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In Brazil, the principal source of air pollution is the combustion of fuels (ethanol, gasohol, and diesel). In this study, we quantify the contributions that vehicle emissions make to the urban fine particulate matter (PM2.5) mass in six state capitals in Brazil, collecting data for use in a larger project evaluating the impact of air pollution on human health. From winter 2007 to winter 2008, we collected 24-h PM2.5 samples, employing gravimetry to determine PM2.5 mass concentrations; reflectance to quantify black carbon concentrations; X-ray fluorescence to characterize elemental composition; and ion chromatography to determine the composition and concentrations of anions and cations. Mean PM2.5 concentrations in the cities of Sao Paulo, Rio de Janeiro, Belo Horizonte, Curitiba, Porto Alegre, and Recife were 28, 17.2, 14.7, 14.4, 13.4, and 7.3 mu g/m(3), respectively. In Sao Paulo and Rio de Janeiro, black carbon explained approximately 30% of the PM2.5 mass. We used receptor models to identify distinct source-related PM2.5 fractions and correlate those fractions with daily mortality rates. Using specific rotation factor analysis, we identified the following principal contributing factors: soil and crustal material; vehicle emissions and biomass burning (black carbon factor); and fuel oil combustion in industries (sulfur factor). In all six cities, vehicle emissions explained at least 40% of the PM2.5 mass. Elemental composition determination with receptor modeling proved an adequate strategy to identify air pollution sources and to evaluate their short- and long-term effects on human health. Our data could inform decisions regarding environmental policies vis-a-vis health care costs.
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Se il lavoro dello storico è capire il passato come è stato compreso dalla gente che lo ha vissuto, allora forse non è azzardato pensare che sia anche necessario comunicare i risultati delle ricerche con strumenti propri che appartengono a un'epoca e che influenzano la mentalità di chi in quell'epoca vive. Emergenti tecnologie, specialmente nell’area della multimedialità come la realtà virtuale, permettono agli storici di comunicare l’esperienza del passato in più sensi. In che modo la storia collabora con le tecnologie informatiche soffermandosi sulla possibilità di fare ricostruzioni storiche virtuali, con relativi esempi e recensioni? Quello che maggiormente preoccupa gli storici è se una ricostruzione di un fatto passato vissuto attraverso la sua ricreazione in pixels sia un metodo di conoscenza della storia che possa essere considerato valido. Ovvero l'emozione che la navigazione in una realtà 3D può suscitare, è un mezzo in grado di trasmettere conoscenza? O forse l'idea che abbiamo del passato e del suo studio viene sottilmente cambiato nel momento in cui lo si divulga attraverso la grafica 3D? Da tempo però la disciplina ha cominciato a fare i conti con questa situazione, costretta soprattutto dall'invasività di questo tipo di media, dalla spettacolarizzazione del passato e da una divulgazione del passato parziale e antiscientifica. In un mondo post letterario bisogna cominciare a pensare che la cultura visuale nella quale siamo immersi sta cambiando il nostro rapporto con il passato: non per questo le conoscenze maturate fino ad oggi sono false, ma è necessario riconoscere che esiste più di una verità storica, a volte scritta a volte visuale. Il computer è diventato una piattaforma onnipresente per la rappresentazione e diffusione dell’informazione. I metodi di interazione e rappresentazione stanno evolvendo di continuo. Ed è su questi due binari che è si muove l’offerta delle tecnologie informatiche al servizio della storia. Lo scopo di questa tesi è proprio quello di esplorare, attraverso l’utilizzo e la sperimentazione di diversi strumenti e tecnologie informatiche, come si può raccontare efficacemente il passato attraverso oggetti tridimensionali e gli ambienti virtuali, e come, nel loro essere elementi caratterizzanti di comunicazione, in che modo possono collaborare, in questo caso particolare, con la disciplina storica. La presente ricerca ricostruisce alcune linee di storia delle principali fabbriche attive a Torino durante la seconda guerra mondiale, ricordando stretta relazione che esiste tra strutture ed individui e in questa città in particolare tra fabbrica e movimento operaio, è inevitabile addentrarsi nelle vicende del movimento operaio torinese che nel periodo della lotta di Liberazione in città fu un soggetto politico e sociale di primo rilievo. Nella città, intesa come entità biologica coinvolta nella guerra, la fabbrica (o le fabbriche) diventa il nucleo concettuale attraverso il quale leggere la città: sono le fabbriche gli obiettivi principali dei bombardamenti ed è nelle fabbriche che si combatte una guerra di liberazione tra classe operaia e autorità, di fabbrica e cittadine. La fabbrica diventa il luogo di "usurpazione del potere" di cui parla Weber, il palcoscenico in cui si tengono i diversi episodi della guerra: scioperi, deportazioni, occupazioni .... Il modello della città qui rappresentata non è una semplice visualizzazione ma un sistema informativo dove la realtà modellata è rappresentata da oggetti, che fanno da teatro allo svolgimento di avvenimenti con una precisa collocazione cronologica, al cui interno è possibile effettuare operazioni di selezione di render statici (immagini), di filmati precalcolati (animazioni) e di scenari navigabili interattivamente oltre ad attività di ricerca di fonti bibliografiche e commenti di studiosi segnatamente legati all'evento in oggetto. Obiettivo di questo lavoro è far interagire, attraverso diversi progetti, le discipline storiche e l’informatica, nelle diverse opportunità tecnologiche che questa presenta. Le possibilità di ricostruzione offerte dal 3D vengono così messe a servizio della ricerca, offrendo una visione integrale in grado di avvicinarci alla realtà dell’epoca presa in considerazione e convogliando in un’unica piattaforma espositiva tutti i risultati. Divulgazione Progetto Mappa Informativa Multimediale Torino 1945 Sul piano pratico il progetto prevede una interfaccia navigabile (tecnologia Flash) che rappresenti la pianta della città dell’epoca, attraverso la quale sia possibile avere una visione dei luoghi e dei tempi in cui la Liberazione prese forma, sia a livello concettuale, sia a livello pratico. Questo intreccio di coordinate nello spazio e nel tempo non solo migliora la comprensione dei fenomeni, ma crea un maggiore interesse sull’argomento attraverso l’utilizzo di strumenti divulgativi di grande efficacia (e appeal) senza perdere di vista la necessità di valicare le tesi storiche proponendosi come piattaforma didattica. Un tale contesto richiede uno studio approfondito degli eventi storici al fine di ricostruire con chiarezza una mappa della città che sia precisa sia topograficamente sia a livello di navigazione multimediale. La preparazione della cartina deve seguire gli standard del momento, perciò le soluzioni informatiche utilizzate sono quelle fornite da Adobe Illustrator per la realizzazione della topografia, e da Macromedia Flash per la creazione di un’interfaccia di navigazione. La base dei dati descrittivi è ovviamente consultabile essendo contenuta nel supporto media e totalmente annotata nella bibliografia. È il continuo evolvere delle tecnologie d'informazione e la massiccia diffusione dell’uso dei computer che ci porta a un cambiamento sostanziale nello studio e nell’apprendimento storico; le strutture accademiche e gli operatori economici hanno fatto propria la richiesta che giunge dall'utenza (insegnanti, studenti, operatori dei Beni Culturali) di una maggiore diffusione della conoscenza storica attraverso la sua rappresentazione informatizzata. Sul fronte didattico la ricostruzione di una realtà storica attraverso strumenti informatici consente anche ai non-storici di toccare con mano quelle che sono le problematiche della ricerca quali fonti mancanti, buchi della cronologia e valutazione della veridicità dei fatti attraverso prove. Le tecnologie informatiche permettono una visione completa, unitaria ed esauriente del passato, convogliando tutte le informazioni su un'unica piattaforma, permettendo anche a chi non è specializzato di comprendere immediatamente di cosa si parla. Il miglior libro di storia, per sua natura, non può farlo in quanto divide e organizza le notizie in modo diverso. In questo modo agli studenti viene data l'opportunità di apprendere tramite una rappresentazione diversa rispetto a quelle a cui sono abituati. La premessa centrale del progetto è che i risultati nell'apprendimento degli studenti possono essere migliorati se un concetto o un contenuto viene comunicato attraverso più canali di espressione, nel nostro caso attraverso un testo, immagini e un oggetto multimediale. Didattica La Conceria Fiorio è uno dei luoghi-simbolo della Resistenza torinese. Il progetto è una ricostruzione in realtà virtuale della Conceria Fiorio di Torino. La ricostruzione serve a arricchire la cultura storica sia a chi la produce, attraverso una ricerca accurata delle fonti, sia a chi può poi usufruirne, soprattutto i giovani, che, attratti dall’aspetto ludico della ricostruzione, apprendono con più facilità. La costruzione di un manufatto in 3D fornisce agli studenti le basi per riconoscere ed esprimere la giusta relazione fra il modello e l’oggetto storico. Le fasi di lavoro attraverso cui si è giunti alla ricostruzione in 3D della Conceria: . una ricerca storica approfondita, basata sulle fonti, che possono essere documenti degli archivi o scavi archeologici, fonti iconografiche, cartografiche, ecc.; . La modellazione degli edifici sulla base delle ricerche storiche, per fornire la struttura geometrica poligonale che permetta la navigazione tridimensionale; . La realizzazione, attraverso gli strumenti della computer graphic della navigazione in 3D. Unreal Technology è il nome dato al motore grafico utilizzato in numerosi videogiochi commerciali. Una delle caratteristiche fondamentali di tale prodotto è quella di avere uno strumento chiamato Unreal editor con cui è possibile costruire mondi virtuali, e che è quello utilizzato per questo progetto. UnrealEd (Ued) è il software per creare livelli per Unreal e i giochi basati sul motore di Unreal. E’ stata utilizzata la versione gratuita dell’editor. Il risultato finale del progetto è un ambiente virtuale navigabile raffigurante una ricostruzione accurata della Conceria Fiorio ai tempi della Resistenza. L’utente può visitare l’edificio e visualizzare informazioni specifiche su alcuni punti di interesse. La navigazione viene effettuata in prima persona, un processo di “spettacolarizzazione” degli ambienti visitati attraverso un arredamento consono permette all'utente una maggiore immersività rendendo l’ambiente più credibile e