220 resultados para Longitudinale


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Nel presente lavoro sono stati illustrati i risultati preliminari di uno studio mirato alla modellazione del processo di vagliatura di RSU. Il modello, sviluppato sulla base di ipotesi sia cinematiche che probabilistiche, è stato implementato ed applicato per la verifica dell’influenza delle condizioni operative sull’efficienza del processo di separazione. La modellazione è stata sviluppata studiando la cinematica di una particella all’interno di un vaglio rotante, prima studiando il comportamento della singola particella e poi studiando il comportamento di più particelle. Lo sviluppo di tale modello, consente di determinare l’efficienza di rimozione per le diverse frazioni merceologiche di un rifiuto, ciascuna caratterizzata da una propria distribuzione dimensionale,. La validazione è stata svolta effettuando una campagna di misurazioni utilizzando un vaglio in scala (1:10) e un vaglio di dimensioni reali . Da queste misurazioni è emerso che il modello è ben rappresentativo della realtà, in alcuni casi, si sono evidenziate delle discrepanze dal comportamento reale del rifiuto, ciò è senz’altro da attribuite alla forte eterogeneità dei materiali costituenti il rifiuto solido urbano e dall’interferenza che le une causano sulle altre. Si è appurato che, variando i parametri quali: l’angolo di inclinazione longitudinale del vaglio, la velocità di rotazione si ha un diverso comportamento del rifiuto all’interno del vaglio e quindi una variazione dell’efficienza di separazione di quest’ultimo. In particolare è stata mostrata una possibile applicazione del modello legata alla valutazione delle caratteristiche del sopravaglio nel caso questo sia destinato alla produzione di CDR. Attraverso la formula di Dulong si è calcolato il potere calorifico superiore, (sia allo stato umido che allo stato secco), ottenuto effettuando delle variazioni dei parametri citati precedentemente, calcolato sulla massa uscente dal sopravaglio e quindi quella utilizzata come combustibile per gli impianti di termovalorizzazione.( C.D.R.) Si è osservato il legame esistente tra le condizioni operative inclinazione e velocità di rotazione del tamburo ed il potere calorifico del flusso selezionato con l’obiettivo di massimizzare quest’ultimo. Dalle è prove è emerso come il fattore umidità giochi un ruolo fondamentale per l’ottimizzazione del CDR, l’umidità infatti incide negativamente sul potere calorifico del rifiuto invertendo il rapporto normalmente direttamente proporzionale tra percentuale di sopravaglio e potere calorifico, dunque a causa dell’umidità all’aumentare del flusso di sopravaglio si ha una diminuzione del potere calorifico. Lo sviluppo e la validazione di un modello teorico, ci permette di affrontare il problema della selezione e separazione dei RSU,non più solo tramite un procedimento induttivo basato unicamente sulle osservazioni, ma tramite un procedimento deduttivo grazie al quale "conoscendo l’input si prevede quale sarà l’output". Allo stato attuale la scelta e il dimensionamento delle unità di separazione dimensionale nei processi di selezione è basata unicamente su conoscenze di natura empirica L’obiettivo principale è stato dunque quello di costruire uno strumento in grado di determinare le caratteristiche dei flussi uscenti dall’unità di vagliatura, note che siano le caratteristiche del flusso in ingresso ed i parametri operativi Questo approccio permette di eseguire valutazioni oggettive circa la reale rispondenza delle caratteristiche dei flussi in uscita a standard prefissati,peraltro consente di eseguire valutazioni sulle uscite di processo rispetto alla variabilità delle caratteristiche dei rifiuti in ingresso .

