178 resultados para Silicio


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Il fotovoltaico (FV) costituisce il modo più diretto di conversione dell’energia solare in energia elettrica e si basa sull’effetto osservato da Becquerel nel 1839. Si può affermare che tale effetto è rimasto una curiosità di laboratorio dalla metà del XIX secolo fino al 1954, quando la prima cella solare in silicio con un’efficienza di conversione del 6% fu costruita ai Laboratori Bell. Da allora la ricerca in questo settore ha sperimentato una crescita costante ed oggi si può contare su tecnologie mature, in grado di sviluppare alte prestazioni in via di ulteriore miglioramento. Le celle tandem costituiscono ora il migliore esempio di dispositivi fotovoltaici in grado di convertire buona parte della potenza irraggiata dal sole. Aumentare l’efficienza con le celle tandem significa sfruttare le differenti lunghezze d’onda dello spettro solare. Questi dispositivi sono infatti costruiti impilando semiconduttori, disponendoli dal basso in modo crescente secondo i loro valori di energia di gap. A partire dall’analisi delle caratteristiche principali della radiazione solare e del principio di funzionamento delle celle fotovoltaiche, questo lavoro si propone di mettere in evidenza le potenzialità della tecnologia a multigiunzione, che ha già dimostrato rilevanti capacità di ottimizzazione delle prestazioni delle celle solari, facendo ben sperare per il futuro.

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Questo lavoro di tesi è stato svolto nell'ambito del gruppo Nucl-ex di Bologna dell'INFN. L'esperimento specifico si inquadra nello studio di collisioni di nuclei con numero di neutroni N uguale al numero di protoni Z (nuclei pari-pari). In particolare si vuol analizzare una reazione centrale, cioè a piccoli parametri d'impatto, nella quale i nuclei del proiettile e del bersaglio fondono assieme formando un sistema unico eccitato (nucleo composto) che successivamente decade. Nel caso della misura descritta sono stati utilizzati un fascio di 16O ed un bersaglio di 12C ed il sistema fuso che si forma è 28Si. Per rivelare le particelle provenienti dal decadimento è stato impiegato l'apparato G.AR.F.I.E.L.D. (General Array for Fragment Identification and Emitted Light particles in Dissipative collisions) accoppiato al rivelatore denominato Ring Counter (RCo). La misura è stata realizzata presso i Laboratori Nazionali dell'INFN di Legnaro (Pd) in collaborazione tra le Università e le sezioni INFN di Bologna, Firenze, Napoli e Padova. Il fascio è stato accelerato mediante l'acceleratore elettrostatico Tandem XTU, mentre il bersaglio era fisso nel sistema di riferimento del laboratorio. La misura di collisione è stata realizzata per tre diverse energie cinetiche del fascio: 90.5 MeV, 110 MeV e 130 MeV. Il lavoro è consistito principalmente nella partecipazione a diverse fasi della misura, tra cui preparazione, presa dati ed alcune calibrazioni energetiche dei rivelatori, fino ad ottenere risultati preliminari sulle distribuzioni di frequenza dei frammenti rivelati, sulle molteplicità e sulle distribuzioni angolari di particelle leggere. L'analisi preliminare effettuata ha mostrato che il valore medio di carica del residuo di evaporazione {Definito come il frammento che rimane nello stato fondamentale alla fine della catena di decadimento.} diminuisce all'aumentare dell'energia a disposizione. In modo consistente aumenta, all'aumentare dell'energia, la molteplicità media delle delle particelle leggere. Le distribuzioni angolari di particelle leggere mostrano andamenti molto simili fra le diverse energie, ma poco compatibili con il fatto che, all'aumentare dell'energia del fascio, diminuisce il cono di emissione di particelle di decadimento, in quanto aumenta la velocità del sistema fuso.

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Nel presente lavoro espongo i risultati degli esperimenti svolti durante la mia internship all’Institut des NanoSciences de Paris (INSP), presso l’Università Pierre et Marie Curie (Paris VI), nel team "Phisico-Chimie et Dynamique des Surfaces", sotto la supervisione del Dott. Geoffroy Prévot. L’elaborato è stato redatto e in- tegrato sotto la guida del Dott. Pasquini, del dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna. La tesi s’inserisce nel campo di ricerca del silicene, i.e. l’allotropo bidimensionale del silicio. Il cosidetto free-standing silicene è stato predetto teoricamente nel 2009 utilizzando calcoli di Density Functional Theory, e da allora ha stimolato un’intensa ricerca per la sua realizzazione sperimentale. La sua struttura elettronica lo rende particolarmente adatto per eventuali appli- cazioni tecnologiche e sperimentali, mentre lo studio delle sue proprietà è di grande interesse per la scienza di base. Nel capitolo 1 presento innanzitutto la struttura del silicene e le proprietà previste dagli studi pubblicati nella letteratura scientifica. In seguito espongo alcuni dei risultati sperimentali ottenuti negli ultimi anni, in quanto utili per un paragone con i risultati ottenuti durante l’internship. Nel capitolo 2 presento le tecniche sperimentali che ho utilizzato per effettuare le misure. Molto tempo è stato investito per ottenere una certa dimistichezza con gli apparati in modo da svolgere gli esperimenti in maniera autonoma. Il capitolo 3 è dedicato alla discussione e analisi dei risultati delle misure, che sono presentati in relazione ad alcune considerazioni esposte nel primo capitolo. Infine le conclusioni riassumono brevemente quanto ottenuto dall’analisi dati. A partire da queste considerazioni propongo alcuni esperimenti che potrebbero ulteriormente contribuire alla ricerca del silicene. I risultati ottenuti su Ag(111) sono contenuti in un articolo accettato da Physical Review B.

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Il presente lavoro di tesi propone uno studio approfondito di proprietà morfologiche e di trasporto di carica di film sottili di SiOxNy amorfi (a-SiOxNy) e nanocristallini (nc-SiOxNy), che trovano importanti applicazioni in celle fotovoltaiche ad eterogiunzione in silicio, ad alta efficienza. Lo studio è condotto mediante caratterizzazione elettrica e morfologica attraverso tecniche di microscopia a forza atomica (AFM). Sono stati studiati campioni di a-SiOxNy cresciuti con tecnica PECVD (Plasma Enhanced Chemical Vapor Deposition), in cui è stata variata unicamente la distanza tra gli elettrodi durante la deposizione. Sono stati inoltre studiati campioni di nc-SiOxNy, cresciuti con PECVD con una differente percentuale di N2O come gas precursore e un differente tempo di annealing. In entrambi i casi si tratta di un materiale innovativo, le cui proprietà fisiche di base, nonostante le numerose applicazioni, sono ancora poco studiate. L'analisi morfologica, condotta mediante AFM e successiva analisi statistica delle immagini, ha permesso di determinare alcune proprietà morfologiche dei campioni. L’analisi statistica delle immagini è stata validata, dimostrandosi stabile e consistente per lo studio di queste strutture. Lo studio delle proprietà di trasporto è stato condotto mediante acquisizione di mappe di corrente con tecnica conductive-AFM. In questo modo si è ottenuta una mappa di conducibilità locale nanometrica, che permette di comprendere come avviene il trasporto nel materiale. L'analisi di questo materiale mediante tecniche AFM ha permesso di evidenziare che l'annealing produce nei materiali nanocristallini sia un clustering della struttura, sia un significativo aumento della conducibilità locale del materiale. Inoltre la distanza tra gli elettrodi in fase di deposizione ha un leggero effetto sulle dimensioni dei grani. È da notare inoltre che su questi campioni si sono osservate variazioni locali della conducibilità alla nanoscala. L’analisi delle proprietà dei materiali alla nanoscala ha contribuito alla comprensione più approfondita della morfologia e dei meccanismi di trasporto elettronico.

