9 resultados para polyhydroxybutyrate (PHB)
em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
The aim of my master thesis is developing novel, greener approaches for the cleaning of artworks: such treatment consists in the removal of old varnish layers which tend to discolor or darken with time, thus allowing replacement with a new protecting coat. While protocols presently applied can be effective in the cleaning of the artworks, none of them take into account conservators’ health safety and environmental issues. Thus, using biomass-derived components, which are non-toxic and reusable and/or compostable might bring into the heritage conservation an additional awareness about safety and environmental claiming. The laboratory work for the thesis is a collaborative work between different groups. The biggest part of the work was at the Polymer group where gels were synthesized using Polyhydroxybutyrate (PHB) from sustainable resources and green solvents. The use of the gels might help to reduce the volatilization of solvents and contributes to the localization of the cleaning action. After the preparation of the gels, different characterization methods were used in order to estimate their properties and shelf-life. Finally, the work was completed on the application of the gels on sculpture, coated with undesired layers to be removed. Here, pre-mapping of the areas of interest was realized with different optical techniques, followed by the application of the gels for the cleaning and analyzing the effectiveness of cleaning.
Resumo:
I processi microbiologici rivestono una grande importanza nello sviluppo di combustibili e sostanze chimiche da fonti rinnovabili (biomassa), quali: il biometano e le bioplastiche, come i poli(idrossialcanoati), PHA. I PHA sono poliesteri ottenuti per condensazione di 3-idrossiacidi, il più comune dei quali è il poli(3-idrossibutirrato, PHB). Gli alti costi di produzione del PHA da colture microbiche singole ha portato a valutare nuove strategie, tra cui l’utilizzo di colture microbiche miste (MMC) e substrati di scarto. Il bio-olio ottenuto dalla pirolisi di biomassa potrebbe essere un substrato interessante per la produzione di biogas e PHA. Gli acidi a catena corta (acidi grassi volatili, VFA), infatti, sono i prodotti intermedi nella produzione sia di biogas che di PHA. L’analisi di questi ultimi viene normalmente effettuata tramite GC-FID o GC-MS. La degradazione termica (pirolisi, Py) di PHA produce acidi alchenoici caratteristici, come l’acido crotonico. Il metodo tradizionale per la determinazione del PHA è la metanolisi seguita da un’analisi GC-MS, una procedura laboriosa con uso di solventi clorurati e sostanze corrosive. Lo scopo principale di questa tesi è stato quello di sviluppare un nuovo metodo di analisi dei PHA. Il metodo studiato si basa sulla pirolisi diretta della biomassa e determinazione degli acidi alchenoici prodotti dalla degradazione del PHA in GC-FID. La pirolisi analitica è stata studiata tramite analisi di polimeri puri (per la calibrazione) e poi è stata applicata a campioni batterici derivanti da MMC e a ceppi selezionati. Il confronto con il metodo convenzionale ha dimostrato che la Py/GC-FID è un metodo valido per l’identificazione dei PHA e per la loro quantificazione nelle matrici batteriche. Il pre-trattamento del campione è minimo e non richiede l’uso di solventi e reagenti chimici. Inoltre, è stata applicata una tecnica di analisi dei VFA nei test di biometanazione basata sull’estrazione con una microquantità di dimetilcarbonato.