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L’analisi condotta nella tesi mira ad indagare le determinanti del debito delle piccole e medie imprese italiane: la domanda di ricerca è indirizzata a capire se la struttura finanziaria di queste ultime segue i modelli teorici sviluppati nell’ambito della letteratura di Corporate Finance o se, d’altro canto, non sia possibile prescindere dalle peculiarità delle piccole e medie imprese per spiegare il ricorso alle diverse fonti di finanziamento. La ricerca empirica effettuata nella dissertazione vuole essere un tentativo di coniugare le teorie di riferimento e le evidenze empiriche relative alle piccole e medie imprese italiane, analizzandone il comportamento attraverso lo studio del campione di dati fornito da Capitalia, relativo alla Nona Indagine per il periodo 2001-2003. Il campione in oggetto fa riferimento a circa 4000 imprese con più di 10 addetti, prevalentemente del settore manifatturiero. Per indagare le determinanti del debito nelle sue componenti più tradizionali, si sono prese in considerazione il debito commerciale e il debito bancario a breve termine come forme di finanziamento correnti mentre, tra le forme di finanziamento di medio-lungo periodo, le variabili usate sono state il ricorso al debito bancario a lungo termine e a strumenti obbligazionari. Inoltre, si è ricorso anche a misure più tradizionali di leva finanziaria, quali il rapporto di indebitamento, la proporzione tra debiti bancari, sia di breve che di lungo periodo, e l’ammontare dei finanziamenti esterni rispetto al valore dell’impresa, distinguendo anche qui, tra finanziamenti a breve e a lungo termine. L’analisi descrittiva ha mostrato il massiccio ricorso al debito bancario e, in generale, alle forme di indebitamento a breve. Le imprese di dimensioni minori, più giovani e opache tendono a ricorrere alle fonti interne e a forme di indebitamento a breve, mentre le imprese maggiormente dimensionate mostrano una struttura del debito più articolata. Questo ha suggerito la definizione di una diversa misura di debito, che tiene conto della complessità della sua struttura all’interno delle imprese, in base ad un ricorso di tipo gerarchico alle fonti di finanziamento: il grado di complessità dipende dalle tipologie e dalla quantità dei contratti di debito conclusi dall’impresa . E’ plausibile pensare che le imprese ricorrano prima alle fonti interne di finanziamento, perché prive di costi, e poi all’indebitamento nei confronti di diversi stakeholders: rispetto alla prossimità e alla facilità dell’ottenimento del finanziamento, è sembrato naturale pensare che un’impresa ricorra dapprima al debito commerciale, poi al debito bancario e solo infine all’emissione di obbligazioni, in un ordine gerarchico. Ne consegue che se un’impresa (non) ha contratto debiti con fornitori, banche e mercato, la complessità della struttura del suo debito è massima (nulla). L’analisi econometrica successiva è stata indirizzata in tre direzioni. In primis, l’analisi longitudinale dei dati è stata volta ad evidenziare se la struttura finanziaria delle PMI risponde ad un particolare modello teorico, in accordo con le teoria tradizionali di riferimento. In secondo luogo, l’analisi delle determinanti si è allargata allo studio degli aspetti peculiari delle imprese medio-piccole. Infine, si è indagato se, nell’ambito delle imprese di dimensioni minori, si osservano comportamenti omogenei oppure se determinate scelte nelle fonti di finanziamento sono da ricondurre all’esistenza di alcuni vincoli. Quindi, partendo dalla rassegna dei principali riferimenti nella letteratura, costituiti dalla Trade-off theory (Modigliani e Miller, 1963, De Angelo e Masulis, 1980, Miller, 1977), dalla Pecking order theory (Myers 1984, Myers e Majluf, 1984) e dalla Financial growth cycle theory (Berger e Udell, 1998), una prima serie di analisi econometriche è stata rivolta alla verifica empirica delle teorie suddette. Una seconda analisi mira, invece, a capire se il comportamento delle imprese possa essere spiegato anche da altri fattori: il modello del ciclo di vita dell’impresa, mutuato dalle discipline manageriali, così come il contesto italiano e la particolarità del rapporto bancaimpresa, hanno suggerito l’analisi di altre determinanti al ricorso delle diverse fonti di debito. Di conseguenza, si sono usate delle opportune analisi econometriche per evidenziare se la struttura proprietaria e di controllo dell’impresa, il suo livello di complessità organizzativa possano incidere sulla struttura del debito delle imprese. Poi, si è indagato se il massiccio ricorso al debito bancario è spiegato dalle peculiarità del rapporto banca-impresa nel nostro Paese, rintracciabili nei fenomeni tipici del relationship lending e del multiaffidamento. Ancora, si sono verificati i possibili effetti di tale rapporto sulla complessità della struttura del debito delle imprese. Infine, l’analisi della letteratura recente sulla capital structure delle imprese, l’approccio sviluppato da Fazzari Hubbard e Petersen (1988) e Almeida e Campello (2006 , 2007) ha suggerito un ultimo livello di analisi. La presenza di vincoli nelle decisioni di finanziamento, legati essenzialmente alla profittabilità, alla dimensione delle imprese, alle sue opportunità di crescita, e alla reputazione verso l’esterno, secondo la letteratura recente, è cruciale nell’analisi delle differenze sistematiche di comportamento delle imprese. Per di più, all’interno del lavoro di tesi, così come in Almeida e Campello (2007), si è ipotizzato che la propensione agli investimenti possa essere considerata un fattore endogeno rispetto alla struttura del debito delle imprese, non esogeno come la letteratura tradizionale vuole. Per questo motivo, si è proceduto ad un ultimo tipo di analisi econometrica, volta a rilevare possibili differenze significative nel comportamento delle imprese rispetto al ricorso alle fonti di finanziamento a titolo di debito: nel caso in cui esse presentino una dimensione contenuta, una bassa redditività e una scarsa reputazione all’esterno infatti, vi dovrebbe essere un effetto di complementarietà tra fonti interne ed esterne. L’effetto sarebbe tale per cui non sussisterebbe, o per lo meno non sarebbe significativa, una relazione negativa tra fonti interne ed esterne. Complessivamente, i risultati delle analisi empiriche condotte, supportano sia le teorie classiche di riferimento nell’ambito della disciplina della Corporate finance, sia la teoria proposta da Berger e Udell (1998): le variabili che risultano significative nella spiegazione della struttura del debito sono principalmente quelle relative alla dimensione, all’età, al livello e alla qualità delle informazioni disponibili. Inoltre, il ricorso a fonti interne risulta essere la primaria fonte di finanziamento, seguita dal debito. Il ricorso a fonti esterne, in particolare al debito bancario, aumenta quanto più l’impresa cresce, ha una struttura solida e la capacità di fornire delle garanzie, e ha una reputazione forte. La struttura del debito, peraltro, diventa più complessa all’aumentare della dimensione, dell’età e del livello di informazioni disponibili. L’analisi della struttura proprietaria e della componente organizzativa all’interno delle imprese ha evidenziato principalmente che la struttura del debito aumenta di complessità con maggiore probabilità se la proprietà è diffusa, se vi è un management indipendente e se la piramide organizzativa è ben definita. Relativamente al rapporto banca-impresa, i principali risultati mostrano che l’indebitamento bancario sembra essere favorito dai fenomeni di relationship lending e dal multiaffidamento. Tali peculiarità assumono tratti diversi a seconda della fase del ciclo di vita delle imprese della Nona Indagine. Infine, per quanto attiene all’ultima tipologia di analisi condotta, le evidenze empiriche suggeriscono che le piccole e medie imprese possano essere soggette a delle restrizioni che si riflettono nell’ambito delle loro politiche di investimento. Tali vincoli, relativi alla dimensione, ai profitti conseguiti e alla reputazione all’esterno, aiutano a spiegare le scelte di finanziamento delle PMI del campione.

