925 resultados para Digging the nest


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L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione

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Since it was written about the middle of the 1st Century AD, and up to comparatively recent times, the great Herbal, or Materia Medica, of Dioscorides provided medicine with its chief source of information about what were then considered therapeutic substances. The work contained data on various materials of botanical, biological and mineral origin which were claimed to provide benefit to sufferers from epilepsy, though often with no clear underlying rationale for their use. Some of these materials continued to be used as antiepileptic remedies over many centuries till they were finally recognised to be without useful effect in the disorder. The longest survivor amongst the Dioscoridean antiepileptic remedies was a rather esoteric one, viz. two stones taken from the belly of a young swallow during the rising phase of the moon and also whilst the swallow's parent birds were absent from the nest. The stones, or one of them, were worn against the skin of the seizure sufferer. The use of the swallow stones for epilepsy was recommended as late as in the writings of Thomas Willis (1675). (C) 2004 Elsevier Ltd. All rights reserved.

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The red-tailed phascogale ( Phascogale calura) is an endangered dasyurid species that has recently been brought into captivity in an effort to increase numbers before release back into the wild. As part of investigations into the reproductive biology of the species, information on the growth and development of young was collected throughout lactation from litters raised in three separate colonies. Growth curves for aging young throughout lactation and a timetable of developmental changes were constructed. While two colonies, with fourth- and fifth-generation captive animals, showed no significant difference in growth, animals from a third colony that had been wild caught before breeding displayed a slower rate of growth from 34 days of age. The pattern of development resembled that of other dasyurids, with young left in the nest from 44 days of age, fully furred by 78 days and weaned between 90 and 110 days. Captive phascogales invest heavily in their young, with litters weighing 380 +/- 67% of maternal bodyweight at weaning.

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[EN] Sea turtles bury their eggs in the sand of the beach, where they incuba te. After a period of approximately two months, hatchlings break the eggshell and remain inside the chamber for three to seven days (Hays & Speakman, 1993). Then they leave the nest and emerge to the surface of the beach, going quickly towards the surf, to begin their pelagic and developmental stage (e.g., López-Jurado & Andreu, 1998). Hatchlings usually do not emerge from the nest as a single group. They emerge in groups at different moments, resulting in more than one emergence per nest during sorne days (Whitherington et al.,4 1990; Hays et al., 1992; Peters et al., 1994).

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[EN] Artificial illumination of nesting beaches is one of the main threats to endangered sea turtle populations. Nocturnal lighting can impair female nest site selection and nesting success, as well as behavior and hatchling survival in their way from the nest surface to the seashore. The island of Boavista (Cape Verde) hosts the third largest loggerhead nesting aggregation in the world and the only relevant population in the Eastern Atlantic coast. Several threats such as fishing by-catch and female slaughter during nesting are severely threatening its conservation.

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The period between offspring birth and recruitment into the breeding population is considered one of the least understood components of animal life histories. Yet, examining this period is essential for studies of parental care, dispersal, demography, and life histories. Studies of the pre-reproductive period are particularly few in tropical regions, where the organization of life histories are predicted to differ compared to northern hemisphere species. For my dissertation I used radio-telemetry, mark-resighting, and field observations to study the pre-reproductive period in a Neotropical bird, the western slaty-antshrike (Thamnophilus atrinucha), in Panama. First, I found that parental care after offspring left the nest (the post-fledging period) was greater than care during the nestling period. Prolonged care resulted in a clear trade-off for parents as they did not nest again until fledglings from the first brood were independent. Parents fed offspring for a prolonged duration during the post-fledging period and higher post-fledging survival was observed compared to many northern hemisphere species. Second, I observed that offspring that remained with parents for longer periods on the natal territory had higher survival both while on the natal territory and after dispersal compared to those dispersing earlier. Parental aggression towards offspring increased with offspring age and offspring dispersed earlier when parents renested. Contrary to other family living species, only a small proportion of antshrike offspring remained on the natal territory until the following year and all dispersed to float. Floating is when juveniles wander within other breeding pairs’ territories. These results suggest that the benefits of delayed dispersal declined with offspring age and with renesting by parents. Third, I observed that survival during the dependent period and first year was greater in slaty antshrikes compared to that of northern hemisphere species. Pre-reproductive survival relative to adult survival was equal or greater than that observed in northern hemisphere species. The date offspring left the nest, mass, and age at dispersal influenced offspring survival, whereas offspring sex and year did not. Relatively high survival during the pre-reproductive period coupled with comparatively low annual productivity clarifies how many tropical species achieve replacement. High juvenile survival appears to obtain from extended post-fledging parental care, delayed dispersal, low costs of dispersal, and a less seasonal environment. Lastly, I experimentally manipulated begging at the nest to examine changes in parental behavior. Under elevated begging, parents increased provisioning rates and reduced the time between arrival to the nest and feeding of nestlings, potentially to reduce begging sounds. Furthermore, parents switched to preferentially feed the closest offspring during the begging treatment. This suggests parents either allowed sibling competition to influence feeding decisions, or feeding the closer nestling increased the efficiency of provisioning. In summary, I found that slaty antshrikes have delayed age at reproduction, higher post-fledging and first year survival, extended post-fledging parental care, equal or greater pre-reproductive survival relative to adult survival, and delayed dispersal compared to many northern hemisphere passerines. These results suggest that this tropical species has a strategy of high investment into few offspring. Furthermore, reproductive effort is equal or greater at least in slaty antshrikes compared to northern hemisphere species, suggesting that the latitudinal gradient in clutch size is not explained by a gradient in reproductive effort.

