270 resultados para Pannelli solari fotovoltaici facciate ventilate


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[ES] El presente estudio aborda la pesquería de nasas con base en el Puerto de Mogán (isla de Gran Canaria, años 1989-99) con la finalidad de formalizar las bases de un marco conceptual para el control y la gestión integral y multiespecífica de la misma. Los autores usan datos inéditos de la pesca con nasas, introducen el concepto de especie indicadora en dinámica de poblaciones de peces explotados. Se infiere que las especies indicadoras pueden utilizarse, individualmente o en conjunto, para evaluar la evolución temporal del sistema pesquero a corto y medio plazo.

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Modellazione di pannelli in muratura mediante schemi semplificati; simulazioni numeriche relative a pannelli rinforzati tramite FRP

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L'oggetto della seguente tesi riguarda la valutazione di impatto ambientale del ciclo di vita di un concentratore solare, mediante l'applicazione della metodologia LCA – Life Cycle Assessment. Il lavoro di tesi presenta una breve introduzione su tematiche ambientali e sociali, quali lo Sviluppo sostenibile e le energie rinnovabili, che conducono verso l'importanza della misurazione del così detto impatto ambientale, e soprattutto dell'aspetto fondamentale di una valutazione di questo tipo, vale a dire l'analisi dell'intero ciclo di vita legato ad un prodotto. Nella tesi viene presentata inizialmente la metodologia utilizzata per la valutazione, la Life Cycle Assessment, descrivendone le caratteristiche, le potenzialità, la normalizzazione in base a regolamenti internazionali ed analizzando una ad una le 4 fasi principali che la caratterizzano: Definizione dell'obiettivo e del campo di applicazione, Analisi di inventario, Valutazione degli impatti e Interpretazione dei risultati. Il secondo capitolo presenta una descrizione dettagliata dello strumento applicativo utilizzato per l'analisi, il SimaPro nella versione 7.1, descrivendone le caratteristiche principali, l'interfaccia utente, le modalità di inserimento dei dati, le varie rappresentazioni possibili dei risultati ottenuti. Sono descritti inoltre i principali database di cui è fornito il software, che contengono una moltitudine di dati necessari per l'analisi di inventario, ed i così detti metodi utilizzati per la valutazione, che vengono adoperati per “focalizzare” la valutazione su determinate categorie di impatto ambientale. Il terzo capitolo fornisce una descrizione dell'impianto oggetto della valutazione, il CHEAPSE, un concentratore solare ad inseguimento per la produzione di energia elettrica e termica. La descrizione viene focalizzata sui componenti valutati per questa analisi, che sono la Base e la struttura di sostegno, il Pannello parabolico in materiale plastico per convogliare i raggi solari ed il Fuoco composto da celle fotovoltaiche. Dopo aver analizzato i materiali ed i processi di lavorazione necessari, vengono descritte le caratteristiche tecniche, le possibili applicazioni ed i vantaggi del sistema. Il quarto ed ultimo capitolo riguarda la descrizione dell'analisi LCA applicata al concentratore solare. In base alle varie fasi dell'analisi, vengono descritti i vari passaggi effettuati, dalla valutazione e studio del progetto al reperimento ed inserimento dei dati, passando per la costruzione del modello rappresentativo all'interno del software. Vengono presentati i risultati ottenuti, sia quelli relativi alla valutazione di impatto ambientale dell'assemblaggio del concentratore e del suo intero ciclo di vita, considerando anche lo scenario di fine vita, sia i risultati relativi ad analisi comparative per valutare, dal punto di vista ambientale, modifiche progettuali e processuali. Per esempio, sono state comparate due modalità di assemblaggio, tramite saldatura e tramite bulloni, con una preferenza dal punto di vista ambientale per la seconda ipotesi, ed è stato confrontato l'impatto relativo all'utilizzo di celle in silicio policristallino e celle in silicio monocristallino, la cui conclusione è stata che l'impatto delle celle in silicio policristallino risulta essere minore. Queste analisi comparative sono state possibili grazie alle caratteristiche di adattabilità del modello realizzato in SimaPro, ottenute sfruttando le potenzialità del software, come l'utilizzo di dati “parametrizzati”, che ha permesso la creazione di un modello intuitivo e flessibile che può essere facilmente adoperato, per ottenere valutazioni su scenari differenti, anche da analisti “alle prime armi”.

