806 resultados para Distance Study Course
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Abstract Background Sequential physicochemical alterations in blood and urine in the course of acute kidney injury (AKI) development have not been previously described. We aimed to describe these alterations in parallel to traditional renal and acid–base parameters. Methods One hundred and sixty eight consecutive critically ill patients with no previous kidney disease, who had an indwelling urinary catheter at ICU admission and who remained with the catheter for at least two days without dialysis were included. A sample of blood and spot urine were collected simultaneously, once daily, until catheter removal or dialysis requirement. Traditional acid–base and renal parameters were sequentially evaluated in parallel to blood and urinary physicochemical parameters. Patients were classified during this period as having or not AKI and, for patients with AKI, duration (transient or persistent) and severity (creatinine-based AKIN stage) were evaluated. Results One hundred and thirteen patients (67.3%) had AKI: 92 at ICU admission and 21 during the observation period. AKI development was characterized in blood by increased values of phosphate and unmeasured anions (SIG), decreased albumin, and in urine by decreased values of sodium (NaU), chloride (ClU) as well as high urinary strong ion difference (SIDu). These alterations began to occur before AKI diagnosis, and they reverted in transient AKI but remained in persistent AKI. NaU, ClU and albumin decreased, and phosphate, SIG and SIDu increased with AKI severity progression. NaU and ClU values increased again when AKIN stage 3 was reached. Conclusions Simultaneous physicochemical analysis of blood and urine revealed standardized alterations that characterize AKI development in critically ill patients. These alterations paralleled AKI duration and severity. Future studies should consider including sequential evaluation of urine biochemistry as part of the armamentarium for AKI diagnosis and management.
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This study aims to develop and implement a tool called intelligent tutoring system in an online course to help a formative evaluation in order to improve student learning. According to Bloom et al. (1971,117) formative evaluation is a systematic evaluation to improve the process of teaching and learning. The intelligent tutoring system may provide a timely and high quality feedback that not only informs the correctness of the solution to the problem, but also informs students about the accuracy of the response relative to their current knowledge about the solution. Constructive and supportive feedback should be given to students to reveal the right and wrong answers immediately after taking the test. Feedback about the right answers is a form to reinforce positive behaviors. Identifying possible errors and relating them to the instructional material may help student to strengthen the content under consideration. The remedial suggestion should be given in each answer with detaileddescription with regards the materials and instructional procedures before taking next step. The main idea is to inform students about what they have learned and what they still have to learn. The open-source LMS called Moodle was extended to accomplish the formative evaluation, high-quality feedback, and the communal knowledge presented here with a short online financial math course that is being offered at a large University in Brazil. The preliminary results shows that the intelligent tutoring system using high quality feedback helped students to improve their knowledge about the solution to the problems based on the errors of their past cohorts. The results and suggestion for future work are presented and discussed.
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La distorsione della percezione della distanza tra due stimoli puntuali applicati sulla superfice della pelle di diverse regioni corporee è conosciuta come Illusione di Weber. Questa illusione è stata osservata, e verificata, in molti esperimenti in cui ai soggetti era chiesto di giudicare la distanza tra due stimoli applicati sulla superficie della pelle di differenti parti corporee. Da tali esperimenti si è dedotto che una stessa distanza tra gli stimoli è giudicata differentemente per diverse regioni corporee. Il concetto secondo cui la distanza sulla pelle è spesso percepita in maniera alterata è ampiamente condiviso, ma i meccanismi neurali che manovrano questa illusione sono, allo stesso tempo, ancora ampiamente sconosciuti. In particolare, non è ancora chiaro come sia interpretata la distanza tra due stimoli puntuali simultanei, e quali aree celebrali siano coinvolte in questa elaborazione. L’illusione di Weber può essere spiegata, in parte, considerando la differenza in termini di densità meccano-recettoriale delle differenti