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Negli esperimenti con particelle elementari si rende spesso necessario misurarne l’impulso e discriminare il segno della carica con l’ausilio di campi magnetici. Il lavoro presentato in questa tesi si inserisce nell'attività preliminare per la realizzazione di uno spettrometro per muoni con impulso nell'intervallo 0.5-4 GeV, posto all'interno di un campo magnetico in aria. Il prototipo di tracciatore su cui sono state condotte le misure presentate in questa tesi è costituito da diversi piani di barre di scintillatore plastico accoppiate a fotomoltiplicatori al Silicio. Le misure di laboratorio sono state finalizzate a determinare la risoluzione spaziale del prototipo a partire dai segnali di muoni cosmici nelle barre di scintillatore. Dalla ricostruzione delle tracce dei muoni è stata determinata una risoluzione spaziale migliore di 2 mm, che risulta adeguata per lo spettrometro che si vuole realizzare.

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Negli ultimi decenni la materia oscura è stata oggetto di crescente interesse scientifico: dati sperimentali indicano che essa costituisce il 26.8% della massa totale dell'Universo ma le sue origini e natura rimangono ancora ignote. Essa interagisce solo gravitazionalmente in quanto priva di carica, caratteristica che ne rende molto difficile la rivelazione. Numerosi esperimenti in tutto il mondo sono alla ricerca di maggiori informazioni riguardo la natura della materia oscura tramite metodi di rivelazione indiretta e diretta; questi ultimi sono accumunati da rivelatori molto massivi per sopperire alla piccola sezione d'urto di interazione e situati in ambienti molto isolati per diminuire il rumore di fondo dovuto alla radioattività terrestre. Tra le varie ipotesi avanzate riguardo la natura della materia oscura spiccano le WIMP, Weakly Interacting Massive Particle. L'esperimento XENON, situato ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso, si occupa della rivelazione diretta di WIMP studiandone l'urto elastico con i nuclei di Xeno, presente allo stato liquido e gassoso all'interno della TPC, il rivelatore fulcro dell'esperimento. I primi risultati dell'ultima fase del progetto sono attesi per l'inizio del 2016; grazie alla massa fiduciale di circa una tonnellata di Xeno, da cui il nome XENON1T, e a migliorie atte a diminuire il rumore di fondo, quali la scelta accurata di materiali a bassa radioattività e a un sistema di veto dei muoni, si ipotizza che il rivelatore raggiungerà una sensibilità due ordini di grandezza superiore a quelle finora raggiunte. Sono in fase di ricerca soluzioni per incrementare la raccolta di luce del rivelatore, nell'ottica di diminuire l'energia di soglia di rivelazione migliorandone la sensibilità. Una delle possibili soluzioni consiste nell'affiancare i PMT già in uso con fotomoltiplicatori al Silicio SiPM. Essi dovranno essere in grado di lavorare a una temperatura di sim ~170 K ed avere una buona efficienza di rivelazione per fotoni di lunghezza d'onda di ~178 nm. Questo lavoro di tesi si colloca nell'ambito di tale progetto di ricerca e sviluppo. Lo scopo del lavoro di tesi presentato è stato la misura della variazione di guadagno e conteggi di buio dei SiPM a disposizione in funzione della temperatura

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Il grafene è un cristallo bidimensionale di atomi di carbonio, isolato per la prima volta nel 2004 da due fisici che per questo risultato vinsero il premio Nobel per la Fisica nel 2010. Il grafene possiede proprietà chimiche e fisiche superiori, quali un’elevata resistenza chimica e meccanica e un’eccellente conducibilità termica ed elettrica. Inoltre possiede altre due caratteristiche che lo rendono particolarmente promettente in diversi ambiti applicativi: leggerezza e trasparenza ottica. In questo elaborato ho descritto le attività svolte seguendo le ricerche che vengono svolte al CNR-IMM di Bologna, dove questo materiale viene prodotto tramite la tecnica di Chemical Vapor Deposition e studiato per l’integrazione in dispositivi elettronici ed elettro-meccanici innovativi. Durante la mia esperienza di laboratorio all’IMM ho seguito i procedimenti che portano al trasferimento del grafene sintetizzato su substrati catalitici di rame sui substrati finali per la successiva integrazione nella tecnologia del silicio. Nell’elaborato vengono da prima descritte la struttura cristallina ed elettronica e successivamente presentate alcune proprietà di cui gode e messe in relazione con i materiali attualmente in uso. Segue una breve trattazione bibliografica di alcune delle principali tecniche di produzione del grafene, trattando più nel dettaglio la tecnica CVD attualmente in uso per la sintesi di grafene all’interno dei laboratori del CNR-IMM di Bologna. La parte principale di questa esperienza di laboratorio è stato di seguire in prima persona le attuali ricerche del gruppo di lavoro per la messa a punto di un metodo alternativo che utilizza il ciclododecano per il trasferimento del grafene sintetizzato su rame al posto del classico strato sacrificale polimerico di PMMA. Nell’elaborato il confronto tra le due tecniche viene eseguito confrontando i risultati del trasferimento analizzando la morfologia dei campioni finali con tecniche di microscopia elettronica in scansione

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Lo scopo di questa tesi è la fabbricazione di ossidi complessi aventi struttura perovskitica, per mezzo della tecnica Channel Spark Ablation (CSA). Più precisamente sono stati depositati film sottili di manganite (LSMO), SrTiO3 (STO) e NdGaO3 (NGO). Inoltre nel laboratorio ospite è stata effettuata la caratterizzazione elettrica e dielettrica (spettroscopia di impedenza), mentre per l'analisi strutturale e chimica ci si è avvalsi di collaborazioni. Sono stati fabbricati dispositivi LSMO/STO/Co e se ne è studiato il comportamento magnetoresistivo e la bistabilità elettrica a seconda del carattere epitassiale od amorfo dell'STO. I risultati più promettenti sono stati ottenuti con STO amorfo. Sono stati costruiti diversi set di condensatori nella configurazione Metallo/Isolante/Semiconduttore (MIS), con M=Au, I=STO o NGO ed S=Nb:STO, allo scopo di indagare la dipendenza delle proprietà dielettriche ed isolanti dai parametri di crescita. In particolare ci si è concentrati sulla temperatura di deposizione e, nel caso dei film di STO, anche sulla dipendenza della costante dielettrica dallo spessore del film. Come ci si aspettava, la costante dielettrica relativa dei film di STO (65 per un film spesso 40 nm e 175 per uno di 170 nm) si è rivelata maggiore di quella dei film di NGO per i quali abbiamo ottenuto un valore di 20, che coincide con il valore del bulk. Nonostante l'elevata capacità per unità di area ottenibile con l'STO, la costante dielettrica di questo materiale risulta fortemente dipendente dallo spessore del film. Un ulteriore aspetto critico relativo all'STO è dato dal livello di ossidazione del film: le vacanze di ossigeno, infatti, possono ridurre la resistività dell'STO (nominalmente molto elevata), ed aumentarne la corrente di perdita. Al contrario l'NGO è meno sensibile ai processi tecnologici e, allo stesso tempo, ha un valore di costante dielettrica più alto rispetto ad un tipico dielettrico come l'ossido di silicio.

