Un confronto diretto di questi software ha portato ad evidenziare i pregi ed i difetti d’ognuno di questi programmi, prendendo come criteri svariati fattori, tra cui la possibilità di scelta di uno o più soglie per i livelli di grigio, la velocità di esecuzione, il fatto che sia open-source o meno, ecc. I risultati ottenuti tramite l’utilizzo di slice filtrate riguardanti una Cera Anatomica e un Feticcio Africano, sono stati molto soddisfacenti, in quanto hanno permesso la realizzazione di modelli virtuali 3D di entrambi i reperti nel formato richiesto.
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Rhodobacter sphaeroides 2.4.1 is a Gram negative facultative photoheterotrophic bacterium that has been shown to have an N-acyl homoserine lactone-based quorum sensing system called cer for c&barbelow;ommunity e&barbelow;scape r&barbelow;esponse. The cer ORFs are cerR, the transcriptional regulator, cerI, the autoinducer synthase and cerA , whose function is unknown. The autoinducer molecule, 7,8- cis-N-(tetradecenoyl) homoserine lactone, has been characterized. The objective of this study was to identify an environmental stimulus that influences the regulation of cerRAI and, to characterize transcription of the cer operon. ^ A cerR::lacZ transcriptional fusion was made and β-Galactosidase assays were performed in R. sphaeroides 2.4.1 strains, wild type, AP3 (CerI−) and AP4 (CerR−). The cerR::lacZ β-Galactosidase assays were used as an initial survey of the mode of regulation of the Cer system. A cerA::lacZ translational fusion was created and was used to show that cerA can be translated. The presence of 7,8-cis-N-(tetradecenoyl) homoserine lactone was detected from R. sphaeroides strains wild type and AP4 (CerR−) using a lasR::lacZ translational fusion autoinducer bioassay. The cerR::lacZ transcriptional fusion in R. sphaeroides 2.4.1 wild type was tested under different environmental stimuli, such as various carbon sources, oxygen tensions, light intensities and culture media to determine if they influence transcription of the cer ORFs. Although lacZ assay data implicated high light intensity at 100 W/m2 to stimulate cer transcription, quantitative Northern RNA data of the cerR transcript showed that low light intensity at 3 W/m2 is at least one environmental stimulus that induces cer transcription. This finding was supported by DNA microarray analysis. Northern analysis of the cerRAI transcript provided evidence that the cer ORFs are co-transcribed, and that the cer operon contains two additional genes. Bioinformatics was used to identify genes that may be regulated by the Cer system by identifying putative lux box homologue sequences in the presumed promoter region of these genes. Genes that were identified were fliQ, celB and calsymin, all implicated in interacting with plants. Primer extension was used to help localize cis-elements in the promoter region. The cerR::lacZ transcriptional fusion was monitored in a subset of different global DNA binding transcriptional regulator mutant strains of R. sphaeroides 2.4.1. Those regulators involved in maintaining an anaerobic photosynthetic lifestyle appeared to have an effect. Collectively, the data imply that R. sphaeroides 2.4.1 activates the Cer system when grown anaerobic photosynthetically at low light intensity, 3 W/m2, and it may be involved in an interaction with plants. ^
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El trabajo realizado ha pretendido desarrollar y caracterizar una solución de revestimiento continuo interior con características de barrera de vapor e higroscopicidad. El objetivo ha sido desarrollar una solución de revestimiento continuo interior, capaz de reducir el riesgo de condensación intersticial en los cerramientos, manteniendo la capacidad de regulación de la humedad del ambiente interior. ESTUDIO DE ANTECEDENTES 1 La condensación intersticial La condensación intersticial se produce cuando la presión de vapor sobrepasa la presión de vapor de saturación en una de las capas internas del cerramiento. El vapor de agua se transfiere de los locales de mayor presión de vapor a los de menor presión. Para la situación de condensación intersticial, en la estación de calentamiento, las presiones de vapor son más elevadas en el interior del edificio que en el exterior. Entonces existe una transferencia de vapor del interior hacia el exterior y es en ese trayecto cuando pueden producirse las condensaciones intersticiales si éste alcanza la temperatura de rocío. Las consecuencias de la condensación intersticial pueden ser varias, desde la degradación de los materiales, como la corrosión de elementos metálicos; la pudrición de productos orgánicos naturales, como la madera, variaciones dimensionales de las fábricas de ladrillo con posibilidad de deformación del cerramiento y de fisuración de los revestimientos continuos. Pueden también producirse fenómenos de corrosión física provocados por la congelación del agua en los elementos porosos del cerramiento. Los revestimientos continuos pueden también estar sujetos a vegetaciones parasitarias por el exterior del cerramiento o de hongos por el interior, por transferencia del agua condensada a las superficies del cerramiento. Los hongos pueden provocar enfermedades principalmente respiratorias o alergias, al alterar la calidad del aire. La condensación intersticial se produce principalmente en situaciones de bajas temperaturas y elevados grados de humedad especifica exterior. Pero las condiciones de temperatura y principalmente de humedad especifica interior tienen también gran influencia en esta situación patológica. Las condiciones de humedad relativa interior dependen de muchos factores como el tipo y uso del edificio, y en caso de vivienda, del número de ocupantes, de las actividades que se desarrollan, pero esencialmente de la temperatura interior y del grado de ventilación. Las soluciones constructivas también tienen influencia en el riesgo de condensaciones. Las soluciones de cerramientos con aislamientos por el interior y con capas impermeables al vapor por el exterior son las más problemáticas. En esta solución constructiva extrema, tenemos prácticamente todo el cerramiento cerca de las temperaturas exteriores, con gran concentración de vapor de agua. El tipo de aislamiento también es importante, los aislamientos con gran desequilibrio higrotérmico, como las lanas minerales, de fibra de madera, o de fibras textiles, caracterizados por el elevado aislamiento y la elevada permeabilidad al vapor, son los que presentan mayor riesgo. Éstos permiten el paso del vapor y producen un salto acentuado de la temperatura. Su colocación por el interior de los cerramientos incrementa aún más el riesgo de condensaciones. Estos materiales de aislamiento también se caracterizan por tener una menor energía primaria asociada a su fabricación. Por