regioni corporee, e l’immagine distorta del nostro corpo che risiede nella Corteccia Primaria Somato-Sensoriale (homunculus). Tuttavia, questi meccanismi sembrano non sufficienti a spiegare il fenomeno osservato: infatti, secondo i risultati derivanti da 100 anni di sperimentazioni, le distorsioni effettive nel giudizio delle distanze sono molto più piccole rispetto alle distorsioni che la Corteccia Primaria suggerisce. In altre parole, l’illusione osservata negli esperimenti tattili è molto più piccola rispetto all’effetto prodotto dalla differente densità recettoriale che affligge le diverse parti del corpo, o dall’estensione corticale. Ciò, ha portato a ipotizzare che la percezione della distanza tattile richieda la presenza di un’ulteriore area celebrale, e di ulteriori meccanismi che operino allo scopo di ridimensionare – almeno parzialmente – le informazioni derivanti dalla corteccia primaria, in modo da mantenere una certa costanza nella percezione della distanza tattile lungo la superfice corporea. E’ stata così proposta la presenza di una sorta di “processo di ridimensionamento”, chiamato “Rescaling Process” che opera per ridurre questa illusione verso una percezione più verosimile. Il verificarsi di questo processo è sostenuto da molti ricercatori in ambito neuro scientifico; in particolare, dal Dr. Matthew Longo, neuro scienziato del Department of Psychological Sciences (Birkbeck University of London), le cui ricerche sulla percezione della distanza tattile e sulla rappresentazione corporea sembrano confermare questa ipotesi. Tuttavia, i meccanismi neurali, e i circuiti che stanno alla base di questo potenziale “Rescaling Process” sono ancora ampiamente sconosciuti. Lo scopo di questa tesi è stato quello di chiarire la possibile organizzazione della rete, e i meccanismi neurali che scatenano l’illusione di Weber e il “Rescaling Process”, usando un modello di rete neurale. La maggior parte del lavoro è stata svolta nel Dipartimento di Scienze Psicologiche della Birkbeck University of London, sotto la supervisione del Dott. M. Longo, il quale ha contribuito principalmente all’interpretazione dei risultati del modello, dando suggerimenti sull’elaborazione dei risultati in modo da ottenere un’informazione più chiara; inoltre egli ha fornito utili direttive per la validazione dei risultati durante l’implementazione di test statistici. Per replicare l’illusione di Weber ed il “Rescaling Proess”, la rete neurale è stata organizzata con due strati principali di neuroni corrispondenti a due differenti aree funzionali corticali: • Primo strato di neuroni (il quale dà il via ad una prima elaborazione degli stimoli esterni): questo strato può essere pensato come parte della Corteccia Primaria Somato-Sensoriale affetta da Magnificazione Corticale (homunculus). • Secondo strato di neuroni (successiva elaborazione delle informazioni provenienti dal primo strato): questo strato può rappresentare un’Area Corticale più elevata coinvolta nell’implementazione del “Rescaling Process”. Le reti neurali sono state costruite includendo connessioni sinaptiche all’interno di ogni strato (Sinapsi Laterali), e connessioni sinaptiche tra i due strati neurali (Sinapsi Feed-Forward), assumendo inoltre che l’attività di ogni neurone dipenda dal suo input attraverso una relazione sigmoidale statica, cosi come da una dinamica del primo ordine. In particolare, usando la struttura appena descritta, sono state implementate due differenti reti neurali, per due differenti regioni corporee (per esempio, Mano e Braccio), caratterizzate da differente risoluzione tattile e differente Magnificazione Corticale, in modo da replicare l’Illusione di Weber ed il “Rescaling Process”. Questi modelli possono aiutare a comprendere il meccanismo dell’illusione di Weber e dare così una possibile spiegazione al “Rescaling Process”. Inoltre, le reti neurali implementate forniscono un valido contributo per la comprensione della strategia adottata dal cervello nell’interpretazione della distanza sulla superficie della pelle. Oltre allo scopo di comprensione, tali modelli potrebbero essere impiegati altresì per formulare predizioni che potranno poi essere verificate in seguito, in vivo, su soggetti reali attraverso esperimenti di percezione tattile. E’ importante sottolineare che i modelli implementati sono da considerarsi prettamente come modelli funzionali e non intendono replicare dettagli fisiologici ed anatomici. I principali risultati ottenuti tramite questi modelli sono la riproduzione del fenomeno della “Weber’s Illusion” per due differenti regioni corporee, Mano e Braccio, come riportato nei tanti articoli riguardanti le illusioni tattili (per esempio “The perception of distance and location for dual tactile pressures” di Barry G. Green). L’illusione di Weber è stata registrata attraverso l’output delle reti neurali, e poi rappresentata graficamente, cercando di spiegare le ragioni di tali risultati.