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La computación molecular es una disciplina que se ocupa del diseño e implementación de dispositivos para el procesamiento de información sobre un sustrato biológico, como el ácido desoxirribonucleico (ADN), el ácido ribonucleico (ARN) o las proteínas. Desde que Watson y Crick descubrieron en los años cincuenta la estructura molecular del ADN en forma de doble hélice, se desencadenaron otros descubrimientos como las enzimas que cortan el ADN o la reacción en cadena de la polimerasa (PCR), contribuyendo más que signi�cativamente a la irrupción de la tecnología del ADN recombinante. Gracias a esta tecnología y al descenso vertiginoso de los precios de secuenciación y síntesis del ADN, la computación biomolecular pudo abandonar su concepción puramente teórica. En 1994, Leonard Adleman logró resolver un problema de computación NP-completo (El Problema del Camino de Hamilton Dirigido) utilizando únicamente moléculas de ADN. La gran capacidad de procesamiento en paralelo ofrecida por las técnicas del ADN recombinante permitió a Adleman ser capaz de resolver dicho problema en tiempo polinómico, aunque a costa de un consumo exponencial de moléculas de ADN. Utilizando algoritmos similares al de �fuerza bruta� utilizado por Adleman se logró resolver otros problemas NP-completos (por ejemplo, el de Satisfacibilidad de Fórmulas Lógicas / SAT). Pronto se comprendió que la computación con biomolecular no podía competir en velocidad ni precisión con los ordenadores de silicio, por lo que su enfoque y objetivos se centraron en la resolución de problemas biológicos con aplicación biomédica, dejando de lado la resolución de problemas clásicos de computación. Desde entonces se han propuesto diversos modelos de dispositivos biomoleculares que, de forma autónoma (sin necesidad de un bio-ingeniero realizando operaciones de laboratorio), son capaces de procesar como entrada un sustrato biológico y proporcionar una salida también en formato biológico: procesadores que aprovechan la extensión de la Polimerasa, autómatas que funcionan con enzimas de restricción o con deoxiribozimas, circuitos de hibridación competitiva. Esta tesis presenta un conjunto de modelos de dispositivos de ácidos nucleicos escalables, sensibles al tiempo y energéticamente e�cientes, capaces de implementar diversas operaciones de computación lógica aprovechando el fenómeno de la hibridación competitiva del ADN. La capacidad implícita de estos dispositivos para aplicar reglas de inferencia como modus ponens, modus tollens, resolución o el silogismo hipotético tiene un gran potencial. Entre otras funciones, permiten representar implicaciones lógicas (o reglas del tipo SI/ENTONCES), como por ejemplo, �si se da el síntoma 1 y el síntoma 2, entonces estamos ante la enfermedad A�, o �si estamos ante la enfermedad B, entonces deben manifestarse los síntomas 2 y 3�. Utilizando estos módulos lógicos como bloques básicos de construcción, se pretende desarrollar sistemas in vitro basados en sensores de ADN, capaces de trabajar de manera conjunta para detectar un conjunto de síntomas de entrada y producir un diagnóstico de salida. La reciente publicación en la revista Science de un autómata biomolecular de diagnóstico, capaz de tratar las células cancerígenas sin afectar a las células sanas, es un buen ejemplo de la relevancia cientí�ca que este tipo de autómatas tienen en la actualidad. Además de las recién mencionadas aplicaciones en el diagnóstico in vitro, los modelos presentados también tienen utilidad en el diseño de biosensores inteligentes y la construcción de bases de datos con registros en formato biomolecular que faciliten el análisis genómico. El estudio sobre el estado de la cuestión en computación biomolecular que se presenta en esta tesis está basado en un artículo recientemente publicado en la revista Current Bioinformatics. Los nuevos dispositivos presentados en la tesis forman parte de una solicitud de patente de la que la UPM es titular, y han sido presentados en congresos internacionales como Unconventional Computation 2010 en Tokio o Synthetic Biology 2010 en París.

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Este Trabajo Fin de Máster surge de la necesidad de evaluar la fiabilidad de los sistemas fotovoltaicos de concentración, los cuales han sufrido una evolución importante, pasando de usarse células solares de silicio con un 26% de rendimiento, a células multiunión III-V superando el 43% de rendimiento. Las células solares multinunión, mucho más caras y complejas que las células de silicio, no podrán ser comercializadas hasta que no se demuestre que tienen una fiabilidad comparable a las células de silicio. Con el objetivo de disponer de resultados de fiabilidad en un periodo de tiempo adecuado, se utilizan ensayos acelerados. Los ensayos acelerados en células solares presentan una dificultad añadida, debido a la necesidad de que la célula solar esté funcionando y además sea caracterizada dentro de una cámara climática. Mientras que para realizar ensayos acelerados en otros dispositivos es muy sencillo hacerlos funcionar dentro de la cámara climática, en el caso de las células solares tanto el funcionamiento como la caracterización requieren de iluminación dentro de la cámara climática. Conseguir dicha iluminación es complejo como se comentará en el desarrollo de esta memoria de Trabajo Fin de Máster, así como la solución encontrada. A lo largo de esta memoria se desarrollará una primera parte teórica, comenzando con una breve descripción teórica sobre células solares, aunque el estudio de las mismas no es el objetivo de este proyecto, por lo que se continuará con teoría de fiabilidad. El objetivo de este Trabajo Fin de Máster es desarrollar un software capaz de realizar ensayos acelerados sobre células solares. El diseño del software desarrollado podría usarse para cualquier tipo de célula solar, u otro dispositivo similar como un LED o un diodo láser. El último capítulo teórico desarrollado en este proyecto es una introducción al lenguaje de programación gráfico, denominado lenguaje G, implementado con Labview, software elegido para el desarrollo del programa. Dado que estará destinado a su uso en otros proyectos, el desarrollo del sistema estará totalmente descrito y el código comentado, para que en un futuro se pueda modificar de forma sencilla. El núcleo de la memoria es el desarrollo del software aunque también se mostrará el desarrollo hardware, que ha sido desarrollado en paralelo en otro Trabajo Fin de Máster y la instalación necesaria para poder llevar a cabo los ensayos. Para finalizar la memoria, se documenta la instalación realizada, mostrando las pruebas realizadas al software y al hardware y la puesta en funcionamiento de los ensayos con sus primeros resultados.