lo tanto merecen una atención especial en la búsqueda de soluciones sostenibles. Así mismo, también puede existir riesgo de condensaciones con aquellos aislamientos de menor permeabilidad al vapor, como los poliméricos o las espumas de vidrio, pero deficientemente aplicados, permitiendo el paso del vapor de agua por las juntas o en los encuentros con forjados, pilares o huecos. La condensación de agua en los aislamientos caracterizados por una elevada permeabilidad al vapor es la situación más problemática porque, además de poder conducir a la pudrición de aislamientos de origen orgánico (como los de fibra de madera), conduce a una disminución del aislamiento del cerramiento y al consecuente incremento del consumo de energía en la obtención del confort térmico. Existen un conjunto de reglas y de soluciones constructivas que pueden reducir el riesgo de condensaciones intersticiales como la colocación de materiales sucesivamente más permeables al vapor, o más aislantes, del interior al exterior. XXXIII Revestimientos exteriores discontinuos y ventilados y aislamientos aplicados por el exterior es la solución extrema de este principio. La aplicación de aislamientos impermeables al vapor es otra solución, siendo necesario que se garantice que las juntas de las placas del aislamiento sean estancas, así como los encuentros con los forjados, pilares y huecos. Otra solución es la aplicación de cerramientos dobles con cámara de aire ventilada, teniendo el cuidado de ventilar solamente la parte fría del cerramiento. Es necesario en estas situaciones, que se garantice que el aislamiento se encuentra aplicado en la cara exterior del ladrillo interior del cerramiento. También es importante controlar el grado de ventilación de la cámara para que no se produzca la pérdida de la resistencia térmica de la hoja de ladrillo exterior. La aplicación de barreras de vapor en la parte caliente del cerramiento es una solución que garantiza la reducción del flujo del vapor del interior hacia el exterior y consecuentemente contribuye a la reducción de la presión de vapor en su lado exterior y en la parte fría del cerramiento. 2 La normativa La normativa española, el Código Técnico de la Edificación de 2006, en su capítulo Ahorro de Energía, establece que no está permitida en ninguna situación, la condensación en el aislamiento. Todavía existiendo condensaciones en otras capas del cerramiento, en la estación de calentamiento, éstas no pueden ser mayores que la evaporación en la estación de enfriamiento. La misma normativa determina que si existe una barrera de vapor en la parte caliente del cerramiento no será necesario comprobar las condiciones anteriores. La normativa portuguesa, el Regulamento das Características do Comportamento Térmico dos Edifícios, de 2006, no tiene ninguna exigencia relativa a las condensaciones intersticiales. Sus autores defienden que en Portugal no es un fenómeno que pueda tener consecuencias graves en los elementos constructivos o en el consumo de energía. En la norma EN 13788 de 2001 están definidos los métodos más comunes de verificación de las condensaciones y de la evaporación y están basados en el Diagrama de Glaser. En base a esta norma es posible verificar el riesgo de condensaciones superficiales y la posibilidad de desarrollo de hongos en la superficie interior del cerramiento. Pero también permite evaluar el riesgo de condensaciones debido a la difusión de vapor de agua. En este método se considera que el agua incorporada en la construcción ha secado, y es aplicable en situaciones en que sean insignificantes los fenómenos de alteración de conductividad térmica con la humedad, la liberación y absorción de calor, alteración de las propiedades de los materiales con la humedad, succión capilar y transferencia de humedad líquida en los materiales, circulación de aire a través de grietas, y la capacidad higroscópica en los materiales. Me resulta extraño que la misma norma establezca que el método no debe ser utilizado para la comprobación de la existencia de condensaciones, sino solamente como método comparativo de diferentes soluciones constructivas o condiciones ambientales. Más recientemente, con la norma EN 15026 de 2007, se ha introducido una alteración en el método de verificación. Mientras que en base a la norma 13788 la verificación se realiza en régimen estacionario, y solamente considerando algunas propiedades de los materiales como la resistencia térmica (R) y el coeficiente de resistencia a la difusión de vapor de agua (μ), la norma EN 15026, determina que se realice en régimen variable y que otros fenómenos físicos sean considerados. Con respecto a la temperatura, el almacenamiento de calor en materiales secos o húmedos, la transferencia de calor con la transmitancia térmica dependiente de la cantidad de agua presente en los materiales, transferencia de calor latente por difusión de vapor de agua con cambio de fase. Con respecto a la humedad, el almacenamiento de humedad por adsorción y desorción de vapor de agua y fuerzas capilares. Transporte de humedad por difusión de vapor de agua, transporte de agua líquida por difusión de superficie y conducción capilar. 3 Barreras de vapor Las barreras de vapor se caracterizan por una reducida permeancia al vapor, que de acuerdo con la normativa española NBE 79 es inferior a 0,1g /MNs o resistencia superior a 10 MNs/g. (o permeancia inferior a 1,152 g/mmHg, o resistencia al vapor mayor que 0,86 mmHg∙m2∙día /g). Esta permeancia al vapor corresponde a una capa de aire de difusión equivalente (Sd) de 215 cm o 2,15 metros. XXXV Todos los materiales pueden alcanzar estos valores de resistencia al vapor siempre que se utilicen con grandes espesores, pero los que más interesan son los que puedan tener esa característica con pequeños espesores. Existen otras clasificaciones, como la del CSTC de la Bélgica que divide los materiales de acuerdo a su permeancia al vapor. Están definidas 4 categorías de barreras de vapor E1, E2, E3, E4. La categoría E1 para los materiales con - Sd entre 2 y 5 metros, E2 – con Sd entre 5 y 25 metros y 3 - con Sd entre 25 y 200 metros y finalmente E4 para valores de Sd superiores a 200 metros. Estos materiales pueden ser de diferentes tipos, y con diferentes aplicaciones. Las pinturas al esmalte o emulsiones bituminosas, los films de polietileno o de aluminio, y las membranas de betún o vinílicas son algunos ejemplos de productos con estas características y que se utilizan con ese fin. Su aplicación puede realizarse en la superficie interior del cerramiento como las pinturas al esmalte o en la cámara de aire como los otros tipos mencionados anteriormente. En todo caso deben ser colocados en la parte caliente del cerramiento, por el interior del aislamiento. Las pinturas al esmalte, los barnices, o las membranas vinílicas, cuando son aplicados sobre el revestimiento