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L’interazione che abbiamo con l’ambiente che ci circonda dipende sia da diverse tipologie di stimoli esterni che percepiamo (tattili, visivi, acustici, ecc.) sia dalla loro elaborazione per opera del nostro sistema nervoso. A volte però, l’integrazione e l’elaborazione di tali input possono causare effetti d’illusione. Ciò si presenta, ad esempio, nella percezione tattile. Infatti, la percezione di distanze tattili varia al variare della regione corporea considerata. Il concetto che distanze sulla cute siano frequentemente erroneamente percepite, è stato scoperto circa un secolo fa da Weber. In particolare, una determinata distanza fisica, è percepita maggiore su parti del corpo che presentano una più alta densità di meccanocettori rispetto a distanze applicate su parti del corpo con inferiore densità. Oltre a questa illusione, un importante fenomeno osservato in vivo è rappresentato dal fatto che la percezione della distanza tattile dipende dall’orientazione degli stimoli applicati sulla cute. In sostanza, la distanza percepita su una regione cutanea varia al variare dell’orientazione degli stimoli applicati. Recentemente, Longo e Haggard (Longo & Haggard, J.Exp.Psychol. Hum Percept Perform 37: 720-726, 2011), allo scopo di investigare come sia rappresentato il nostro corpo all’interno del nostro cervello, hanno messo a confronto distanze tattili a diverse orientazioni sulla mano deducendo che la distanza fra due stimoli puntuali è percepita maggiore se applicata trasversalmente sulla mano anziché longitudinalmente. Tale illusione è nota con il nome di Illusione Tattile Orientazione-Dipendente e diversi risultati riportati in letteratura dimostrano che tale illusione dipende dalla distanza che intercorre fra i due stimoli puntuali sulla cute. Infatti, Green riporta in un suo articolo (Green, Percpept Pshycophys 31, 315-323, 1982) il fatto che maggiore sia la distanza applicata e maggiore risulterà l’effetto illusivo che si presenta. L’illusione di Weber e l’illusione tattile orientazione-dipendente sono spiegate in letteratura considerando differenze riguardanti la densità di recettori, gli effetti di magnificazione corticale a livello della corteccia primaria somatosensoriale (regioni della corteccia somatosensoriale, di dimensioni differenti, sono adibite a diverse regioni corporee) e differenze nella dimensione e forma dei campi recettivi. Tuttavia tali effetti di illusione risultano molto meno rilevanti rispetto a quelli che ci si aspetta semplicemente considerando i meccanismi fisiologici, elencati in precedenza, che li causano. Ciò suggerisce che l’informazione tattile elaborata a livello della corteccia primaria somatosensoriale, riceva successivi step di elaborazione in aree corticali di più alto livello. Esse agiscono allo scopo di ridurre il divario fra distanza percepita trasversalmente e distanza percepita longitudinalmente, rendendole più simili tra loro. Tale processo assume il nome di “Rescaling Process”. I meccanismi neurali che operano nel cervello allo scopo di garantire Rescaling Process restano ancora largamente sconosciuti. Perciò, lo scopo del mio progetto di tesi è stato quello di realizzare un modello di rete neurale che simulasse gli aspetti riguardanti la percezione tattile, l’illusione orientazione-dipendente e il processo di rescaling avanzando possibili ipotesi circa i meccanismi neurali che concorrono alla loro realizzazione. Il modello computazionale si compone di due diversi layers neurali che processano l’informazione tattile. Uno di questi rappresenta un’area corticale di più basso livello (chiamata Area1) nella quale una prima e distorta rappresentazione tattile è realizzata. Per questo, tale layer potrebbe rappresentare un’area della corteccia primaria somatosensoriale, dove la rappresentazione della distanza tattile è significativamente distorta a causa dell’anisotropia dei campi recettivi e della magnificazione corticale. Il secondo layer (chiamato Area2) rappresenta un’area di più alto livello che riceve le informazioni tattili dal primo e ne riduce la loro distorsione mediante Rescaling Process. Questo layer potrebbe rappresentare aree corticali superiori (ad esempio la corteccia parietale o quella temporale) adibite anch’esse alla percezione di distanze tattili ed implicate nel Rescaling Process. Nel modello, i neuroni in Area1 ricevono informazioni dagli stimoli esterni (applicati sulla cute) inviando quindi informazioni ai neuroni in Area2 mediante sinapsi Feed-forward eccitatorie. Di fatto, neuroni appartenenti ad uno stesso layer comunicano fra loro attraverso sinapsi laterali aventi una forma a cappello Messicano. E’ importante affermare che la rete neurale implementata è principalmente un modello concettuale che non si preme di fornire un’accurata riproduzione delle strutture fisiologiche ed anatomiche. Per questo occorre considerare un livello astratto di implementazione senza specificare un’esatta corrispondenza tra layers nel modello e regioni anatomiche presenti nel cervello. Tuttavia, i meccanismi inclusi nel modello sono biologicamente plausibili. Dunque la rete neurale può essere utile per una migliore comprensione dei molteplici meccanismi agenti nel nostro cervello, allo scopo di elaborare diversi input tattili. Infatti, il modello è in grado di riprodurre diversi risultati riportati negli articoli di Green e Longo & Haggard.