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Los sistemas de concentración fotovoltaica (CPV) parecen ser una de las vías más prometedoras para generar electricidad a gran escala a precios competitivos. La investigación actual se centra en aumentar la eficiencia y la concentración de los sistemas para abaratar costes. Al mismo tiempo se investiga sobre la fiabilidad de los diferentes componentes que integran un sistema de concentración, ya que para que los sistemas de concentración sean competitivos es necesario que tengan una fiabilidad al menos similar a los sistemas basados en células de silicio. En la presente tesis doctoral se ha llevado a cabo el estudio de aspectos avanzados de células solares multi-unión diseñadas para trabajar a concentraciones ultra-altas. Para ello, se ha desarrollado un modelo circuital tridimensional distribuido con el que simular el comportamiento de las células solares triple-unión bajo distintas condiciones de funcionamiento, así mismo se ha realizado una caracterización avanzada de este tipo de células para comprender mejor su modo de operación y así poder contribuir a mejorar su eficiencia. Finalmente, se han llevado a cabo ensayos de vida acelerados en células multiunión comerciales para conocer la fiabilidad de este tipo de células solares. Para la simulación de células solares triple-unión se ha desarrollado en la presente tesis doctoral un modelo circuital tridimensinal distribuido el cuál integra una descripción completa de la unión túnel. De este modo, con el modelo desarrollado, hemos podido simular perfiles de luz sobre la célula solar que hacen que la densidad de corriente fotogenerada sea mayor a la densidad de corriente pico de la unión túnel. El modelo desarrollado también contempla la distribución lateral de corriente en las capas semiconductoras que componen y rodean la unión túnel. Por tanto, se ha podido simular y analizar el efecto que tiene sobre el funcionamiento de la célula solar que los concentradores ópticos produzcan perfiles de luz desuniformes, tanto en nivel de irradiancia como en el contenido espectral de la luz (aberración cromática). Con el objetivo de determinar cuáles son los mecanismos de recombinación que están limitando el funcionamiento de cada subcélula que integra una triple-unión, y así intentar reducirlos, se ha llevado a cabo la caracterización eléctrica de células solares monouni ón idénticas a las subcelulas de una triple-unión. También se ha determinado la curva corriente-tensión en oscuridad de las subcélulas de GaInP y GaAs de una célula dobleunión mediante la utilización de un teorema de reciprocidad electro-óptico. Finalmente, se ha analizado el impacto de los diferentes mecanismos de recombinación en el funcionamiento de la célula solar triple-unión en concentración. Por último, para determinar la fiabilidad de este tipo de células, se ha llevado a cabo un ensayo de vida acelerada en temperatura en células solares triple-unión comerciales. En la presente tesis doctoral se describe el diseño del ensayo, el progreso del mismo y los datos obtenidos tras el análisis de los resultados preliminares. Abstract Concentrator photovoltaic systems (CPV) seem to be one of the most promising ways to generate electricity at competitive prices. Nowadays, the research is focused on increasing the efficiency and the concentration of the systems in order to reduce costs. At the same time, another important area of research is the study of the reliability of the different components which make up a CPV system. In fact, in order for a CPV to be cost-effective, it should have a warranty at least similar to that of the systems based on Si solar cells. In the present thesis, we will study in depth the behavior of multijunction solar cells under ultra-high concentration. With this purpose in mind, a three-dimensional circuital distributed model which is able to simulate the behavior of triple-junction solar cells under different working conditions has been developed. Also, an advanced characterization of these solar cells has been carried out in order to better understand their behavior and thus contribute to improving efficiency. Finally, accelerated life tests have been carried out on commercial lattice-matched triple-junction solar cells in order to determine their reliability. In order to simulate triple-junction solar cells, a 3D circuital distributed model which integrates a full description of the tunnel junction has been developed. We have analyzed the behavior of the multijunction solar cell under light profiles which cause the current density photo-generated in the solar cell to be higher than the tunnel junction’s peak current density. The advanced model developed also takes into account the lateral current spreading through the semiconductor layers which constitute and surround the tunnel junction. Therefore, the effects of non-uniform light profiles, in both irradiance and the spectral content produced by the concentrators on the solar cell, have been simulated and analyzed. In order to determine which recombination mechanisms are limiting the behavior of each subcell in a triple-junction stack, and to try to reduce them when possible, an electrical characterization of single-junction solar cells that resemble the subcells in a triplejunction stack has been carried out. Also, the dark I-V curves of the GaInP and GaAs subcells in a dual-junction solar cell have been determined by using an electro-optical reciprocity theorem. Finally, the impact of the different recombination mechanisms on the behavior of the triple-junction solar cell under concentration has been analyzed. In order to determine the reliability of these solar cells, a temperature accelerated life test has been carried out on commercial triple-junction solar cells. In the present thesis, the design and the evolution of the test, as well as the data obtained from the analysis of the preliminary results, are presented.

