7 resultados para non-life insurance

em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna


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Questa relazione finale è stata frutto di un lavoro sperimentale svolto in collaborazione con un’azienda del territorio ed ha avuto come obiettivo principale quello di verificare i parametri qualitativi e compositivi di una nuova tipologia di salume in fase di studio. L’azienda sta studiando una nuova tipologia di “prodotto funzionale” addizionando componenti ad attività nutraceutica al salame ottenuto da sole parti magre di suino. L’intenzione dell’azienda è di arricchire il proprio prodotto con acidi grassi polinsaturi della serie omega-3 (da olio di semi di lino), noti per gli effetti benefici che possono esercitare sulla salute umana. A questo scopo, sul prodotto di nuova formulazione (ed in parallelo sul prodotto a formulazione classica e su un prodotto del tutto simile commercializzato da un’altra azienda) sono state effettuate sia la determinazione della percentuale lipidica, al fine di individuare il quantitativo totale di grasso, che una caratterizzazione gascromatografica del profilo quali-quantitativo in acidi grassi, analsi fondamentale per verificare la conformità con i requisiti indicati dal Reg. 1924/06, e successive modifiche, previsti per le indicazioni da inserire in etichetta (claims). Inoltre, è stato importante controllare che la concentrazione voluta di acido alfa-linolenico si mantenga tale durante tutto il periodo di shelf-life del prodotto (45 gg), perciò per soddisfare quest’ultima finalità, le analisi sono state eseguite sia all’inizio (T0) che alla fine (T1) della vita commerciale del prodotto. E’ apparso poi fondamentale monitorare un possibile decadimento/modifica della qualità organolettica del prodotto di nuova formulazione, a causa del possibile aumento di ossidabilità della frazione lipidica causata da una maggiore presenza di acidi grassi polinsaturi; ed infine, con l’intento di verificare se la nuova formulazione potesse comportare una variazione significativa delle caratteristiche sensoriali del prodotto, sono stati condotti un test descrittivo quantitativo (QDA), in grado di descrivere il profilo sensoriale del prodotto ed un test discriminante qualitativo (metodo triangolare) capace di valutare l’eventuale comparsa di cambiamenti in seguito alle modifiche apportate al prodotto; per ultimo è stato poi eseguito un test affettivo quantitativo (test di preferenza, condotto su scala di laboratorio) in grado fornire informazioni sul gradimento e di evidenziare i principali vettori che guidano le scelte dei consumatori. I risultati delle analisi chimiche e sensoriali, eseguite per soddisfare tali richieste, hanno evidenziato come il salume presenti un quantitativo di tali acidi grassi polinsaturi in linea con il claim “Alimento fonte di acidi grassi omega-3”, (requisiti indicati dal Reg. 1924/06 e successive modifiche), risultato confermato sia all’inizio che al termine della vita commerciale del prodotto (pari a circa 45 giorni). Inoltre, esso risulta essere piuttosto interessante dal punto di vista nutrizionale, poiché caratterizzato da un contenuto di grasso per la categoria dei salumi, relativamente limitato, pari a circa il 15%, con percentuali più favorevoli in acidi grassi insaturi. L’analisi del profilo sensoriale condotta ad inizio shelf-life ha invece evidenziato come questa tipologia di prodotto sia caratterizzata sia al gusto che all’olfatto da note più sapide e speziate , oltre ad una maggiore consistenza della fetta, rispetto agli altri campioni analizzati, mentre i risultati relativi al termine della shelf-life hanno evidenziato come esso tenda ad essere soggetto ad alterazioni sensoriali rilevabili proprio al termine della fase di conservazione dovute nello specifico alla formazione di composti responsabili dell’odore di rancido. I test discriminanti, condotti con giudici non allenati, non hanno invece fatto registrare differenze sensoriali significative tra il prodotto con formulazione classica e quello di nuova formulazione, confrontati ad inizio e a fine shelf-life. Riassumendo, dai risultati ottenuti da questo lavoro sperimentale, il prodotto di nuova formulazione, arricchito in acidi grassi polinsaturi della serie omega-3, risulta essere in linea con il claim “Alimento fonte di acidi grassi omega-3”, presenta in generale un contenuto di grasso totale inferiore a quello di altre tipologie di salumi ed un rapporto più favorevole tra acidi grassi insaturi e saturi, per questo può essere considerato un prodotto interessante dal punto di vista della salute e della nutrizione. Proprio per la sua formulazione più ricca in acidi grassi polinsaturi, tende però a fine shelf-life a presentare una leggera nota di rancido, riconducibile ad una maggiore ossidabilità della frazione lipidica. Tale variazione sensoriale è risultata comunque percepita solo da un panel allenato, mentre un test di tipo discriminante, condotto con giudici non allenati, non ha messo in luce differenze significative tra il salume di nuova formulazione e quello con formulazione classica né all’inizio, né al termine della vita commerciale del prodotto.

