999 resultados para Casalecchio di RenoRomainvilleAnalisi comparataPianificazione dei trasportiRiqualificazione strade


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Questo lavoro di tesi muove da tematiche relative alla sicurezza IT e risulta dagli otto mesi di lavoro all’interno della funzione Technical Security di Telecom Italia Information Technology. Il compito primario di questa unità di business è ridurre il rischio informatico dei sistemi di Telecom Italia per mezzo dell’attuazione del processo di ICT Risk Management, che coinvolge l’intera organizzazione ed è stato oggetto di una riprogettazione nel corso del 2012. Per estendere tale processo a tutti i sistemi informatici, nello specifico a quelli caratterizzati da non conformità, all’inizio del 2013 è stato avviato il Programma Strutturato di Sicurezza, un aggregato di quattro progetti dalla durata triennale particolarmente articolato e complesso. La pianificazione di tale Programma ha visto coinvolto, tra gli altri, il team di cui ho fatto parte, che ha collaborato con Telecom Italia assolvendo alcune delle funzioni di supporto tipiche dei Project Management Office (PMO).

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L’attività di ricerca della presente tesi di dottorato ha riguardato sistemi tribologici complessi di interesse industriale per i quali sono stati individuati, mediante failure analysis, i meccanismi di usura dominanti. Per ciascuno di essi sono state studiate soluzioni migliorative sulla base di prove tribologiche di laboratorio. Nella realizzazione di maglie per macchine movimentazione terra sono ampiamente utilizzati i tradizionali acciai da bonifica. La possibilità di utilizzare i nuovi microlegati a medio tenore di carbonio, consentirebbe una notevole semplificazione del ciclo produttivo e benefici in termini di costi. Una parte della tesi ha riguardato lo studio del comportamento tribologico di tali acciai. E’ stato anche affrontato lo studio tribologico di motori idraulici, con l’obiettivo di riuscire a migliorarne la resistenza ad usura e quindi la vita utile. Sono state eseguite prove a banco, per valutare i principali meccanismi di usura, e prove di laboratorio atte a riprodurre le reali condizioni di utilizzo, valutando tecniche di modificazione superficiale che fossero in grado di ridurre l’usura dei componenti. Sono state analizzate diverse tipologie di rivestimenti Thermal Spray in termini di modalità di deposizione (AFS-APS) e di leghe metalliche depositate (Ni,Mo,Cu/Al). Si sono infine caratterizzati contatti tribologici nel settore del packaging, dove l’utilizzo di acciai inox austenitici è in alcuni casi obbligatorio. L’acciaio inossidabile AISI 316L è ampiamente utilizzato in applicazioni in cui siano richieste elevate resistenze alla corrosione, tuttavia la bassa resistenza all’usura, ne limitano l’impiego in campo tribologico. In tale ambito, è stata analizzata una problematica tribologica relativa a macchine automatiche per il dosaggio di polveri farmaceutiche. Sono state studiate soluzioni alternative che hanno previsto sia la completa sostituzione dei materiali della coppia tribologica, sia l’individuazione di tecniche di modificazione superficiale innovative quali la cementazione a bassa temperatura anche seguita dalla deposizione di un rivestimento di carbonio amorfo idrogenato a-C:H