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La crescente attenzione verso un utilizzo attento, sostenibile ed economicamente efficiente della risorsa idrica rende di primaria importanza il tema delle perdite idriche e della gestione efficiente dei sistemi idrici. La richiesta di controlli dell’uso dell’acqua è stata avanzata a livello mondiale. Il problema delle perdite idriche nei Paesi industrializzati è stato così affrontato con specifiche normative e procedure di best practice gestionale per avanzare una valutazione delle perdite idriche e una limitazione degli sprechi e degli usi impropri. In quest’ambito, la pressione gioca un ruolo fondamentale nella regolazione delle perdite reali. La regolazione delle pressioni nelle diverse ore del giorno consente, infatti, di poter agire su queste ultime perdite, che aumentano all’aumentare della pressione secondo una cosiddetta legge di potenza. La motivazione della presente tesi è originata dalla necessità di quantificare il livello di perdita idrica in un sistema acquedottistico in relazione alla pressione all’interno del sistema stesso. Per avere una stima realistica che vada al di là della legge della foronomia, si vuole valutare l’influenza della deformabilità della condotta in pressione fessurata sull’entità delle perdite idriche, con particolare attenzione alle fessurazioni di tipo longitudinale. Tale studio è condotto tramite l’introduzione di un semplice modello di trave alla Winkler grazie al quale, attraverso un’analisi elastica, si descrive il comportamento di una generica condotta fessurata longitudinalmente e si valuta la quantità d’acqua perduta. I risultati ottenuti in condizioni specifiche della condotta (tipo di materiale, caratteristiche geometriche dei tubi e delle fessure, etc.) e mediante l’inserimento di opportuni parametri nel modello, calibrati sui risultati forniti da una raffinata modellazione tridimensionale agli elementi finiti delle medesime condotte, verranno poi confrontati con i risultati di alcune campagne sperimentali. Gli obiettivi del presente lavoro sono, quindi, la descrizione e la valutazione del modello di trave introdotto, per stabilire se esso, nonostante la sua semplicità, sia effettivamente in grado di riprodurre, in maniera realistica, la situazione che si potrebbe verificare nel caso di tubo fessurato longitudinalmente e di fornire risultati attendibili per lo studio delle perdite idriche. Nella prima parte verrà approfondito il problema della perdite idriche. Nella seconda parte si illustrerà il semplice modello di trave su suolo elastico adottato per l’analisi delle condotte in pressione fessurate, dopo alcuni cenni teorici ai quali si è fatto riferimento per la realizzazione del modello stesso. Successivamente, nella terza parte, si procederà alla calibrazione del modello, tramite il confronto con i risultati forniti da un’analisi tridimensionale agli elementi finiti. Infine nella quarta parte verrà ricavata la relazione flusso-pressione con particolare attenzione all’esponente di perdita, il cui valore risulterà superiore a quello predetto dalla teoria della foronomia, e verrà verificata l’effettiva validità del modello tramite un confronto con i risultati sperimentali di cui è stata fatta menzione in precedenza.