Resumo:
Sono stati studiati ed applicati metodi “green” per l’estrazione di poliidrossialcanoati (PHA) da colture microbiche singole (Cupriavidus necator) e miste. Sono stati effettuati esperimenti che prevedono l’utilizzo di surfattanti anionici switchable (SAS) per l’estrazione del polimero, al fine di arrivare ad un protocollo ottimale per l’estrazione di PHB da C.necator che prevede l’uso di NH4 laurato come SAS (100 wt% rispetto al peso dei batteri) per tre ore a 90°C. La sostanza ambifilica agisce distruggendo la membrana cellulare esponendo così i granuli di PHB. Il SAS utilizzato si caratterizza per la possibilità di essere recuperabile tramite aggiunta di CO2 al sistema con una resa del 98%. Per le colture microbiche miste, più refrattarie all’impiego dei surfattanti, sono stati utilizzati dei pre-trattamenti, meccanici e fotocatalitici, al fine di indebolire la membrana batterica. Per il trattamento meccanico sono stati impiegati un omogeneizzatore e un sonicatore ad ultrasuoni; mentre per il trattamento fotocatalitico è stata sperimentata l’azione del nano biossido di titanio (sospensione 1% nano-TiO2) in miscela con i batteri, esposti a radiazioni UV. Dai risultati ottenuti sia il trattamento meccanico che quello fotocatalitico non sono risultati adeguati per i batteri misti. Infine il PHB estratto dalla biomassa batterica è stato purificato con un trattamento fotocatalitico che prevede l’utilizzo di nano-TiO2 1% supportato in tessuti, esposti a luce UV. I risultati di questo post-trattamento mostrano che, anche utilizzando diverse tipologie di tessuto, il PHB viene in parte adsorbito dal tessuto, con la seguente perdita di campione. In conclusione il trattamento del C. necator con i SAS risulta essere un ottimo metodo di estrazione di PHB considerando sia la qualità del polimero estratto sia il riciclo e il riutilizzo del surfattante, mentre per il trattamento delle colture microbiche miste ancora non è stato trovato un protocollo soddisfacente.
Resumo:
I materiali plastici trovano ampie applicazioni in ogni aspetto della vita e delle attività industriali. La maggior parte delle plastiche convenzionali non sono biodegradabili e il loro accumulo è una minaccia per il pianeta. I biopolimeri presentano vantaggi quali: la riduzione del consumo delle risorse e la riduzione delle emissioni CO2, offrendo un importante contributo allo sviluppo sostenibile. Tra i biopolimeri più interessanti troviamo il poliidrossibutirrato (PHB), l’oggetto di questo studio, che è il più noto dei poliidrossialcanoati. Questo polimero biodegradabile mostra molte somiglianze con il polipropilene. La tesi consiste nell’applicazione del Life Cycle Assessment a processi di estrazione del PHB da colture batteriche. In essa sono valutate le prestazioni ambientali di 4 possibili processi alternativi, sviluppati dal CIRI EA, che utilizzano il dimetilcarbonato (DMC) e di 3 processi che utilizzano solventi alogenati (cloroformio, diclorometano, dicloroetano). Per quanto riguarda i processi che utilizzano come solvente di estrazione il DMC, due sono gli aspetti indagati e per i quali differiscono le alternative: la biomassa di partenza (secca o umida), e il metodo di separazione del polimero dal solvente (per evaporazione del DMC oppure per precipitazione). I dati primari di tutti gli scenari sono di laboratorio per cui è stato necessario realizzare un up scaling industriale di tutti i processi. L’up scaling è stato realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Civile Chimica Ambientale e dei Materiali. La valutazione delle prestazioni ambientali è stata fatta rispetto a tutte le categorie d’impatto raccomandate dall’Handbook della Commissione Europea, di queste solo alcune sono state analizzate nel dettaglio. Tutti i risultati mostrano un andamento simile, in cui gli impatti dei processi che utilizzano DMC sono inferiori a quelli dei solventi alogenati. Fra i processi che impiegano DMC, l’alternativa più interessante appare quella che impiega biomassa di partenza secca e raccolta del PHB per precipitazione.
Resumo:
L’impianto B-PLAS si prepone l’obiettivo di convertire fanghi di depurazione di origine agroalimentare in una bioplastica completamente bio-based e biodegradabile: i poliidrossialcanoati (PHA). La produzione di PHA in questo contesto, si basa sull’integrazione di tecnologie dal diverso grado di maturità industriale: carbonizzazione idrotermale (HTC), digestione anerobica, produzione di PHA tramite colture microbiche miste (MMC) e sua estrazione. Lo scopo del presente lavoro è consistito nel monitoraggio di tale impianto in tutte le sue unità di processo ed in tutte le sue fasi di produzione, valutandone l’efficienza attraverso lo studio di parametri indicativi, con particolare attenzione al COD: parametro che indica la frazione di carbonio organico disponibile per i microorganismi sia anaerobici che aerobici, ed è quindi strettamente correlato alle rese globali di processo. Il PHA ottenuto da tale impianto è stato estratto e sottoposto a caratterizzazione mediante determinazione del peso molecolare e delle proprietà termiche, caratteristiche di particolare interesse per la definizione dell’applicabilità commerciale dello stesso. Infine, è stato realizzato uno studio comparativo per la valutazione della biodegradabilità aerobica ed anaerobica del polimero ottenuto dall’impianto B-PLAS, il poliidrossibutirrato (PHB), posta a confronto con la biodegradabilità di altri biopoliesteri quali: polibutileneadipato-co-tereftalato (PBAT), policaprolattone (PCL) e acido polilattico (PLA).
