190 resultados para LIQUIDO AMNIOTICO
Resumo:
Negli ultimi decenni la materia oscura è stata oggetto di crescente interesse scientifico: dati sperimentali indicano che essa costituisce il 26.8% della massa totale dell'Universo ma le sue origini e natura rimangono ancora ignote. Essa interagisce solo gravitazionalmente in quanto priva di carica, caratteristica che ne rende molto difficile la rivelazione. Numerosi esperimenti in tutto il mondo sono alla ricerca di maggiori informazioni riguardo la natura della materia oscura tramite metodi di rivelazione indiretta e diretta; questi ultimi sono accumunati da rivelatori molto massivi per sopperire alla piccola sezione d'urto di interazione e situati in ambienti molto isolati per diminuire il rumore di fondo dovuto alla radioattività terrestre. Tra le varie ipotesi avanzate riguardo la natura della materia oscura spiccano le WIMP, Weakly Interacting Massive Particle. L'esperimento XENON, situato ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso, si occupa della rivelazione diretta di WIMP studiandone l'urto elastico con i nuclei di Xeno, presente allo stato liquido e gassoso all'interno della TPC, il rivelatore fulcro dell'esperimento. I primi risultati dell'ultima fase del progetto sono attesi per l'inizio del 2016; grazie alla massa fiduciale di circa una tonnellata di Xeno, da cui il nome XENON1T, e a migliorie atte a diminuire il rumore di fondo, quali la scelta accurata di materiali a bassa radioattività e a un sistema di veto dei muoni, si ipotizza che il rivelatore raggiungerà una sensibilità due ordini di grandezza superiore a quelle finora raggiunte. Sono in fase di ricerca soluzioni per incrementare la raccolta di luce del rivelatore, nell'ottica di diminuire l'energia di soglia di rivelazione migliorandone la sensibilità. Una delle possibili soluzioni consiste nell'affiancare i PMT già in uso con fotomoltiplicatori al Silicio SiPM. Essi dovranno essere in grado di lavorare a una temperatura di sim ~170 K ed avere una buona efficienza di rivelazione per fotoni di lunghezza d'onda di ~178 nm. Questo lavoro di tesi si colloca nell'ambito di tale progetto di ricerca e sviluppo. Lo scopo del lavoro di tesi presentato è stato la misura della variazione di guadagno e conteggi di buio dei SiPM a disposizione in funzione della temperatura
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L’aumento delle concentrazioni del diossido di carbonio in atmosfera dovuto alla combustione dei combustibili fossili è una fonte di grande preoccupazione a causa del suo impatto sul clima globale. La biomassa è l’unica fonte rinnovabile a poter essere convertita in combustibili e, tra i metodi di conversione, la pirolisi produce un liquido (bio-olio) che presenta potenzialità come combustibile. Le alghe sono una biomassa di interesse, ma il bio-olio che si ottiene è caratterizzato da composti contenenti ossigeno, zolfo e azoto che ne riducono la qualità. Tali elementi possono essere eliminati attraverso la scissione (cracking) con zeoliti con la produzione di idrocarburi. L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare le caratteristiche del cracking catalitico di tre microalghe: Arthrospira platensis, Botryococcus braunii e Desmodesmus communis per la produzione di idrocarburi. Le biomasse sono state pirolizzate a 500 °C e i vapori prodotti termicamente sono stati fatti passare nella zeolite dove subiscono il cracking. Sono state utilizzate due zeolite a diversa acidità: un pellet H-ZSM5 (SiO2/Al2O3=38) e un monolite a base di HZSM5 (SiO2/Al2O3=80) e sepiolite. Dal cracking si ottengono sei frazioni pirolitiche: char, coke, fase acquosa, bio-olio, frazione volatile e gas non condensabili. Le frazioni sono state caratterizzate tramite analisi elementari e molecolari e dai dati ottenuti sono stati calcolati i bilanci di N, C e del potere calorifico. Per tutte le alghe si ottiene un bio-olio con un elevato contenuto di carbonio e fortemente deossigenato, ma le rese sono relativamente basse. I prodotti che contengono una maggior frazione del carbonio della biomassa iniziale sono il char ed il coke, seguiti dalla fase organica e dai gas. La distribuzione dell’azoto è simile ma con una maggiore frazione nella fase acquosa. Entrambi i catalizzatori agiscono migliorando la qualità del bio-olio tramite la riduzione dei composti azotati ed ossigenati e formando idrocarburi monoaromatici, tipici delle benzine, e poliaromatici. Il monolite, con zeolite meno acida, produce una maggior frazione di bio-olio caratterizzato, però, da una minor percentuale di composti aromatici. Si ritiene che l’aumento delle rese del bio-olio e la valorizzazione dei sottoprodotti (biochar, fase acquosa) siano indispensabili per la sostenibilità del processo.
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Lo scopo di questa tesi, legato ad una collaborazione di ricerca industriale, è stato quello di stabilire la natura di aggregati solidi indesiderati che si formano in creme di nocciole e cacao, quando conservate, talora accidentalmente, a basse temperature, in particolare inferiori agli 0°C. L’obiettivo è stato quello di cercare di individuare le ragioni e gli ingredienti responsabili, con più probabilità, del fenomeno per poter dare indicazioni in merito alla formulazione o alla conservazione del prodotto prima e durante la commercializzazione. Sono state campionate due partite di creme di due differenti marche presenti in commercio. Una volta verificato per quali di queste creme e in che misura avesse origine la formazione degli aggregati solidi, si è proceduto ad un loro isolamento, mediante tecniche di estrazione solido-liquido, e successiva analisi gascromatografica degli acidi grassi. Anche per gli ingredienti delle creme di nocciole e cacao si è proceduto ad un’estrazione della componente lipidica ed ad una analisi gascromatografica degli acidi grassi. I risultati ottenuti sono stati elaborati, al fine di individuare gli ingredienti o le condizioni responsabili dell'insorgenza degli aggregati solidi indesiderati. La polvere di cacao è risultata, con più probabilità, l’ingrediente della crema di nocciola e cacao responsabile della formazione degli aggregati indesiderati, e questo ha suggerito la necessità di una verifica della qualità, anche in termini di cristallizzazione, di questo ingrediente, con particolare attenzione, ovviamente, alla frazione grassa (burro di cacao). E’ stato segnalato che un processo tecnologico di produzione non adeguato (tempera), in termini di temperature raggiunte e di mescolamento della crema, così come di conservazione del prodotto finale possono avere una importanza fondamentale nelle eventuali separazioni per condensazione di alcuni componenti della fase lipidica (agglomerati sferici).
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Il presente lavoro di tesi ha avuto lo scopo di valutare l’influenza della marinatura su alcuni aspetti microbiologici e chimico-fisici correlati alla qualità della carne di petto di pollo confezionata sottovuoto durante un periodo di stoccaggio di 14 giorni in condizioni refrigerate. Dalle analisi microbiologiche, è emerso che, nonostante l’aumento di pH dovuto all’azione alcalinizzante del bicarbonato, la shelf-life del prodotto marinato è rimasta invariata rispetto al gruppo di controllo non-marinato ed è stata pari a circa 14 giorni. Dal punto di vista tecnologico, gli ingredienti funzionali aggiunti nella soluzione di marinatura hanno consentito di ottenere livelli di perdite di cottura nel prodotto finito simili a quelli delle carni non-marinate durante tutto il periodo di conservazione. Ciò è riconducibile al notevole aumento della solubilità delle proteine miofibrillari determinato dall’effetto sinergico di cloruro di sodio e bicarbonato. Tuttavia, i prodotti marinati hanno mostrato maggiori perdite di liquido nelle confezioni e questo aspetto può condizionare negativamente la propensione all’acquisto da parte del consumatore. Gli effetti rilevati sul colore non costituiscono invece un elemento determinante nella scelta dei prodotti avicoli confezionati sottovuoto. Infine, è stato escluso qualsiasi effetto negativo della marinatura nei confronti della stabilità ossidativa dei lipidi. I risultati ottenuti in questo lavoro di tesi hanno pertanto dimostrato che è possibile realizzare un prodotto marinato a base di carne di petto di pollo stabile durante la conservazione offrendo così al consumatore un alimento con caratteristiche sensoriali di succulenza e tenerezza superiori e con una maggiore facilità d’uso. Restano da ottimizzare alcuni aspetti legati alla presentazione del prodotto soprattutto in relazione alla presenza di liquido nelle confezioni.