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The function of fish sounds in territorial defence, in particular its influence on the intruder's behaviour during territorial invasions, is poorly known. Breeding Lusitanian toadfish males (Halobatrachus didactylus) use sounds (boatwhistles) to defend nests from intruders. Results from a previous study suggest that boatwhistles function as a 'keep-out signal' during territorial defence. To test this hypothesis we performed territorial intrusion experiments with muted Lusitanian toadfish. Males were muted by making a cut and deflating the swimbladder (the sound-producing apparatus) under anaesthesia. Toadfish nest-holder males reacted to intruders mainly by emitting sounds (sham-operated and control groups) and less frequently with escalated bouts of fighting. When the nest-holder produced a boatwhistle, the intruder fled more frequently than expected by chance alone. Muted males experienced a higher number of intrusions than the other groups, probably because of their inability to vocalise. Together, our results show that fish acoustic signals are effective deterrents in nest/territorial intrusions, similar to bird song.

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A yeast strain (CBS 8902) was isolated from the nest of a leaf-cutting ant and was shown to be related to Cryptococcus humicola. Sequencing of the D1/D2 region of the 26S ribosomal DNA and physiological characterization revealed a separate taxonomic position. A novel species named Cryptococcus haglerorum is proposed to accommodate strain CBS 8902 that assimilates n-hexadecane and several benzene compounds. Physiological characteristics distinguishing the novel species from some other members of the C. humicola complex are presented. The phylogenetic relationship of these strains to species of the genus Trichosporon Behrend is discussed.

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Leucoagaricus gongylophorus, the symbiotic fungus of the leaf-cutting ants, degrades starch, this degradation being supposed to occur in the plant material which leafcutters forage to the nests, generating most of the glucose which the ants utilize for food. In the present investigation, we show that laboratory cultures of L. gongylophorus produce extracellular alpha-amylase and maltase which degrade starch to glucose, reinforcing that the ants can obtain glucose from starch through the symbiotic fungus. Glucose was found to repress a-amylase and, more severely, maltase activity, thus repressing starch degradation by L. gongylophorus, so that we hypothesize that: (1) glucose down-regulation of starch degradation also occurs in the Atta sexdens fungus garden; (2) glucose consumption from the fungus garden by A. sexdens stimutates degradation of starch from plant material by L. gongylophorus, which may represent a mechanism by which Leafcutters can control enzyme production by the symbiotic fungus. Since glucose is found in the fungus garden inside the nests, down-regulation of starch degradation by glucose is supposed to occur in the nest and play a part in the control of fungal enzyme production by leafcutters. (c) 2005 Elsevier GmbH. All rights reserved.