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El objetivo de la presente tesis doctoral es el desarrollo de un nuevo concepto de biosensor óptico sin marcado, basado en una combinación de técnicas de caracterización óptica de interrogación vertical y estructuras sub-micrométricas fabricadas sobre chips de silicio. Las características más importantes de dicho dispositivo son su simplicidad, tanto desde el punto de vista de medida óptica como de introducción de las muestras a medir en el área sensible, aspectos que suelen ser críticos en la mayoría de sensores encontrados en la literatura. Cada uno de los aspectos relacionados con el diseño de un biosensor, que son fundamentalmente cuatro (diseño fotónico, caracterización óptica, fabricación y fluídica/inmovilización química) son desarrollados en detalle en los capítulos correspondientes. En la primera parte de la tesis se hace una introducción al concepto de biosensor, en qué consiste, qué tipos hay y cuáles son los parámetros más comunes usados para cuantificar su comportamiento. Posteriormente se realiza un análisis del estado del arte en la materia, enfocado en particular en el área de biosensores ópticos sin marcado. Se introducen también cuáles son las reacciones bioquímicas a estudiar (inmunoensayos). En la segunda parte se describe en primer lugar cuáles son las técnicas ópticas empleadas en la caracterización: Reflectometría, Elipsometría y Espectrometría; además de los motivos que han llevado a su empleo. Posteriormente se introducen diversos diseños de las denominadas "celdas optofluídicas", que son los dispositivos en los que se va a producir la interacción bioquímica. Se presentan cuatro dispositivos diferentes, y junto con ellos, se proponen diversos métodos de cálculo teórico de la respuesta óptica esperada. Posteriormente se procede al cálculo de la sensibilidad esperada para cada una de las celdas, así como al análisis de los procesos de fabricación de cada una de ellas y su comportamiento fluídico. Una vez analizados todos los aspectos críticos del comportamiento del biosensor, se puede realizar un proceso de optimización de su diseño. Esto se realiza usando un modelo de cálculo simplificado (modelo 1.5-D) que permite la obtención de parámetros como la sensibilidad y el límite de detección de un gran número de dispositivos en un tiempo relativamente reducido. Para este proceso se escogen dos de las celdas optofluídicas propuestas. En la parte final de la tesis se muestran los resultados experimentales obtenidos. En primer lugar, se caracteriza una celda basada en agujeros sub-micrométricos como sensor de índice de refracción, usando para ello diferentes líquidos orgánicos; dichos resultados experimentales presentan una buena correlación con los cálculos teóricos previos, lo que permite validar el modelo conceptual presentado. Finalmente, se realiza un inmunoensayo químico sobre otra de las celdas propuestas (pilares nanométricos de polímero SU-8). Para ello se utiliza el inmunoensayo de albumina de suero bovino (BSA) y su anticuerpo (antiBSA). Se detalla el proceso de obtención de la celda, la funcionalización de la superficie con los bioreceptores (en este caso, BSA) y el proceso de biorreconocimiento. Este proceso permite dar una primera estimación de cuál es el límite de detección esperable para este tipo de sensores en un inmunoensayo estándar. En este caso, se alcanza un valor de 2.3 ng/mL, que es competitivo comparado con otros ensayos similares encontrados en la literatura. La principal conclusión de la tesis es que esta tipología de dispositivos puede ser usada como inmunosensor, y presenta ciertas ventajas respecto a los actualmente existentes. Estas ventajas vienen asociadas, de nuevo, a su simplicidad, tanto a la hora de medir ópticamente, como dentro del proceso de introducción de los bioanalitos en el área sensora (depositando simplemente una gota sobre la micro-nano-estructura). Los cálculos teorícos realizados en los procesos de optimización sugieren a su vez que el comportamiento del sensor, medido en magnitudes como límite de detección biológico puede ser ampliamente mejorado con una mayor compactación de pilares, alcanzandose un valor mínimo de 0.59 ng/mL). The objective of this thesis is to develop a new concept of optical label-free biosensor, based on a combination of vertical interrogation optical techniques and submicron structures fabricated over silicon chips. The most important features of this device are its simplicity, both from the point of view of optical measurement and regarding to the introduction of samples to be measured in the sensing area, which are often critical aspects in the majority of sensors found in the literature. Each of the aspects related to the design of biosensors, which are basically four (photonic design, optical characterization, fabrication and fluid / chemical immobilization) are developed in detail in the relevant chapters. The first part of the thesis consists of an introduction to the concept of biosensor: which elements consists of, existing types and the most common parameters used to quantify its behavior. Subsequently, an analysis of the state of the art in this area is presented, focusing in particular in the area of label free optical biosensors. What are also introduced to study biochemical reactions (immunoassays). The second part describes firstly the optical techniques used in the characterization: reflectometry, ellipsometry and spectrometry; in addition to the reasons that have led to their use. Subsequently several examples of the so-called "optofluidic cells" are introduced, which are the devices where the biochemical interactions take place. Four different devices are presented, and their optical response is calculated by using various methods. Then is exposed the calculation of the expected sensitivity for each of the cells, and the analysis of their fabrication processes and fluidic behavior at the sub-micrometric range. After analyzing all the critical aspects of the biosensor, it can be performed a process of optimization of a particular design. This is done using a simplified calculation model (1.5-D model calculation) that allows obtaining parameters such as sensitivity and the detection limit of a large number of devices in a relatively reduced time. For this process are chosen two different optofluidic cells, from the four previously proposed. The final part of the thesis is the exposition of the obtained experimental results. Firstly, a cell based sub-micrometric holes is characterized as refractive index sensor using different organic fluids, and such experimental results show a good correlation with previous theoretical calculations, allowing to validate the conceptual model presented. Finally, an immunoassay is performed on another typology of cell (SU-8 polymer pillars). This immunoassay uses bovine serum albumin (BSA) and its antibody (antiBSA). The processes for obtaining the cell surface functionalization with the bioreceptors (in this case, BSA) and the biorecognition (antiBSA) are detailed. This immunoassay can give a first estimation of which are the expected limit of detection values for this typology of sensors in a standard immunoassay. In this case, it reaches a value of 2.3 ng/mL, which is competitive with other similar assays found in the literature. The main conclusion of the thesis is that this type of device can be used as immunosensor, and has certain advantages over the existing ones. These advantages are associated again with its simplicity, by the simpler coupling of light and in the process of introduction of bioanalytes into the sensing areas (by depositing a droplet over the micro-nano-structure). Theoretical calculations made in optimizing processes suggest that the sensor Limit of detection can be greatly improved with higher compacting of the lattice of pillars, reaching a minimum value of 0.59 ng/mL).