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Analisi fatte su colate attive, mostrano che per loro natura i lenti movimenti della frana, possono essere accelerati e fluidificati durante estesi o intesi periodi di pioggia. Il meccanismo ampiamente proposto che produce questo tipo di comportamento fluido, è rappresentato dall’aumento della pressione dall’acqua nei pori all’interno del corpo di frana, generando così una parziale o completa liquefazione. Questa transizione solido-liquido è il risultato di una drastica riduzione, in termini di rigidezza meccanica nella zona di terreno liquefatto, il quale può essere potenzialmente rilevata dal monitoraggio della variazione nelle velocità delle onde di taglio (Vs), come dimostrato dalla studio effettuato da Mainsant et al. del 2012. Con questo presupposto in mente, è stata condotta una campagna di monitoraggio durata da maggio a settembre 2015, che attraverso la tecnica d’indagine sismica MASW con metodo attivo-passivo, si è misurato, con cadenza bimestrale, la velocità delle onde di taglio superficiali in vari punti del corpo di frana della colata di Montevecchio (Cesena). Al fine di possedere una conoscenza migliore di suddetta frana, è stato condotto uno studio morfoevolutivo preliminare al periodo di monitoraggio, identificando e definendo così i principali aspetti che caratterizzano la frana. Dai risultati ottenuti dal monitoraggio, si evince che il cambiamento reologico nei terreni fini di frana, possono essere osservato attraverso la variazione delle (Vs), identificando una correlazione diretta tra eventi di precipitazione, con conseguente riattivazione della frana e decrescita delle velocità (Vs), tanto più marcato, quanto maggiore è stato lo spostamento registrato. Il lavoro di tesi condotto conferma quanto detto nello studio di Mainsant et al. del 2012, ponendolo come un valido metodo per predire gli eventi franosi tipo colata.
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La tesi è il risultato dell’attività di tirocinio svolta presso Ecor Research, su una tematica proposta da un cliente, più precisamente Tetra Pak. Si progettano nuove soluzioni per un meccanismo estrattore di pacchetti preformati all’interno di un macchina automatica riempitrice di liquido per il confezionamento continuo in ambiente asettico. L’estrattore è posto in seguito all’organo che forma i pacchetti preformati e deve aumentare la velocità degli stessi in modo tale da permettere lo scarto dei danneggiati, in corrispondenza della massima produttività della macchina. Lo scarto avviene tramite uno scivolo che si frappone al moto del pacchetto nel caso esso sia danneggiato, non appena è avvenuta l’estrazione. Quindi, senza la presenza dell’estrattore, il sistema di scarto non ha una adeguata finestra temporale in cui agire. In seguito i pacchetti non danneggiati entrano nel successivo organo macchina dove vengono riferiti e distanziati per le successive lavorazioni. Le nuove soluzioni sono sviluppate su un certo formato di pacchetto, per il quale risultano disponibili spazi minori per l’implementazione dell’estrattore. Si è affrontato il problema costruendo un modello cinetostatico dell’estrattore, ricavando le specifiche di progetto attraverso contatti con il cliente e attraverso l’analisi della soluzione esistente. A causa dei limitati ingombri a disposizione per l’implementazione dell’estrattore, si divide il problema in due parti, progettando ed analizzando per ognuna un ampio ventaglio di soluzioni, tra le quali anche sistemi articolati, introducendo in seguito parametri di valutazione per scegliere le migliori. Si va poi a comporre le parti del problema a seconda delle proprie affinità ottenendo le soluzioni complete e scegliendo le più adatte al caso in esame. Infine si valuta la flessibilità delle soluzioni scelte verificando l’adattabilità ad un differente formato di pacchetto. Si individuano 2 soluzioni, tramite cinghie sincrone e quadrilatero articolato
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I depositi di liquidi infiammabili sono stabilimenti industriali in cui avvengono spesso incendi di grandi dimensioni a causa degli ingenti quantitativi di sostanze infiammabili detenute. Gli incendi tipici dei liquidi infiammabili sono gli incendi di pozza in caso di rilascio del liquido al suolo e gli incendi di serbatoio in caso di ignizione del liquido all’interno del serbatoio stesso. Tali incendi hanno la potenzialità di danneggiare le apparecchiature limitrofe, determinandone il cedimento e dunque l’incremento delle dimensioni dell’incendio e dell’area di danno; tale fenomeno è detto effetto domino. Per la modellazione degli incendi sono disponibili diversi strumenti, divisibili essenzialmente in due categorie: modelli semplici, ovvero basati su correlazioni semi-empiriche e modelli avanzati, costituiti dai codici CFD. L’obiettivo principale del presente lavoro di tesi è il confronto tra le diverse tipologie di strumenti disponibili per la modellazione degli incendi di liquidi infiammabili. In particolare sono stati confrontati tra loro il codice FDS (Fire Dynamics Simulator), il metodo del TNO ed il modello per gli incendi di pozza incorporato nel software ALOHA. Il codice FDS è un modello avanzato, mentre il metodo del TNO ed il modello implementato nel software ALOHA sono modelli semplici appartenenti alla famiglia dei Solid Flame Models. La prima parte del presente lavoro di tesi è dedicata all’analisi delle caratteristiche e delle problematiche di sicurezza dei depositi di liquidi infiammabili, con specifico riferimento all’analisi storica. Nella seconda parte invece i tre metodi sopra citati sono applicati ad un parco serbatoi di liquidi infiammabili ed è effettuato il confronto dei risultati, anche ai fini di una valutazione preliminare dell’effetto domino. La tesi è articolata in 6 capitoli. Dopo il Capitolo 1, avente carattere introduttivo, nel Capitolo 2 vengono richiamati i principali concetti riguardanti gli incendi e vengono analizzate le caratteristiche e le problematiche di sicurezza dei depositi di liquidi infiammabili. Il Capitolo 3 è dedicato alla discussione delle caratteristiche degli incendi di pozza, alla presentazione delle tipologie di strumenti a disposizione per la loro modellazione ed alla descrizione di dettaglio dei modelli utilizzati nel presente lavoro di tesi. Il Capitolo 4 contiene la presentazione del caso di studio. Nel Capitolo 5, che costituisce il cuore del lavoro, i modelli descritti sono applicati al caso di studio, con un’approfondita discussione dei risultati e una valutazione preliminare dell’effetto domino. Nel Capitolo 6 infine sono riportate alcune considerazioni conclusive.