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Nell’ambito dell’ingegneria dei tessuti, la possibilità di rigenerazione del miocardio post-infartuale è un argomento “caldo”, che suscita grandi speranze ma solleva altrettanto grandi interrogativi - sostenuti dal sussistere di dubbi di base sulle scelte operative praticabili. Esiste tuttavia concordanza nel considerare fondamentale l’utilizzo di un “supporto” che possa mantenere nella sede peri-infartuale le cellule competenti. Infatti, la semplice iniezione di cellule staminali per via endovenosa o direttamente nell’area infartuata non si è dimostrata particolarmente efficace, soprattutto a causa della cospicua perdita cellulare che si verifica rapidamente dopo il trapianto. Ci si orienta quindi verso la strategia di seminare cellule in grado di transdifferenziare in senso muscolare cardiaco su un materiale biocompatibile in vitro e di impiantare successivamente il costrutto ottenuto in vivo dove ci si attende il riassorbimento del biomateriale e l’integrazione delle cellule. Tuttavia, mentre in altri settori della medicina - quali ortopedia e dermatologia - l’impiego di pseudotessuti ingegnerizzati ha già permesso di conseguire ottimi risultati nella rigenerazione di tessuti danneggiati, allo stato attuale, i progressi ottenuti nell’ambito della rigenerazione del miocardio infartuato appaiono ancora aneddotici e distanti dall’ottenere protocolli condivisi per l’impiego in clinica. Il lavoro presentato in questa ricerca, condotto grazie alla sinergia di competenze interdisciplinari negli ambiti chimico, biologico e dell’ingegneria biomedica meccanica ed elettronica, è uno studio di fattibilità di una metodica standardizzata in grado di indirizzare cellule staminali mesenchimali (MSCs) indifferenziate verso l’acquisizione in vitro di caratteri fenotipici confrontabili con quelli delle cellule muscolari cardiache attraverso il paradigma della coltura dinamica in bioreattore. Il prototipo di bioreattore impiegato, in quanto sviluppato originalmente nel corso di questa attività di ricerca, presenta rispetto ad altri strumenti descritti l’innovazione e il vantaggio di non richiedere l’utilizzo di un incubatore, in quanto esso stesso permette di coltivare cellule al suo interno in condizioni controllate di temperatura, pH e concentrazione di CO2. La sua flessibilità operativa consente di impostare e controllare da personal computer leggi di moto di qualsiasi forma anche con cicliche molto veloci. Infine, la presenza di estensimetri in grado di misurare finemente la variazione di tensione esercitata sulla matrice polimerica utilizzata, posta in trazione tra due afferraggi, permette di applicare nel tempo una forza di stiramento costante, ottenendo deformazioni controllate e risultati riproducibili in termini di modificazioni cellulari. Il superamento delle problematiche sorte durante la fase di messa a punto del sistema, che deve essere ritenuto parte integrante del lavoro di sviluppo condotto, ha permesso di studiare l’adattamento di MSCs allo stiramento ciclico, mostrando che questo effettivamente determina alcune differenze fenotipiche rispetto al controllo statico. Inoltre le cellule hanno acquistato una disposizione orientata lungo l’asse longitudinale delle fibre, dato questo particolarmente importante se si considera la disposizione ordinata delle cellule del miocardio, le quali costituiscono un vero e proprio sincizio, indispensabile per una diffusione sincrona dell’impulso elettrico di contrazione. La creazione di uno pseudotessuto cardiaco ottimale richiederà ovviamente ulteriore lavoro, ma la metodica qui presentata si propone al tempo stesso come uno strumento di studio e come una strategia operativa per un approccio innovativo e standardizzabile alla medicina rigenerativa del miocardio.

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Im Rahmen dieser Arbeit wurde das an derDrei-Spektrometer-Anlage derA1-Kollaboration des Institutes für Kernphysik derUniversität Mainzdurchgeführte Koinzidenz-Experiment zur Elektroproduktionvon neutralenPionen nahe der Schwelle am Deuteron bei einemViererimpulsübertrag vonq^2=-0.1 GeV^2/c^2 vorgestellt. Diese Messung stellt denerstenexperimentellen Zugang zum longitudinalen Anteil desWirkungsquerschnittes dieser Reaktion überhaupt dar. ZurSeparationder verschiedenen Wirkungsquerschnittsanteile wurden Datenbei dreiPolarisationen des virtuellen Photons bis 4 MeV oberhalb derPionproduktionsschwelle genommen. Eine besondereHerausforderung ergabsich aus der mit beta=0.16 geringsten bisher mit demDetektorsystem nachgewiesenen Teilchengeschwindigkeit derDeuteronenund dem erstmaligen kohärenten Nachweis des Deuterons. Aus den in zwei Strahlzeiten gewonnenen Daten wurden mitHilfe einerRosenbluth-Separation der longitudinale und transversaleAnteil desWirkungsquerschnittes ermittelt. Unter Verwendung aller 144Datenpunkte derdifferentiellen Wirkungsquerschnitte konnten bei schwachenAnnahmen für dieImpulsabhängigkeit der p-Wellen-Beiträge die Beträge ders-Wellen-Amplituden Ed und Ld an der Schwelle extrahiertwerden: |Ed|<0.68*10^(-3)/M_pi+ und |Ld|=(0.81+/-0.18)*10^(-3)/M_pi+ Die experimentell bestimmten Werte liegen weit unter denVorhersagen der chiralen Störungstheorie. Ausgedrückt durchdens-Wellen-Wirkungsquerschnitt a_0 entspricht der gemesseneWert nurca. 1/6 der Vorhersage. Die gemessenen Winkelverteilungenderdifferentiellen Wirkungsquerschnitte können als wichtigeGrundlage zurIntegration der bisher in den Modellen nicht enthaltenenp-Wellen-Beiträge dienen.