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Scopo dello studio: valutare i cambiamenti indotti da diversi trattamenti di mordenzatura sulla morfologia superficiale e sulla microstruttura di due vetro-ceramiche a base disilicato di litio (IPS e.max® Press e IPS e.max® CAD) ed esaminarne gli effetti sia sull’adesione con un cemento resinoso che sulla resistenza alla flessione. Materiali e metodi: Settanta dischetti (12 mm di diametro, 2 mm di spessore) di ogni ceramica sono stati preparati e divisi in 5 gruppi: nessun trattamento (G1), HF 5% 20s (G2), HF 5% 60s (G3), HF 9.6% 20s (G4), HF 9.6% 60s (G5). Un campione per ogni gruppo è stato analizzato mediante profilometro ottico e osservato al SEM. Per gli altri campioni è stato determinato lo shear bond strength (SBS) con un cemento resinoso. Dopo l’SBS test, i campioni sono stati caricati fino a frattura utilizzando il piston-on-three-ball test per determinarne la resistenza biassiale alla flessione. Risultati: L’analisi morfologica e microstrutturale dei campioni ha rivelato come diversi trattamenti di mordenzatura producano delle modifiche nella rugosità superficiale che non sono direttamente collegate ad un aumento dei valori di adesione e dei cambiamenti microstrutturali che sono più rilevanti con l’aumento del tempo di mordenzatura e di concentrazione dell’acido. I valori medi di adesione (MPa) per IPS e.max® CAD sono significativamente più alti in G2 e G3 (21,28 +/- 4,9 e 19,55 +/- 5,41 rispettivamente); per IPS e.max® Press, i valori più elevati sono in G3 (16,80 +/- 3,96). La resistenza biassiale alla flessione media (MPa) è più alta in IPS e.max® CAD (695 +/- 161) che in IPS e.max® Press (588 +/- 117), ma non è non influenzata dalla mordenzatura con HF. Conclusioni: il disilicato di litio va mordenzato preferibilmente con HF al 5%. La mordenzatura produce alcuni cambiamenti superficiali e microstrutturali nel materiale, ma tali cambiamenti non ne influenzano la resistenza in flessione.

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La tesi presenta delle metodologie per l'analisi e il miglioramento dei processi, con particolare riferimento all'applicazione del BPR - Business Process Reengineering all'interno di un contesto aziendale reale. L'obiettivo principale è lo sviluppo di una mappatura dei processi attuali in Tema Sinergie e l'analisi delle principali criticità evidenziate dal suddetto lavoro. Infine, si evidenzia come la progettazione e l'integrazione di un sistema CRM, per la gestione dei servizi post-vendita, possa portare notevoli benefici in termini di costi, tempi e livello di servizio fornito al cliente.

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Negli ultimi cinque anni, l’Emilia Romagna è stata interessata da 83 fenomeni temporaleschi, che hanno causato allagamenti, smottamenti e anche la perdita di vite umane a Sala Baganza l’11 giugno 2011 e a Rimini il 24 giugno 2013. Nonostante questi fenomeni siano protagonisti di eventi calamitosi, la loro previsione rimane ancora complessa poiché sono eventi localizzati, brevi e molto intesi. Il progetto di Tesi si inserisce in questo contesto e tratta due tematiche principali: la valutazione, quantitativa, della variazione di frequenza degli eventi intensi negli ultimi 18 anni (1995-2012), in relazione ad un periodo storico di riferimento, compreso tra il 1935 ed il 1989 e il confronto tra l’andamento spaziale delle precipitazioni convettive, ottenuto dalle mappe di cumulata di precipitazione oraria dei radar meteorologici e quello ottenuto mediante due tecniche di interpolazione spaziale deterministiche in funzione dei dati pluviometrici rilevati al suolo: Poligoni di Voronoi ed Inverse Distance Weighting (IDW). Si sono ottenuti risultati interessanti nella valutazione delle variazioni dei regimi di frequenza, che hanno dimostrato come questa sembrerebbe in atto per eventi di precipitazione di durata superiore a quella oraria, senza una direzione univoca di cambiamento. Inoltre, dal confronto degli andamenti spaziali delle precipitazioni, è risultato che le tecniche di interpolazione deterministiche non riescono a riprodurre la spazialità della precipitazione rappresentata dal radar meteorologico e che ogni cella temporalesca presenta un comportamento differente dalle altre, perciò non è ancora possibile individuare una curva caratteristica per i fenomeni convettivi. L’approfondimento e il proseguimento di questo ultimo studio potranno portare all’elaborazione di un modello che, applicato alle previsioni di Nowcasting, permetta di valutare le altezze di precipitazione areale, associate a delle celle convettive in formazione e stabilire la frequenza caratteristica dell’evento meteorico in atto a scala spaziale, fornendo indicazioni in tempo reale che possono essere impiegate nelle attività di Protezione Civile.