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La mia sperimentazione si inserisce in un progetto di respiro nazionale- “AGER-STAY FRESH”- volto a trovare soluzioni di lavaggio alternative al cloro per il prolungamento della shelf-life delle produzioni di IV gamma. Questi prodotti rappresentano, attualmente, uno dei più promettenti ed innovativi comparti del settore ortofrutticolo e sono definiti, secondo le norme della Comunità Europea, prodotti minimamente trasformati, cioè soggetti a interventi tecnologici ridotti, ed utilizzabili per il consumo diretto senza ulteriori manipolazioni, o con manipolazioni minime. La loro espansione sul mercato deriva dal fatto che sono in grado di offrire alta convenienza, alto valore nutrizionale ed organolettico e sono concepiti dai consumatori come prodotti “genuini” in quanto a base vegetale e, generalmente, non contengono sostanze antimicrobiche. Tuttavia, le materie prime vegetali utilizzate per le produzioni di IV gamma sono spesso caratterizzate da elevate contaminazioni microbiche (4-6 log UFC/g) poiché, durante la crescita o il post-raccolta, frutti o vegetali vengono a contatto con il suolo, insetti o contaminazioni di origine umana.Al momento la shelf-life e la sicurezza d’uso di questa categoria di prodotti sono basate principalmente sul mantenimento della catena del freddo unitamente alla fase di lavaggio delle materie prime con sostanze clorate. Recentemente, però, alcuni autori hanno evidenziato alcuni svantaggi derivanti da questa fase di processo come la formazione di composti clorati cancerogeni. In questa prospettiva, il principale obiettivo di questo lavoro di tesi è stato quello di valutare gli effetti di olio essenziale di cedro e alcuni composti bioattivi degli oli essenziali (citrale, esanale, trans-2-esenale e carvacrolo), utilizzati singolarmente o in combinazione, sulla shelf-life di mele affettate di IV gamma. Su tutti i prodotti sono state eseguite analisi microbiologiche, di texture e colore. Un ulteriore obiettivo di questo lavoro sperimentale è stato quello di ottimizzare alcuni parametri di processo come la riduzione del rapporto acqua di lavaggio/prodotto ed incrementare la temperatura dell’acqua utilizzata al fine di meglio solubilizzare gli antimicrobici in fase di dipping.