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Si vuole dimostrare la fattibilità di realizzazione di una serie di misuratori di portata fluidi da applicare principalmente per le misure di portata dei fluidi di un motore in prova al banco. Queste portate di interesse riguardano: liquido di raffreddamento, tipicamente acqua a una temperatura prossima ai 100°C, olio lubrificante, tipicamente ad una temperatura di 150°C, aria di aspirazione, BlowBy, aria che filtra dalle fasce elastiche e dalla camera di combustione passa in coppa e quindi presenta goccioline e vapori d'olio, e possibilmente EGR. La prima fase consiste nel valutare ciò che offre il mercato per rendersi conto di quali sono i livelli di prestazione di misura dei sensori commerciali e il loro prezzo. Dunque, oltre alla consultazione di datasheet, segue una richiesta di preventivi ai fornitori di tali prodotti. Conclusa la fasce di analisi di mercato sopra descritta si avvia la fase di design del misuratore. Dopo l'analisi il principio di misura ottimale risulta quello ultrasonico. In particolare è opportuno effettuare una prima distinzione fra misuratori per liquidi e per gas, i quali naturalmente presenteranno differenze geometriche sia per la compatibilità con l'impianto nel quale verranno montati sia per le caratteristiche del fluido di cui interessa la misura. Disegnata a CAD la geometria i due tubi vengono stampati in 3D, dopodichè vengono montati i trasduttori per la generazione e la ricezione degli ultrasuoni. Si effettuano le prove di laboratorio, per liquidi e poi per gas, nel primo caso misurando la portata acqua messa in circolo da una pompa, nel secondo caso misurando la portata aria di un Ducati al banco motori. I dati acquisiti da varie prove vengono poi elaborati tramite Matlab, e si ricavano conclusioni in termini di rumore, accuratezza, ripetibilità ed infine di conferma che è fattibile realizzarli ad un costo contenuto ma che per riuscirci è necessario molto più sviluppo e ottimizzazione.
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Il presente lavoro di tesi riguarda l’analisi della vulnerabilità sismica di serbatoi atmosferici in acciaio. I serbatoi sono strutture di varie forme e dimensioni, utilizzate per lo stoccaggio di liquidi come l’acqua, il petrolio e il gas naturale. La loro importanza non deriva solamente dal loro valore economico e da quello della sostanza contenuta, ma anche dalle conseguenze disastrose causate da un loro collasso strutturale. Risulta quindi fondamentale progettare sistemi che siano efficienti ed affidabili, soprattutto nei confronti di azioni sismiche. In questo campo, in particolare negli ultimi decenni, sono state condotte numerose campagne sperimentali, grazie alle quali si è compreso meglio il comportamento dei serbatoi. Le normative, inoltre, hanno introdotto al loro interno indicazioni riguardo all’analisi dinamica, fornendo un valido strumento per i progettisti. In questo lavoro di tesi si è analizzata la vulnerabilità sismica di varie tipologie di serbatoi e si sono confrontati i risultati ottenuti. Sono stati studiati in particolare due modelli: il primo considera il serbatoio come rigido, il secondo, invece, come deformabile. L’analisi è stata automatizzata creando degli script che permettono, variando solamente alcuni parametri (caratteristiche del serbatoio, del liquido contenuto e del terreno presente), di giungere in tempi rapidi ad una soluzione accettabile per verificare le possibili rotture. Per modellare il problema si è scelto di seguire l’approccio fornito dalle raccomandazioni neozelandesi NZSEE, mentre per le verifiche di instabilità sono state prese in considerazione anche le normative europee. L’obiettivo è dunque quello di analizzare, attraverso un modello semplificato ed automatizzato, la vulnerabilità di serbatoi cilindrici in acciaio contenenti liquido sottoposti ad un’azione sismica.
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La fritura es un proceso altamente utilizado a nivel industrial y casero, el que considera someter a las grasas a temperaturas cercanas a los 200°C, con lo cual se producen complicados cambios físicos y químicos. En Chile, se utilizan para freír mantecas hidrogenadas las cuales han mostrado alto contenido en ácidos grasos trans (AGT). Este trabajo tiene como objetivo determinar los cambios en el perfil en ácidos grasos, con énfasis en AGT, de diferentes tipos de materias grasas hidrogenadas y aceites vegetales sometidos a calentamiento. Para esto se evaluó y se sometió a un ciclo de calentamiento por 50 h 7 diferentes tipos de materias grasas y como control se consideró a aceite de girasol, se evaluaron los tiempos 0, 10, 20, 30, 40 y 50 h. La composición en ácidos grasos se realizó por cromatografía gas - liquido previa preparación de los ésteres metílicos según Norma española, UNE-EN ISO 5509. Los resultados mostraron que la composición en ácidos grasos de todas las materias grasas estudiadas presentaron modificación durante el tratamiento térmico, observándose una disminución de los ácidos grasos poliinsaturados y un aumento o preservación de los ácidos grasos monoinsaturados y saturados. Los ácidos grasos trans mostraron contenidos importantes en mantecas hidrogenadas (20%), los que se mantuvieron constantes durante todo el calentamiento. El aceite de girasol y el de girasol alto oleico resultaron ser los más adecuados para freír, ya que no mostraron presencia de AGT y se mantuvieron aptos para ser utilizados hasta las 40 h de calentamiento.
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TIPO DE BUQUE: Velero de competición capacitado para la regata alrededor del mundo “Volvo Ocean Race.” REGLAMENTOS: Reglas de la clase: Volvo Ocean 60 rule 2000 + changes CLASIFICACIÓN: ABS Guide for Building and Classing Offshore Racing Yachts 1994 incorporating Notice #1 DESPLAZAMIENTO MÁXIMO: 15000 KG CALADO MÁXIMO: 3.75 m ESLORA MÁXIMA: 23.5 m CONSTRUCCIÓN: Casco: Materiales compuestos. Mástil: materiales compuestos sin núcleo o aluminio. INSTALACIÓN ELÉCTRICA: 24V DC con un motor auxiliar y al menos dos alternadores independientes. SISTEMA DE PROPULSIÓN: Vela, aparejo tipo Sloop. Motor propulsivo de emergencia con hélice plegable de dos palas capaz de dar 7 nudos en condiciones de mar en calma ALOJAMIENTO: para 12 tripulantes REQUERIMIENTOS: Desaladora-potabilizadora, radar, GPS, GMDSS, comunicaciones por satélite Inmarsat B y C, sistema de gobierno de emergencia, calefacción, bombas de lastre, sistema de corrección de escora mediante tanques de lastre liquido.
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Este trabajo presenta ciertos resultados recientes que están relacionados con el equilibrio dinámico de puentes líquidos mantenidos entre discos solidos paralelos y coaxiales. Estos estudios tienen por objeto analizar los experimentos realizados a bordo del spacelab en diciembre de 1983. Se ha desarrollado un programa muy activo en tierra para simular, tanto numérica como experimentalmente, los efectos de la gravedad reducida en configuraciones capilares. La simulación con la técnica de plateau permite obtener en muchos casos resultados extremadamente precisos, siempre que se ponga un gran cuidado en gobernar la densidad del liquido soporte. Aunque las aplicaciones comerciales de estas investigaciones están lejos, su contenido científico justifica trabajar mas todavía. En el caso particular que consideramos, el puente liquido es la configuración mas sencilla, voluminosa y gobernable limitada por una superficie libre no plana, y esto es en sí mismo científicamente interesante. La competencia comercial con desarrollos paralelos en tierra será desfavorable para los procesos espaciales mientras no aumenten las oportunidades de vuelo.