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La stima degli indici idrometrici in bacini non strumentati rappresenta un problema che la ricerca internazionale ha affrontato attraverso il cosiddetto PUB (Predictions on Ungauged Basins – IAHS, 2002-2013). Attraverso l’analisi di un’area di studio che comprende 61 bacini del Sud-Est americano, si descrivono e applicano due tecniche di stima molto diverse fra loro: il metodo regressivo ai Minimi Quadrati Generalizzati (GLS) e il Topological kriging (TK). Il primo considera una serie di fattori geomorfoclimatici relativi ai bacini oggetto di studio, e ne estrae i pesi per un modello di regressione lineare dei quantili; il secondo è un metodo di tipo geostatistico che considera il quantile come una variabile regionalizzata su supporto areale (l’area del bacino), tenendo conto della dislocazione geografica e l’eventuale struttura annidata dei bacini d’interesse. L’applicazione di questi due metodi ha riguardato una serie di quantili empirici associati ai tempi di ritorno di 10, 50, 100 e 500 anni, con lo scopo di valutare le prestazioni di un loro possibile accoppiamento, attraverso l’interpolazione via TK dei residui GLS in cross-validazione jack-knife e con differenti vicinaggi. La procedura risulta essere performante, con un indice di efficienza di Nash-Sutcliffe pari a 0,9 per tempi di ritorno bassi ma stazionario su 0,8 per gli altri valori, con un trend peggiorativo all’aumentare di TR e prestazioni pressoché invariate al variare del vicinaggio. L’applicazione ha mostrato che i risultati possono migliorare le prestazioni del metodo GLS ed essere paragonabili ai risultati del TK puro, confermando l’affidabilità del metodo geostatistico ad applicazioni idrologiche.

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La nostra ricerca si è focalizzata sul tema dell’identità di Cavezzo, risorsa preziosa che la catastrofe ha distrutto in un attimo, insieme alle vite umane e ai beni materiali. La perdita di identità comporta infatti negli abitanti la percezione di vivere la propria quotidianità in una sorta di “non luogo”. Poiché il nostro progetto non può essere in grado di risolvere il dolore umano provocato da questo evento, abbiamo agito sulla città per quella che è o che dovrebbe essere, ovvero un agglomerato di architetture, spazi pubblici e privati, capaci di restituire riconoscibilità, e dunque senso di appartenenza, ai suoi cittadini. L’obiettivo principale è stato quindi quello di dare agli abitanti un’immagine diversa ma chiara del proprio paese. L’evento del terremoto non viene infatti congelato, musealizzato o usato come pretesto per ricostruire “com’era dov’era”, ma diventa l’occasione per ripensare la città nella sua interezza e per affrontare riflessioni sulla gerarchia fra spazi collettivi e individuali, e sulla capacità di questi elementi di tenere insieme la comunità. Abbiamo deciso di chiamare la nostra tesi “Cavezzo, isola di pietra. Percorsi di identità urbana” innanzitutto perché il nostro progetto si è focalizzato su uno degli isolati urbani maggiormente sedimentati di Cavezzo, uno dei pochi luoghi radicati nella storia della città. Esso conserva il nucleo originario, nato a partire dalla chiesa di Sant’Egidio, attorno al quale si è poi sviluppato tutto l’aggregato urbano, e detiene una forte e radicata relazione con gli elementi naturali della Bassa, in quanto l’acqua del canalino che vi sorgeva è generatrice di forme e il verde instaura relazioni con la campagna limitrofa. Questi segni casuali di una natura che agisce incontrollata e plasma la forma di queste terre diventano il pretesto iniziale che dà vita a tutto il nostro progetto, sia per la sua forma, sia per la sua collocazione ed il significato che esso assume all’interno della città. Questo progetto, radicato nella storia, si snoda in diversi percorsi paralleli che vedono il susseguirsi di tre interventi che, nonostante la loro diversità, possono essere comunque letti in modo unitario. Queste tre operazioni vengono infatti tenute insieme da alcuni principi condivisi che rafforzano la leggibilità dell’intervento complessivo; in particolare una relazione rimane sempre imprescindibile per tutti: quella con la città e con le preesistenze. Tutti e tre i progetti lavorano sulla gerarchia tra spazi pubblici e privati, indagando tematiche diverse, seppur legate, come quelle della casa e del teatro.