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Stingless bees collect plant resins and make it into propolis, although they have a wider range of use for this material than do honey bees (Apis spp.). Plebeia spp. workers employ propolis mixed with wax (cerumen) for constructing and sealing nest structures, while they use viscous (sticky) propolis for defense by applying it onto their enemies. Isolated viscous propolis deposits are permanently maintained at the interior of their colonies, as also seen in other Meliponini species. Newly-emerged Plebeia emerina (Friese) workers were observed stuck to and unable to escape these viscous propolis stores. We examined the division of labor involved in propolis manipulation, by observing marked bees of known age in four colonies of P. emerina from southern Brazil. Activities on brood combs, the nest involucrum and food pots were observed from the first day of life of the marked bees. However, work on viscous propolis deposits did not begin until the 13th day of age and continued until the 56th day (maximum lifespan in our sample). Although worker bees begin to manipulate cerumen early, they seem to be unable to handle viscous propolis till they become older.

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We describe a case of a spontaneously established mixed colony of two species of stingless bees. The host colony of Scaptotrigona depilis, an aggressive bee that forms large colonies, was invaded by workers of Nannotrigona testaceicornis, a smaller bee that forms small colonies. The host colony and the invading species colony were maintained in next boxes about 1.5 m apart. The N. testaceicornis colony had been recently divided. Observations were made daily for 10 min, and every two weeks the colony was opened for observations within the nest. Initially the host colony bees repulsed the invading species, but as their numbers built up, they were no longer able to defend the entrance. An estimated 60-90 N. testaceicornis workers lived integrated into the colony of S. depilis for 58 days. During this period, they reconstructed and maintained the entrance tube, changing it to an entrance typical of N. testaceicornis. They also collected food and building material for the host colony. Nannotrigona testaceicornis tolerated transit of S. depilis through the entrance, but did not allow the host species to remain within the tube, though the attacks never resulted in bee mortality. Aggression was limited to biting the wings; when the bees fell to the ground they immediately separated and flew back. There have been very few reports of spontaneously occurring mixed stingless bee colonies. It is difficult to determine what caused the association that we found; probably workers of N. testaceicornis got lost when we split their colony, and then they invaded the colony of S. depilis.

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The trails formed by many ant species between nest and food source are two-way roads on which outgoing and returning workers meet and touch each other all along. The way to get back home, after grasping a food load, is to take the same route on which they have arrived from the nest. In many species such trails are chemically marked by pheromones providing orientation cues for the ants to find their way. Other species rely on their vision and use landmarks as cues. We have developed a method to stop foraging ants from shuttling on two-way trails. The only way to forage is to take two separate roads, as they cannot go back on their steps after arriving at the food or at the nest. The condition qualifies as a problem because all their orientation cues-chemical, visual or any other - are disrupted, as all of them cannot but lead the ants back to the route on which they arrived. We have found that workers of the leaf-cutting ant Atta sexdens rubropilosa can solve the problem. They could not only find the alternative way, but also used the unidirectional traffic system to forage effectively. We suggest that their ability is an evolutionary consequence of the need to deal with environmental irregularities that cannot be negotiated by means of excessively stereotyped behavior, and that it is but an example of a widespread phenomenon. We also suggest that our method can be adapted to other species, invertebrate and vertebrate, in the study of orientation, memory, perception, learning and communication.

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The ectosymbiont actinobacterium Pseudonocardia was isolated from the integument of Acromyrmex leaf-cutter ants and seems to play a crucial role in maintaining asepsis of the nest. Currently, there has been an intensive search for Pseudonocardia associated with several attine species, but few studies have indicated that other actinobacteria may be associated with these ants as well. We therefore characterized the culturable actinobacteria community associated with the integument of the fungus-growing ant Acromyrmex subterraneus brunneus Forel, 1893 (Hymenoptera: Formicidae). Ectosymbionts were isolated using four different media and characterized by morphological and molecular (16S rDNA) methods. A total of 20 strains were isolated, of which 17 were characterized as Streptomyces spp., and one isolate each as Pseudonocardia, Kitassatospora and Propionicimonas. Unlike other Acromyrmex species, A. subterraneus brunneus is associated with a diversity of actinobacteria. Even though Pseudonocardia is present on this leaf-cutting ant`s integument, the number and diversity of Streptomyces spp. found differs from those of previous studies with other attine ants and suggest that different culturing approaches are needed to characterize the true diversity of microbes colonizing the integument of attine ants. Moreover, understanding the diversity of the culturable actinobacteria associated with A. subterraneus brunneus should increase our knowledge of the evolutionary relationship of this intricate symbiotic association. (C) 2010 Elsevier GmbH. All rights reserved.

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As seen from The Nest above

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As seen from pool deck, looking towards The Nest. Kitchen skylight above right.