interior, presentan el problema de quitar la capacidad higroscópica del revestimiento, sea de yeso, mortero de cemento o incluso de madera. Las emulsiones de betún o las membranas de betún son generalmente aplicadas en la cara exterior de la hoja interior del cerramiento, cuando existe cámara de aire, por lo que necesitan ser aplicadas por el exterior del edificio y obligan a que la ejecución de la hoja de ladrillo de fuera sea hecha también por el exterior, con las condiciones de seguridad y de costo asociadas. Los films de aluminio o de polietileno presentan problemas de aplicación como la garantía de estanquidad, por no ser continuos, y por que el sistema de fijación poder no garantizarla. Las soluciones que parecen garantizar una mejor estanquidad y menor costo son las aplicaciones de barreras de vapor continuas y aplicadas por el interior del cerramiento, como la pintura al esmalte. Sin embargo, como ya se ha comentado con anterioridad, pueden reducir la capacidad higroscópica de los cerramientos y la inercia higroscópica de las construcciones. 4 La importancia de la capacidad higroscópica El agua actúa como un pequeño imán y es atraída por varios materiales en estado líquido o gaseoso. Muchos materiales son capaces de contener moléculas de vapor de aire, llamándose este fenómeno adsorción y ocurre en los materiales llamados hidrófilos. La capacidad de los materiales de variar su contenido de humedad con la humedad relativa del aire se llama capacidad higroscópica. La capacidad higroscópica de los materiales de revestimiento es importante por permitir la adsorción y desadsorción de agua en estado de vapor y así permitir la regulación de la humedad del ambiente interior, adsorbiendo cuando la humedad relativa del aire es elevada y desorbiendo cuando la humedad relativa es baja. De acuerdo con los datos del Fraunhofer Institut y para valores de humedad por unidad de volumen (Kg/m3), el revestimiento de yeso no es el producto que presenta una mejor capacidad higroscópica, comparado por ejemplo con los revocos de cemento. Para valores de humedad relativa del 50%, el revestimiento de yeso presenta valores de contenido de humedad de 3,6 g/m3, el revoco de cemento 9,66 g/m3, y el revestimiento acrílico de acabado de 2,7 g/m3. Para una humedad relativa del 95% y por tanto aún en el rango higroscópico, los valores para los mismos morteros son de 19 g/m3, 113,19 g/m3 y 34,55 g/m3, respectivamente. Para una humedad relativa del 100% y por tanto en el rango por encima de la saturación capilar, en la saturación máxima, los valores son de 400 g/m3, 280 g/m3 y 100 g/m3 respectivamente. Solo para valores de humedad relativa del 100% es posible verificar un contenido de humedad del revestimiento de yeso superior al del revoco de cemento. La inercia higroscópica permite que las variaciones de la humedad relativa del aire en una habitación, tenga una atenuación de los picos diarios pudiendo contribuir para el confort y para la disminución de los costos energéticos a él asociados. Puede también XXXVII tener un efecto a largo plazo traducido en alteraciones de las medias mensuales en los meses de inicio y de fin de ciclos estacionales, de variación de la humedad relativa. Estos son los fundamentos que han llevado al desarrollo de soluciones de revestimientos continuos interiores con características de barrera de vapor e higroscopicidad. ESTUDIO EXPERIMENTAL El estudio experimental consta de dos partes: - permeabilidad al vapor e capacidad higroscópica de materiales y productos - adherencia de revestimientos predosificados de yeso a capas impermeables al vapor. 1- Materiales y métodos I. Permeabilidad al vapor y capacidad higroscópica de materiales y productos El desarrollo de esta solución de revestimiento ha comenzado por el estudio de las características de permeabilidad al vapor y de capacidad higroscópica de los materiales y productos utilizados en los revestimientos continuos de cerramientos. Los primeros ensayos han sido realizados en el periodo de docencia del Curso de Doctorado en la asignatura de Aplicaciones Actuales de Conglomerantes Tradicionales, del Profesor Luis de Villanueva Domínguez, y han permitido el primer contacto con los métodos de ensayos y el conocimiento de las normas aplicables. En el trabajo de investigación realizado en la asignatura, se ha ensayado la permeabilidad al vapor e la capacidad higroscópica de morteros de revestimiento, de conglomerantes tradicionales Los materiales y productos ensayados, en ese primer trabajo experimental, han sido, mortero de escayola y cal aérea, yeso de proyectar, mortero de cal aérea y arena, mortero de cal hidráulica y arena, mortero de cemento y arena, mortero de cemento y arena con aditivos impermeabilizantes y morteros impermeabilizantes a base de cemento. En el periodo de investigación del Curso de Doctorado han sido ensayados otros materiales y productos. También con la orientación del Catedrático Luis de Villanueva Domínguez se ha desarrollado el Trabajo Tutelado en el cual se han ensayado materiales y productos de revestimiento continuo de conglomerantes no tradicionales, yesos puros con adiciones naturales, yesos de proyectar con adiciones sintéticas y capas peliculares de diferente origen. De los productos de origen sintético se ha ensayado la permeabilidad al vapor y capacidad higroscópica de estucos acrílicos de relleno (Matesica), estucos acrílicos de acabado (Matesica), mortero sintético de relleno/acabado para exterior o interior (Matesica), mortero sintético de acabado para exterior (Weber), mortero epoxi de relleno y acabado para interior (Gobbetto), morteros de agarre (BASF y Matesica), mortero de reparación de cemento (Weber), mortero de reparación de yeso (Weber). Se ha ensayado también la permeabilidad al vapor de capas peliculares continuas de diferentes orígenes, como aceite de linaza hervido, cera de abeja diluida en esencia de trementina, emulsión bituminosa (Shell), emulsión bituminosa con polímero (BASF), imprimación epoxídica con cemento (BASF), pintura epoxídica (Matesica), pintura anticarbonatación (BASF), estuco Veneciano de cal (La Calce de la Brenta), estuco Veneciano sintético (Gobbetto) e impermeabilización líquida (Weber). Han sido ensayadas también la permeabilidad al vapor y la capacidad higroscópica de yesos puros (portugueses) sin adiciones y con aditivos naturales (cal aérea hidratada 1/1, cola de pescado y cola de conejo). Los yesos de proyectar han sido ensayados sin adiciones y con adiciones de látex SBR (BASF), acrílico (Weber) y epoxi (Matesica). II Adherencia de revestimientos predosificados de yeso a capas impermeables al vapor Como ya se ha dicho anteriormente, hasta una humedad relativa por debajo del 95%, el revestimiento de yeso tiene una capacidad higroscópica inferior al revoco de cemento y al revestimiento acrílico de acabado. Se ha elegido, de acuerdo