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La sonnolenza durante la guida è un problema di notevole entità e rappresenta la causa di numerosi incidenti stradali. Rilevare i segnali che precedono la sonnolenza è molto importante in quanto, é possibile mettere in guardia i conducenti dei mezzi adottando misure correttive e prevenendo gli incidenti. Attualmente non esiste una metodica efficace in grado di misurare la sonnolenza in maniera affidabile, e che risulti di facile applicazione. La si potrebbe riconoscere da mutazioni di tipo comportamentale del soggetto come: presenza di sbadigli, chiusura degli occhi o movimenti di caduta della testa. I soggetti in stato di sonnolenza presentano dei deficit nelle loro capacità cognitive e psicomotorie. Lo stesso vale per i conducenti i quali, quando sono mentalmente affaticati non sono in grado di mantenere un elevato livello di attenzione. I tempi di reazione si allungano e la capacità decisionale si riduce. Ciò è associato a cambiamenti delle attività delta, theta e alfa di un tracciato EEG. Tramite lo studio dei segnali EEG è possibile ricavare informazioni utili sullo stato di veglia e sull'insorgenza del sonno. Come strumento di classificazione per elaborare e interpretare tali segnali, in questo studio di tesi sono state utilizzate le support vector machines(SVM). Le SVM rappresentano un insieme di metodi di apprendimento che permettono la classicazione di determinati pattern. Necessitano di un set di dati di training per creare un modello che viene testato su un diverso insieme di dati per valutarne le prestazioni. L'obiettivo è quello di classicare in modo corretto i dati di input. Una caratteristica delle SVM è una buona capacità di generalizzare indipendentemente dalla dimensione dello spazio di input. Questo le rende particolarmente adatte per l'analisi di dati biomedici come le registrazioni EEG multicanale caratterizzate da una certa ridondanza intrinseca dei dati. Nonostante sia abbastanza semplice distinguere lo stato di veglia dallo stato di sonno, i criteri per valutarne la transizione non sono ancora stati standardizzati. Sicuramente l'attività elettro-oculografica (EOG) riesce a dare informazioni utili riguardo l'insorgenza del sonno, in quanto essa è caratterizzata dalla presenza di movimenti oculari lenti rotatori (Slow Eye Movements, SEM) tipici della transizione dalla veglia alla sonno. L'attività SEM inizia prima dello stadio 1 del sonno, continua lungo tutta la durata dello stesso stadio 1, declinando progressivamente nei primi minuti dello stadio 2 del sonno fino a completa cessazione. In questo studio, per analizzare l'insorgere della sonnolenza nei conducenti di mezzi, sono state utilizzate registrazioni provenienti da un solo canale EEG e da due canali EOG. Utilizzare un solo canale EEG impedisce una definizione affidabile dell'ipnogramma da parte dei clinici. Quindi l'obiettivo che ci si propone, in primo luogo, è quello di realizzare un classificatore del sonno abbastanza affidabile, a partire da un solo canale EEG, al fine di verificare come si dispongono i SEM a cavallo dell'addormentamento. Quello che ci si aspetta è che effettivamente l'insorgere della sonnolenza sia caratterizzata da una massiccia presenza di SEM.

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Con le "Imagini degli dei degli antichi", pubblicate a Venezia nel 1556 e poi in più edizioni arricchite e illustrate, l’impegnato gentiluomo estense Vincenzo Cartari realizza il primo, fortunatissimo manuale mitografico italiano in lingua volgare, diffuso e tradotto in tutta l’Europa moderna. Cartari rimodula, secondo accenti divulgativi ma fedeli, fonti latine tradizionali: come le ricche "Genealogie deorum gentilium" di Giovanni Boccaccio, l’appena precedente "De deis gentium varia et multiplex historia" di Lilio Gregorio Giraldi, i curiosi "Fasti" ovidiani, da lui stesso commentati e tradotti. Soprattutto, però, introduce il patrimonio millenario di favole ed esegesi classiche, di aperture egiziane, mediorientali, sassoni, a una chiave di lettura inedita, agile e vitalissima: l’ecfrasi. Le divinità e i loro cortei di creature minori, aneddoti leggendari e attributi identificativi si susseguono secondo un taglio iconico e selettivo. Sfilano, in trionfi intrisi di raffinato petrarchismo neoplatonico e di emblematica picta poesis rinascimentale, soltanto gli aspetti figurabili e distintivi dei personaggi mitici: perché siano «raccontate interamente» tutte le cose attinenti alle figure antiche, «con le imagini quasi di tutti i dei, e le ragioni perché fossero così dipinti». Così, le "Imagini" incontrano il favore di lettori colti e cortigiani eleganti, di pittori e ceramisti, di poeti e artigiani. Allestiscono una sorta di «manuale d’uso» pronto all’inchiostro del poeta o al pennello dell’artista, una suggestiva raccolta di «libretti figurativi» ripresi tanto dalla maniera di Paolo Veronese o di Giorgio Vasari, quanto dal classicismo dei Carracci e di Nicolas Poussin. Si rivelano, infine, summa erudita capace di attirare appunti e revisioni: l’antiquario padovano Lorenzo Pignoria, nel 1615 e di nuovo nel 1626, vi aggiunge appendici archeologiche e comparatistiche, interessate al remoto regno dei faraoni quanto agli esotici idoli orientali e dei Nuovi Mondi.