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El objetivo principal de esta tesis fue incrementar el valor proteico para rumiantes de la harina de girasol mediante tratamientos combinados con ácidos y calor para proteger sus proteínas frente a la degradación ruminal. Estos estudios comprenden dos experimentos realizados sobre ovinos mediante tecnologías in vitro (experimento 1) o in situ e in vivo (experimento 2), empleando siempre dos ácidos: málico u ortofosfórico. Aprovechando este último experimento, también se consideraron otros objetivos de carácter metodológico con el fin de mejorar la precisión de las estimas de i) la degradabilidad ruminal y la digestibilidad intestinal de la proteína y los aminoácidos (AAs) de los alimentos y ii) la síntesis microbiana ruminal y su contribución al flujo post-ruminal de nutrientes al animal. En el experimento 1 (capítulo 2) se efectuaron cuatro ensayos in vitro para estudiar la influencia de distintos factores que puedan afectar la eficacia de estos tratamientos. En cada ensayo se utilizó una réplica por tratamiento (dos para el tratamiento control) y dos bolsas vacías (empleadas para corregir la contaminación microbiana) en cada una de las cuatro botellas del incubador (ANKOM Daisy II). Cada botella contenía 2 l de medio de incubación, saturado con CO2 para asegurar la anaerobiosis. Este medio consistió en una mezcla de solución McDougall y liquido ruminal filtrado en relación 4:1. El liquido ruminal fue obtenido de 2 corderos canulados en rumen, utilizándose bien solo o mezclado con el del otro cordero en una relación 3:1. Así, cada botella de incubación contenía un inoculo ruminal diferente. Las incubaciones se realizaron a 39 ºC durante 20 h, siendo las bolsas lavadas con agua corriente y almacenadas a -20 ºC. Tras ser descongeladas, se lavaron 3 veces durante 5 min en una mini-lavadora de turbina, se desecaron a 80 ºC durante 48 h y se destinaron íntegras al análisis de N-Kjeldahl. En el ensayo 1 se estudió el efecto del volumen de disolución de dos dosis de ácido ortofosfórico (0,4 y 1,2 equivalentes gramo (eq)/kg de harina de girasol), testando cinco volúmenes de disolución (80, 160, 240, 320 and 400 ml/kg de harina) para cada dosis, desecándose las harinas a 60 ºC hasta sequedad al tacto. La proteína bruta (PB) indegradada se incremento con la dosis de ácido empleada y también (como tendencia, P < 0,1) con el volumen de dilución. En base a ello en los siguientes ensayos se utilizo el volumen de dilución mayor (400 ml/kg). En el ensayo 2 se estudió el efecto de la dosis y del tipo de ácido a cuatro dosis (1,2; 2,4; 3,6 y 4,8 eq/kg), secándose igualmente las muestras tratadas a 60 ºC. La PB indegradada aumentó con la dosis de ácido, siendo también mayor para el ácido málico, tanto en este ensayo como en los posteriores. En el ensayo 3 se estudiaron los efectos de los dos ácidos, cuatro concentraciones (0,6; 1,2; 1,8 y 2,4 eq/kg) y tres tratamientos térmicos para el secado de las muestras (100, 150 and 200 ºC durante 60, 30 y 20 minutos, respectivamente). Con los tratamientos térmicos a 100 y 150 ºC no hubo un incremento de protección para concentraciones superiores a 0,8 eq/kg para ambos ácidos. Para incrementar la protección fue necesario aumentar la temperatura a 200 ºC y la dosis a 1,2 eq/kg, no observándose un aumento de protección a dosis mayores. En el ensayo 4 se estudiaron los efectos sobre la lisina disponible, la solubilidad de la PB en saliva artificial de McDougall y la PB indegradada in vitro de tratar la harina solo con agua o con disoluciones de ambos ácidos a dosis de 0,8 eq/kg y temperaturas de secado de 100 ó 150 ºC en las mismas condiciones que en el ensayo 3. No se apreciaron efectos sobre la lisina disponible para ninguno de los tratamientos. El efecto específico de los ácidos quedo demostrado tanto por la fuerte reducción de la solubilidad de la PB como por el aumento de la PB indegradada frente al tratamiento con agua. En conjunto, los resultados de este experimento mostraron que la eficacia de estos tratamientos depende del tipo y dosis de ácido y de su dilución, así como de las condiciones de secado. Como tratamiento de mayor interés a aplicar posteriormente en el experimento 2 se consideró una dosis de 0,8 eq/kg de harina, aplicada en un volumen de 400 ml/kg (correspondiente a soluciones 1 M y 0,67 M para los ácidos málico y ortofosfórico, respectivamente) y desecación a 150 ºC. El experimento 2 (capítulos 3 a 7) se realizó con un diseño en cuadrado latino 3x3, empleando tres corderos canulados en rumen y duodeno y tres dietas isoproteicas: U, M y P, que incluían harinas de girasol sin tratar (control) y tratadas con acido málico u ortofosfórico, respectivamente. La harina de girasol se trató en las condiciones ya indicadas siendo necesarias 6 horas para su secado en estufa. Las dietas incluían 40% de heno de raigrás italiano y 60% de concentrado a base de harina de girasol (tratada y/o sin tratar), trigo y corrector vitamínico-mineral, siendo suministradas a 75 g/kg P0.75 (equivalente a 2,3 × mantenimiento). La relación harina de girasol sin tratar y tratada fue de 100:0 en la dieta U y entorno a 40:60 en las dietas M y P. Tras 10 días de adaptación a la dieta, se estudiaron sucesivamente: i) el tránsito hasta el duodeno de las partículas del heno (solo en la dieta control) y de la harina de girasol marcadas previamente con europio e iterbio, respectivamente; ii) la fermentación ruminal durante el periodo postprandial, iii) la degradación ruminal in situ de la harina de girasol específica de cada dieta (y del trigo y el heno en la dieta control) y iv) la magnitud y composición del contenido ruminal mediante el vaciado manual del rumen-retículo. Durante todo el periodo experimental se infundio de forma continua una solución de sulfato amónico enriquecido en 15N (98 átomos %) para corregir la contaminación microbiana ruminal en los estudios in situ y para establecer las diferencias de composición química entre las bacterias libres (BAL) y adherentes (BAS) del rumen. Esta solución incluyó en los dos últimos días Li-Cr- EDTA para determinar la tasa de dilución ruminal. Posteriormente, y tras un periodo de al menos 10 días para eliminar el enriquecimiento en 15N de la digesta, se estudió la digestibilidad intestinal de los distintos alimentos mediante la técnica de bolsas móviles. La determinación del bypass (BP) o de la degradabilidad efectiva (DE) de la materia seca (MS) y de la PB se realizó por el método tradicional de integración matemática; estos valores se obtuvieron también para la PB y los AAs generando una muestra representativa del flujo post-ruminal del alimento en estudio en cada animal. Ello se realizó mediante la mezcla de los distintos residuos de incubación en base a la función que describe el flujo de alimento indegradado que abandona el rumen. Todos estos trabajos se realizaron considerando la tasa de salida de partículas del rumen (kp) y, según casos, considerando también la tasa de conminución y mezcla de las partículas en este compartimento (kc). Para este último caso se ha desarrollado también el modelo matemático que describe este flujo y permite este cálculo. Los valores no corregidos por la contaminación microbiana del BP (o de DE) de la PB resultantes de ambos métodos se han comparado tanto en las harinas de girasol como en los restantes alimentos de la dieta, obteniéndose valores similares, sin apreciarse desviaciones sistemáticas. Sobre las muestras compuestas representativas de la composición química del BP se determino la digestibilidad intestinal efectiva (DIE) de la MS, PB y AAs. Todos los valores resultantes de esta técnica fueron corregidos para la contaminación microbiana de las partículas que tiene lugar en el rumen. Los estudios de transito digestivo se realizaron tras suministrar en el comedero a los corderos una dosis simple de los alimentos marcados, seguida de la toma de muestras de la digesta duodenal durante 82 h. En la dieta testigo se suministraron