con el profesor Luis de Villanueva Domínguez, este producto como capa higroscópica del esquema de revestimiento. Las cuestiones de tradición cultural, de abundancia de materia prima en la Península Ibérica, esencialmente en España, y los menores costos energéticos asociados a su fabricación, determinan el origen de esta decisión. Para la producción de 1 m3 de XXXIX cemento son necesarios 12600 MJ, mientras que para 1 m3 de yeso son necesarios solamente 2640 MJ. Pero el yeso presenta otras características mejores que los morteros de cemento, como la menor densidad, menor conductividad térmica y menor efusividad térmica. La mejor capacidad de absorción de agua en la fase líquida por capilaridad, que el mortero de cemento, es otra de las ventajas de los revestimientos de yeso que en situaciones de condensación superficial interior puede evitar el goteo. El paso siguiente ha sido ensayar la adherencia de un revestimiento predosificado de yeso a las capas que han presentado característica de barrera de vapor con espesores hasta 6 mm, así como en aquellas en que los fabricantes recomiendan menores espesores, como el mortero epoxi de relleno y acabado y el mortero sintético de acabado. Se ha utilizado un revestimiento de yeso predosificado de aplicación manual, portugués. La elección de un producto de aplicación manual se ha debido a la dificultad de obtener la aplicación por proyección en el local donde se han hecho las muestras, el taller de la Faculdade de Arquitectura da Universidade Técnica de Lisboa. Se ha aplicado con espesor de 2 cm sobre las capas de aceite de linaza hervido, emulsión de bituminosa, imprimación epoxídica con cemento, pintura epoxídica, impermeabilización líquida, mortero epoxi de relleno y acabado, mortero sintético de acabado. Verificando que ninguno de los materiales que han presentado características de barrera de vapor hasta espesores de 0,6 mm proporcionaban una adherencia al revestimiento de yeso capaz de garantizar el cumplimento de todas las exigencias, se ha decidido elegir los materiales impermeables al vapor más finos y con diferentes orígenes para desarrollar los estudios de mejora de la adherencia. Ha sido necesario desarrollar un conjunto de experimentos con el objetivo de incrementar la adherencia del revestimiento de yeso a estos soportes no absorbentes. La adherencia de los revestimientos continuos de conglomerantes tradicionales, como el yeso sobre soportes absorbentes, se basa en una adherencia mecánica. En este caso los cristales de yeso se van a formar dentro de la red capilar del ladrillo cerámico o del hormigón. Aplicando una barrera de vapor sobre ellos, se elimina esta posibilidad por aplicarse una barrera entre la estructura porosa del soporte (ladrillo u hormigón) y el revestimiento de yeso. Se tiene que producir otro tipo de adherencia, la adherencia química. Esta adherencia se basa en los enlaces químicos, de tipo secundario, como los puentes de hidrógeno o las fuerzas bipolares de Van der Waals. Aunque este tipo de adherencia es menor que la que se produce sobre soportes absorbentes, puede alcanzar valores considerables. Los materiales impermeables al vapor elegidos han sido el aceite de linaza hervido, la emulsión bituminosa y la imprimación epoxi con cemento. A estos materiales de origen natural, artificial e sintético, han sido aplicadas capas intermedias de arena de sílice, mortero de cemento y arena, mortero de agarre y un puente de adherencia de acuerdo con las recomendaciones de Eurogypsum. La capa de arena ha sido aplicada con la última mano aún fresca, mientras que las otras capas intermedias han sido aplicadas con las capas impermeables al vapor ya secas. Las capas intermedias aplicadas han sido: - al aceite de linaza hervido - arena de sílice y puente de adherencia. - a la emulsión bituminosa - arena de sílice, mortero de cemento y arena 1:1 y puente de adherencia - a la capa de imprimación epoxídica con cemento - arena de sílice, mortero de agarre y puente de adherencia. El revestimiento de yeso utilizado ha sido un yeso predosificado de aplicación manual, de origen español, y se ha aplicado con un espesor de 2 centímetros. Para la capa intermedia de puente de adherencia y siguiendo la recomendación del fabricante, se ha añadido un látex de SBR (con relación látex/agua de 1/2) al revestimiento de yeso. Otra experimentación realizada ha sido la adición del látex SBR al revestimiento de yeso y su aplicación directamente sobre cada una de las capas impermeables al vapor, y a cada una de las capas intermedias aplicadas sobre las capas impermeables al vapor. XLI La aplicación del látex en las proporciones de 1/2, de relación látex/agua, puede cambiar algunas propiedades del revestimiento de yeso en pasta, en relación a su aplicación, o tiempo de inicio o fin de fraguado, e incluso tener influencia en el costo final del revestimiento. Puesto que la adherencia del revestimiento de yeso con adición del látex a la capa intermedia de puente de adherencia ha sido muy superior a las exigencias más estrictas, se ha realizado un ensayo, pero sin la adición del látex. Este ensayo se ha realizado aplicando el revestimiento de yeso sobre las capas de puente de adherencia anteriormente aplicadas sobre las capas impermeables al vapor, descritas con anterioridad. Se ha aplicado ahora un revestimiento de yeso predosificado también de aplicación manual, pero de origen portugués. Para garantizar el cumplimiento integral de la exigencia de adherencia de 0,5 MPa, se ha hecho otro ensayo con una menor adición de látex de SBR al yeso predosificado. Se ha aplicado el látex con una relación látex/agua de 1/3 y 1/4. 2 Resultados y discusión I. Permeabilidad al vapor y capacidad higroscópica de materiales y productos En el primer ensayo de permeabilidad al vapor se concluyó que ninguno de los productos ensayados puede constituir barrera de vapor en espesores hasta 2 cm. y que lo que ha presentado mayor resistividad al vapor ha sido el mortero impermeabilizante de capa fina. Tendría que tener un espesor próximo a los 14,12 cm para poder constituir barrera de vapor. En los ensayos de capacidad higroscópica, realizados solamente para humedades relativas del 50% y 95% a temperaturas de 23ºC, el mortero de escayola y cal aérea y el yeso de proyectar han presentado una capacidad higroscópica bastante elevada, pero como el secado ha sido realizado a 100º C (lo que no es la temperatura adecuada para los productos a base de yeso por poder éstos sufrir una deshidratación y un cambio en su constitución) los resultados no pueden ser considerados. El mortero de impermeabilización de capa fina también ha presentado una buena capacidad higroscópica, mejor que el mortero de cemento y arena, y éste mejor que el mortero de cal hidráulica y arena, y éste mejor que el mortero de cal aérea y arena. La adición de aditivos impermeabilizantes