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Il presente lavoro di tesi si propone di confrontare la risposta delle comunità bentoniche associate a una macroalga “habitat-former”, Cystoseira crinita (Duby), sottoposte a diverse intensità e frequenze di calpestio, tramite un esperimento di manipolazione in campo. Tale simulazione si è svolta in un tratto di costa rocciosa nel SIC (Sito di Importanza Comunitaria) di “Berchida-Bidderosa”, Sardegna Nord-Orientale. I risultati di questo esperimento mostrano come, in conseguenza del calpestio, si possa osservare una significativa perdita di biomassa di Cystoseira crinita. La perdita di biomassa si registra principalmente nei campioni sottoposti a calpestio con frequenze/intensità maggiori di 50 passi per unità di area. Le aree sottoposte a medio-alta frequenza/intensità di calpestio non mostrano nel breve periodo un significativo recupero della biomassa algale. Nel presente studio il confronto tra intensità e frequenze di calpestio rivela che il calpestio ripetuto in più giornate non mostra differenze significative rispetto a quello effettuato in un unica giornata. Il fattore che sembra incidere maggiormente sulla perdita di biomassa di Cystoseira crinita è dunque l’intensità di calpestio. L’analisi dei campioni meiobentonici ha rivelato una ricca comunità animale associata a Cystoseira crinita, con 29 taxa identificati. Analizzando gli effetti del calpestio si osserva come la meiofauna risenta negativamente dell’effetto del calpestio in termini di perdita di densità totale e di riduzione del numero di taxa, anche a basse intensità. I campioni meiofaunali sottoposti a medio alte intensità di calpestio non mostrano un recupero nel breve periodo. I risultati ottenuti sull’insieme dei popolamenti, in termini multivariati mostrano un evoluzione della struttura di comunità nel tempo, indicando una variazione delle relazioni di dominanza fra i taxa, che si modificano fra i diversi trattamenti e tempi. Anche nel caso delle analisi condotte sulla meiofauna non si riscontrano differenze tra intensità di calpestio e frequenze. Per valutare quanto la risposta dei popolamenti meiobentonici sia correlata alle variazioni di biomassa di Cystoseira crinita rispetto che ad un effetto diretto del calpestio, tutte le analisi sono state condotte pesando le densità dei diversi taxa in funzione della biomassa algale. Le analisi multivariate mostrano una chiara correlazione tra la biomassa algale e struttura della comunità meiobentoniche. L’effetto del calpestio riduce le abbondanze di organismi meiobentonici in maniera diretta, mentre il successivo ripopolamento dei differenti taxa è legato al recupero o meno di biomassa di Cystoseira crinita. In conclusione, i risultati di questo studio confermano che il calpestio umano sulle coste rocciose possa danneggiare una specie considerata ad alto valore ecologico, come Cystoseira crinita, producendo inoltre effetti negativi diretti ed indiretti sui popolamenti meiobentonici ad essa associati.