immediatamente codificabile. L’architettura Unreal Technology ha permesso di ottenere un buon risultato in un tempo brevissimo, senza che fossero necessari interventi di programmazione. Questo motore è, quindi, particolarmente adatto alla realizzazione rapida di prototipi di una discreta qualità, La presenza di un certo numero di bug lo rende, però, in parte inaffidabile. Utilizzare un editor da videogame per questa ricostruzione auspica la possibilità di un suo impiego nella didattica, quello che le simulazioni in 3D permettono nel caso specifico è di permettere agli studenti di sperimentare il lavoro della ricostruzione storica, con tutti i problemi che lo storico deve affrontare nel ricreare il passato. Questo lavoro vuole essere per gli storici una esperienza nella direzione della creazione di un repertorio espressivo più ampio, che includa gli ambienti tridimensionali. Il rischio di impiegare del tempo per imparare come funziona questa tecnologia per generare spazi virtuali rende scettici quanti si impegnano nell'insegnamento, ma le esperienze di progetti sviluppati, soprattutto all’estero, servono a capire che sono un buon investimento. Il fatto che una software house, che crea un videogame di grande successo di pubblico, includa nel suo prodotto, una serie di strumenti che consentano all'utente la creazione di mondi propri in cui giocare, è sintomatico che l'alfabetizzazione informatica degli utenti medi sta crescendo sempre più rapidamente e che l'utilizzo di un editor come Unreal Engine sarà in futuro una attività alla portata di un pubblico sempre più vasto. Questo ci mette nelle condizioni di progettare moduli di insegnamento più immersivi, in cui l'esperienza della ricerca e della ricostruzione del passato si intreccino con lo studio più tradizionale degli avvenimenti di una certa epoca. I mondi virtuali interattivi vengono spesso definiti come la forma culturale chiave del XXI secolo, come il cinema lo è stato per il XX. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di suggerire che vi sono grosse opportunità per gli storici impiegando gli oggetti e le ambientazioni in 3D, e che essi devono coglierle. Si consideri il fatto che l’estetica abbia un effetto sull’epistemologia. O almeno sulla forma che i risultati delle ricerche storiche assumono nel momento in cui devono essere diffuse. Un’analisi storica fatta in maniera superficiale o con presupposti errati può comunque essere diffusa e avere credito in numerosi ambienti se diffusa con mezzi accattivanti e moderni. Ecco perchè non conviene seppellire un buon lavoro in qualche biblioteca, in attesa che qualcuno lo scopra. Ecco perchè gli storici non devono ignorare il 3D. La nostra capacità, come studiosi e studenti, di percepire idee ed orientamenti importanti dipende spesso dai metodi che impieghiamo per rappresentare i dati e l’evidenza. Perché gli storici possano ottenere il beneficio che il 3D porta con sè, tuttavia, devono sviluppare un’agenda di ricerca volta ad accertarsi che il 3D sostenga i loro obiettivi di ricercatori e insegnanti. Una ricostruzione storica può essere molto utile dal punto di vista educativo non sono da chi la visita ma, anche da chi la realizza. La fase di ricerca necessaria per la ricostruzione non può fare altro che aumentare il background culturale dello sviluppatore. Conclusioni La cosa più importante è stata la possibilità di fare esperienze nell’uso di mezzi di comunicazione di questo genere per raccontare e far conoscere il passato. Rovesciando il paradigma conoscitivo che avevo appreso negli studi umanistici, ho cercato di desumere quelle che potremo chiamare “leggi universali” dai dati oggettivi emersi da questi esperimenti. Da punto di vista epistemologico l’informatica, con la sua capacità di gestire masse impressionanti di dati, dà agli studiosi la possibilità di formulare delle ipotesi e poi accertarle o smentirle tramite ricostruzioni e simulazioni. Il mio lavoro è andato in questa direzione, cercando conoscere e usare strumenti attuali che nel futuro avranno sempre maggiore presenza nella comunicazione (anche scientifica) e che sono i mezzi di comunicazione d’eccellenza per determinate fasce d’età (adolescenti). Volendo spingere all’estremo i termini possiamo dire che la sfida che oggi la cultura visuale pone ai metodi tradizionali del fare storia è la stessa che Erodoto e Tucidide contrapposero ai narratori di miti e leggende. Prima di Erodoto esisteva il mito, che era un mezzo perfettamente adeguato per raccontare e dare significato al passato di una tribù o di una città. In un mondo post letterario la nostra conoscenza del passato sta sottilmente mutando nel momento in cui lo vediamo rappresentato da pixel o quando le informazioni scaturiscono non da sole, ma grazie all’interattività con il mezzo. La nostra capacità come studiosi e studenti di percepire idee ed orientamenti importanti dipende spesso dai metodi che impieghiamo per rappresentare i dati e l’evidenza. Perché gli storici possano ottenere il beneficio sottinteso al 3D, tuttavia, devono sviluppare un’agenda di ricerca volta ad accertarsi che il 3D sostenga i loro obiettivi di ricercatori e insegnanti. Le esperienze raccolte nelle pagine precedenti ci portano a pensare che in un futuro non troppo lontano uno strumento come il computer sarà l’unico mezzo attraverso cui trasmettere conoscenze, e dal punto di vista didattico la sua interattività consente coinvolgimento negli studenti come nessun altro mezzo di comunicazione moderno.