no ha cambiado significativamente esta característica. Como resultado de los segundos ensayos se ha concluido que existen diferentes materiales y productos que pueden constituir barrera de vapor con diferentes espesores. Los productos estuco acrílico de relleno, estuco sintético de acabado, mortero sintético de acabado para exterior, mortero epoxi de relleno y acabado, han presentado características de barrera de vapor con espesores hasta 2 cm, sin embargo, son espesores superiores a los recomendados por los fabricantes de los productos. De los productos peliculares, han constituido barrera de vapor, el aceite de linaza hervido (con valores muy próximos), la emulsión bituminosa sin polímero, la imprimación epoxídica con cemento, la pintura epoxídica y la impermeabilización líquida. Todos los demás productos ensayados no han presentado esa característica cuando aplicados en tres manos. Los yesos puros con adiciones naturales y los yesos de proyectar con adiciones sintéticas no han presentado características de barrera de vapor en espesores hasta dos centímetros. El mejor resultado ha sido el del yeso puro con adición de cola de pescado, que ha presentado característica de barrera de vapor con espesor de 16,32 cm. En cuanto a la capacidad higroscópica de los materiales y productos, el ensayo ha sido repetido recientemente con las mismas muestras, porque en el ensayo realizado para el Trabajo Tutelado no fue posible una correcta caracterización. En ese ensayo solo se han obtenido los valores de capacidad higroscópica para valores de humedad del 50 % ± 3 a temperatura de 23 ºC ± 2 por no disponerse de los medios necesarios para un estudio más completo. En el ensayo realizado recientemente en el Laboratório Nacional de Engenharia Civil de Portugal (LNEC), se ha utilizado una cámara climática, con control de temperatura y humedad relativa, y se han obtenido los valores de capacidad higroscópica para valores de humedad relativa del 25%, 50%, 75% y 95% a temperatura constante de 23º C. XLIII En ese último ensayo se ha verificado que para humedades relativas del 50 %, los yesos predosificados de aplicación manual, portugueses y españoles, tienen diferentes capacidades higroscópicas. Los yesos españoles han presentado una capacidad higroscópica de 0,2 % y el portugués de 0,05 %. La adición de látex de SRB no ha reducido la capacidad higroscópica del yeso predosificado español. Los valores se han mantenido próximos para las relaciones látex/agua de 1/4, 1/3 y 1/2, con 0,2 %. Para valores de capacidad higroscópica por volumen se ha verificado que la adición de látex incrementa la capacidad higroscópica, estableciéndose que los valores para el yeso español sin látex han sido de 2,2 g/dm3 y para los yesos con adición de látex han sido de cerca de 2,5 g/dm3. Para este valor de humedad relativa otros productos han presentado mayor capacidad higroscópica, como el yeso puro con cola de pescado con 5,1 g/dm3.Para morteros ensayados con espesores de 0,6 cm, el mortero de reparación de yeso ha presentado un valor de capacidad higroscópica de 4,1 g/dm3 y el mortero de agarre (BASF) ha presentado el valor de 4,6 g/dm3. Para valores de humedad relativa del 95 %, la capacidad higroscópica presentada por el yeso predosificado español ha sido de 1 % y por el portugués ha sido de 0,27 %. La adición de látex tampoco aquí ha alterado la capacidad higroscópica. Las pequeñas diferencia registradas pueden deberse al diferente tiempo en que se han realizado los pesajes, por existir ya mucha agua libre. Para valores de capacidad higroscópica por volumen se ha verificado que la adición de látex incrementa la capacidad higroscópica, estableciéndose que los valores para el yeso español sin látex han sido de 10,6 g/dm3 y para los yesos con adición de látex han sido de cerca de 11,60 g/dm3 para látex/agua de 1/4, 13,77 g/dm3 para látex/agua de 1/3 y 12,20 g/dm3 para látex/agua de 1/2. Para este valor de humedad relativa, otros productos han presentado mayor capacidad higroscópica, y superiores al yeso predosificado de aplicación manual español. El yeso predosificado de proyectar con adición de látex acrílico (Weber), con 14,1 g/dm3, el yeso puro con cola de pescado con 17,8 g/dm3, el yeso puro cal aérea hidratada con 18,3 g/dm3. Para los morteros ensayados con espesores de 0,6 cm, el mortero de agarre Matesica con valor 17,7 g/dm3, el mortero de reparación de yeso con valores de 31,2 g/dm3 y el mortero de agarre BASF con valores de 48,8 g/dm3. Este ultimo valor debería ser verificado por haberse podido producir un error en la cantidad de agua suministrada. XLIV II Adherencia de revestimientos predosificados de yeso a capas impermeables al vapor Realizado el ensayo de adherencia del revestimiento de yeso predosificado aplicado sobre las capas que han constituido barrera de vapor con espesor hasta 6 mm, se ha verificado que los valores requeridos por la norma europea EN 13279 de 2005, con valores de adherencia ≥ 0,1 MPa o rotura cohesiva por el soporte, solo no han sido satisfechos por la pintura epoxídica y por el revestimiento sintético de acabado. Todavía los valores de adherencia no han alcanzado los valores exigidos por las exigencias complementarias del Laboratório Nacional de Engenharia de Portugal (LNEC) o las exigencias españolas. Las exigencias del LNEC, determinan una adherencia ≥ 0,5 MPa, o una ruptura cohesiva. Las exigencias españolas determinan que la adherencia debe ser determinada por la rotura del revestimiento. La solución de revestimiento que mejor resultado ha presentado ha sido la del revestimiento predosificado de yeso aplicado sobre la capa de aceite de linaza hervido, con una adherencia de 0,324 MPa. También se ha ensayado la aplicación de una capa intermedia de mortero de agarre entre las capas impermeables al vapor de imprimación epoxídica y pintura epoxídica. Los resultados obtenidos han sido de 0,21 MPa y de 0,25 MPa respectivamente. De los valores obtenidos en el ensayo de adherencia del revestimiento de yeso predosificado a las capas peliculares elegidas que han constituido barrera de vapor cuando aplicadas en tres manos, solo algunas de las soluciones con adición de látex al yeso han cumplido las exigencias más estrictas. Éstas han sido las capas impermeables al vapor constituidas por emulsión bituminosa e imprimación epoxi con cemento. Las capas intermedias de arena de sílice sobre la emulsión bituminosa y sobre la imprimación epoxi también han cumplido. Las capas intermedias de mortero de cemento sobre emulsión bituminosa, y mortero de agarre sobre imprimación epoxi con cemento también han cumplido. El puente de adherencia sobre emulsión bituminosa e imprimación epoxídica con cemento, han presentado valores muy elevados de adherencia del revestimiento de XLV yeso. Los valores obtenidos han sido tres veces superiores a las exigencias más estrictas. Los