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In questa tesi viene presentata una ricerca di campo che si configura come esempio di un’antropologia applicata alle dinamiche lavorative all’interno di un’azienda ICT italiana. Fulcro della trattazione è la riflessione sui diversi aspetti di un’analisi antropologica del clima aziendale, condotta sulla base di una rilevazione dei processi lavorativi presso una società italiana specializzata in progetti di digital marketing. Il lavoro associato alle tecnologie di ultima generazione non è impersonale o dettato soltanto da regole esterne, ma piuttosto un lavoro dal forte carattere rituale, sociale, morale e performativo, dove soggetti, ruoli, idee, scelte e problematiche si intrecciano secondo modalità uniche ed irripetibili, rintracciabili anche attraverso l’etnografia. E’ dunque necessario dare visibilità al ruolo attivo dei lavoratori nel loro essere contemporaneamente individui e soggetti che lavorano. Partendo da una riflessione su lavoro e tecnologia all’interno di un quadro interdisciplinare che vede coinvolte - insieme all’antropologia - la sociologia, l’economia e la storia, ci si sofferma sulle potenzialità dell’antropologia del lavoro. Dopo aver ripercorso tutti i passi della ricerca di campo presso l’azienda, viene condivisa una più ampia considerazione sul ruolo dell’antropologia applicata al lavoro in contesti aziendali. Infine l’esperienza di antropologa in azienda viene posta a confronto con un’altra attività svolta dalla stessa autrice in ambito accademico nel campo dell’antropologia dell’educazione. Gli studi presi in considerazione e le esperienze concrete offrono la possibilità di affrontare il tema dell’antropologia del lavoro all’interno di una più vasta riflessione sulla necessità di sviluppare un’antropologia applicata in Italia. Essa non occupa ancora un posto rilevante nello scenario della vita pubblica, ma molti sono gli sforzi che si stanno compiendo in questa direzione. Uno sguardo positivo verso il futuro e la consapevolezza di un’antropologia che è insieme azione, impegno, partecipazione e sperimentazione etnografica concludono la tesi.

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I prioni, privi di acidi nucleici, esistono come ceppi e possono mutare, in particolare quando attraversano una barriera di specie. Numerosi studi convergono sulla conclusione che le caratteristiche ceppo-specifiche siano inscritte nella conformazione della PrPSc, con la variabilità di ceppo associata a varianti conformazionali della PrPSc. In questo studio ci siamo avvalsi del PMCA, tecnica che riproduce in vitro molti aspetti della biologia dei prioni, per mettere a punto condizioni sperimentali di replicazione che permettessero di osservare fenomeni di mutazione e selezione, onde investigare i meccanismi molecolari e di popolazione alla base della mutabilità dei prioni. In condizioni di replicazione eterologa, che mima la trasmissione tra diverse specie, è stato inizialmente possibile identificare un mutante difettivo della scrapie, caratterizzato da una diversa conformazione della PrPSc e capace di replicare in vitro ma non più in vivo. Le condizioni in cui tale mutante è emerso hanno permesso di sviluppare ulteriori ipotesi di lavoro, basate sul concetto della quasi-specie. Impartendo diversi regimi di replicazione e seguendo l’evoluzione di due ceppi, è stato possibile evidenziare fenomeni di mutazione anche in condizioni di replicazione omologa, in assenza di forti pressioni selettive. In entrambi i ceppi sono emerse varianti conformazionali di PrPSc durante passaggi replicativi ad ampia popolazione, mentre le popolazioni sottoposte a ripetuti colli di bottiglia hanno mostrato un rapido declino del tasso di replicazione. Sono stati infine investigati l’efficacia e il potenziale mutageno di molecole anti-prioniche, ottenendo importanti risultati preliminari sull’efficacia di molecole che legano la PrPC. Questi risultati evidenziano come la mutabilità sia una caratteristica intrinseca dei prioni e supportano l’idea che i prioni siano molto variabili, similmente alle quasi-specie virali, e perciò adattabili e proni a fenomeni di mutazione e selezione. Tali conclusioni hanno impatto su problematiche sanitarie quali lo studio del potenziale zoonotico e i fenomeni di farmaco-resistenza dei prioni.