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BACKGROUND: Nosocomially acquired respiratory syncytial virus infections (RSV-NI) may cause serious problems in hospitalized paediatric patients. Hitherto, prospectively collected representative data on RSV-NI from multicenter studies in Germany are limited. METHODS: The DMS RSV Ped database was designed for the prospective multicenter documentation and analysis of clinically relevant aspects of the management of inpatients with RSV-infection. The study covered six consecutive seasons (1999-2005); the surveillance took place in 14 paediatric hospitals in Germany. RESULTS: Of the 1568 prospectively documented RSV-infections, 6% (n=90) were NI and 94% (n=1478) were community acquired (CA). A significantly higher proportion in the NI group displayed additional risk factors like prematurity, chronic lung disease, mechanical ventilation (med. history), congenital heart disease, and neuromuscular impairment. Of all NI, 55% occurred in preterms (30.6% of all RSV-infections in preterms with severe chronic lung disease of prematurity were NI). Illness severity as well as the total mortality, but not the attributable mortality was significantly higher in the NI group. In the multivariate analysis, NI was significantly associated with the combined outcome 'complicated course of disease'. CONCLUSION: This is the first prospective multicenter study from Germany, which confirms the increased risk of a severe clinical course in nosocomially acquired RSV-infection. Of great concern is the high rate of (preventable) NI in preterms, in particular in those with severe chronic lung disease or with mechanical ventilation due to other reasons.
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BACKGROUND: The prognosis of pulmonary hypertension (PH), especially idiopathic pulmonary arterial hypertension (IPAH), has improved during the recent years. The Swiss Registry for PH represents the collaboration of the various centres in Switzerland dealing with PH and serves as an important tool in quality control. The objective of the study was to describe the treatment and clinical course of this orphan disease in Switzerland. METHODS: We analyzed data from 222 of 252 adult patients, who were included in the registry between January 1999 and December 2004 and suffered from either PAH, PH associated with lung diseases or chronic thromboembolic PH (CTEPH) with respect to the following data: NYHA class, six-minute walking distance (6-MWD), haemodynamics, treatments and survival. RESULTS: If compared with the calculated expected figures the one, two and three year mean survivals in IPAH increased from 67% to 89%, from 55% to 78% and from 46% to 73%, respectively. Most patients (90%) were on oral or inhaled therapy and only 10 patients necessitated lung transplantation. Even though pulmonary endarterectomy (PEA) was performed in only 7 patients during this time, the survival in our CTEPH cohort improved compared with literature data and seems to approach outcomes usually seen after PEA. The 6-MWD increased maximally by 52 m and 59 m in IPAH and CTEPH, respectively, but in the long term returned to or below baseline values, despite the increasing use of multiple specific drugs (overall in 51% of IPAH and 29% of CTEPH). CONCLUSION: Our national registry data indicate that the overall survival of IPAH and presumably CTEPH seems to have improved in Switzerland. Although the 6-MWD improved transiently, it decreased in the long term despite specific and increasingly combined drug treatment. Our findings herewith underscore the progressive nature of the diseases and the need for further intense research in the field.