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In einer Vielzahl von Ionenkristallen mit Wasserstoffbrücken kann der Übergang aus einer paraelektrischen in eine elektrisch geordnete Phase mittels Substitution der Deuteronen durch Protonen um typischerweise 100 K abgesenkt werden. Die Ursache dieses Isotopieeffekts wird in Tunnelmoden der Protonen, in der Kopplung der Protonen untereinander oder in der Geometrie bzw. Symmetrie der Wasserstoffbrücke gesucht. Als Modellsubstanzen zur Untersuchung bieten sich die Trialkalihydrogendisulfate an. Hier sind die Wasserstoffbrücken, welche die Sulfattetraeder lokal zu Dimeren vernetzen, weit voneinander getrennt. Daher wird kein langreichweitiges Wasserstoffbrückennetzwerk ausgebildet.Bei den in dieser Arbeit untersuchten Rb3H1-xDx(SO4)2-Kristallen tritt der Phasenübergang im deuterierten Kristall bei 82 K auf und ist in protonierten Proben vollständig unterdrückt. Es wurde die 87Rb-NMR eingesetzt, weil damit Untersuchungen von Struktur und Dynamik im gesamten Konzentrationsbereich möglich sind. Die Meßgröße ist der elektrische Feldgradient (EFG), welcher durch die umgebenden Ionenladungen erzeugt wird.Durch orientierungsabhängige Messungen wurde gezeigt, daß die drei in der paraelektrischen Phase von Rb3D(SO4)2 vorkommenden EFG sich nicht durch Symmetrieoperationen ineinander überführen lassen. Es liegen somit kleine Abweichungen von einer monoklinen Symmetrie vor. Am Übergang in die antiferroelektrische Phase vervierfacht sich die Anzahl der kristallografisch inäquivalenten Einbaulagen. Aus dem Vergleich von NMR und Röntgenbeugung kann geschlossen werden, daß die Abweichungen von der monoklinen Raumgruppe und die elektrische Ordnung primär durch die Wasserstoffkerne verursacht werden. Aus der Aufspaltung der Resonanzlinien wurde ein statischer kritischer Exponent von  = 0,21  0,03 ermittelt, der mit trikritischem Verhalten verträglich ist. Die longitudinale Relaxation der Kernspinmagnetisierung wird durch Fluktuationen des EFG verursacht. Am Phasenübergang sind diese Fluktuationen an der Einbaulage der Rubidiumatome vergleichsweise groß und stark anisotrop. Beides läßt sich gut beschreiben, wenn angenommen wird, daß nur die Dynamik der Wasserstoffkerne die Kernspins relaxieren läßt. Für die longitudinale Relaxation wurde ebenfalls ein kritisches Verhalten am Phasenübergang gefunden. Der Exponent beträgt in deuterierten Proben  = -0,67 +- 0,07 und ist für die teildeuterierte Proben mit x = 0,5 größer:  = -1,15 +- 0,15. In der vorliegenden Arbeit konnte gezeigt werden, daß zur Beschreibung der NMR an verschiedenen Kernsorten weder, wie zuvor in der Literatur diskutiert, asymmetrische Wasserstoffbrücken noch Tunnelmoden erforderlich sind. Die hier erstmalig in den Trialkalihydrogendisulfaten gefundenen konzentrationsabhängigen kritischen Exponenten bilden einen neuen Prüfstein für die Modelle des Isotopieeffekts, die sich bisher primär auf die Erklärung der Phasenübergangstemperatur beschränkt haben.

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An der Drei-Spektrometer-Anlage am Beschleuniger MAMI wurde ein Elektronpolarimeter aufgebaut, das die longitudinale Spinpolarisation für Strahlenergien von 500-880 MeV bestimmt. Messprinzip ist die Møller-Streuung. Weiterhin wird ein Experiment zur Bestimmung der Strahlhelizitäts-Asymmetrie in resonanter Elektroproduktion neutraler Pionen am Proton vorgestellt. Diese Observable bietet Zugang zu nichtresonanten Untergrundamplituden in der Nukleon-Delta-Anregung, die im Hinblick auf die Extraktion der Quadrupolamplituden in diesem Übergang wichtig sind.

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Diese Arbeit untersucht die longitudinale und transversaleStrahldynamik am Mainzer Mikrotron MAMI. Die gemessenen Abbildungseigenschaften werden mit den Design-Rechnungen verglichen. Dadurch konnte die Strahlqualitaet von MAMI B und das Design der neuen HDSM Mikrotronstufe verbessert werden. Es wurde eine Stoerungsrechnung formuliert, um die 6-DAbbildungsmatrix entlang der Beschleunigungsstrecke zu berechnen. Ausgehend von der linearisierten Hamilton Funktion wird die Transfermatrix M in eine unendliche Summe ueber Matrizen M(n) zerlegt, die jeweils eine n-fache Wechselwirkung des Strahls mit dem Quadrupolanteil des Fuehrungsfeldes darstellen. Dank des tieferen Einblicks in die Auswirkung von Feldfehlern konnte damit das Mikrotron-Modell leicht an die gemessenen Transfermatrizen angepasst werden. Ferner wurde die Identifizierung und Korrektur anti-symmetrischer Feldfehler in den Mikrotron-Dipolen untersucht. Es wurde ein Messverfahren entwickelt, um kleine Feldkomponenten in der Bahnebene von der Groessenordnung 10E-3 zu erkennen. Das vorgeschlagene Verfahren wurde mit Hilfe des Simulationsprogramms TOSCA ausgetestet. Schliesslich wurde die Stabilitaet der Longitudinaloptik verbessert. Dadurch konnte eine hochpraezise Energiestabi-lisierung verwirklicht werden. Bei 855 MeV Strahlenergie wird eine Stabilitaet von etwa 10E-6 erreicht.