valores obtenidos en el ensayo de adherencia del revestimiento de yeso predosificado sobre el puente adherencia aplicado sobre las capas peliculares impermeables al vapor han sido muy cercanos a la exigencia del Laboratório Nacional de Engenharia Civil de Portugal. Presentan una media de 0,456 MPa. Los valores más bajos han sido para la solución de capa impermeable al vapor constituida por aceite de linaza hervido, con el valor de 0,418 MPa. El valor más elevado ha sido para la solución de capa impermeable al vapor constituida por imprimación epoxídica con cemento, con el valor de adherencia de 0,484 MPa. Los valores obtenidos con las capas impermeables al vapor constituidas por aceite de linaza hervido han presentado roturas siempre adhesivas, o en su capa, pero con valores muy diferentes. Los valores de mayor adherencia se han producido con las capas de aceite con mayor tiempo de secado. En el ensayo de adherencia del revestimiento de yeso predosificado con adición de látex con relación agua/látex de 1/3 y 1/4, aplicado sobre el puente de adherencia, aplicado sobre la capa de imprimación epoxi se ha verificado que la solución con relación látex/agua de 1/4 ha superado la exigencia de 0,5 MPa en un 50 %. Esto resultado quiere decir que es posible aplicar una relación de látex/agua aún inferior. PRINCIPALES CONCLUSIONES Como principales conclusiones del estudio experimental podemos decir que es posible obtener un revestimiento continuo interior impermeable al vapor e higroscópico. Se pueden obtener con capas impermeables al vapor de aceite de linaza hervido (debidamente seco), emulsión bituminosa o con imprimación epoxídica con cemento, aplicadas directamente sobre el ladrillo. Como capa higroscópica se puede aplicar un revestimiento de yeso predosificado, no obstante sea menos higroscópico que un revestimiento de mortero de cemento y arena (hasta humedades relativas del 95%). La adherencia entre la capa impermeable al vapor y el revestimiento de yeso predosificado, puede conseguirse con un puente de adherencia entre las dos capas anteriormente descritas. Si la adherencia del yeso no fuera capaz de cumplir las exigencias más estrictas (0,5 MPa) puede añadirse un látex de SBR al yeso en una relación de látex agua de 1/4. Esa adición permite una adherencia un 50 % superior a las exigencias más estrictas, por lo que se pueden ensayar relaciones aún menores de L/A. Estas adiciones no restan capacidad higroscópica al revestimiento, pudiendo incluso incrementarla (para humedades relativas del 25% al 95%) con beneficio para la inercia higroscópica del edificio donde fuese aplicado. Con respecto a la influencia de la solución de revestimiento propuesta en el riesgo de condensaciones intersticiales, se puede decir que no ha sido posible observar una diferencia significativa en las simulaciones realizadas, entre la aplicación del revestimiento y su no aplicación. Las simulaciones han sido realizadas con la aplicación informática Wufi 5 Pro, que respeta la normativa más reciente relativa a las condensaciones intersticiales. Comparando con la solución tradicional de aplicación de barrera de vapor en la cámara de aire, tampoco se han verificado grandes diferencias. Cabe destacar que esta solución tradicional no ha presentado diferencias en relación a la no aplicación de barrera de vapor. Estas simulaciones contradicen lo comúnmente establecido hasta ahora, que es considerar que la aplicación de barreras de vapor en la parte caliente del cerramiento reduce considerablemente el riesgo de condensaciones intersticiales. Estas simulaciones han sido realizadas considerando que la fracción de lluvia adherida al cerramiento seria la correspondiente a la solución constructiva y a su inclinación. En la definición del componente pared del cerramiento no existe la posibilidad de colocar la capa de pintura exterior. Considerando la hipótesis de que con la capa de pintura exterior, no existe absorción de agua de lluvia, en esta solución constructiva, los valores obtenidos han cambiado considerablemente. El contenido total de agua en el elemento ha sido menor en la solución con barrera de vapor en el revestimiento (pico máximo de 1 Kg/m2), seguido de la solución de barrera de vapor en la cámara de aire (pico máximo de 1,4 Kg/m2) y esto menor que la solución sin barrera de vapor (pico máximo de 1,8 Kg/m2). El contenido de agua en la lana de roca también ha sido menor en la solución con barrera de vapor en el revestimiento interior (pico máximo de 1,15 %), seguido de la solución con barrera de vapor en la cámara de aire (pico máximo de 1,5 %). y esto menor que la solución sin barrera de vapor (pico máximo de 1,62 %).
Resumo:
En los últimos años, debido a la creciente preocupación por el calentamiento global y el cambio climático, uno de los retos más importantes a los que se enfrenta nuestra sociedad es el uso eficiente y económico de energía así como la necesidad correspondiente de reducir los gases de efecto invernadero (GEI). Las tecnologías de mezclas semicalientes se han convertido en un nuevo e importante tema de investigación en el campo de los materiales para pavimentos ya que ofrece una solución potencial para la reducción del consumo energético y las emisiones de GEI durante la producción y puesta en obra de las mezclas bituminosas. Por otro lado, los pavimentos que contienen polvo de caucho procedente de neumático fuera de uso, al hacer uso productos de desecho, ahorran energía y recursos naturales. Estos pavimentos ofrecen una resistencia mejorada a la formación de roderas, a la fatiga y a la fisuración térmica, reducen los costes de mantenimiento y el ruido del tráfico así como prolongan la vida útil del pavimento. Sin embargo, estas mezclas presentan un importante inconveniente: la temperatura de fabricación se debe aumentar en comparación con las mezclas asfálticas convencionales, ya que la incorporación de caucho aumenta la viscosidad del ligante y, por lo tanto, se producen mayores cantidades de emisiones de GEI. En la presente Tesis, la tecnología de mezclas semicalientes con aditivos orgánicos (Sasobit, Asphaltan A, Asphaltan B, Licomont) se incorporó a la de betunes de alta viscosidad modificados con caucho (15% y 20% de caucho) con la finalidad de dar una solución a los inconvenientes de mezclas con caucho gracias a la utilización de aditivos reductores de la viscosidad. Para este fin, se estudió si sería posible obtener una producción más sostenible de mezclas con betunes de alto contenido en caucho sin afectar significativamente su nivel de rendimiento mecánico. La metodología aplicada para evaluar y comparar las características de las mezclas consistió en la realización de una serie de ensayos de laboratorio para betunes y mezclas con caucho y con aditivos de mezclas semicalientes y de un análisis del ciclo de vida híbrido de la producción de mezclas