2 resultados para tech-savy

em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna


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L'ecosistema dello sport tech, caratterizzato dalle complesse relazioni che avvengono tra chi sviluppa innovazione per lo sport, chi ne usufruisce e chi investe su di essa, ha vissuto una vera e propria impennata negli ultimi 5 anni, sia in termini di investimenti che di nascita di nuove realtà. Nel corso degli ultimi 3 anni in particolare, lo sport tech ha saputo fronteggiare in maniera ottimale la crisi pandemica, che avrebbe potuto destabilizzare il sistema causandone un forte rallentamento, mentre in realtà ha permesso alle startup di dimostrare alle organizzazioni sportive e agli investitori le proprie capacità di innovare i modelli di business per rispondere a cambiamenti improvvisi e imprevedibili degli scenari. Nonostante la svolta vissuta a livello globale, in Italia le startup dello sport tech si trovano in una condizione singolare: nonostante operino in un settore di grande interesse per il Paese (muove circa il 3% del Pil) caratterizzato da un forte interesse, trovano difficoltà importanti nel momento in cui si trovano a dover rendere scalabile il proprio business, fondamentalmente per la mancanza di un ecosistema strutturato che regoli le interazioni tra i vari attori. Lo scopo di questa tesi è quello di fornire, in primo luogo, una contestualizzazione dell'ecosistema a livello globale, attraverso l'analisi di report e di alcuni successi di startup internazionali, e successivamente di analizzare la situazione italiana, evidenziando i motivi per cui non si può ancora parlare di ecosistema sport tech nonostante la presenza di diversi casi di successo, e documentando gli sforzi attualmente in essere finalizzati alla creazione del suddetto ecosistema, ovvero l'incubatore di startup sport tech Wylab e l'acceleratore WeSportUp. Per la ricostruzione delle attività di questi ultimi, si è fatto ricorso a dichiarazioni di addetti ai lavori ed esperti del settore, rilasciate durante video interviste sul web, masterclass o colloqui con i diretti interessati.

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L’istruzione superiore in Europa è stata oggetto di un significativo processo di riforma: è aumentato l’interesse per un modello di apprendimento intorno ai progetti, centrato sullo studente, che favorisse lo sviluppo di competenze trasversali – il project-based learning (PBL). Inserire il PBL nelle Università richiede un processo di innovazione didattica: il curriculum di un corso PBL e le competenze richieste all’insegnante si differenziano dall’apprendimento tradizionale. Senza un'adeguata attenzione ai metodi di supporto per insegnanti e studenti, questi approcci innovativi non saranno ampiamente adottati. L’obiettivo di questo studio è determinare in che modo sia possibile implementare un corso PBL non presenziato da figure esperte di PBL. Le domande della ricerca sono: è possibile implementare efficacemente un approccio PBL senza il coinvolgimento di esperti dei metodi di progettazione? come si declinano i ruoli della facilitazione secondo questa configurazione: come si definisce il ruolo di tutor d’aula? come rafforzare il supporto per l’implementazione del corso? Per rispondere alle domande di ricerca è stata utilizzata la metodologia AIM-R. Viene presentata la prima iterazione dell’implementazione di un corso di questo tipo, durante la quale sono state svolte attività di ricerca e raccolta dati. L’attività di facilitazione è affidata a tre figure diverse: docente, tutor d’aula e coach professionisti. Su questa base, sono stati definiti gli elementi costituenti un kit di materiale a supporto per l’implementazione di corsi PBL. Oltre a un set di documenti e strumenti condivisi, sono stati elaborati i vademecum per guidare studenti, tutor e docenti all’implementazione di questo tipo di corsi. Ricerche future dovranno essere volte a identificare fattori aggiuntivi che rendano applicabile il kit di supporto per corsi basati su un modello diverso dal Tech to Market o che utilizzino strumenti di progettazione diversi da quelli proposti durante la prima iterazione.