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VILLA “CAPELLO - MORA”: PROGETTO DI RESTAURO E RIFUNZIONALIZZAZIONE Il restauro è da intendere come un intervento diretto sull’opera, e anche come sua eventuale modifica, condotta sempre sotto un rigoroso controllo tecnico-scientifico e storico-critico, se parliamo di conservazione, intendiamo l’operare in un intento di salvaguardia e di prevenzione, da attuare proprio per evitare che si debba poi intervenire con il restauro, che comprende un evento traumatico per il manufatto. Un seconda parola chiave in questo discorso è la “materia” il restauro interviene sulla materia di un monumento e questa costituisce il tramite dei valori culturali antichi, la sua conservazione e il suo restauro garantisce la trasmissione anche dei significati estetici, storici simbolici del costruito. Ma certamente influisce il tempo sulle cose per cui il progetto di restauro non può astenersi dall’intervenire, in una logica di minimo intervento, di reversibilità, di facile lettura. Il concetto di nuovo in un opera antica, concetto che a parere personale, pare centrare in pieno il problema. Il nuovo infatti “deve avere carattere di autonomia e di chiara leggibilità: come l’<> di Boito deve essere inequivocabilmente opera nuova, come prodotto figurativo e materiale autonomo, chiara ed inequivocabile espressione <>”. Ne deriva riassumendo che oggi l’obbiettivo deve essere quello di conservare da un lato senza non sotrarre altra materia alla fabbrica e di valorizzare, ossia aggiungere, nuove “presenze” di cultura contemporanea. Per questo si parlerà di progetto di restauro e rifunzionalizzazione. La fabbrica ha subito nel corso dell’ultimo decennio una serie di “rovinose” manomissioni, che a differenza di quelle operate in tempi più antichi (coincidenti con esigenze funzionali corrispondenti alla logica dell’adattare) appaiano ben più gravi, e contribuiscono a peggiorare la lettura del fabbricato. Il Veneto e soprattutto la zona intorno a Bassano del Grappa presenta una infinità di dimore padronali casini di caccia, resti di antiche residenze (colombare, oratori, ecc.) risalenti al periodo di maggior fioritura della residenza di “Villa” della Serenissima. Nel caso specifico di studio , quindi della rifunzionalizzazione dell’edificio, la domanda sorge spontanea; Come ristabilire un senso a questi spazi? E nell’ipotesi di poter realmente intervenire che cosa farne di questi oggetti?. E ultimo ma non ultimo in che modo poter ristabilire un “dialogo” con l’edificio in una lettura corretta del suo significato non solo per quel che riguarda la materia ma anche per ciò che ci trasmette nel “viverlo”, nell’usufruirne nel fatto stesso di poterlo vedere, passandoci davanti. tà. Lidea si forma prima ancora da un esigenza del territorio, il comune di Cassola dove ha sede la Villa,pur avendo un discreto numero di abitanti e collocandosi in posizione nevralgica in quanto molto vicino al centro diBasssano (ne è quasi la promulgazione), non possiede uno spazio espositivo /rappresentativo, un edificio a carattere pubblico, sede di “eventi” culturali locali e non. Villa Capello –Mora, potrebbe rispondere bene a questo tipo di utilizzo. Si è deciso di pensare ad un luogo a carattere espositivo che possa funzionare durante tutto l’anno e nei periodi etsivi includa anche il giardino esterno. Il progetto muove da due principi il principio di “reversibilità” e quello del “minimo intervento” sottolinenando volutamente che siano gli ogetti esposti e lo spazio dei locali a fare da protagonisti, Punti chiave nell’interpretazione degli spazi sono stati i percorsi, la “narrazione” degli oggetti esposti avviene per momenti e viene rimarcata nell’allestimento tramite i materiali i colori e le superfici espositive, perché nel momento in cui visito una mostra o un museo, è come se stessi vivendo la narrazione di un qualcosa, oggetto semplice od opera complessa che sia inteso nell’ambito museale-espositivo esso assume una capacità di trasmissione maggiore rispetto a qundo lo stesso ogetto si trova in un contesto differente, la luce e la sua