Resumo:
L’utilizzo di biomasse come fonte di chemicals nell’industria chimica mira a rendere più sostenibili i processi industriali e i materiali prodotti. In particolare, l’acido crotonico (AC), impiegato come building block nella produzione di vernici e rivestimenti, è prodotto tradizionalmente da fonti fossili. La domanda globale ammonta a circa 1000 tonnellate ed è in continuo aumento, rendendo prioritaria l’individuazione di una sintesi alternativa e sostenibile. In questo studio, l’analisi del ciclo di vita (life cycle assessment, LCA) è stata applicata per stimare la carbon footprint e la domanda cumulativa di energia relative ad una sintesi innovativa dell’AC, basata sulla conversione termica di un precursore derivato da biomasse di scarto. In particolare, il processo prevede l’applicazione di un trattamento termochimico a poli-idrossi-butirrati (PHB) prodotti da colture batteriche miste a valle del processo B-PLAS. Sono stati modellati due scenari comparativi con l’obiettivo di (i) valutare la sostenibilità ambientale della sintesi alternativa nella tecnologia B-PLAS, considerando una condizione “base” di processo (con un contenuto di PHB pari al 30% nello slurry in ingresso al processo) e una “ottimale” (con un contenuto di PHB pari al 60%); (ii) confrontare gli impatti ambientali del processo di sintesi alternativo per entrambi gli scenari con quelli di sintesi dell’AC da fonti fossili. I risultati dell’LCA mostrano che nel processo B-PLAS, giunti alla produzione dello slurry (fango) arricchito in PHB, si possono avere due strade equivalenti estraendo i PHB o convertendoli in AC con una lieve preferenza per il processo estrattivo (0.71MJ/kgslurry vs 1.11MJ/kgslurry) nella condizione di base e (0.69MJ/kgslurry vs 1.17MJ/kgslurry) in quella ottimale. Estendendo la comparazione alla produzione dell’AC da fonti fossili, quello bioderivato comporta un impatto ambientale ampiamente inferiore, stimato in 159.6 MJ/kgAC e 204.6 MJ/kgAC per gli scenari “base” e “ottimale”.
Resumo:
Il problema dello smaltimento delle plastiche tradizionali di origine petrolchimica ha stimolato l’interesse verso i materiali plastici bio-based biodegradabili come i PHB che, al contrario, possono essere degradati facilmente e in tempi rapidi dai batteri naturalmente presenti nell’ecosistema. Uno dei principali campi di applicazione dei PHA è quello del food packaging. L’uso di imballaggi attivi dove un antiossidante, disperso nella matrice polimerica, migra dall’imballaggio al cibo può essere utile per aumentare la shelf life degli alimenti ma anche per introdurre con la dieta fonti antiossidanti esogene che neutralizzano gli effetti dannosi dei radicali liberi, normalmente prodotti dai processi biologici. I tannini sono antiossidanti naturali che agiscono da riducenti, donano un idrogeno ai radicali liberi stabilizzandoli (free radical scavengers). Si può quindi usare il tannino estratto dal legno come bioadditivo per matrici biopolimeriche (PHB). Recuperando questo prodotto di scarto dell’industria agro-alimentare, si riesce ad abbassare il costo del prodotto finale che risulterà inoltre 100% biodegradabile e con capacità antiossidanti, quindi particolarmente adatto per il food packaging monouso. La bioplastica finale è stata ottenuta “melt mixando” il tannino in polvere, il PHB in pellets e il catalizzatore Ti(OBu)4 liquido in un mescolatore interno Brabender. Sono stati creati 4 campioni a percentuale crescente di tannino e catalizzatore. Sono state effettuate: - Prove di estrazione in acqua per capire quanto tannino non si fosse legato alla matrice biopolimerica. - Analisi FTIR per capire se fosse avvenuto un legame di transesterificazione tra matrice e tannino usando il Ti(OBu)4. - Prove di radical scavenging activity attraverso la spettroscopia uv-visibile per quantificare il potere antiossidante del tannino. - Analisi GPC, DSC e prove di trazione per confrontare le proprietà meccaniche e termiche dei campioni con quelle del PHB puro.