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In this paper we address the issue of who is most likely to participate in further training, for what reasons and at what stage of the life course. Special emphasis is given to the impact of labour-market policies to encourage further education and a person's individual or cohort possibilities to participate in further education. We apply a Cox proportional hazard model to data from the West German Life History Study, separately for women and men, within and outside the firm. Younger cohorts show not only higher proportions of participation in further education and training at early stages of the life course, they also continue to participate in higher numbers during later stages of the life course. General labour-force participation reduces and tenure with the same firm increases the propensity to participate in further education and training. Contrary to expectations, in Germany labour-market segmentation has been enhanced rather than reduced by further education and training policies, since in the firm-specific labour-market segment, i.e. skilled jobs in large firms, and in the public sector both women and men had a higher probability of participation. Particularly favourable conditions for participation in further education outside the firm prevailed during the first years of the labour promotion act (Arbeitsförderungsgesetz) between 1969 and 1974, but women did not benefit to the same extent as men. Training policies are, therefore, in need of continuous assessment based on a goal-achievement evaluation to avoid any unintended effects of such policies.
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Introduction: As the population in the United States continues to age, more attention in primary practice settings is now devoted toward managing the care of the elderly. The occurrence of elder abuse is a growing problem. It is a condition many professionals in primary care may be ill prepared with the knowledge or resources to identify and manage. [See PDF for complete abstract]
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Low-frequency "off-line" repetitive transcranial magnetic stimulation (rTMS) over the course of several minutes has attained considerable attention as a research tool in cognitive neuroscience due to its ability to induce functional disruptions of brain areas. This disruptive rTMS effect is highly valuable for revealing a causal relationship between brain and behavior. However, its influence on remote interconnected areas and, more importantly, the duration of the induced neurophysiological effects, remain unknown. These aspects are critical for a study design in the context of cognitive neuroscience. In order to investigate these issues, 12 healthy male subjects underwent 8 H(2)(15)O positron emission tomography (PET) scans after application of long-train low-frequency rTMS to the right dorsolateral prefrontal cortex (DLPFC). Immediately after the stimulation train, regional cerebral blood flow (rCBF) increases were present under the stimulation site as well as in other prefrontal cortical areas, including the ventrolateral prefrontal cortex (VLPFC) ipsilateral to the stimulation site. The mean increases in rCBF returned to baseline within 9 min. The duration of this unilateral prefrontal rTMS effect on rCBF is of particular interest to those who aim to influence behavior in cognitive paradigms that use an "off-line" approach.
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Pathogenesis of chronically developing alveolar echinococcosis (AE) is characterized by a continuous, granulomatous, periparasitic infiltration of immune cells surrounding the metacestode of Echinococcus multilocularis (E.multilocularis) in the affected liver. A detailed cytokine and chemokine profile analysis of the periparasitic infiltrate in the liver has, however, not yet been carried out in a comprehensive way all along the whole course of infection in E. multilocularis intermediate hosts. We thus assessed the hepatic gene expression profiles of 18 selected cytokine and chemokine genes using qRT-PCR in the periparasitic immune reaction and the subsequent adjacent, not directly affected, liver tissue of mice from day 2 to day 360 post intra-hepatic injection of metacestode. DNA microarray analysis was also used to get a more complete picture of the transcriptional changes occurring in the liver surrounding the parasitic lesions. Profiles of mRNA expression levels in the hepatic parasitic lesions showed that a mixed Th1/Th2 immune response, characterized by the concomitant presence of IL-12α, IFN-γ and IL-4, was established very early in the development of E. multilocularis. Subsequently, the profile extended to a combined tolerogenic profile associating IL-5, IL-10 and TGF-β. IL-17 was permanently expressed in the liver, mostly in the periparasitic infiltrate; this was confirmed by the increased mRNA expression of both IL-17A and IL-17F from a very early stage, with a subsequent decrease of IL-17A after this first initial rise. All measured chemokines were significantly expressed at a given stage of infection; their expression paralleled that of the corresponding Th1, Th2 or Th17 cytokines. In addition to giving a comprehensive insight in the time course of cytokines and chemokines in E. multilocularis lesion, this study contributes to identify new targets for possible immune therapy to minimize E. multilocularis-related pathology and to complement the only parasitostatic effect of benzimidazoles in AE.