disposizione nello spazio, fanno sì che il racconto sia narrato, bene o male, ancora più importante è lo sfondo su cui si staglia l’opera, che può essere chiuso, come una serie di scatole dentro la scatola (edificio) oppure aperto, con singole e indipendenti pannellature dove l’edificio riveste il carattere proprio di sfondo. Scelta la seconda delle due ipotesi, si è voluto rimarcare nella composizione degli interni i momenti della narrazione, così ad esempio accedendo dall’ingresso secondario (lato nord-ovest) al quale si è dato l’ingresso alla mostra, -superata la prima Hall- si viene, catapultati in uno spazio porticato in origine aperto e che prevediamo chiuso da una vetrata continua, portata a debita distanza dal colonnato. Questo spazio diventa la prima pagina del testo, una prima pagina bianca, uno spazio libero, di esposizione e non di relax e di presentazione dell’evento, uno spazio distributivo non votato solo a questo scopo, ma passibile di trasformazione. A rimarcare il percorso una pavimentazione in cemento lisciato, che invita l’accesso alle due sale espositive a sinista e a destra dell’edificio. Nell’ala a sinistra (rispetto al nord) si apre la stanza con camino seicentesco forse un tempo ad uso cucina? Sala che ospita dei pannelli a sospesi a muro e delle teche espositive appese a soffitto. L’ala di destra, diametralmente opposta, l’unica che al piano terra mantiene la pavimentazione originale, stabiliva il vero atrio d’entrata, nel XVII sec. riconoscibile da quattro colonne tuscaniche centrali a reggere un solaio ligneo, in questa stanza il percorso segnato a terra torna nella disposizione dei pannelli espositivi che si dispongono in un a formare un vero corridoio, tra uno e l’atro di questi pannelli degli spazi sufficienti a intravedere le colonne centrali, i due lati dello stretto percorso non sono paralleli e aprono in senso opposto a due restanti spazi dell’intero salone, La sala suddivisa così in queste tre parti - una di percorrenza due di esposizione - , risulta modificata nella lettura che ne annulla l’originale funzione. Questa nuova “forma”, non vuole essere permanente infatti i pannelli non sono fissi. la narrazione avviene così per momenti, per parti, , che non devono necessariamente far comprendere il “tutto”, ma suggerirlo. Così come per il percorso che non è obbligato ma suggerito. A terminare il piano altre due sale di minore dimensione e di modesto carattere, nelle quali sono presenti pannellature a parete come nella prima sala. L’allestimento prosegue al piano primo a cui si accede tramite due rampe, trattate nel progetto difformemente, in base al loro stato e al loro significato, la rampa più recente (XIX sec) rompe lo spazio al piano nobile stravolgendo l’ingresso a questo salone, che originariamente avveniva salendo dalla scala principale e oltrepassando un disimpegno. La scala ottocentesca introduce direttamente all’ambiente che ora risulta liberato dalle superfetazioni dello scorso secolo, mostrandosi come era stato previsto in origine. Questa rottura dello spazio viene marcata nel progetto da un volume che “imprigiona” la rampa e segna l’inizio della sala espositiva, la sala delle architetture. Al centro della sala in un gioco di pieni e vuoti i pannelli, espositivi, distaccati di poco gli uni dagli altri questa volta non a incorniciare delle colonne ma a richiamo delle pitture murali che raffiguranti una loggia alludono ad una lettura per “parti” e scandiscono lo spazio in una “processione” di eventi. A seguito del “gioco” sono presenti in senso ortogonale ai pannelli sopradescritti ulteriori pannellature appese ad una struttura metallica indipendente dalle capriate lignee. Tale struttura assume ad una duplice funzione, funge sia da irrigidimento della struttura (edificio) che da supporto alla pannellatura, ad essa infatti è collegata una fune, che entrerà in tensione, quando il pannello verrà ad appendersi. Infine questa fune passante da due puleggie permetterà al pannello di traslare da un lato all’altro dell’edificio, bloccandosi nella posizione desiderata tramite freno interno, azionato manualmente.