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Le sperimentazioni riguardanti la produzione di biodiesel da alghe sono state condotte solo in laboratorio o in impianti pilota e il processo produttivo non è ancora stato sviluppato su scala industriale. L’obiettivo di questo lavoro di tesi è stato quello di valutare la potenziale sostenibilità ambientale ed energetica della produzione industriale di biodiesel da microalghe nella realtà danese ipotizzando la coltivazione in fotobioreattori. La tesi ha analizzato le diverse tecnologie attualmente in sperimentazione cercando di metterne in evidenza punti di forza e punti di debolezza. La metodologia applicata in questa tesi per valutare la sostenibilità ambientale ed energetica dei processi analizzati è LCA strumento che permette di effettuare la valutazione sull’intero ciclo di vita di un prodotto o di un processo. L’unità funzionale scelta è 1 MJ di biodiesel. I confini del sistema analizzato comprendono: coltivazione, raccolta, essicazione, estrazione dell’olio, transesterificazione, digestione anaerobica della biomassa residuale e uso del glicerolo ottenuto come sottoprodotto della transesterificazione. Diverse categorie d’impatto sono state analizzate. In questo caso studio, sono stati ipotizzati 24 diversi scenari differenziati in base alle modalità di coltivazione, di raccolta della biomassa, di estrazione dell’olio algale. 1. la produzione di biodiesel da microalghe coltivate in fotobioreattori non appare ancora conveniente né dal punto di vista energetico né da quello ambientale. 2. l’uso di CO2 di scarto e di acque reflue per la coltivazione, fra l’altro non ancora tecnicamente realizzabili, migliorerebbero le prestazioni energetiche ed ambientali del biodiesel da microalghe 3. la valorizzazione di prodotti secondari svolge un ruolo importante nel processo e nel suo sviluppo su larga scala Si conclude ricordando che il progetto di tesi è stato svolto in collaborazione con la Danish Technical University of Denmark (DTU) svolgendo presso tale università un periodo di tirocinio per tesi di sei mesi

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Per lo svolgimento della tesi ci si è rivolti ad un'azienda particolarmente conosciuta per la sua attenzione alle tematiche ambientali: la Mengozzi Rifiuti Sanitari S.p.A.. L'impianto, sito a Forlì, comprende una sezione dedicata alla gestione di contenitori in materiale plastico per rifiuti sanitari e una sezione per la termovalorizzazione di questi. Si è incentrato lo studio sulla prima parte dell'impianto che si occupa della produzione, del trasporto verso la struttura in cui è utilizzato, del ritorno in azienda e del riuso per più cicli previa sanificazione fino al riciclo per lo stampaggio di nuovi contenitori. Si è pensato di prendere in considerazione i bidoni che sono gestiti dalla Mengozzi S.p.A. e se ne è svolta un'analisi LCA comparativa tra il contenitore effettivamente in carico all'azienda e un altro ipotetico con le medesime caratteristiche strutturali ma gestito diversamente (incenerito dopo un solo utilizzo). Essendo il contenitore di plastica si è inoltre svolta una comparazione tra 2 materiali termoplastici di massa aventi caratteristiche molto simili, quali sono il polietilene ad alta densità (HDPE) e il polipropilene (PP). Il software che è stato utilizzato per condurre l'analisi è SimaPro 7.3 e il metodo lo svizzero IMPACT 2002+. Nello svolgimento si sono considerati 12 bidoni monouso che hanno in pratica la stessa funzione dell'unico bidone sanificato dopo ogni utilizzo e infine riciclato. Dall'analisi è emerso (come facilmente ipotizzabile) che il bidone riusato genera un impatto ambientale nettamente minore rispetto a quello monouso mentre non vi è apprezzabile differenza tra differente tipologia di materiale termoplastico costituente il bidone stesso: L'importanza della scelta della più adeguata modalità di gestione del fine vita e del materiale di composizione in termini ambientali è più marcata a causa di un'attenzione sempre crescente verso le tematiche di sostenibilità.