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El gran desarrollo industrial y demográfico de las últimas décadas ha dado lugar a un consumo crecientemente insostenible de energía y materias primas, que influye negativamente en el ambiente por la gran cantidad de contaminantes generados. Entre las emisiones tienen gran importancia los compuestos orgánicos volátiles (COV), y entre ellos los compuestos halogenados como el tricloroetileno, debido a su elevada toxicidad y resistencia a la degradación. Las tecnologías generalmente empleadas para la degradación de estos compuestos presentan inconvenientes derivados de la generación de productos tóxicos intermedios o su elevado coste. Dentro de los procesos avanzados de oxidación (Advanced Oxidation Processes AOP), la fotocatálisis resulta una técnica atractiva e innovadora de interés creciente en su aplicación para la eliminación de multitud de compuestos orgánicos e inorgánicos, y se ha revelado como una tecnología efectiva en la eliminación de compuestos orgánicos volátiles clorados como el tricloroetileno. Además, al poder aprovechar la luz solar como fuente de radiación UV permite una reducción significativa de costes energéticos y de operación. Los semiconductores más adecuados para su empleo como fotocatalizadores con aprovechamiento de la luz solar son aquellos que tienen una banda de energía comparable a la de los fotones de luz visible o, en su defecto, de luz ultravioleta A (Eg < 3,5 eV), siendo el más empleado el dióxido de titanio (TiO2). El objetivo principal de este trabajo es el estudio de polímeros orgánicos comerciales como soporte para el TiO2 en fotocatálisis heterogénea y su ensayo para la eliminación de tricloroetileno en aire. Para ello, se han evaluado sus propiedades ópticas y su resistencia a la fotodegradación, y se ha optimizado la fijación del fotocatalizador para conseguir un recubrimiento homogéneo, duradero y con elevada actividad fotocatalítica en diversas condiciones de operación. Los materiales plásticos ensayados fueron el polietileno (PE), copolímero de etil vinil acetato con distintos aditivos (EVA, EVA-H y EVA-SH), polipropileno (PP), polimetil (metacrilato) fabricado en colada y extrusión (PMMA-C y PMMA-E), policarbonato compacto y celular (PC-C y PC-Ce), polivinilo rígido y flexible (PVC-R y PVC-F), poliestireno (PS) y poliésteres (PET y PETG). En base a sus propiedades ópticas se seleccionaron el PP, PS, PMMA-C, EVA-SH y PVC-R, los cuales mostraron un valor de transmitancia superior al 80% en el entorno de la región estudiada (λ=365nm). Para la síntesis del fotocatalizador se empleó la tecnología sol-gel y la impregnación multicapa de los polímeros seleccionados por el método de dip-coating con secado intermedio a temperaturas moderadas. Con el fin de evaluar el envejecimiento de los polímeros bajo la radiación UV, y el efecto sobre éste del recubrimiento fotoactivo, se realizó un estudio en una cámara de exposición a la luz solar durante 150 días, evaluándose la resistencia química y la resistencia mecánica. Los resultados de espectroscopía infrarroja y del test de tracción tras el envejecimiento revelaron una mayor resistencia del PMMA y una degradación mayor en el PS, PVC-R y EVA SH, con una apreciable pérdida del recubrimiento en todos los polímeros. Los fotocatalizadores preparados sobre soportes sin tratamiento y con tres capas de óxido de titanio mostraron mejores resultados de actividad con PMMA-C, PET y PS, con buenos resultados de mineralización. Para conseguir una mayor y mejor fijación de la película al soporte se realizaron tratamientos químicos abrasivos con H2SO4 y NaOH y tratamientos de funcionalización superficial por tecnología de plasma a presión atmosférica (APP) y a baja presión (LPP). Con los tratamientos de plasma se consiguió una excelente mojabilidad de los soportes, que dio lugar a una distribución uniforme y más abundante del fotocatalizador, mientras que con los tratamientos químicos no se obtuvo una mejora significativa. Asimismo, se prepararon fotocatalizadores con una capa previa de dióxido de silicio con la intervención de surfactantes (PDDA-SiO2-3TiO2 y SiO2FC-3TiO2), consiguiéndose buenas propiedades de la película en todos los casos. Los mejores resultados de actividad con tratamiento LPP y tres capas de TiO2 se lograron con PMMA-C (91% de conversión a 30 ppm de TCE y caudal 200 ml·min-1) mejorando significativamente también la actividad fotocatalítica en PVC-R y PS. Sin embargo, el material más activo de todos los ensayados fue el PMMA-C con el recubrimiento SiO2FC-3TiO2, logrando el mejor grado de mineralización, del 45%, y una velocidad de 1,89 x 10-6 mol· m-2 · s-1, que dio lugar a la eliminación del 100 % del tricloroetileno en las condiciones anteriormente descritas. A modo comparativo se realizaron ensayos de actividad con otro contaminante orgánico tipo, el formaldehído, cuya degradación fotocatalítica fue también excelente (100% de conversión y 80% de mineralización con 24 ppm de HCHO en un caudal de aire seco de 200 ml·min-1). Los buenos resultados de actividad obtenidos confirman las enormes posibilidades que ofrecen los polímeros transparentes en el UV-A como soportes del dióxido de titanio para la eliminación fotocatalítica de contaminantes en aire. ABSTRACT The great industrial and demographic development of recent decades has led to an unsustainable increase of energy and raw materials consumption that negatively affects the environment due to the large amount of waste and pollutants generated. Between emissions generated organic compounds (VOCs), specially the halogenated ones such as trichloroethylene, are particularly important due to its high toxicity and resistance to degradation. The technologies generally used for the degradation of these compounds have serious inconveniences due to the generation of toxic intermediates turn creating the problem of disposal besides the high cost. Among the advanced oxidation processes (AOP), photocatalysis is an attractive and innovative technique with growing interest in its application for the removal of many organic and inorganic compounds, and has emerged as an effective technology in eliminating chlorinated organic compounds such as trichloroethylene. In addition, as it allows the use of sunlight as a source of UV radiation there is a significant reduction of energy costs and operation. Semiconductors suitable to be used as photocatalyst activated by sunlight are those having an energy band comparable to that of the visible or UV-A light (Eg <3,5 eV), being titanium dioxide (TiO2), the most widely used. The main objective of this study is the test of commercial organic polymers as supports for TiO2 to be applied in heterogeneous photocatalysis and its assay for removing trichloroethylene in air. To accomplish that, its optical properties and resistance to photooxidation have been evaluated, and different operating conditions have been tested in order to optimize the fixation of the photocatalyst to obtain a homogeneous coating, with durable and high photocatalytic activity. The plastic materials tested were: polyethylene (PE), ethyl vinyl acetace copolymers with different additives (EVA, EVA-H and EVA -SH), polypropylene (PP), poly methyl (methacrylate) manufactured by sheet moulding and extrusion (PMMA-C and PMMA-E), compact and cellular polycarbonates (PC-C PC-Ce), rigid and flexible polyvinyl chloride (PVC-R and PVC-F), polystyrene (PS) and polyesters (PET and PETG). On the basis of their optical properties PP, PS, PMMA-C, EVA-SH and PVC-R were selected, as they showed a transmittance value greater than 80% in the range of the studied region (λ = 365nm). For the synthesis of the photocatalyst sol-gel technology was employed with multilayers impregnation of the polymers selected by dip-coating, with intermediate TiO2 drying at moderate temperatures. To evaluate the polymers aging due to UV radiation, and the effect of photoactive coating thereon, a study in an sunlight exposure chamber for 150 days was performed, evaluating the chemical resistance and the mechanical strength. The results of infrared spectroscopy and tensile stress test after aging showed the PMMA is the most resistant sample, but a greater degradation in PS, PVC-R and EVA SH, with a visible loss of the coating in all the polymers tested. The photocatalysts prepared on the untreated substrates with three layers of TiO2 showed better activity results when PMMA-C, PET and PS where used. To achieve greater and better fixation of the film to the support, chemical abrasive treatments, with H2SO4 and NaOH, as well as surface functionalization treatments with atmospheric pressure plasma (APP) and low pressure plasma (LPP) technologies were performed. The plasma treatment showed the best results, with an excellent wettability of the substrates that lead to a better and uniform distribution of the photocatalyst compared to the chemical treatments tested, in which no significant improvement was obtained. Also photocatalysts were prepared with the a silicon dioxide previous layer with the help of surfactants (SiO2- 3TiO2 PDDA-and-3TiO2 SiO2FC), obtaining good properties of the film in all cases. The best activity results for LPP-treated samples with three layers of TiO2 were achieved with PMMA-C (91% conversion, in conditions of 30 ppm of TCE and 200 ml·min-1 air flow rate), with a significant improvement of the photocatalytic activity in PVC-R and PS samples too. However, among all the materials assayed, PMMA-C with SiO2FC-3TiO2 coating was the most active one, achieving the highest mineralization grade (45%) and a reaction rate of 1,89 x 10-6 mol· m-2 · s-1, with total trichloroethylene elimination in the same conditions. As a comparative assay, an activity test was also performed with another typical organic contaminant, formaldehyde, also with good results (100% conversion with 24 ppm of HCHO and 200 ml·min-1 gas flow rate). The good activity results obtained in this study confirm the great potential of organic polymers which are transparent in the UV-A as supports for titanium dioxide for photocatalytic removal of air organic pollutants.