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Studies using factor analysis have helped describe the organization of copulatory behavior in male rodents. However, the focus of these studies on a few traditional measures may have limited their results. To test this possibility, 74 sexually-experienced male hamsters were observed as they copulated with stimulus females. The measures collected exceeded the conventional ones in number, variety and independence. The factor analysis of these data revealed a structure with seven factors collectively accounting for 80% of the variance. Most resembled the factors in previous reports, reinforcing the contributions that the processes suggested by these factors make to the organization,of male behavior. But several other factors were more novel, possibly reflecting the use of measures that were novel or revised for greater independence. The most interesting of these were two factors focusing on early steps in the progression leading to ejaculation. Importantly, both incorporated measures from each of the three copulatory series that were observed. Past work suggests that independent processes control the times required to initiate copulation and later resume it after an ejaculation. In contrast, these results suggest the existence of two processes, each of which contributes to both the initiation and reinitiation of copulation. (C) 2014 Elsevier B.V. All rights reserved.
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Although – or because – social work education in Italy has for some 15 years now been exclusively in the domain of the university the relationship between the academic world and that of practice has been highly tenuous. Research is indeed being conducted by universities, but rarely on issues that are of immediate practice relevance. This means that forms of practice develop and become established habitually which are not checked against rigorous standards of research and that the creation of knowledge at academic level pays scant attention to the practice implications of social changes. This situation has been made even worse by the dwindling resources both in social services and at the level of the universities which means that bureaucratic procedures or imports of specialisations from other disciplines frequently dominate the development of practice instead of a theory-based approach to methodology. This development does not do justice to the actual requirements of Italian society faced with ever increasing post-modern complexity which is reflected also in the nature of social problems because it implies a continuation of a faith in modernity with its idea of technical, clear-cut solutions while social relations have decidedly moved beyond that belief. This discrepancy puts even greater strain on the personnel of welfare agencies and does ultimately not satisfy the ever increasing demands for quality and accountability of services on the part of users and the general public. Social workers badly lack fundamental theoretical reference points which could guide them in their difficult work to arrive at autonomous, situation-specific methodological answers not based on procedures but on analytical knowledge. Thirty years ago, in 1977, a Presidential Decree created the legal basis for the establishment of social service departments at the level of municipalities which created opportunities for the direct involvement of the community in the fight against exclusion. For this potential to be fully utilized it would have required the bringing together of three dimensions, the organizational structure, the opportunities for learning and research in the territory and the contribution by the professional community. As this did not occur social services in Italy still often retain the character of charity which does not concern itself with the actual causes of poverty and exclusion. This in turn affects the relationship with citizens in general who cannot develop trust in those services. Through uncritical processes of interaction Edgar Morin’s dictum manifests itself which is that without resorting to critical reflection on complexity interventions can often have an effect that totally the opposite to the original intention. An important element in setting up a dynamic interchange between academia and practice is the placement on professional social work courses. Here the looping of theory to practice and back to theory etc. can actually take place under the right organizational and conceptual conditions, more so than in abstract, and for practitioners often useless debates about the theory-practice connection. Furthermore, research projects at the University of Florence Social Work Department for instance aim at fostering theoretical reflection at the level of and with the involvement of municipal social service agencies. With a general constructive disposition towards research and some financial investment students were facilitated to undertake social service practice related research for their degree theses for instance in the city of Pistoia. In this way it was also possible to strengthen the confidence and professional identity of social workers as they became aware of the contribution their own discipline can make to practice-relevant research instead of having to move over to disciplines like psychology for those purposes. Examples of this fruitful collaboration were presented at a conference in Pistoia on 25 June 2007. One example is a thesis entitled ‘The object of social work’ and examines the difficult development of definitions of social work and comes to the conclusion that ‘nothing is more practical than a theory’. Another is on coping abilities as a necessary precondition for the utilization of resources supplied by social services in exceptional circumstances. Others deal with the actual sequence of interventions in crisis situations, and one very interestingly looks at time and how it is being constructed often differently by professionals and clients. At the same time as this collaboration on research gathers momentum in the Toscana, supervision is also being demanded more forcefully as complementary to research and with the same aim of profiling more strongly the professional identity of social work. Collaboration between university and social service filed is for mutual benefit. At a time when professional practice is under threat of being defined from the outside through bureaucratic prescriptions a sound grounding in theory is a necessary precondition for competent practice.