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I materiali plastici trovano ampie applicazioni in ogni aspetto della vita e delle attività industriali. La maggior parte delle plastiche convenzionali non sono biodegradabili e il loro accumulo è una minaccia per il pianeta. I biopolimeri presentano vantaggi quali: la riduzione del consumo delle risorse e la riduzione delle emissioni CO2, offrendo un importante contributo allo sviluppo sostenibile. Tra i biopolimeri più interessanti troviamo il poliidrossibutirrato (PHB), l’oggetto di questo studio, che è il più noto dei poliidrossialcanoati. Questo polimero biodegradabile mostra molte somiglianze con il polipropilene. La tesi consiste nell’applicazione del Life Cycle Assessment a processi di estrazione del PHB da colture batteriche. In essa sono valutate le prestazioni ambientali di 4 possibili processi alternativi, sviluppati dal CIRI EA, che utilizzano il dimetilcarbonato (DMC) e di 3 processi che utilizzano solventi alogenati (cloroformio, diclorometano, dicloroetano). Per quanto riguarda i processi che utilizzano come solvente di estrazione il DMC, due sono gli aspetti indagati e per i quali differiscono le alternative: la biomassa di partenza (secca o umida), e il metodo di separazione del polimero dal solvente (per evaporazione del DMC oppure per precipitazione). I dati primari di tutti gli scenari sono di laboratorio per cui è stato necessario realizzare un up scaling industriale di tutti i processi. L’up scaling è stato realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Civile Chimica Ambientale e dei Materiali. La valutazione delle prestazioni ambientali è stata fatta rispetto a tutte le categorie d’impatto raccomandate dall’Handbook della Commissione Europea, di queste solo alcune sono state analizzate nel dettaglio. Tutti i risultati mostrano un andamento simile, in cui gli impatti dei processi che utilizzano DMC sono inferiori a quelli dei solventi alogenati. Fra i processi che impiegano DMC, l’alternativa più interessante appare quella che impiega biomassa di partenza secca e raccolta del PHB per precipitazione.

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The goal of this master thesis is to explain in detail the application of Non-Destructive-Inspection on the Automotive and the Marine sectors. Nowadays, these two particular industries faces many challenges, including increased global competition, the need for higher performance, a reduction in costs and tighter environmental and safety requirements. The materials used for these applications play key roles in overcoming these challenges. So, also an NDI procedure need to be planned in order to avoid problems during the manufacturing process and the after sale life of the structures. The entire thesis work has been done in collaboration with Vetorix Engineering.

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Scopo della tesi è la valutazione del potenziale di crescita (δ) di Listeria monocytogenes espressa come differenza tra il carico cellulare (log10 ufc/g) alla fine e all’inizio della prova, in monoporzioni di battuta di vitello (tartare) confezionate sottovuoto e conservate a temperatura di refrigerazione. Si tratta di un alimento ready to eat – RTE – prodotto dalla Ditta INALCA Spa e destinato ad una catena di ristorazione. I challenge test hanno lo scopo di fornire informazioni sul comportamento in determinate condizioni di conservazione, di L. monocytogenes inoculata artificialmente in un alimento. L. monocytogenes è un microrganismo patogeno ubiquitario nell’ambiente e resistente a diverse condizioni ambientali. E’ stato dimostrato che il batterio è responsabile della contaminazione post-processo degli alimenti, in quanto è stato isolato da impianti di trasformazione, macchine per l’imballaggio, nastri trasportatori, guanti, congelatori e guarnizioni. Sono state oggetto di studio: - i) 3 u.c. inoculate con soluzione fisiologica sterile su cui sono stati valutati Aw, pH, carica aerobia mesofila, batteri lattici, Pseudomonas, Enterobacteriaceae, muffe e lieviti; - ii) 1 u.c. non soggetta ad alcun inoculo per la ricerca qualitativa/quantitativa di L. monocytogenes; - iii) 9 u.c. contaminate con una miscela di 5 ceppi di L. monocytogenes (circa 100 ufc/g). Le confezioni inoculate sono state conservate per 21 giorni (pari alla shelf-life commerciale), di cui i primi 7 alla temperatura di +3°C, ed i successivi 14 giorni a +5°C. Il valore δ è risultato pari a 0.57: essendo superiore, seppure di poco, al valore soglia 0.5, le tartare in esame sono classificate come alimenti pronti che costituiscono terreno favorevole alla crescita di L. monocytogenes (categoria 1.2); in base al regolamento (CE) 2073/2005, il microrganismo deve essere assente in 25 g alla produzione e < 100 ufc/g durante la shelf–life (nota 5 e 7).