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Vortex dynamics in two different classes of superconductors with anisotropic unidirected pinning sites was experimentally investigated by magnetoresistivity measurements: YBCO−films with unidirected twins and Nb-films deposited on faceted $mathrm Al_2O_3$ substrate surfaces. For the interpretation of the experimental results a theoretical model based on the Fokker-Planck equation was used. It was proved by X-ray measurements that YBCO films prepared on (001) $mathrm NdGaO_3$ substrates exhibit only one twin orientation in contrast to YBCO films grown on (100) $mathrm SrTiO_$3 substrates. The magnetoresistivity measurements of the YBCO films with unidirected twin boundaries revealed the existence of two new magnetoresistivity components, which is a characteristic feature of a guided vortex motion: an odd longitudinal component with respect to the magnetic field sign reversal and an even transversal component. However, due to the small coherence length in YBCO and the higher density of point-like defects comparing to high-quality YBCO single crystals, the strength of the isotropic point pinning was comparable with the strength of the pinning produced by twins. This smeared out all effects caused by the pinning anisotropy. The behaviour of the odd longitudinal component was found to be independent of the transport current direction with respect to the twin planes. The magnetoresistivity measurements of faceted Nb films demonstrated the appearance of an odd longitudinal and even transversal component of the magnetoresistivity. The temperature and magnetic field dependences of all relevant magnetoresistivity components were measured. The angles between the average vortex velocity vector and the transport current direction calculated from the experimental data for the different transport current orientations with respect to the facet ridges showed that the vortices moved indeed along the facet ridges. An anomalous Hall effect, i.e. a sign change of the odd transversal magnetoresistivity, has been found in the temperature and magnetic field dependences of the Hall resisitivity of the samples. The theory developed by V.~A.~Shklovskij was used for the explanation of the experimental data. It shows very good agreement with the experiment. The temperature dependence of the even longitudinal magnetoresistivity component of the samples could be very well fitted within the theoretical approach, using for the isotropic and anisotropic pinning potential simple potential with a symmetric triangular potential wells whose depths were estimated from the experimental data.

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Ziel dieser Arbeit war die Pr"{a}paration, Charakterisierung und Untersuchung der elektronischen Eigenschaften von d"{u}nnen Schichten des Hochtemperatursupraleiters HgReBa$_{2}$Ca$_{n-1}$Cu$_{n}$O$_{y}$, die mittels gepulster Laser-Deposition hergestellt wurden. Die HgRe1212-Filme zeigen in der AC-Suszeptibilit"{a}t einen scharfen "{U}bergang in die supraleitende Phase bei 124 K mit einer "{U}bergangsbreite von 2 K. Die resistiven "{U}berg"{a}nge der Proben wurden mit zunehmender St"{a}rke des externen Magnetfeldes breiter. Aus der Steigung der Arrheniusplots konnte die Aktivierungsenergie f"{u}r verschiedene Feldst"{a}rken bestimmt werden. Weiterhin wurde die Winkelabh"{a}ngigkeit des Depinning-Feldes $B_{dp}(theta)$ der Filme gemessen. Hieraus wurde ein Anisotropiewert von $gamma$ = 7.7 bei 105 K ermittelt. Dies ist relevant, um den f"{u}r Anwendungen wichtigen Bereich im $T$-$B$-$theta$-Phasenraum des Materials absch"{a}tzen zu k"{o}nnen. Die kritische Stromdichte $J_{c}$ der d"{u}nnen Filme aus HgRe-1212 wurde mit Hilfe eines SQUID-Magnetometers gemessen. Die entsprechenden $M$-$H$ Kurven bzw. das magnetische Moment dieser Filme wurde f"{u}r einen weiten Temperatur- und Feldbereich mit einem magnetischen Feld senkrecht zum Film aufgenommen. F"{u}r einen HgRe-1212-Film konnte bei 5 K eine kritische Stromdichte von 1.2 x 10$^{7}$ A/cm$^{2}$ und etwa 2 x 10$^{6}$ A/cm$^{2}$ bei 77 K ermittelt werden. Es wurde die Magnetfeld- und die Temperaturabh"{a}ngigkeit des Hall-Effekts im normalleitenden und im Mischzustand in Magnetfeldern senkrecht zur $ab$-Ebene bis zu 12 T gemessen. Oberhalb der kritischen Temperatur $T_{c}$ steigt der longitudinale spezifische Widerstand $rho_{xx}$ linear mit der Temperatur, w"{a}hrend der spezifische Hall-Widerstand $rho_{yx}$ sich umgekehrt proportional zur Temperatur "{a}ndert. In der N"{a}he von $T_{c}$ und in Feldern kleiner als 3 T wurde eine doppelte Vorzeichen"{a}nderung des spezifischen Hall-Widerstandes beobachtet. Der Hall-Winkel im Normalzustand, cot $theta_{H}= alpha T^{2} + beta$, folgt einer universellen $textit{T }^{2}$-Abh"{a}ngigkeit in allen magnetischen Feldern. In der N"{a}he des Nullwiderstand-Zustandes h"{a}ngt der spezifische Hall-Widerstand $rho_{yx}$ "{u}ber ein Potenzgesetz mit dem longitudinalen Widerstand $rho_{xx}$ zusammen. Das Skalenverhalten zwischen $rho_{yx}$ und $rho_{xx}$ weist eine starke Feld-Abh"{a}ngigkeit auf. Der Skalenexponent $beta$ in der Gleichung $rho_{yx}$ =A $rho_{xx}^{beta}$ steigt von 1.0 bis 1.7, w"{a}hrend das Feld von 1.0 bis 12 T zunimmt.