simultáneamente el heno de raigrás y la harina de girasol, mientras que en las otras dietas solo se suministró esta última. La harina de girasol mostro un mayor valor para kc frente al heno (0,5766 v. 0,0892, /h), mientras que no hubo diferencias entre los dos alimentos para kp (0,0623 v. 0,0609, /h). Para la harina de girasol no se apreciaron diferencias entre dietas para kc, pero si se redujo de manera moderada la tasa kp con los tratamientos, siendo ésta también menor al utilizar ácido ortofosfórico frente al uso de ácido malico (0,0577 v. 0,0600, /h). El empleo de las harinas tratadas no modifico los parámetros de fermentación ruminal, la composición de los contenidos ruminales o la tasa de dilución del rumen. Los valores efectivos del BP y de DIE de la MS, PB y AAs de las harinas de girasol se obtuvieron considerando kc y kp, conjuntamente. Los tratamientos de protección incrementaron el BP de MS y PB en 48,5 y 268% de media, respectivamente. Estos incrementos se debieron principalmente al descenso de la fracción soluble y de la velocidad de degradación, pero también al aumento de la fracción indegradable, especialmente usando ácido ortofosfórico. Con los tratamientos se incrementó también la DIE de la MS (108% de media) y de la PB con gran diferencia entre los ácidos málico y ortofosfórico (20,7 v. 11,8%). Como consecuencia de estos cambios la protección aumentó la fracción realmente digerida en el intestino en 211% (MS) y 325% (PB), sin efectos entre ambos ácidos. Considerando la reducción del suministro de energía fermentable para los microorganismos ruminales asociada a la protección y los parámetros indicados por el sistema PDI francés para la síntesis de proteína microbiana digestible, la eficacia de conversión de PB en proteína metabolizable aumentó de 0,244 a 0,559 y 0,515 con el tratamiento con acido málico y ortofosfórico, respectivamente. El contenido en aminoácidos (AAs) fue similar en todas las harinas salvo por una disminución de lisina en las harinas tratadas. De forma análoga a la PB, los tratamientos de protección incrementaron el BP y la DIE de la mayoría de AAs. El aporte de AAs metabolizabes de la harina se multiplico en 3,87 para los AAs azufrados y en menor medida (2,5 veces) para la lisina, como consecuencia de las pérdidas sufridas a consecuencia del tratamiento térmico. Estos tratamientos se muestran, por tanto, útiles para incrementar el valor proteico de la harina de girasol, si bien su empleo junto con concentrados proteicos ricos en lisina bypass digestible mejoraría el perfil de la proteína metabolizable. La corrección de la contaminación microbiana de las partículas que tiene lugar en el rumen se asoció en todos los alimentos testados y, de forma general, con reducciones del BP y de su DIE en todas las fracciones estudiadas. Estas reducciones fueron pequeñas en todos los concentrados, de forma acorde con los muy pequeños niveles de contaminación registrados tanto en las harinas de girasol como en el grano de trigo. Por el contrario, esta contaminación, al igual que los efectos de su corrección, fueron muy importantes en el heno de raigrás. Esta contaminación aumentó al tener en cuenta kc. Así, para la proporción de PB de origen microbiano existente en las muestras compuestas representativas del BP, este aumento fue significativo para el heno de raigrás (0,463 v. 0,706) y solo numérico para la harina de girasol (0,0170 v. 0,0208). La reducción de las estimas de DIE al corregir esta contaminación fue consecuencia de la eliminación de forma casi completa de los microorganismos adherentes en todos los residuos testados. Así, esta biomasa se redujo en 96,1% como media de 7x3 observaciones. Como resultado de las diferencias acumulativas a nivel del rumen e intestino, la no corrección de la contaminación microbiana junto con la no consideración de kc condujo a fuertes sobrestimaciones de la PB digerida en el intestino. Ésta fue de 39% en la harina de girasol (0,146 v. 0,105) y de 761% en el heno de raigrás (0,373 v. 0,0433). Estos resultados muestran que es necesario considerar tanto kc como corregir la contaminación microbiana para obtener estimas in situ precisas en forrajes, mientras que en concentrados, siempre que la contaminación microbiana sea pequeña, es más importante considerar kc. La elevada contaminación microbiana observada en el heno de raigrás se asoció también con importantes errores a nivel del N asociado a la fibra neutro (FND) y ácido (FAD) detergente (NDIN y ADIN, respectivamente) e incluso de estas fracciones de fibra, evidenciándose que estos métodos no eliminan completamente la contaminación microbiana que sufren los alimentos en su paso por el retículorumen. Así, en la muestra compuesta representativa de la composición química del flujo postruminal antes descrita, la sobrevaloración por no corregir la contaminación microbiana fue de 99,8; 24,2; 3,34 y 0,48% para NDIN, ADIN, FND y FAD, respectivamente. Las subvaloraciones asociadas para su DE fueron 34,1; 8,79; 4,41 y 0,51%, respectivamente. La DE corregida del NDIN y ADIN (0,743 y 0,728, respectivamente) mostró un aprovechamiento ruminal elevado de estos compuestos, si bien menor al de la PB total (0,85). El estudio de este aprovechamiento sobre los residuos de incubación ruminal a 6 y 72 h demostró, además, una más rápida degradación del ADIN frente al NDIN, así como un mayor potencial de degradación de este último en este alimento. Para comprobar si la digestión en el abomaso eliminaba la contaminación microbiana en la FND y FAD se estudio esta contaminación y sus posibles errores en muestras liofilizadas de contenidos ruminales y duodenales correspondientes a una dieta mixta de similar composición a la utilizada en el experimento 2, comparándose, además, las diferencias entre la extracción secuencial o directa de la FAD. Utilizando como referencia las BAS se apreciaron elevadas contaminaciones en la FND y FAD y su N asociado tanto en las muestras ruminales como en las duodenales. Sin embargo, los resultados de enriquecimiento en 15N de las partículas fueron intermedios entre los correspondientes a BAS y BAL lo que evidencia una elevada contaminación con BAL en estas muestras probablemente durante el proceso de liofilización. Ello conlleva una sobrevaloración de esta estimación. El método de extracción directa de FAD se mostró, por otra parte, marcadamente menos eficaz en la eliminación de la contaminación microbiana. Los resultados muestran la necesidad de corregir la contaminación microbiana para obtener estimaciones precisas de la degradabilidad de las proteínas de las paredes celulares vegetales. Estos errores deberían ser también considerados para FND y FAD en estudios in situ e in vivo. La elevada tasa fraccional de degradación del grano de trigo (60,9 y 42,0%/h para MS y PB, respectivamente) implico que su flujo de material indegradado (calculado solo en base a la kp obtenida para la harina de girasol) se redujera muy rápidamente, de forma que es casi nulo a 8 h tras la ingestión. Los valores corregidos de PB digerida en el intestino (0,15) representan solo el 18,7% de la proteína metabolizable, lo que muestra que el valor proteico del grano de trigo está estrechamente ligado a la síntesis de proteína microbiana derivada de su fermentación. En el experimento 2 se observaron menores concentraciones para materia orgánica, lípidos y PB, así como en la proporción N-AAs/N total en BAL que en BAS, siendo, por el contrario, mayor su enriquecimiento en 15N. Estos últimos resultados se utilizaron (junto con los de otros trabajos previos de este equipo) para validar una predicción preexistente del enriquecimiento en 15N de las BAS a partir de este valor en las BAL. Esta ecuación, de muy alta precisión (R2 = 0.995), permite calcular la subvaloración que se comete en los aportes de nutrientes correspondientes a las BAS al usar las BAL como muestra de referencia. Esta subvaloración representa aproximadamente 21, 32,5 y 60% para PB, proteína verdadera y lípidos.