semicalientes teniendo en cuenta la papel del aditivo en la cadena de suministro con el fin de cuantificar con precisión los beneficios de esta tecnología. Los resultados del estudio indicaron que la incorporación de los aditivos permite reducir la viscosidad de los ligantes y, en consecuencia, las temperaturas de producción y de compactación de las mezclas. Por otro lado, aunque la adición de caucho mejoró significativamente el comportamiento mecánico de los ligantes a baja temperatura reduciendo la susceptibilidad al fenómeno de fisuración térmica, la adición de las ceras aumentó ligeramente la rigidez. Los resultados del estudio reológico mostraron que la adición de porcentajes crecientes de caucho mejoraban la resistencia del pavimento con respecto a la resistencia a la deformación permanente a altas temperaturas y a la fisuración térmica a bajas temperaturas. Además, se observó que los aditivos mejoran la resistencia a roderas y la elasticidad del pavimento al aumentar el módulo complejo a altas temperaturas y al disminuir del ángulo de fase. Por otra parte, el estudio reológico confirmó que los aditivos estudiados aumentan ligeramente la rigidez a bajas temperaturas. Los ensayos de fluencia llevados a cabo con el reómetro demostraron una vez más la mejora en la elasticidad y en la resistencia a la deformación permanente dada por la adición de las ceras. El estudio de mezclas con caucho y aditivos de mezclas semicalientes llevado a cabo demostró que las temperaturas de producción/compactación se pueden disminuir, que las mezclas no experimentarían escurrimiento, que los aditivos no cambian significativamente la resistencia conservada y que cumplen la sensibilidad al agua exigida. Además, los aditivos aumentaron el módulo de rigidez en algunos casos y mejoraron significativamente la resistencia a la deformación permanente. Asimismo, a excepción de uno de los aditivos, las mezclas con ceras tenían la misma o mayor resistencia a la fatiga en comparación con la mezcla control. Los resultados del análisis de ciclo de vida híbrido mostraron que la tecnología de mezclas semicalientes es capaz de ahorrar significativamente energía y reducir las emisiones de GEI, hasta un 18% y 20% respectivamente, en comparación con las mezclas de control. Sin embargo, en algunos de los casos estudiados, debido a la presencia de la cera, la temperatura de fabricación debe reducirse en un promedio de 8 ºC antes de que los beneficios de la reducción de emisiones y el consumo de combustible puedan ser obtenidos. Los principales sectores contribuyentes a los impactos ambientales generados en la fabricación de mezclas semicalientes fueron el sector de los combustibles, el de la minería y el de la construcción. Due to growing concerns over global warming and climate change in recent years, one of the most important challenges facing our society is the efficient and economic use of energy, and with it, the corresponding need to reduce greenhouse gas (GHG) emissions. The Warm Mix Asphalt (WMA) technology has become an important new research topic in the field of pavement materials as it offers a potential solution for the reduction of energy consumption and GHG emissions during the production and placement of asphalt mixtures. On the other hand, pavements containing crumb-rubber modified (CRM) binders save energy and natural resources by making use of waste products. These pavements offer an improved resistance to rutting, fatigue and thermal cracking; reduce traffic noise and maintenance costs and prolong pavement life. These mixtures, however, present one major drawback: the manufacturing temperature is higher compared to conventional asphalt mixtures as the rubber lends greater viscosity to the binder and, therefore, larger amounts of GHG emissions are produced. In this dissertation the WMA technology with organic additives (Sasobit, Asphaltan A, Asphaltan B and Licomont) was applied to CRM binders (15% and 20% of rubber) in order to offer a solution to the drawbacks of asphalt rubber (AR) mixtures thanks to the use of fluidifying additives. For this purpose, this study sought to determine if a more sustainable production of AR mixtures could be obtained without significantly affecting their level of mechanical performance. The methodology applied in order to evaluate and compare the performance of the mixtures consisted of carrying out several laboratory tests for the CRM binders and AR mixtures with WMA additives (AR-WMA mixtures) and a hybrid input-output-based life cycle assessment (hLCA) of the production of WMA. The results of the study indicated that the incorporation of the organic additives were able to reduce the viscosity of the binders and, consequently, the production and compaction temperatures. On the other hand, although the addition of rubber significantly improved the mechanical behaviour of the binders at low temperatures reducing the susceptibility to thermal cracking phenomena, the addition of the waxes slightly increased the stiffness. Master curves showed that the addition of increasing percentages of rubber improved the resistance of the pavement regarding both resistance to permanent deformation at high temperatures and thermal cracking at low temperatures. In addition, the waxes improved the rutting resistance and the elasticity as they increased the complex modulus at high temperatures and decreased the phase angle. Moreover, master curves also attest that the WMA additives studied increase the stiffness at low temperatures. The creep tests carried out proved once again the improvement in the elasticity and in the resistance to permanent deformation given by the addition of the waxes. The AR-WMA mixtures studied have shown that the production/compaction temperatures can be decreased, that the mixtures would not experience binder drainage, that the additives did not significantly change the retained resistance and fulfilled the water sensitivity required. Furthermore, the additives increased the stiffness modulus in some cases and significantly improved the permanent deformation resistance. Except for one of the additives, the waxes had the same or higher fatigue resistance compared to the control mixture. The results of the hLCA demonstrated that the WMA technology is able to significantly save energy and reduce GHG emissions, up to 18% and 20%, respectively, compared to the control mixtures. However, in some of the case studies, due to the presence of wax, the manufacturing temperature at the asphalt plant must be reduced by an average of 8ºC before the benefits of reduced emissions and fuel usage can be obtained. The results regarding the overall impacts generated using a detailed production layer decomposition indicated that fuel, mining and construction sectors are the main contributors to the environmental impacts of manufacturing WMA mixtures.