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La tesi di Matteo Allodi intende analizzare alcune pratiche socio-assistenziali rivolte a minori e famiglie in difficoltà relative a progetti di accoglienza presso alcune strutture residenziali. In particolare, Matteo Allodi si sofferma su progetti di accoglienza elaborati presso alcune Comunità familiari la cui metodologia d’intervento si caratterizza per un orientamento verso un modello di lavoro sociale di tipo sussidiario nell’ottica del recupero dei legami e delle competenze genitoriali. La tesi affronta nella prima parte la dimensione teorica relativa a un approccio progettuale di intervento sociale che, mettendo al centro le relazioni dei soggetti in gioco, possa promuovere la loro attivazione in funzione della realizzazione dell’obiettivo del recupero della genitorialità. Allodi si concentra dal punto di vista teorico sulle modalità di realizzazione di un servizio alla persona guidato dal principio di sussidiarietà, ovvero orientato alla valorizzazione delle capacità riflessive degli attori. Nella seconda, parte Allodi presenta l’indagine condotta in alcune Comunità di tipo familiare di Parma. La strategia iniziale d’indagine è quella del case study. Allodi sceglie di indagare il fenomeno partendo da un’osservazione partecipata di orientamento etnometodologico integrata con interviste agli attori privilegiati. In questa fase si è proceduto a una prima ricerca qualitativa, attraverso la metodologia dello studio di caso, che ha permesso di entrare in contatto con alcune tipologie di strutture residenziali per minori al fine di completare il quadro generale del fenomeno delle Comunità familiari e impostare una prima mappatura esplorativa. La ricerca prosegue con uno studio longitudinale prospettico volto a monitorare e valutare il lavoro di rete della comunità e dei servizi, osservando principalmente la mobilitazione verso l’autonomia e l’empowerment dei soggetti (minori) e delle reti ancorate al soggetto (single case study). Si è voluto comprendere quali modalità relazionali gli attori della rete di coping mettono in gioco in funzione del “cambiamento sociale”.

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Scopo della tesi è delineare un possibile approccio alla valutazione della cardiotossicità nei pazienti sottoposti a cure chemioterapiche a base di Antracicline, Taxani e Trastuzumab. Si valuta l'importanza e idoneità dell'ecografia volumetrica nella determinazione della funzionalità cardiaca in ambito oncologico e la fragilità della frazione di eiezione nel diagnosticare efficacemente la cardiotossicità indotta dai farmaci anti-tumorali, fornendo, come alternativa, il monitoraggio di strain longitudinale e biomarcatori come la Troponina I.

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L’esposizione degli operatori in campo agricolo alle vibrazioni trasmesse al corpo intero, produce effetti dannosi alla salute nel breve e nel lungo termine. Le vibrazioni che si generano sulle trattrici agricole hanno una elevata intensità e una bassa frequenza. Le componenti orizzontali, amplificate dalla posizione elevata della postazione di guida dall’asse di rollio, presentano maggiori criticità per quanto riguarda i sistemi di smorzamento rispetto alle componenti verticali. Queste caratteristiche rendono difficoltosa la progettazione dei sistemi dedicati alla riduzione del livello vibrazionale per questa categoria di macchine agricole. Nonostante l’installazione di diversi sistemi di smorzamento, il livello di vibrazioni a cui è sottoposto l’operatore può superare, in diverse condizioni di impiego, i livelli massimi imposti dalla legge per la salvaguardia della salute. L’obiettivo di questo lavoro è quello di valutare l’influenza dei moti rigidi di una trattrice (beccheggio, rollio e saltellamento) dotata di sospensione assale anteriore, sospensione cabina e sospensione sedile, sul livello vibrazionale trasmesso all’operatore.E’ stata pertanto strumenta una trattrice con accelerometri e inclinometri installati su telaio, cabina e sedile e utilizzata in diverse condizioni di lavoro in campo e di trasporto su strada. Dall’analisi delle prove effettuate emerge che durante il trasporto su strada è predominante l’accelerazione longitudinale, a causa dell’elevata influenza del beccheggio. La sospensione riduce notevolmente il moto rigido di beccheggio mentre l’effetto della sospensione della cabina è quello di incrementare, in ogni condizione di lavoro, il livello di accelerazione trasmesso dal telaio della macchina.