Resumo:
La presente tesis es un estudio analítico y numérico del electrospray. En la configuración más sencilla, un caudal constante del líquido a atomizar, que debe tener una cierta conductividad eléctrica, se inyecta en un medio dieléctrico (un gas u otro líquido inmiscible con el primero) a través de un tubo capilar metálico. Entre este tubo y un electrodo lejano se aplica un voltaje continuo que origina un campo eléctrico en el líquido conductor y en el espacio que lo rodea. El campo eléctrico induce una corriente eléctrica en el líquido, que acumula carga en su superficie, y da lugar a un esfuerzo eléctrico sobre la superficie, que tiende a alargarla en la dirección del campo eléctrico. El líquido forma un menisco en el extremo del tubo capilar cuando el campo eléctrico es suficientemente intenso y el caudal suficientemente pequeño. Las variaciones de presión y los esfuerzos viscosos asociados al movimiento del líquido son despreciables en la mayor parte de este menisco, siendo dominantes los esfuerzos eléctrico y de tensión superficial que actúan sobre la superficie del líquido. En el modo de funcionamiento llamado de conochorro, el balance de estos esfuerzos hace que el menisco adopte una forma cónica (el cono de Taylor) en una región intermedia entre el extremo del tubo y la punta del menisco. La velocidad del líquido aumenta al acercarse al vértice del cono, lo cual propicia que las variaciones de la presión en el líquido generadas por la inercia o por la viscosidad entren en juego, desequilibrando el balance de esfuerzos mencionado antes. Como consecuencia, del vértice del cono sale un delgado chorro de líquido, que transporta la carga eléctrica que se acumula en la superficie. La acción del campo eléctrico tangente a la superficie sobre esta carga origina una tracción eléctrica que tiende a alargar el chorro. Esta tracción no es relevante en el menisco, donde el campo eléctrico tangente a la superficie es muy pequeño, pero se hace importante en el chorro, donde es la causa del movimiento del líquido. Lejos del cono, el chorro puede o bien desarrollar una inestabilidad asimétrica que lo transforma en una espiral (whipping) o bien romperse en un spray de gotas prácticamente monodispersas cargadas eléctricamente. La corriente eléctrica transportada por el líquido es la suma de la corriente de conducción en el interior del líquido y la corriente debida a la convección de la carga acumulada en su superficie. La primera domina en el menisco y la segunda en el chorro lejano, mientras que las dos son comparables en una región intermedia de transferencia de corriente situada al comienzo del chorro aunque aguas abajo de la región de transición cono-chorro, en la que el menisco deja de ser un cono de Taylor. Para un campo exterior dado, la acumulación de carga eléctrica en la superficie del líquido reduce el campo eléctrico en el interior del mismo, que llega a anularse cuando la carga alcanza un estado final de equilibrio. El tiempo característico de este proceso es el tiempo de relajación dieléctrica, que es una propiedad del líquido. Cuando el tiempo de residencia del líquido en la región de transición cono-chorro (o en otra región del campo fluido) es grande frente al tiempo de relajación dieléctrica, la carga superficial sigue una sucesión de estados de equilibrio y apantalla al líquido del campo exterior. Cuando esta condición deja de cumplirse, aparecen efectos de relajación de carga, que se traducen en que el campo exterior penetra en el líquido, a no ser que su constante dieléctrica sea muy alta, en cuyo caso el campo inducido por la carga de polarización evita la entrada del campo exterior en el menisco y en una cierta región del chorro. La carga eléctrica en equilibrio en la superficie de un menisco cónico intensifica el campo eléctrico y determina su variación espacial hasta distancias aguas abajo del menisco del orden de su tamaño. Este campo, calculado por Taylor, es independiente del voltaje aplicado, por lo que las condiciones locales del flujo y el valor de la corriente eléctrica son también independientes del voltaje en tanto los tamaños de las regiones que determinan estas propiedades sean pequeños frente al tamaño del menisco. Los resultados experimentales publicados en la literatura muestran que existe un caudal mínimo para el que el modo cono-chorro que acabamos de describir deja de existir. El valor medio y la desviación típica de la distribución de tamaños de las gotas generadas por un electrospray son mínimos cuando se opera cerca del caudal mínimo. A pesar de que los mecanismos responsables del caudal mínimo han sido muy estudiados, no hay aún una teoría completa del mismo, si bien su existencia parece estar ligada a la aparición de efectos de relajación de carga en la región de transición cono-chorro. En esta tesis, se presentan estimaciones de orden de magnitud, algunas existentes y otras nuevas, que muestran los balances dominantes responsables de las distintas regiones de la estructura asintótica de la solución en varios casos de interés. Cuando la inercia del líquido juega un papel en la transición cono-chorro, los resultados muestran que la región de transferencia de corriente, donde la mayor parte de la corriente pasa a la superficie, está en el chorro aguas abajo de la región de transición cono-chorro. Los efectos de relajación de carga aparecen de forma simultánea en el chorro y la región de transición cuando el caudal se disminuye hasta valores de un cierto orden. Para caudales aún menores, los efectos de relajación de carga se notan en el menisco, en una región grande comparada con la de transición cono-chorro. Cuando el efecto de las fuerzas de viscosidad es dominante en la región de transición, la región de transferencia de corriente está en el chorro pero muy próxima a la región de transición cono-chorro. Al ir disminuyendo el caudal, los efectos de relajación de carga aparecen progresivamente en el chorro, en la región de transición y por último en el menisco. Cuando el caudal es mucho mayor que el mínimo del modo cono-chorro, el menisco deja de ser cónico. El campo eléctrico debido al voltaje aplicado domina en la región de transferencia de corriente, y tanto la corriente eléctrica como el tamaño de las diferentes regiones del problema pasan a depender del voltaje aplicado. Como resultado de esta dependencia, el plano caudal-voltaje se divide en diferentes regiones que se analizan separadamente. Para caudales suficientemente grandes, la inercia del líquido termina dominando frente a las fuerzas de la viscosidad. Estos resultados teóricos se han validado con simulaciones numéricas. Para ello se ha formulado un modelo simplificado del flujo, el campo eléctrico y el transporte de carga en el menisco y el chorro del electrospray. El movimiento del líquido se supone casi unidireccional y se describe usando la aproximación de Cosserat para un chorro esbelto. Esta aproximación, ampliamente usada en la literatura, permite simular con relativa facilidad múltiples casos y cubrir amplios rangos de valores de los parámetros reteniendo los efectos de la viscosidad y la inercia del líquido. Los campos eléctricos dentro y fuera del liquido están acoplados y se calculan sin simplificación alguna usando un método de elementos de contorno. La solución estacionaria del problema se calcula mediante un método iterativo. Para explorar el espacio de los parámetros, se comienza calculando una solución para valores fijos de las propiedades del líquido, el voltaje aplicado y el caudal. A continuación, se usa un método de continuación que permite delinear la frontera del dominio de existencia del modo cono-chorro, donde el método iterativo deja de converger. Cuando el efecto de la inercia del líquido domina en la región de transición cono-chorro, el caudal mínimo para el cual el método iterativo deja de converger es del orden del valor estimado del caudal para el que comienza a haber efectos de relajación de carga en el chorro y el cono. Aunque las simulaciones no convergen por debajo de dicho caudal, el valor de la corriente eléctrica para valores del caudal ligeramente mayores parece ajustarse a las estimaciones para caudales menores, reflejando un posible cambio en los balances aplicables. Por el contrario, cuando las fuerzas viscosas dominan en la región de transición, se pueden obtener soluciones estacionarias para caudales bastante menores que aquel para el que aparecen efectos de relajación de carga en la región de transición cono-chorro. Los resultados numéricos obtenidos para estos pequeños caudales se ajustan perfectamente a las estimaciones de orden de magnitud que se describen en la memoria. Por último, se incluyen como anexos dos estudios teóricos que han surgido de forma natural durante el desarrollo de la tesis. El primero hace referencia a la singularidad en el campo eléctrico que aparece en la línea de contacto entre el líquido y el tubo capilar en la mayoría de las simulaciones. Primero se estudia en qué situaciones el campo eléctrico tiende a infinito en la línea de contacto. Después, se comprueba que dicha singularidad no supone un fallo en la descripción del problema y que además no afecta a la solución lejos de la línea de contacto. También se analiza si los esfuerzos eléctricos infinitamente grandes a los que da lugar dicha singularidad pueden ser compensados por el resto de esfuerzos que actúan en la superficie del líquido. El segundo estudio busca determinar el