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Con la creciente preocupación por el impacto ambiental de la industria del cemento, el uso de subproductos industriales en la fabricación del cemento y del hormigón ha cobrado gran interés en nuestros días, ya que permiten utilizar estos desechos, reduciendo en muchos casos el consumo de cemento en el hormigón; disminuyendo a su vez el consumo energético y las emisiones asociadas a su producción. El humo de sílice es un subproducto de la producción de metal silicio o ferrosilício, su uso como adición en el hormigón ha demostrado ser efectivo en hormigones de alta resistencia. Las partículas de SiO2 micro y nano, reaccionan con el hidróxido de calcio y la tasa de la reacción puzolánica es proporcional al área disponible para la reacción. Al utilizar nano-partículas, se aumenta el área, mejorando seguramente el desempeño del hormigón. Por lo tanto, resulta de utilidad estudiar el efecto de estas adiciones en el hormigón. En este trabajo se han estudiado las propiedades mecánicas y la durabilidad de varias mezclas de hormigón autocompactante de alta resistencia con adición de microsílice y nanosílice. Para este propósito se ha incorporado a la mezcla de hormigón microsílice en 3, 6 y 10% y nanosílice en 3 y 6% respectivamente, en peso de cemento. En todas las mezclas se han mantenido constantes el contenido de cemento de 450 kg/m3 , la relación a/c y la cantidad de aditivo plastificante. Se han realizado ensayos en estado fresco para obtener las características reológicas de los hormigones. Se han determinado las principales propiedades mecánicas a 28 días de edad y se han realizado ensayos de durabilidad. Los resultados de los ensayos muestran una mejora significativa en las propiedades del hormigón. Desde el punto de vista microestructural se observa una estructura porosa más refinada y densa en las mezclas que contienen adiciones, lo cual puede contribuir al mejoramiento de la resistencia y la durabilidad de los hormigones. Las nanopartículas resultaron ser mejores que el microsílice en el aumento de la resistencia.