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Il progetto di percorso urbano ‘S’intende per restauro qualsiasi intervento volto a conservare e a trasmettere al futuro, facilitandone la lettura e senza cancellarne le tracce del passaggio nel tempo, le opere d’interesse storico, artistico e ambientale; esso si fonda sul rispetto della sostanza antica e delle documentazioni autentiche costituite da tali opere, proponendosi, inoltre, come atto d’interpretazione critica non verbale ma espressa nel concreto operare’ (G.Carbonara) Celate all’interno di edifici privati, ritrovate quasi sempre fortuitamente, ai più sconosciute, le pitture murali del Trecento riminese necessitano un processo di valorizzazione. Si tratta di portarle alla luce una seconda volta creando un percorso di riscoperta di queste opere nascoste, di cui raramente si è più sentito parlare dopo il clamore sollevato dalla mostra del 1935 organizzata da Brandi. Si parla quindi di un percorso conoscitivo. Un percorso urbano che tocchi i luoghi dove queste sono ancora conservate: l’antica chiesa di San Michelino in foro (oggi divisa tra più proprietari privati), la chiesa di Sant’Agostino, la cappella del campanile della chiesa di Santa Maria in Corte, la cappella del Crocifisso in San Nicolò al porto. Le chiese costituiranno le tappe di un percorso che si articolerà attraverso le strade medievali della città. Si verrà a creare quindi un percorso non solo alla scoperta delle pitture murali del XIII e XIV secolo, ma alla scoperta della Rimini del Trecento, delle sue vie, del suo sviluppo urbano. Si affronterà il problema del restauro delle pitture murali, ma sempre preoccupandosi della buona conservazione e del mantenimento del monumento nel suo insieme. Pittura murale e architettura sono, come sostiene Philippot, inscindibili: trattando una pittura murale, il restauratore tratta sempre e solo una parte di un insieme più vasto, che costituisce il tutto al quale egli si dovrà riferire, tanto dal punto di vista estetico e storico, quanto dal punto di vista tecnico . Per ogni chiesa si prevederà quindi, oltre al progetto di restauro della pittura, anche un progetto di fruizione dello spazio architettonico e di riconfigurazione dello stesso, quando necessario, ragionando caso per caso. Si è deciso di porre come origine del percorso l’antica chiesa di San Michelino. La motivazione di questa scelta risiede nel fatto che in questo edificio si è individuato il luogo adatto ad ospitare uno spazio espositivo dove raccontare la Rimini del Trecento. Uno spazio espositivo al servizio della città, con la progettazione del quale si cercherà di restituire unità agli ambienti dell’antica chiesa, oggi così frazionati tra troppi proprietari. Da San Michelino si continuerà verso la chiesa di Sant’Agostino, dove si trovano affreschi del Trecento riminese già molto noti e studiati. Ciò che si rende necessario in questo caso è la riconfigurazione architettonica e spaziale degli affreschi della parte bassa della cappella del campanile, staccati e trasferiti su pannelli negli anni ’70, oltre alla previsione di un sistema di monitoraggio degli affreschi stessi. La terza tappa del percorso sarà la chiesa di Santa Maria in Corte. Il ciclo di affreschi si trova all’interno della cappella del campanile, oggi chiusa al pubblico ed esclusa dallo spazio della chiesa dopo gli interventi barocchi. Abbiamo quindi pensato di proporre una soluzione che permetta una più agevole fruizione della cappella, progettando un’illuminazione e un percorso d’accesso adeguati. Più complesso è il caso di San Nicolò al porto, individuata come ultima tappa del percorso. Si tratta in questo caso della riconfigurazione di un intero isolato, che nel tempo ha perso totalmente il suo significato urbano riducendosi ad una sorta di spartitraffico. Qui si rendeva necessaria inoltre la progettazione di una nuova chiesa, presentando quella attuale seri problemi statici.