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Il lavoro svolto in questa tesi si propone di valutare la variabilità della composizione corporea nell’infanzia e nell’adolescenza, con particolare attenzione alla transizione dalla prima alla seconda, in relazione allo stato nutrizionale ed agli stili di vita. Lo studio è stato condotto eseguendo misure antropometriche presso scuole primarie e secondarie di Bologna. Sono stati analizzati inoltre dati acquisiti a partire dal 2004. Il campione analizzato comprende 3546 soggetti di età compresa tra 6 anni e 14 anni. In particolare sono state analizzate le principali misurazioni utili per il calcolo della composizione corporea, evidenziando i parametri antropometrici principali quali BMI, circonferenza vita, WHR, %F e FFM. Questi caratteri sono stati quindi messi in relazione con le informazioni inerenti l’attività sportiva extrascolastica e gli stili di vita dei soggetti esaminati. L’analisi trasversale delle principali caratteristiche antropometriche ha fornito un interessante panorama della situazione italiana e del nord Italia; lo studio longitudinale delle variabili antropometriche permette di ottenere un quadro aggiornato dei principali incrementi delle misure corporee. La valutazione della variabilità della composizione corporea in relazione all’attività sportiva e allo stile di vita durante il processo di accrescimento ha indicato come abitudini sane e propensione all’attività motoria sono sicuramente in grado di apportare miglioramenti nella modificazione della composizione corporea nel processo evolutivo specialmente se somministrate con modalità adeguate all’età e alle esigenze individuali. Questi aspetti sono certamente rilevanti e complessi, sarebbe infatti interessante in prospettiva futura riuscire ad indagare ancora più dettagliatamente sull’interazione tra i fattori che determinano e modificano la composizione corporea in un periodo della vita così particolare come la transizione dall’infanzia all’adolescenza.

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In questo studio ci siamo proposti di investigare i sistemi di modulazione automatica della dose sui sistemi TC Multislice (Automatic Exposure Control – AEC) da tre diversi produttori, aventi differenti indicatori di qualità delle immagini. Il presente lavoro è stato svolto presso il Servizio di Fisica Sanitaria dell’Azienda Ospedaliera Universitaria - Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna e consiste in un’analisi quantitativa della dose impiegata durante esami di Tomografia Computerizzata Multi-Slice (TCMS) e delle rispettive immagini radiologiche. Le immagini sono state acquisite con : GE LightSpeed VCT 64 e GE LightSpeed 16 (AEC AutomA 3D longitudinale e angolare), Siemens Sensation 16 (AEC CARE Dose 4D combinato), Philips Brilliance 16 e iCT 64 (separati in AEC ZDOM longitudinale e AEC DDOM angolare). Le acquisizioni TCMS sono state effettuate a differenti kV e mA di riferimento, al fine di investigarne gli effetti sulla modulazione, impiegando algoritmi di ricostruzione standard presenti su ogni macchina. Due fantocci antropomorfi simulanti la zona del torace e dell’addome sono stati utilizzati per simulare un paziente standard posizionato come in un esame clinico di routine ; a questo proposito, sono stati impiegati protocolli elicoidali standard con e senza modulazione. Sono inoltre stati testati differenti valori di indice di qualità delle immagini. Il profilo dei mA lungo la lunghezza è stato ottenuto utilizzando ImageJ, un programma open source comunemente utilizzato per l’elaborazione di immagini; i mAs sono stati normalizzati ad un fattore che tiene conto delle differenti geometrie e delle filtrazioni dei diversi scanner tomografici analizzati nell’esperienza. Il rumore è stato valutato tramite la scelta di determinate ROI (Region Of Interest) localizzate in aree il più possibili uniformi disponibili lungo i fantocci. Abbiamo registrato che una variazione del Noise Index o dei mAs di riferimento a seconda della tipologia di macchina analizzata risulta in uno shift dei profili di dose; lo stesso si è verificato quando sono stati cambiato kV o mA nella scout di acquisizione. Sistemi AEC longitudinali e combinati hanno mostrato profili di mAs normalizzati simili tra loro, con valori elevati evidenziati nella zona delle spalle e zona pelvi; sono state osservate differenze del 30-40% tra i differenti scanner tomografici. Solo in un caso di macchina analizzata si è verificato un comportamento opposto rispetto alle altre due tipologie di macchina in esame. A dispetto della differente natura dei sistemi AEC, i risultati ottenuti dai protocolli combinati e longitudinali sono simili tra loro. Il rumore presente nelle immagini è aumentato ad un livello accettabile e la sua uniformità lungo la direzione di scan è migliorata.