Resumo:
Esta investigación avanza en el intento de recuperar la técnica tradicional del estuco a fuego, paradigma de la decoración de espacios interiores hasta la mitad del s. XX por sus imitaciones marmóreas de gran calidad. Para ejecutarlos se utilizaban morteros de cal con áridos de mármol, pigmentos minerales y grasas; con estos materiales se preparaban y tendían las masas, se pintaban al fresco y se terminaban con el paso de una herramienta metálica caliente. Como sucede con otras técnicas, el paso del tiempo ha difuminado los conocimientos sobre la materia, haciendo muy difícil la conservación o restauración de los ejemplos en nuestro patrimonio. A partir de la escasa bibliografía existente se ha recuperado el proceso, sometiendo las muestras elaboradas a diferentes ensayos que han caracterizado el acabado final,tanto en sus características intrínsecas como en las que le son conferidas al proteger finalmente las muestras con una capa de cera, tal y como se realizaba tradicionalmente.---ABSTRACT---This research advances in the attempt to recover the traditional technique of stucco by fire; paradigm of indoor decoration until half of 20th century due to its high quality marbled imitations. On its implementation process, it was used lime mortars with marble aggregates, mineral pigments and greases. With these materials, masses were prepared and extended into the walls, they were painted in fresco and ended with the passage of a heated metal tool. As with any other technique, the time passing over has blurred the knowledge on the subject, making very difficult the preservation or restoration of examples in our heritage. Despite of the limited literature, the process has been recovered; subjecting the samples prepared at different trials that have characterized the finished, both in its merits and its conferred characteristics by finally protecting the samples with a layer of wax, as was done traditionally.
Resumo:
The Ising problem consists in finding the analytical solution of the partition function of a lattice once the interaction geometry among its elements is specified. No general analytical solution is available for this problem, except for the one-dimensional case. Using site-specific thermodynamics, it is shown that the partition function for ligand binding to a two-dimensional lattice can be obtained from those of one-dimensional lattices with known solution. The complexity of the lattice is reduced recursively by application of a contact transformation that involves a relatively small number of steps. The transformation implemented in a computer code solves the partition function of the lattice by operating on the connectivity matrix of the graph associated with it. This provides a powerful new approach to the Ising problem, and enables a systematic analysis of two-dimensional lattices that model many biologically relevant phenomena. Application of this approach to finite two-dimensional lattices with positive cooperativity indicates that the binding capacity per site diverges as Na (N = number of sites in the lattice) and experiences a phase-transition-like discontinuity in the thermodynamic limit N → ∞. The zeroes of the partition function tend to distribute on a slightly distorted unit circle in complex plane and approach the positive real axis already for a 5×5 square lattice. When the lattice has negative cooperativity, its properties mimic those of a system composed of two classes of independent sites with the apparent population of low-affinity binding sites increasing with the size of the lattice, thereby accounting for a phenomenon encountered in many ligand-receptor interactions.
Resumo:
Residue 225 in serine proteases of the chymotrypsin family is Pro or Tyr in more than 95% of nearly 300 available sequences. Proteases with Y225 (like some blood coagulation and complement factors) are almost exclusively found in vertebrates, whereas proteases with P225 (like degradative enzymes) are present from bacteria to human. Saturation mutagenesis of Y225 in thrombin shows that residue 225 affects ligand recognition up to 60,000-fold. With the exception of Tyr and Phe, all residues are associated with comparable or greatly reduced catalytic activity relative to Pro. The crystal structures of three mutants that differ widely in catalytic activity (Y225F, Y225P, and Y225I) show that although residue 225 makes no contact with substrate, it drastically influences the shape of the water channel around the primary specificity site. The activity profiles obtained for thrombin also suggest that the conversion of Pro to Tyr or Phe documented in the vertebrates occurred through Ser and was driven by a significant gain (up to 50-fold) in catalytic activity. In fact, Ser and Phe are documented in 4% of serine proteases, which together with Pro and Tyr account for almost the entire distribution of residues at position 225. The unexpected crucial role of residue 225 in serine proteases explains the evolutionary selection of residues at this position and shows that the structural determinants of protease activity and specificity are more complex than currently believed. These findings have broad implications in the rational design of enzymes with enhanced catalytic properties.
Resumo:
Residue 225 in serine proteases is typically Pro or Tyr and specifies an important and unanticipated functional aspect of this class of enzymes. Proteases with Y225, like thrombin, are involved in highly specialized functions like blood coagulation and complement that are exclusively found in vertebrates. In these proteases, the catalytic activity is enhanced allosterically by Na+ binding. Proteases with P225, like trypsin, are typically involved in digestive functions and are also found in organisms as primitive as eubacteria. These proteases have no requirement for Na+ or other monovalent cations. The molecular origin of this physiologically important difference is remarkably simple and is revealed by a comparison of the Na+ binding loop of thrombin with the homologous region of trypsin. The carbonyl O atom of residue 224 makes a key contribution to the coordination shell of the bound Na+ in thrombin, but is oriented in a manner incompatible with Na+ binding in trypsin because of constraints imposed by P225 on the protein backbone. Pro at position 225 is therefore incompatible with Na+ binding and is a direct predictor of the lack of allosteric regulation in serine proteases. To directly test this hypothesis, we have engineered the thrombin mutant Y225P. This mutant has lost the ability to bind Na+ and behaves like the allosteric slow (Na(+)-free) form. The Na(+)-induced allosteric regulation also bears on the molecular evolution of serine proteases. A strong correlation exists between residue 225 and the codon used for the active site S195. Proteases with P225 typically use a TCN codon for S195, whereas proteases with Y225 use an AGY codon. It is proposed that serine proteases evolved from two main lineages: (i) TCN/P225 with a trypsin-like ancestor and (ii) AGY/Y225 with a thrombin-like ancestor. We predict that the Na(+)-induced allosteric regulation of catalytic activity can be introduced in the TCN/P225 lineage using the P225Y replacement.
Resumo:
Residues energetically linked to the allosteric transition of thrombin from its anticoagulant slow form to the procoagulant fast form have been identified by site-directed mutagenesis. The energetics of recognition by the two forms of the enzyme were probed by using a synthetic chromogenic substrate, fibrinogen, and hirudin. The thrombin residues E39, W60d, E192, D221, and D222 are linked to the slow-->fast transition and are part of an "allosteric core" through which events originating at the Na+ binding loop propagate to other regions of the enzyme. The thrombin residues Y76, W96, W148, and R173 lie at the periphery of the allosteric core, affect recognition of fibrinogen and hirudin to the same extent in both forms, and are not linked to the slow-->fast transition.
Resumo:
The crystal structure of the large fragment of the Thermus aquaticus DNA polymerase (Klentaq1), determined at 2.5-A resolution, demonstrates a compact two-domain architecture. The C-terminal domain is identical in fold to the equivalent region of the Klenow fragment of Escherichia coli DNA polymerase I (Klenow pol I). Although the N-terminal domain of Klentaq1 differs greatly in sequence from its counterpart in Klenow pol I, it has clearly evolved from a common ancestor. The structure of Klentaq1 reveals the strategy utilized by this protein to maintain activity at high temperatures and provides the structural basis for future improvements of the enzyme.