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Il progetto di percorso urbano ‘S’intende per restauro qualsiasi intervento volto a conservare e a trasmettere al futuro, facilitandone la lettura e senza cancellarne le tracce del passaggio nel tempo, le opere d’interesse storico, artistico e ambientale; esso si fonda sul rispetto della sostanza antica e delle documentazioni autentiche costituite da tali opere, proponendosi, inoltre, come atto d’interpretazione critica non verbale ma espressa nel concreto operare’ (G.Carbonara) Celate all’interno di edifici privati, ritrovate quasi sempre fortuitamente, ai più sconosciute, le pitture murali del Trecento riminese necessitano un processo di valorizzazione. Si tratta di portarle alla luce una seconda volta creando un percorso di riscoperta di queste opere nascoste, di cui raramente si è più sentito parlare dopo il clamore sollevato dalla mostra del 1935 organizzata da Brandi. Si parla quindi di un percorso conoscitivo. Un percorso urbano che tocchi i luoghi dove queste sono ancora conservate: l’antica chiesa di San Michelino in foro (oggi divisa tra più proprietari privati), la chiesa di Sant’Agostino, la cappella del campanile della chiesa di Santa Maria in Corte, la cappella del Crocifisso in San Nicolò al porto. Le chiese costituiranno le tappe di un percorso che si articolerà attraverso le strade medievali della città. Si verrà a creare quindi un percorso non solo alla scoperta delle pitture murali del XIII e XIV secolo, ma alla scoperta della Rimini del Trecento, delle sue vie, del suo sviluppo urbano. Si affronterà il problema del restauro delle pitture murali, ma sempre preoccupandosi della buona conservazione e del mantenimento del monumento nel suo insieme. Pittura murale e architettura sono, come sostiene Philippot, inscindibili: trattando una pittura murale, il restauratore tratta sempre e solo una parte di un insieme più vasto, che costituisce il tutto al quale egli si dovrà riferire, tanto dal punto di vista estetico e storico, quanto dal punto di vista tecnico . Per ogni chiesa si prevederà quindi, oltre al progetto di restauro della pittura, anche un progetto di fruizione dello spazio architettonico e di riconfigurazione dello stesso, quando necessario, ragionando caso per caso. Si è deciso di porre come origine del percorso l’antica chiesa di San Michelino. La motivazione di questa scelta risiede nel fatto che in questo edificio si è individuato il luogo adatto ad ospitare uno spazio espositivo dove raccontare la Rimini del Trecento. Uno spazio espositivo al servizio della città, con la progettazione del quale si cercherà di restituire unità agli ambienti dell’antica chiesa, oggi così frazionati tra troppi proprietari. Da San Michelino si continuerà verso la chiesa di Sant’Agostino, dove si trovano affreschi del Trecento riminese già molto noti e studiati. Ciò che si rende necessario in questo caso è la riconfigurazione architettonica e spaziale degli affreschi della parte bassa della cappella del campanile, staccati e trasferiti su pannelli negli anni ’70, oltre alla previsione di un sistema di monitoraggio degli affreschi stessi. La terza tappa del percorso sarà la chiesa di Santa Maria in Corte. Il ciclo di affreschi si trova all’interno della cappella del campanile, oggi chiusa al pubblico ed esclusa dallo spazio della chiesa dopo gli interventi barocchi. Abbiamo quindi pensato di proporre una soluzione che permetta una più agevole fruizione della cappella, progettando un’illuminazione e un percorso d’accesso adeguati. Più complesso è il caso di San Nicolò al porto, individuata come ultima tappa del percorso. Si tratta in questo caso della riconfigurazione di un intero isolato, che nel tempo ha perso totalmente il suo significato urbano riducendosi ad una sorta di spartitraffico. Qui si rendeva necessaria inoltre la progettazione di una nuova chiesa, presentando quella attuale seri problemi statici.

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