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Partendo dal concetto di 'regionalismo' oppure d' identità regionale nell'interpretazione che ne ha dato Fernand Braudel ci rendiamo conto che il modo di guardare Venezia e l'arte veneziana con una certa ottica si forma a partire del romanticismo. Sono autori quali John Ruskin e Hippolyte Taine che sulla base della teoria del 'milieu' hanno dato inizio a un metodo della storia dell'arte ottocentesca che identifica il carattere del luogo e della sua gente con l'arte che vi viene prodotta. Il concetto teorico che sta alla base di questo modo di interpretare la pittura, deriva però dal Vasari e si riferiva all'opposizione artistica tra Venezia e Firenze, e al loro antagonismo che secondo Vasari vedeva vincitore il disegno. Dopo Vasari questo concetto viene ripreso da altri teorici italiani, ma all'inizio del Settecento il dibattito si sposta in Francia dove de Piles sulla scia del 'debat des anciens et modernes' dando la palma a Rubens invece di Poussin, prende la parte del colore. Grazie alla diffusione del nuovo gusto per il colore che si diffonde dalla Francia per tutta l'Europa, l'arte veneziana acquista una grandissima riputazione dalla quale approfittano soprattutto i pittori moderni veneziani attivi all'estero, durante il Settecento. Davanti questo sfondo viene sottolineata l'importanza di Venezia per il giovane Mengs che deve il suo primo successo al 'ritratto a pastelli', seguendo il gusto del sovrano sassone Augusto III. A causa dell'incarico per il quadro della chiesa cattolica di Dresda il pittore si porta a Venezia dove studia l'Assunta di Tiziano che si rispecchia nel quadro per Dresda. Dall'incontro con l'arte di Tiziano nasce un intenso dialogo teorico con la sua pittura di modo che Tiziano viene incluso da Mengs nella 'trias' dei tre primi pittori della storia della pittura per la perfezione del suo colore. Tale rivalutazione di Tiziano, pubblicata nei suoi scritti, porta alla revisione generale dei pregiudizi accademici verso la scuola veneziana sul livello teorico e pratico. A Venezia è Andrea Memmo, basandosi sui scritti di Mengs, a dare con la sua 'Orazione' davanti l'Accademia nel 1787 una nuova visione quando abbandona la tradizionale gerarchia 'disegno, colore e chiaroscuro' e con essa anche la tradizionale classifica delle scuole. Angelika Kauffmann che ritrae Memmo durante il suo soggiorno veneziano rappresenta forse il tipo di pittura che Memmo intese come ideale ed è una pittura che riunisce le qualità dei grandi maestri del passato facendolo confluire in un gusto universale. Spetterà poi al Lanzi di introdurre l'idea di una nuova pittura di carattere nazionale che si verifica durante l'Ottocento con i 'Macchiaioli' che danno la prevalenza al colore e non al disegno.

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If the profession of social work is to have a future we must know where it came from, and the series of portraits of our pioneers is one of the paths into the origins of that profession. I feel grateful to the publishers for this online-journal and also honoured to be asked to continue the series on pioneers in social work. I gladly comply because, in connection with my research on Alice Salomon and other social workers who were expelled from Germany and other Nazi-occupied territories (Wieler1989 and 1995) I had the pleasure and privilege of meeting and interviewing Walter Friedländer shortly before he passed away. It is years ago that I visited him in his home among stacks of books and piles of papers. My memories are vivid. I still see his sparkling eyes and hear his soft voice with a very heavy German accent. I was most impressed by his memory of historical events and people which, it seemed, only a large hard-drive could retain these days. Now, I wish I had asked more questions but instead, we will have to rely largely on primary and secondary literature and box upon box of archival materials. I draw heavily on the comprehensive German and Jewish Intellectual Emigré Collection (http://library.albany.edu/speccoll/findaids/ger003.htm) which consists of nearly 50 cubic feet and another collection of the German Central Institute („Deutsches Zentralinstitut für Soziale Fragen-DZI“) in Berlin (www.dzi.de). Some of the more current archival materials were lost in a flood, and much of Friedländer’s early memorabilia up to 1933 was lost in Germany. There are also internet resources with widely differing information. I hope that I will not have overlooked too much in order to do justice to this remarkable pioneer and colleague. In order to appreciate and pay tribute to Walter Friedländer and his contributions we will have to reconsider the historical and international context of more than the 93 years of his life span: the German Monarchy, the Weimar Republic, Nazi-Fascism, Swiss, French and American exile and numerous visits to other countries.