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Despite numerous research efforts over the last decades, integrating the concept of ecosystem servicesinto land management decision-making continues to pose considerable challenges. Researchers havedeveloped many different frameworks to operationalize the concept, but these are often specific to acertain issue and each has their own definitions and understandings of particular terms. Based on acomprehensive review of the current scientific debate, the EU FP7 project RECARE proposes an adaptedframework for soil-related ecosystem services that is suited for practical application in the preventionand remediation of soil degradation across Europe. We have adapted existing frameworks by integratingcomponents from soil science while attempting to introduce a consistent terminology that is understand-able to a variety of stakeholders. RECARE aims to assess how soil threats and prevention and remediationmeasures affect ecosystem services. Changes in the natural capital’s properties influence soil processes,which support the provision of ecosystem services. The benefits produced by these ecosystem servicesare explicitly or implicitly valued by individuals and society. This can influence decision- and policymak-ing at different scales, potentially leading to a societal response, such as improved land management.The proposed ecosystem services framework will be applied by the RECARE project in a transdisciplinaryprocess. It will assist in singling out the most beneficial land management measures and in identifyingtrade-offs and win–win situations resulting from and impacted by European policies. The framework thusreflects the specific contributions soils make to ecosystem services and helps reveal changes in ecosystemservices caused by soil management and policies impacting on soil. At the same time, the framework issimple and robust enough for practical application in assessing soil threats and their management withstakeholders at various levels.
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The number of people with end-stage-renal-disease (ESRD) and living with dialysis is a growing public health concern. Most studies about the impact of ESRD on people’s lives have placed attention on the medical and clinical dimension of ESRD. Very few have given attention to the environmental and cultural context in which people with ESRD live, the adaptation that these individuals must make to adjust to living with ESRD and dialysis, or the occupations in which they engage. Additionally these studies have not focused on Mexican Americans who are disproportionately affected by this illness and condition. This qualitative study explores the needs, perceptions, and issues facing Mexican Americans with ESRD living with dialysis as well as their families. Participants were residents of the Lower Rio Grande Valley and included individuals with ESRD, family members, and the healthcare providers who give care to them. The Health Belief Model and Lifestyle Performance Model served as the theoretical frameworks. The study also explored the daily occupations of this population. ^ In-depth interviews were conducted on 15 Mexican Americans with ESRD living with dialysis, 15 family members, and six dialysis healthcare providers. A video documentary of the day-to-day life of three individuals with ESRD and their families was produced. Such data do not currently exist and will greatly enhance the understanding of the human experience of living with ESRD. The results suggest that a collective effort of the family unit is at work to deal with the demands of dialysis. An imbalance and disharmony exist among the occupational activities, which creates occupational deprivation and disruption for both the individuals and family members. Implications for practice and recommendations for further research are described. ^
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The findings of this study suggest that while child welfare workers are consistently distracted by competing priorities from unexpected events, most are committed, and to understand perspectives is more inclusive and may improve retention rates. Notably, while it is recognized that permanency decisions are not made in an intellectual, legal or clinical vacuum and certain traditional aspects of the bureaucratic structure do not impact decision making, this study advances the body of knowledge on child welfare decision making. Examined in this study are child welfare case workers’ perceptions of the extent to which the organizational environment influences the permanency decisions they make to reunify or terminate parental rights of children placed out-of-home. This study includes a sample of 95 child welfare social workers employed in three public child welfare agencies in the Baltimore and Washington, DC metropolitan area. It used a cross-sectional research design, employing a survey instrument to examine bureaucratic distraction, role conflict, and supervisory adequacy as contextual factors in the organizational environment's influence on permanency outcome decisions. Implications are made for child welfare policy, practice, and research.
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Este trabajo aborda la conexión entre prácticas de comunicación y movimientos sociales a través de la particular asunción de lo popular que realizó el anarquismo en nuestro país a principios del siglo XX. Tomamos como caso particular el teatro didáctico propuesto por Alberto Ghiraldo, para describir algunas de las estrategias comunicacionales puestas en función, en relación con la cultura popular, con el fin de concientizar a las masas de los aspectos ideológicos del anarquismo.