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El objetivo de la tesis es investigar los beneficios que el atrapamiento de la luz mediante fenómenos difractivos puede suponer para las células solares de silicio cristalino y las de banda intermedia. Ambos tipos de células adolecen de una insuficiente absorción de fotones en alguna región del espectro solar. Las células solares de banda intermedia son teóricamente capaces de alcanzar eficiencias mucho mayores que los dispositivos convencionales (con una sola banda energética prohibida), pero los prototipos actuales se resienten de una absorción muy débil de los fotones con energías menores que la banda prohibida. Del mismo modo, las células solares de silicio cristalino absorben débilmente en el infrarrojo cercano debido al carácter indirecto de su banda prohibida. Se ha prestado mucha atención a este problema durante las últimas décadas, de modo que todas las células solares de silicio cristalino comerciales incorporan alguna forma de atrapamiento de luz. Por razones de economía, en la industria se persigue el uso de obleas cada vez más delgadas, con lo que el atrapamiento de la luz adquiere más importancia. Por tanto aumenta el interés en las estructuras difractivas, ya que podrían suponer una mejora sobre el estado del arte. Se comienza desarrollando un método de cálculo con el que simular células solares equipadas con redes de difracción. En este método, la red de difracción se analiza en el ámbito de la óptica física, mediante análisis riguroso con ondas acopladas (rigorous coupled wave analysis), y el sustrato de la célula solar, ópticamente grueso, se analiza en los términos de la óptica geométrica. El método se ha implementado en ordenador y se ha visto que es eficiente y da resultados en buen acuerdo con métodos diferentes descritos por otros autores. Utilizando el formalismo matricial así derivado, se calcula el límite teórico superior para el aumento de la absorción en células solares mediante el uso de redes de difracción. Este límite se compara con el llamado límite lambertiano del atrapamiento de la luz y con el límite absoluto en sustratos gruesos. Se encuentra que las redes biperiódicas (con geometría hexagonal o rectangular) pueden producir un atrapamiento mucho mejor que las redes uniperiódicas. El límite superior depende mucho del periodo de la red. Para periodos grandes, las redes son en teoría capaces de alcanzar el máximo atrapamiento, pero sólo si las eficiencias de difracción tienen una forma peculiar que parece inalcanzable con las herramientas actuales de diseño. Para periodos similares a la longitud de onda de la luz incidente, las redes de difracción pueden proporcionar atrapamiento por debajo del máximo teórico pero por encima del límite Lambertiano, sin imponer requisitos irrealizables a la forma de las eficiencias de difracción y en un margen de longitudes de onda razonablemente amplio. El método de cálculo desarrollado se usa también para diseñar y optimizar redes de difracción para el atrapamiento de la luz en células solares. La red propuesta consiste en un red hexagonal de pozos cilíndricos excavados en la cara posterior del sustrato absorbente de la célula solar. La red se encapsula en una capa dieléctrica y se cubre con un espejo posterior. Se simula esta estructura para una célula solar de silicio y para una de banda intermedia y puntos cuánticos. Numéricamente, se determinan los valores óptimos del periodo de la red y de la profundidad y las dimensiones laterales de los pozos para ambos tipos de células. Los valores se explican utilizando conceptos físicos sencillos, lo que nos permite extraer conclusiones generales que se pueden aplicar a células de otras tecnologías. Las texturas con redes de difracción se fabrican en sustratos de silicio cristalino mediante litografía por nanoimpresión y ataque con iones reactivos. De los cálculos precedentes, se conoce el periodo óptimo de la red que se toma como una constante de diseño. Los sustratos se procesan para obtener estructuras precursoras de células solares sobre las que se realizan medidas ópticas. Las medidas de reflexión en función de la longitud de onda confirman que las redes cuadradas biperiódicas consiguen mejor atrapamiento que las uniperiódicas. Las estructuras fabricadas se simulan con la herramienta de cálculo descrita en los párrafos precedentes y se obtiene un buen acuerdo entre la medida y los resultados de la simulación. Ésta revela que una fracción significativa de los fotones incidentes son absorbidos en el reflector posterior de aluminio, y por tanto desaprovechados, y que este efecto empeora por la rugosidad del espejo. Se desarrolla un método alternativo para crear la capa dieléctrica que consigue que el reflector se deposite sobre una superficie plana, encontrándose que en las muestras preparadas de esta manera la absorción parásita en el espejo es menor. La siguiente tarea descrita en la tesis es el estudio de la absorción de fotones en puntos cuánticos semiconductores. Con la aproximación de masa efectiva, se calculan los niveles de energía de los estados confinados en puntos cuánticos de InAs/GaAs. Se emplea un método de una y de cuatro bandas para el cálculo de la función de onda de electrones y huecos, respectivamente; en el último caso se utiliza un hamiltoniano empírico. La regla de oro de Fermi permite obtener la intensidad de las transiciones ópticas entre los estados confinados. Se investiga el efecto de las dimensiones del punto cuántico en los niveles de energía y la intensidad de las transiciones y se obtiene que, al disminuir la anchura del punto cuántico respecto a su valor en los prototipos actuales, se puede conseguir una transición más intensa entre el nivel intermedio fundamental y la banda de conducción. Tomando como datos de partida los niveles de energía y las intensidades de las transiciones calculados como se ha explicado, se desarrolla un modelo de equilibrio o balance detallado realista para células solares de puntos cuánticos. Con el modelo se calculan las diferentes corrientes debidas a transiciones ópticas entre los numerosos niveles intermedios y las bandas de conducción y de valencia bajo ciertas condiciones. Se distingue de modelos de equilibrio detallado previos, usados para calcular límites de eficiencia, en que se adoptan suposiciones realistas sobre la absorción de fotones para cada transición. Con este modelo se reproducen datos publicados de eficiencias cuánticas experimentales a diferentes temperaturas con un acuerdo muy bueno. Se muestra que el conocido fenómeno del escape térmico de los puntos cuánticos es de naturaleza fotónica; se debe a los fotones térmicos, que inducen transiciones entre los estados excitados que se encuentran escalonados en energía entre el estado intermedio fundamental y la banda de conducción. En el capítulo final, este modelo realista de equilibrio detallado se combina con el método de simulación de redes de difracción para predecir el efecto que tendría incorporar una red de difracción en una célula solar de banda intermedia y puntos cuánticos. Se ha de optimizar cuidadosamente el periodo de la red para equilibrar el aumento de las diferentes transiciones intermedias, que tienen lugar en serie. Debido a que la absorción en los puntos cuánticos es extremadamente débil, se deduce que el atrapamiento de la luz, por sí solo, no es suficiente para conseguir corrientes apreciables a partir de fotones con energía menor que la banda prohibida en las células con puntos cuánticos. Se requiere una combinación del atrapamiento de la luz con un incremento de la densidad de puntos cuánticos. En el límite radiativo y sin atrapamiento de la luz, se necesitaría que el número de puntos cuánticos de una célula solar se multiplicara por 1000 para superar la eficiencia de una célula de referencia con una sola banda prohibida. En cambio, una célula con red de difracción precisaría un incremento del número de puntos en un factor 10 a 100, dependiendo del nivel de la absorción parásita en el reflector posterior. Abstract The purpose of this thesis is to investigate the benefits that diffractive light trapping can offer to quantum dot intermediate band solar cells and crystalline silicon solar cells. Both solar cell technologies suffer from incomplete photon absorption in some part of the solar spectrum. Quantum dot intermediate band solar cells are theoretically capable of achieving much higher efficiencies than conventional single-gap devices. Present prototypes suffer from extremely weak absorption of subbandgap photons in the quantum dots. This problem has received little attention so far, yet it is a serious barrier to the technology approaching its theoretical efficiency limit. Crystalline silicon solar cells absorb weakly in the near infrared due to their indirect bandgap. This problem has received much attention over recent decades, and all commercial crystalline silicon solar cells employ some form of light trapping. With the industry moving toward thinner and thinner wafers, light trapping is becoming of greater importance and diffractive structures may offer an improvement over the state-of-the-art. We begin by constructing a computational method with which to simulate solar cells equipped with diffraction grating textures. The method employs a wave-optical treatment of the diffraction grating, via rigorous coupled wave analysis, with a geometric-optical treatment of the thick solar cell bulk. These are combined using a steady-state matrix formalism. The method has been implemented computationally, and is found to be efficient and to give results in good agreement with alternative methods from other authors. The theoretical upper limit to absorption enhancement in solar cells using diffractions gratings is calculated using the matrix formalism derived in the previous task. This limit is compared to the so-called Lambertian limit for light trapping with isotropic scatterers, and to the absolute upper limit to light trapping in bulk absorbers. It is found that bi-periodic gratings (square or hexagonal geometry) are capable of offering much better light trapping than uni-periodic line gratings. The upper limit depends strongly on the grating period. For large periods, diffraction gratings are theoretically able to offer light trapping at the absolute upper limit, but only if the scattering efficiencies have a particular form, which is deemed to be beyond present design capabilities. For periods similar to the incident wavelength, diffraction gratings can offer light trapping below the absolute limit but above the Lambertian limit without placing unrealistic demands on the exact form of the scattering efficiencies. This is possible for a reasonably broad wavelength range. The computational method is used to design and optimise diffraction gratings for light trapping in solar cells. The proposed diffraction grating consists of a hexagonal lattice of cylindrical wells etched into the rear of the bulk solar cell absorber. This is encapsulated in a dielectric buffer layer, and capped with a rear reflector. Simulations are made of this grating profile applied to a crystalline silicon solar cell and to a quantum dot intermediate band solar cell. The grating period, well depth, and lateral well dimensions are optimised numerically for both solar cell types. This yields the optimum parameters to be used in fabrication of grating equipped solar cells. The optimum parameters are explained using simple physical concepts, allowing us to make more general statements that can be applied to other solar cell technologies. Diffraction grating textures are fabricated on crystalline silicon substrates using nano-imprint lithography and reactive ion etching. The optimum grating period from the previous task has been used as a design parameter. The substrates have been processed into solar cell precursors for optical measurements. Reflection spectroscopy measurements confirm that bi-periodic square gratings offer better absorption enhancement than uni-periodic line gratings. The fabricated structures have been simulated with the previously developed computation tool, with good agreement between measurement and simulation results. The simulations reveal that a significant amount of the incident photons are absorbed parasitically in the rear reflector, and that this is exacerbated by the non-planarity of the rear reflector. An alternative method of depositing the dielectric buffer layer was developed, which leaves a planar surface onto which the reflector is deposited. It was found that samples prepared in this way suffered less from parasitic reflector absorption. The next task described in the thesis is the study of photon absorption in semiconductor quantum dots. The bound-state energy levels of in InAs/GaAs quantum dots is calculated using the effective mass approximation. A one- and four- band method is applied to the calculation of electron and hole wavefunctions respectively, with an empirical Hamiltonian being employed in the latter case. The strength of optical transitions between the bound states is calculated using the Fermi golden rule. The effect of the quantum dot dimensions on the energy levels and transition strengths is investigated. It is found that a strong direct transition between the ground intermediate state and the conduction band can be promoted by decreasing the quantum dot width from its value in present prototypes. This has the added benefit of reducing the ladder of excited states between the ground state and the conduction band, which may help to reduce thermal escape of electrons from quantum dots: an undesirable phenomenon from the point of view of the open circuit voltage of an intermediate band solar cell. A realistic detailed balance model is developed for quantum dot solar cells, which uses as input the energy levels and transition strengths calculated in the previous task. The model calculates the transition currents between the many intermediate levels and the valence and conduction bands under a given set of conditions. It is distinct from previous idealised detailed balance models, which are used to calculate limiting efficiencies, since it makes realistic assumptions about photon absorption by each transition. The model is used to reproduce published experimental quantum efficiency results at different temperatures, with quite good agreement. The much-studied phenomenon of thermal escape from quantum dots is found to be photonic; it is due to thermal photons, which induce transitions between the ladder of excited states between the ground intermediate state and the conduction band. In the final chapter, the realistic detailed balance model is combined with the diffraction grating simulation method to predict the effect of incorporating a diffraction grating into a quantum dot intermediate band solar cell. Careful optimisation of the grating period is made to balance the enhancement given to the different intermediate transitions, which occur in series. Due to the extremely weak absorption in the quantum dots, it is found that light trapping alone is not sufficient to achieve high subbandgap currents in quantum dot solar cells. Instead, a combination of light trapping and increased quantum dot density is required. Within the radiative limit, a quantum dot solar cell with no light trapping requires a 1000 fold increase in the number of quantum dots to supersede the efficiency of a single-gap reference cell. A quantum dot solar cell equipped with a diffraction grating requires between a 10 and 100 fold increase in the number of quantum dots, depending on the level of parasitic absorption in the rear reflector.