tamaño de la región de apantallamiento en un chorro de líquido dieléctrico sin carga superficial. En esta región, el campo exterior es compensado parcialmente por el campo que induce la carga de polarización en la superficie del líquido, de forma que en el interior del líquido el campo eléctrico es mucho menor que en el exterior. Una región como ésta aparece en las estimaciones cuando los efectos de relajación de carga son importantes en la región de transferencia de corriente en el chorro. ABSTRACT This aim of this dissertation is a theoretical and numerical analysis of an electrospray. In its most simple configuration, a constant flow rate of the liquid to be atomized, which has to be an electrical conductor, is injected into a dielectric medium (a gas or another inmiscible fluid) through a metallic capillary tube. A constant voltage is applied between this tube and a distant electrode that produces an electric field in the liquid and the surrounding medium. This electric field induces an electric current in the liquid that accumulates charge at its surface and leads to electric stresses that stretch the surface in the direction of the electric field. A meniscus appears on the end of the capillary tube when the electric field is sufficiently high and the flow rate is small. Pressure variations and viscous stresses due to the motion of the liquid are negligible in most of the meniscus, where normal electric and surface tension stresses acting on the surface are dominant. In the so-called cone-jet mode, the balance of these stresses forces the surface to adopt a conical shape -Taylor cone- in a intermediate region between the end of the tube and the tip of the meniscus. When approaching the cone apex, the velocity of the liquid increases and leads to pressure variations that eventually disturb the balance of surfaces tension and electric stresses. A thin jet emerges then from the tip of the meniscus that transports the charge accumulated at its surface. The electric field tangent to the surface of the jet acts on this charge and continuously stretches the jet. This electric force is negligible in the meniscus, where the component of the electric field tangent to the surface is small, but becomes very important in the jet. Far from the cone, the jet can either develop an asymmetrical instability named “whipping”, whereby the jet winds into a spiral, or break into a spray of small, nearly monodisperse, charged droplets. The electric current transported by the liquid has two components, the conduction current in the bulk of the liquid and the convection current due to the transport of the surface charge by the flow. The first component dominates in the meniscus, the second one in the far jet, and both are comparable in a current transfer region located in the jet downstream of the cone-jet transition region where the meniscus ceases to be a Taylor cone. Given an external electric field, the charge that accumulates at the surface of the liquid reduces the electric field inside the liquid, until an equilibrium is reached in which the electric field induced by the surface charge counters the external electric field and shields the liquid from this field. The characteristic time of this process is the electric relaxation time, which is a property of the liquid. When the residence time of the liquid in the cone-jet transition region (or in other region of the flow) is greater than the electric relaxation time, the surface charge follows a succession of equilibrium states and continuously shield the liquid from the external field. When this condition is not satisfied, charge relaxation effects appear and the external field penetrates into the liquid unless the liquid permittivity is large. For very polar liquids, the field due to the polarization charge at the surface prevents the external field from entering the liquid in the cone and in certain region of the jet. The charge at the surface of a conical meniscus intensifies the electric field around the cone, determining its spatial variation up to distances downstream of the apex of the order of the size of the meniscus. This electric field, first computed by Taylor, is independent of the applied voltage. Therefore local flow characteristics and the electric current carried by the jet are also independent of the applied voltage provided the size of the regions that determine these magnitudes are small compared with the size of the meniscus. Many experiments in the literature show the existence of a minimum flow rate below which the cone-jet mode cannot be established. The mean value and the standard deviation of the electrospray droplet size distribution are minimum when the device is operated near the minimum flow rate. There is no complete explanation of the minimum flow rate, even though possible mechanisms have been extensively studied. The existence of a minimum flow rate seems to be connected with the appearance of charge relaxation effects in the transition region. In this dissertation, order of magnitude estimations are worked out that show the dominant balances in the different regions of the asymptotic structure of the solution for different conditions of interest. When the inertia of the liquid plays a role in the cone-jet transition region, the region where most of the electric current is transfered to the surface lies in the jet downstream the cone-jet transition region. When the flow rate decreases to a certain value, charge relaxation effects appear simultaneously in the jet and in the transition region. For smaller values of the flow rate, charge relaxation effects are important in a region of the meniscus larger than the transition region. When viscous forces dominate in the flow in the cone-jet transition region, the current transfer region is located in the jet immediately after the transition region. When flow rate is decreased, charge relaxation effects appears gradually, first in the jet, then in the transition region, and finally in the meniscus. When flow rate is much larger than the cone-jet mode minimum, the meniscus ceases to be a cone. The electric current and the structure of the solution begin to depend on the applied voltage. The flow rate-voltage plane splits into different regions that are analyzed separately. For sufficiently large flow rates, the effect of the inertia of the liquid always becomes greater than the effect of the viscous forces. A set of numerical simulations have been carried out in order to validate the theoretical results. A simplified model of the problem has been devised to compute the flow, the electric field and the surface charge in the meniscus and the jet of an electrospray. The motion of the liquid is assumed to be quasi-unidirectional and described by Cosserat’s approximation for a slender jet. This widely used approximation allows to easily compute multiple configurations and to explore wide ranges of values of the governing parameters, retaining the effects of the viscosity and the inertia of the liquid. Electric fields inside and outside the liquid are coupled and are computed without any simplification using a boundary elements method. The stationary solution of the problem is obtained by means of an iterative method. To explore the parameter space, a solution is first computed for a set of values of the liquid properties, the flow rate and the applied voltage, an then a continuation method is used to find the boundaries of the cone-jet mode domain of existence, where the iterative method ceases to converge. When the inertia of the liquid dominates in the cone-jet transition region, the iterative method ceases to converge for values of the flow rate for which order-of-magnitude estimates first predict charge relaxation effects to be important in the cone and the jet. The electric current computed for values of the flow rate slightly above the minimum for which convergence is obtained seems to agree with estimates worked out for lower flow rates. When viscous forces dominate in the transition region, stationary solutions can be obtained for flow rates significantly smaller than the one for which charge relaxation effects first appear in the transition region. Numerical results obtained for those small values of the flow rate agree with our order of magnitude estimates. Theoretical analyses of two issues that have arisen naturally during the thesis are summarized in two appendices. The first appendix contains a study of the singularity of the electric field that most of the simulations show at the contact line between the liquid and the capillary tube. The electric field near the contact line is analyzed to determine the ranges of geometrical configurations and liquid permittivity where a singularity appears. Further estimates show that this singularity does not entail a failure in the description of the problem and does not affect the solution far from the contact line. The infinite electric stresses that appear at the contact line can be effectively balanced by surface tension. The second appendix contains an analysis of the size and slenderness of the shielded region of a dielectric liquid in the absence of free surface charge. In this region, the external electric field is partially offset by the polarization charge so that the inner electric field is much lower than the outer one. A similar region appears in the estimates when charge relaxation effects are important in the current transfer region.