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A high-resolution sea surface temperature (SST) reconstruction of the western Mediterranean was accomplished using two independent, algae-based molecular organic proxies, i.e. the UK'37 index based on long-chain unsaturated ketones and the novel long-chain diol index (LDI) based on the relative abundances of C28 and C30 1,13- and 1,15-diols. Two marine records, from the western and eastern Alboran Sea basin, spanning the last 14 and 20 kyr, respectively, were studied. Results from the surface sediments suggest that the two proxies presently reflect seasons with similar SST, or simply annual mean SST. Both proxy records reveal the transition from the Last Glacial Maximum to the Holocene in the eastern Alboran Sea with an SST increase of ca. 7 °C for UK'37 and 9 °C for LDI. Minimum SSTs (10-12 °C) are reached at the end of the Last Glacial Maximum and during the last Heinrich event with a subsequent rapid SST increase in LDI-SST towards the beginning of the Bölling period (20 °C), while UK'37-SST remains constantly low (~12 °C). The Bölling-Alleröd is characterized by a rapid increase and subsequent decrease in UK'37-SST, while the LDI-SST decrease continuously. Short-term fluctuations in UK'37-SST are probably related to availability of nutrients and seasonal changes. The Younger Dryas is recorded as a short cold interval followed by progressively warmer temperatures. During the Holocene, the general lower UK'37-derived temperature values in the eastern Alboran (by ca. 1.5-2 °C) suggest a southeastward cold water migration by the western Alboran gyre and divergence in the haptophyte blooming season between both basins.
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La estrategia i2010 de la UE tiene como objetivo garantizar el liderazgo europeo en materia de TIC y poner los beneficios de la Sociedad de la Información al servicio de la economía, la sociedad y la calidad de vida personal, teniendo presente que los éxitos de Europa hasta la fecha se han basado en favorecer la competencia leal en los mercados de las telecomunicaciones y crear un mercado sin fronteras para contenidos y medios de comunicación digitales. En esta línea, la Comisión Europea ha establecido que los distintos estados miembros deben contribuir activamente al desarrollo y uso seguro de los servicios telemáticos entre sus ciudadanos. Más concretamente, atribuye a las Administraciones Públicas, tanto a nivel nacional, regional como local, un papel dinamizador de la Sociedad de la Información que les obliga a ofrecer paulatinamente todos los actos administrativos a los ciudadanos a través de Internet. Como primer paso para el uso seguro de los servicios telemáticos que ofrecen las instituciones públicas se hace preciso dotar a los ciudadanos de una identidad digital que les permita identificarse ante un Proveedor de Servicio o ante otros ciudadanos de manera inequívoca. Por esta razón, la mayoría de países europeos – y otros en el resto del mundo – están promoviendo, sistemas fiables de gestión de identidad electrónica (eIDM), de tal manera que los ciudadanos, las empresas y departamentos gubernamentales (incluso en Estados miembros diferentes) pueden identificar y certificar sus operaciones con precisión, rapidez y sencillez. Sin embargo, la gestión de esta identidad por las Administraciones Públicas supone un importante desafío, acentuado cuando se hace necesaria la interoperabilidad entre Administraciones de diferentes países, puesto que personas y entidades tienen credenciales de identificación diferentes en función de su propio marco jurídico nacional. Consciente del problema, en la Unión Europea se han puesto en marcha una serie de proyectos con el objetivo de conseguir la interoperabilidad de los eIDMs entre las instituciones públicas de diferentes Estados miembros. A pesar de ello, las soluciones adoptadas hasta la fecha son insuficientes porque no prevén todos los posibles casos de interacción del usuario con las instituciones. En concreto, no tienen en cuenta un aspecto muy importante que se ofrece en los distintos sistemas jurídicos nacionales, a saber, la delegación de la identidad, mediante la cual un ciudadano puede autorizar a otro para que actúe en su nombre para acceder a determinados servicios prestados por las instituciones públicas. En esta tesis se realizan un conjunto de aportaciones que dan solución a distintos aspectos de los problemas planteados y que, de forma conjunta, permiten la interoperabilidad y la delegación de identidad en determinados Sistemas de Gestión de Identidad aplicados al entorno de las Administraciones Públicas. En el caso de la delegación, se ha definido un sistema de delegación dinámica de identidad entre dos entidades genéricas que permite solucionar el problema del acceso delegado a los servicios telemáticos ofrecidos por las Administraciones Públicas. La solución propuesta se basa en la generación de un token de delegación, constituido a partir de un Certificado Proxy, que permite a la entidad que delega establecer la delegación de identidad en otra entidad en base a un subconjunto de sus atributos como delegador, estableciendo además, en el propio token de delegación, restricciones en el conjunto de servicios accesibles a la entidad delegada y el tiempo de validez de la delegación. Adicionalmente, se presentan los mecanismos necesarios tanto para poder revocar un token de delegación como para comprobar sin un token de delegación ha sido o no revocado. Para ello se propone una solución para la identificación unívoca de tokens de delegación y la creación de una nueva entidad denominada Autoridad de Revocación de Tokens de Delegación. Entre las características del sistema de delegación propuesto destaca el que es lo suficientemente seguro como para ser utilizado en el entorno de la Administración Pública, que no requiere el uso de mecanismos off‐line para la generación de la delegación y que se puede realizar la delegación de forma instantánea y sin la necesidad de trámites complejos o la participación de un elevado número de entidades. Adicionalmente, el token de delegación propuesto es perfectamente integrable en las infraestructura de clave pública actual lo que hace que, dado que gran parte de las Administraciones Públicas europeas basan sus sistemas de identidad digital en el uso de la PKI y certificados de identidad X.509, la solución pueda ser puesta en marcha en