Resumo:
Negli ultimi anni sta diventando sempre più insistente la necessità di sviluppare nuovi materiali in grado di sostituire le comuni plastiche derivanti dal petrolio con bioplastiche ottenute da biopolimeri che spesso vengono rinforzate mediante riutilizzo di scarti agricoli, come fibre di bambù, in grado di conferire proprietà meccaniche migliori, dando vita ai biocompositi. In particolare, una delle risorse rinnovabili più promettenti al giorno d'oggi è la cellulosa, come quella contenuta nella fibra di bambù, che, usata come filler rinforzante, permette di ottenere biocompositi con caratteristiche meccaniche e termiche migliori rispetto alle matrici polimeriche pure tipo PHB e PLA. Questa nuova generazione di biocompositi può essere vista come evoluzione dei vecchi compositi e punta l’attenzione alla sostenibilità ed ecoefficienza ponendosi sul mercato come prodotti sostenibili, ecologici e competitivi, utilizzabili in svariati ambiti, dal packaging alimentare ai complementi d’arredo, dall’automotive all’edilizia, dall’industria tessile alle applicazioni biomedicali. Lo scopo di questo lavoro di Tesi è stato quello di realizzare e caratterizzare dal punto di vista termico e meccanico biocompositi a base di PLA con tre percentuali crescenti di filler naturale ed a base di PHB con le stesse percentuali di filler. I sei biocompositi sono stati realizzati tramite plastografo Brabender. In seguito, sono state effettuate le seguenti prove: 1) Calorimetria a scansione differenziale (DSC); 2) Stampaggio ad iniezione per la realizzazione dei campioni secondo la normativa; 3) Prove di trazione, al fine di capire se il filler avesse modificato il modulo di Young e l’allungamento a rottura della matrice pura; 4) Prove di impatto, effettuate per studiare la tenacità del materiale al variare delle diverse percentuali di filler; 5) Microscopio a scansione elettronica (SEM), con lo scopo di osservare l’adesione matrice-filler.
Resumo:
The rising of concerns around the scarcity of non-renewable resources has raised curiosity around new frontiers in the polymer science field. Biopolymers is a general term describing different kind of polymers that are linked with the biological world because of either monomer derivation, end of life degradation or both. The current work is aimed at studying one example of both biopolymers types. Polyhydroxibutyrate (P3HB) is a biodegradable microbial-produced polymer which holds massive potentiality as a substitute of polyolefins such as polypropylene. Though, its highly crystalline nature and stereoregularity of structure make it difficult to work with. The project P3HB-Mono take advantage of polarized Raman spectroscopy to see how annealing of chains with different weights influence the crystallinity and molecular structure of the polymer, eventually reflecting on its mechanical properties. The technique employed is also optimal in order to see how mesophase, a particular conformation of chains different from crystalline and amorphous phase, develops in the polymer structure and changes depending on temperature and mechanical stress applied to the fiber. Polycaprolactone (PCL) on the other hand is a biodegradable fossil-fuel polymer which has biocompatibility and bio-resorbability features. As a consequence this material is very appealing for medical industry and can be used for different applications in this field. One interesting option is to produce narrow and long liquid filled fibers for drug delivery inside human body, using a traditional technique in an innovative way. The project BioLiCoF investigates the feasability of producing liquid filled fibers using melt-spinning techniques and will examine the role that melt-spinning parameters and liquids employed as a core solution have on the final fiber. The physical analysis of the fibers is also interpreted and idea on future developments of the trials are suggested.