Resumo:
En hidrodinámica, el fenómeno de Sloshing se puede definir como el movimiento de la superficie libre de un fluido dentro de un contenedor sometido a fuerzas y perturbaciones externas. El fluido en cuestión experimenta violentos movimientos con importantes deformaciones de su superficie libre. La dinámica del fluido puede llegar a generar cargas hidrodinámicas considerables las cuales pueden afectar la integridad estructural y/o comprometer la estabilidad del vehículo que transporta dicho contenedor. El fenómeno de Sloshing ha sido extensivamente investigado matemática, numérica y experimentalmente, siendo el enfoque experimental el más usado debido a la complejidad del problema, para el cual los modelos matemáticos y de simulación son aun incapaces de predecir con suficiente rapidez y precisión las cargas debidas a dicho fenómeno. El flujo generado por el Sloshing usualmente se caracteriza por la presencia de un fluido multifase (gas-liquido) y turbulencia. Reducir al máximo posible la complejidad del fenómeno de Sloshing sin perder la esencia del problema es el principal reto de esta tesis doctoral, donde un trabajo experimental enfocado en casos canónicos de Sloshing es presentado y documentado con el objetivo de aumentar la comprensión de dicho fenómeno y por tanto intentar proveer información valiosa para validaciones de códigos numéricos. El fenómeno de Sloshing juega un papel importante en la industria del transporte marítimo de gas licuado (LNG). El mercado de LNG en los últimos años ha reportado un crecimiento hasta tres veces mayor al de los mercados de petróleo y gas convencionales. Ingenieros en laboratorios de investigación e ingenieros adscritos a la industria del LNG trabajan continuamente buscando soluciones económicas y seguras para contener, transferir y transportar grandes volúmenes de LNG. Los buques transportadores de LNG (LNGC) han pasado de ser unos pocos buques con capacidad de 75000 m3 hace unos treinta años, a una amplia flota con una capacidad de 140000 m3 actualmente. En creciente número, hoy día se construyen buques con capacidades que oscilan entre 175000 m3 y 250000 m3. Recientemente un nuevo concepto de buque LNG ha salido al mercado y se le conoce como FLNG. Un FLNG es un buque de gran valor añadido que solventa los problemas de extracción, licuefacción y almacenamiento del LNG, ya que cuenta con equipos de extracción y licuefacción a bordo, eliminando por tanto las tareas de transvase de las estaciones de licuefacción en tierra hacia los buques LNGC. EL LNG por tanto puede ser transferido directamente desde el FLNG hacia los buques LNGC en mar abierto. Niveles de llenado intermedios en combinación con oleaje durante las operaciones de trasvase inducen movimientos en los buques que generan por tanto el fenómeno de Sloshing dentro de los tanques de los FLNG y los LNGC. El trabajo de esta tesis doctoral lidia con algunos de los problemas del Sloshing desde un punto de vista experimental y estadístico, para ello una serie de tareas, descritas a continuación, se han llevado a cabo : 1. Un dispositivo experimental de Sloshing ha sido configurado. Dicho dispositivo ha permitido ensayar secciones rectangulares de tanques LNGC a escala con movimientos angulares de un grado de libertad. El dispositivo experimental ha sido instrumentado para realizar mediciones de movimiento, presiones, vibraciones y temperatura, así como la grabación de imágenes y videos. 2. Los impactos de olas generadas dentro de una sección rectangular de un LNGC sujeto a movimientos regulares forzados han sido estudiados mediante la caracterización del fenómeno desde un punto de vista estadístico enfocado en la repetitividad y la ergodicidad del problema. 3. El estudio de los impactos provocados por movimientos regulares ha sido extendido a un escenario más realístico mediante el uso de movimientos irregulares forzados. 4. El acoplamiento del Sloshing generado por el fluido en movimiento dentro del tanque LNGC y la disipación de la energía mecánica de un sistema no forzado de un grado de libertad (movimiento angular) sujeto a una excitación externa ha sido investigado. 5. En la última sección de esta tesis doctoral, la interacción entre el Sloshing generado dentro en una sección rectangular de un tanque LNGC sujeto a una excitación regular y un cuerpo elástico solidario al tanque ha sido estudiado. Dicho estudio corresponde a un problema de interacción fluido-estructura. Abstract In hydrodynamics, we refer to sloshing as the motion of liquids in containers subjected to external forces with large free-surface deformations. The liquid motion dynamics can generate loads which may affect the structural integrity of the container and the stability of the vehicle that carries such container. The prediction of these dynamic loads is a major challenge for engineers around the world working on the design of both the container and the vehicle. The sloshing phenomenon has been extensively investigated mathematically, numerically and experimentally. The latter has been the most fruitful so far, due to the complexity of the problem, for which the numerical and mathematical models are still incapable of accurately predicting the sloshing loads. The sloshing flows are usually characterised by the presence of multiphase interaction and turbulence. Reducing as much as possible the complexity of the sloshing problem without losing its essence is the main challenge of this phd thesis, where experimental work on selected canonical cases are presented and documented in order to better understand the phenomenon and to serve, in some cases, as an useful information for numerical validations. Liquid sloshing plays a key roll in the liquified natural gas (LNG) maritime transportation. The LNG market growth is more than three times the rated growth of the oil and traditional gas markets. Engineers working in research laboratories and companies are continuously looking for efficient and safe ways for containing, transferring and transporting the liquified gas. LNG carrying vessels (LNGC) have evolved from a few 75000 m3 vessels thirty years ago to a huge fleet of ships with a capacity of 140000 m3 nowadays and increasing number of 175000 m3 and 250000 m3 units. The concept of FLNG (Floating Liquified Natural Gas) has appeared recently. A FLNG unit is a high value-added vessel which can solve the problems of production, treatment, liquefaction and storage of the LNG because the vessel is equipped with a extraction and liquefaction facility. The LNG is transferred from the FLNG to the LNGC in open sea. The combination of partial fillings and wave induced motions may generate sloshing flows inside both the LNGC and the FLNG tanks. This work has dealt with sloshing problems from a experimental and statistical point of view. A series of tasks have been carried out: 1. A sloshing rig has been set up. It allows for testing tanks with one degree of freedom angular motion. The rig has been instrumented to measure motions, pressure and conduct video and image recording. 2. Regular motion impacts inside a rectangular section LNGC tank model have been studied, with forced motion tests, in order to characterise the phenomenon from a statistical point of view by assessing the repeatability and practical ergodicity of the problem. 3. The regular motion analysis has been extended to an irregular motion framework in order to reproduce more realistic scenarios. 4. The coupled motion of a single degree of freedom angular motion system excited by an external moment and affected by the fluid moment and the mechanical energy dissipation induced by sloshing inside the tank has been investigated. 5. The last task of the thesis has been to conduct an experimental investigation focused on the strong interaction between a sloshing flow in a rectangular section of a LNGC tank subjected to regular excitation and an elastic body clamped to the tank. It is thus a fluid structure interaction problem.