un entorno real sin necesidad de grandes cambios o modificaciones de comportamiento. En lo referente a la interoperabilidad, se realiza un análisis exhaustivo y la correspondiente evaluación de las principales propuestas de Sistemas de Gestión de Identidad orientados a conseguir la interoperabilidad realizadas hasta la fecha en el marco de la Unión Europea y se propone, a alto nivel, una arquitectura de interoperabilidad para la gestión de identidad en las Administraciones Públicas. Dicha arquitectura es lo suficientemente genérica como para poder ser aplicada tanto en el entorno pan‐Europeo como en los entornos nacionales, autonómicos y locales, de tal forma que la interoperabilidad en la gestión de la identidad esté garantizada en todos los niveles de la Administración Pública. Por último, mediante la integración de la solución de delegación dinámica de identidad y la arquitectura de interoperabilidad propuestas se presenta una solución al problema de la delegación en un escenario pan‐Europeo de gestión de identidad, dando lugar a una arquitectura global de interoperabilidad pan‐Europea con soporte a la delegación de identidad. SUMMARY The i2010 European Union Plan aims to ensure European leadership in ICT and to promote the positive contribution that information and communication technologies can make to the economic, social and personal quality of life, bearing in mind that, to date, success in Europe has been based on promoting fair competition in telecommunications markets and on creating a borderless market for contents and digital media. In this line, the European Commission has established that the different member states should contribute actively to the development and secure use of telematic services among their citizens. More specifically, it is attributed to national, regional and local Public Administrations to have a supportive role of the Information Society, requiring them to gradually provide the citizens with Internet‐based access to all administrative procedures acts. As a first step for the secure use of telematic services offered by public institutions, it is necessary to provide the citizens with a digital identity to enable them to identify themselves unequivocally to a Service Provider or to other citizens. For this reason, most European countries ‐ and others in the rest of the world ‐ are promoting reliable systems for managing electronic identity (eIDM), so that citizens, businesses and government departments (even in different Member States) can identify and certify their operations with precision, speed and simplicity. However, the identity management by Public Administrations is a major challenge that becomes more difficult when interoperability between administrations of different countries is needed, due to the fact that individuals and entities have different identification credentials according to their own national legal framework. Aware of the problem, the European Union has launched a series of projects with the aim of achieving interoperability of eIDMs between public institutions of different Member States. However, the solutions adopted to date are insufficient because they do not foresee all possible cases of user interaction with the institutions. In particular, solutions do not take into account a very important aspect that is offered in different national legal systems, namely, the delegation of identity, by which a citizen can authorize another to act on his/her behalf to access certain services provided by public institutions. In this thesis a collection of contributions that provide solution to different aspects of the aforementioned problems are carried out. The solutions, in global, enable interoperability and identity delegation in some of the Identity Management Systems applied to Public Administration environment. In the case of delegation, a dynamic identity delegation system between generic entities is defined. This system makes it possible to solve the problem of delegated access to telematic services offered by Public Administrations. The proposed solution is based on the generation of a piece of information called delegation token. This delegation token, derived from a Proxy Certificate, allows the establishment of identity delegation by an entity that delegates (delegator) in other entity (delegatee) making use of a subset of delegator attributes. It also establishes restrictions on services that can be used by the delegated entity and the expiry date of delegation. In addition to this, the mechanisms necessary to revoke and check the revocation status of a delegation token are presented. To do this, a solution to univocally identify delegation tokens and the creation of a completely new entity, called Token Delegation Revocation Authority, are proposed. The most remarkable characteristics of the proposed delegation system are its security, enough for it to be used in the Public Administration environment, the fact that it does not require off‐line processes in order to generate the delegation, and the possibility of performing the delegation instantaneously and without neither complex processes nor the intervention of a large number of entities. The proposed delegation token can be completely incorporated into current Public Key Infrastructure (PKI). Thus, since most of the European Public Administrations base their digital identity systems on PKI and X.509 identity certificates, the solution can be adopted in a real environment without great changes or performance modifications. Regarding interoperability, an exhaustive analysis and evaluation of most significant proposals on Identity Management Systems that aim to achieve interoperability carried out in the European Union framework until now are performed. A high level identity management interoperability architecture for Public Administrations is also proposed. This architecture is sufficiently generic to be applied to both pan‐European environment and national, regional or local environments, thus interoperability in identity management at all Public Administration levels is guaranteed. Finally, through the integration of the proposed dynamic identity delegation solution and the high level interoperability architecture, a solution to the problem of identity delegation in a pan‐European identity management environment is suggested, leading to a pan‐European global interoperability architecture with identity delegation support.