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Il tema principale affrontato dalla presente ricerca è quello dell’architettura della città; attraverso lo studio dei progetti urbani redatti dall’architetto Willem Marinus Dudok per la città di Hilversum, la tesi vuole confermare l’ipotesi che la costruzione dei “luoghi urbani” collettivi è il fulcro dell’idea di architettura che porta alla costruzione della città. La ricerca si propone di studiare il contributo dato da Dudok al progetto dello sviluppo urbano della città olandese, considerando un arco temporale che va dal 1915, anno in cui l’architetto viene designato a ricoprire la carica di direttore del locale ufficio Lavori Pubblici, al 1954, anno simbolico della sua nomina a cittadino onorario di Hilversum. Il lavoro di ricerca vuole individuare quelle caratteristiche formali e tipologiche, insite nei quartieri progettati dall’architetto olandese, in grado di definire una struttura urbana capace di sostenere un ragionamento architettonico indipendente dal luogo e dal tempo, un ragionamento impostato sulla definizione della forma urbis. Non desidera certo delineare un modello, vista la consapevolezza che ogni progetto ha un proprio luogo e un proprio tempo, cerca di tratteggiare, piuttosto, uno scenario possibile per il progetto urbano, capace di assurgere ad exemplum per la costruzione della città. I progetti analizzati riguardano edifici residenziali e spazi urbani per la collettività; questi rappresentano veri e propri nuclei aggregativi per la costruzione dei complessi di alloggi popolari, dei quali definiscono la scena fissa delle vicende umane. Lo studio di questi quartieri rappresenta, pertanto, il tentativo di decodificare un “modo” di comporre la città dal quale sia possibile estrapolare temi validi e di carattere generale che permettano di formalizzare una serie di utili insegnamenti, tramite i quali poter pensare alla realizzazione della stessa, nella convinzione che “la qualità del progetto consiste nella qualità dei caratteri del tema e nel loro riconoscimento nelle forme dell’architettura”.

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Questo elaborato si propone di dare una panoramica generale delle basi della Dinamica dei Fluidi e della sua importanza nel contesto astrofisico; è strutturato in modo da fornire le nozioni fondamentali necessarie in tali campi e le essenziali informazioni sul formalismo correntemente utilizzato, per poi concludere con l'analisi del fenomeno dell'instabilità di Jeans.

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In ambiente astrofsico i principali meccanismi di produzione di energia sono associati a cariche elettriche in moto non uniforme. In generale è noto che cariche libere emettono radiazione elettromagnetica solamente se accelerate:una carica stazionaria ha campo elettrico costante e campo magnetico nullo, quindi non irradia, e lo stesso si ha per una carica in moto uniforme (difatti basta porsi nel sistema di riferimento solidale ad essa perchè si ricada nel caso precedente). In questo contesto si inserisce la radiazione di Bremsstrahlung, caratteristica dei plasmi astrofsici molto caldi e dovuta all'interazione coulombiana tra gli ioni e gli elettroni liberi del gas ionizzato. Data la piccola massa dell'elettrone, durante l'interazione lo ione non viene accelerato in maniera apprezzabile, quindi è possibile trattare il problema come quello di cariche elettriche negative decelerate dal campo coulombiano stazionario di un mare di cariche positive. Non a caso in tedesco la parola Bremsstrahlung signifca radiazione di frenamento". L'emissione di Bremsstrahlung è detta anche free-free emission poichè l'elettrone perde energia passando da uno stato non legato a un altro stato non legato. Questo processo di radiazione avviene nel continuo, su un intervallo di frequenze che va dal radio ai raggi gamma. In astrofsica è il principale meccanismo di raffreddamento per i plasmi a temperature elevate: si osserva nelle regioni HII, sottoforma di emissione radio, ma anche nelle galactic hot-coronae, nelle stelle binarie X, nei dischi di accrescimento intorno alle stelle evolute e ai buchi neri, nel gas intergalattico degli ammassi di galassie e nelle atmosfere di gas caldo in cui sono immerse le galassie ellittiche, perlopiù sottoforma di emissione X. La trattazione del fenomeno sarà estesa anche al caso relativistico che, per esempio, trova applicazione nell'emissione dei ares solari e della componente elettronica dei raggi cosmici. Infine la radiazione di Bremsstrahlung, oltre a permettere, solamente mediante misure spettroscopiche, di ricavare la temperatura e la misura di emissione di una nube di plasma, consente di effettuare una vera e propria "mappatura" del campo gravitazionale dei sistemi che hanno gas caldo.