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Objectives: To compare countries in western Europe with respect to class differences in mortality from specific causes of death and to assess the contributions these causes make to class differences in total mortality.
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This study examines worldwide usage of over 600,000 e-books from Ebook Library (EBL) and ebrary. Using multiple modes of analysis, the study shows that there are variations in usage by geographic region as well as by subject. The study examines usage in relation to availability of titles, different types of usage per session, usage of the top ten percent of titles, and intensive and extensive use. These patterns can be used for benchmarking and as a model for local e-book studies.
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This case study is based in Mundo Verde, a Brazilian natural products company, and its focused on the strategic decisions the company has to make to overcome the current problems. The case is built around three major theoretical perspectives: Competitive advantages from a Resource Based View, Brand Identity and Entrepreneurship. In the case is presented first the company, disclosing the necessary information to analyze and comprehend Mundo Verde, by accurately identifying the company´s competitive advantages. Next the student is presented to a narrative where the CEO of the company meets one of the franchisees in an attempt to find out more about the company´s issues and to see how the stores are working. Several scenarios are presented to the students which represent several possibilities of action, considering the company, the problems to be addressed and the objectives of the company.
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The On-Off direction-selective ganglion cells (DSGCs) in the rabbit retina comprise four distinct subtypes that respond preferentially to image motion in four orthogonal directions; each subtype forms a regular territorial array, which is overlapped by the other three arrays. In this study, ganglion cells in the developing retina were injected with Neurobiotin, a gap-junction-permeable tracer, and the DSGCs were identified by their characteristic type 1 bistratified (BiS1) morphology. The complex patterns of tracer coupling shown by the BiSl ganglion cells changed systematically during the course of postnatal development. BiSl cells appear to be coupled together around the time of birth, but, over the next 10 days, BiSl cells decouple from each other, leading to the mature pattern in which only one subtype is coupled. At about postnatal day 5, before the ganglion cells become visually responsive, each of the BiSl cells commonly showed tracer coupling both to a regular array of neighboring BiSl cells, presumably destined to be DSGCs of the same subtype, and to a regular array of overlapping BiSl cells, presumably destined to be DSGCs of a different subtype. The gap-junction intercellular communication between subtypes of DSGCs with different preferred directions may play an important role in the differentiation of their synaptic connectivity, with respect to either the inputs that DSGCs receive from retinal interneurons or the outputs that DSGCs make to geniculate neurons. (C) 2004 Wiley-Liss, Inc.
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We outline and evaluate competing explanations of three relationships that have consistently been found between cannabis use and the use of other illicit drugs, namely, ( 1) that cannabis use typically precedes the use of other illicit drugs; and that ( 2) the earlier cannabis is used, and ( 3) the more regularly it is used, the more likely a young person is to use other illicit drugs. We consider three major competing explanations of these patterns: ( 1) that the relationship is due to the fact that there is a shared illicit market for cannabis and other drugs which makes it more likely that other illicit drugs will be used if cannabis is used; ( 2) that they are explained by the characteristics of those who use cannabis; and ( 3) that they reflect a causal relationship in which the pharmacological effects of cannabis on brain function increase the likelihood of using other illicit drugs. These explanations are evaluated in the light of evidence from longitudinal epidemiological studies, simulation studies, discordant twin studies and animal studies. The available evidence indicates that the association reflects in part but is not wholly explained by: ( 1) the selective recruitment to heavy cannabis use of persons with pre-existing traits ( that may be in part genetic) that predispose to the use of a variety of different drugs; ( 2) the affiliation of cannabis users with drug using peers in settings that provide more opportunities to use other illicit drugs at an earlier age; ( 3) supported by socialisation into an illicit drug subculture with favourable attitudes towards the use of other illicit drugs. Animal studies have raised the possibility that regular cannabis use may have pharmacological effects on brain function that increase the likelihood of using other drugs. We conclude with suggestions for the type of research studies that will enable a decision to be made about the relative contributions that social context, individual characteristics, and drug effects make to the relationship between cannabis use and the use of other drugs.