570 resultados para minimi di funzionali metodo di steepest descent metriche riemanniane elaborazione di immagini

em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna


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Scopo della tesi è la descrizione di un metodo per il calcolo di minimi di funzionali, basato sulla steepest descent. L'idea principale è quella di considerare un flusso nella direzione opposta al gradiente come soluzione di un problema di Cauchy in spazi di Banach, che sotto l'ipotesi di Palais-Smale permette di determinare minimi. Il metodo viene applicato al problema di denoising e segmentazione in elaborazione di immagini: vengono presentati metodi classici basati sull'equazione del calore, il total variation ed il Perona Malik. Nell'ultimo capitolo il grafico di un'immagine viene considerato come varietà, che induce una metrica sul suo dominio, e viene nuovamente utilizzato il metodo di steepest descent per costruire algoritmi che tengano conto delle caratteristiche geometriche dell'immagine.

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A causa della limitata estensione del campo di vista del sistema, con un microscopio ottico tradizionale non è possibile acquisire una singola immagine completamente a fuoco se l’oggetto è caratterizzato da una profondità non trascurabile. Fin dagli anni ’70, il problema dell’estensione della profondidi fuoco è stato ampiamente trattato in letteratura e molti metodi sono stati proposti per superare questo limite. Tuttavia, è molto difficile riuscire a decretare quale metodo risulti essere il migliore in una specifica applicazione, a causa della mancanza di una metrica validata e adatta ad essere utilizzata anche in casi reali, dove generalmente non si ha a disposizione un’immagine di riferimento da considerare come “la verità” (ground truth). L’Universal Quality Index (UQI) è ampiamente utilizzato in letteratura per valutare la qualità dei risultati in processi di elaborazione di immagini. Tuttavia, per poter calcolare questo indice è necessaria una ground truth. In effetti, sono state proposte in letteratura alcune estensioni dell’UQI per valutare il risultato dei metodi di fusione anche senza immagine di riferimento, ma nessuna analisi esaustiva è stata proposta per dimostrare la loro equivalenza con l’UQI standard nel valutare la qualità di un’immagine. In questo lavoro di Tesi, partendo dai limiti dei metodi attualmente utilizzati per l'estensione della profondidi campo di un microscopio, ed esposti in letteratura, per prima cosa è stato proposto un nuovo metodo, basato su approccio spaziale e fondato su analisi locale del segnale appositamente filtrato. Attraverso l’uso di sequenze di immagini sintetiche, delle quali si conosce la ground truth, è stato dimostrato, utilizzando metriche comuni in image processing, che il metodo proposto è in grado di superare le performance dei metodi allo stato dell'arte. In seguito, attraverso una serie di esperimenti dedicati, è stato provato che metriche proposte e ampiamente utilizzate in letteratura come estensione dell'UQI per valutare la qualità delle immagini prodotte da processi di fusione, sebbene dichiarate essere sue estensioni, non sono in grado di effettuare una valutazione quale quella che farebbe l'UQI standard. E’ quindi stato proposto e validato un nuovo approccio di valutazione che si è dimostrato in grado di classificare i metodi di fusione testati così come farebbe l’UQI standard, ma senza richiedere un’immagine di riferimento. Infine, utilizzando sequenze di immagini reali acquisite a differenti profondidi fuoco e l’approccio di valutazione validato, è stato dimostrato che il metodo proposto per l’estensione della profondidi campo risulta sempre migliore, o almeno equivalente, ai metodi allo stato dell’arte.

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Scopo dell'opera è implementare in maniera efficiente ed affidabile un metodo di tipo Newton per la ricostruzione di immagini con termine regolativo in norma L1. In particolare due metodi, battezzati "OWL-QN per inversione" e "OWL-QN precondizionato", sono presentati e provati con numerose sperimentazioni. I metodi sono generati considerando le peculiarità del problema e le proprietà della trasformata discreta di Fourier. I risultati degli esperimenti numerici effettuati mostrano la bontà del contributo proposto, dimostrando la loro superiorità rispetto al metodo OWL-QN presente in letteratura, seppure adattato alle immagini.

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La Tomografia Computerizzata (TC) perfusionale rappresenta attualmente una importante tecnica di imaging radiologico in grado di fornire indicatori funzionali di natura emodinamica relativi alla vascolarizzazione dei tessuti investigati. Le moderne macchine TC consentono di effettuare analisi funzionali ad una elevata risoluzione spaziale e temporale, provvedendo ad una caratterizzazione più accurata di zone di interesse clinico attraverso l’analisi dinamica della concentrazione di un mezzo di contrasto, con dosi contenute per il paziente. Tale tecnica permette potenzialmente di effettuare una valutazione precoce dell’efficacia di trattamenti antitumorali, prima ancora che vengano osservate variazioni morfologiche delle masse tumorali, con evidenti benefici prognostici. I principali problemi aperti in questo campo riguardano la standardizzazione dei protocolli di acquisizione e di elaborazione delle sequenze perfusionali, al fine di una validazione accurata e consistente degli indicatori funzionali nella pratica clinica. Differenti modelli matematici sono proposti in letteratura al fine di determinare parametri di interesse funzionale a partire dall’analisi del profilo dinamico del mezzo di contrasto in differenti tessuti. Questa tesi si propone di studiare, attraverso l’analisi e l’elaborazione di sequenze di immagini derivanti da TC assiale perfusionale, due importanti modelli matematici di stima della perfusione. In particolare, vengono presentati ed analizzati il modello del massimo gradiente ed il modello deconvoluzionale, evidenziandone tramite opportune simulazioni le particolarità e le criticità con riferimento agli artefatti più importanti che influenzano il protocollo perfusionale. Inoltre, i risultati ottenuti dall’analisi di casi reali riguardanti esami perfusionali epatici e polmonari sono discussi al fine di valutare la consistenza delle misure quantitative ottenute tramite i due metodi con le considerazioni di natura clinica proposte dal radiologo.

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Questa tesi intende presentare una tecnica per la sintesi di immagini realistiche al calcolatore basata sul concetto di particle tracing. Il metodo proposto opera una stima sulla densità locale dei fotoni estendendo il concetto del photon differentials anche alla gestione delle riflessioni diffusive. Si è scelto di implementare il nuovo algoritmo di illuminazione globale all’interno di XCModel come estensione del photon mapping.

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Negli ultimi anni la tecnica di misura della correlazione digitale di immagini (“Digital Image Correlation” = DIC) sta trovando numerose applicazioni nell’ambito della meccanica sperimentale come valida alternativa per misure di campi di deformazione su componenti strutturali soggetti a carichi statici e dinamici. Misurare deformazioni in provini troppo piccoli, troppo grandi, teneri o caldi, è un tipico scenario in cui diventano necessarie le tecniche senza contatto in quanto l’applicazione di estensimetri risulta inefficiente. L’obiettivo di questo lavoro consta nel valutare l’applicabilità e l’accuratezza di programmi di elaborazione gratuiti per la correlazione digitale di immagini evidenziandone il metodo di utilizzo e l’autenticità dei risultati verificati attraverso prove in laboratorio. Tali programmi, per praticità e gratuità, nel campo bidimensionale, possono considerarsi una valida alternativa a programmi commerciali di elevato costo. Nonostante ciò, presentano alcune criticità e limitazioni che emergeranno dalle attente sperimentazioni effettuate. Verrà così definita la corretta e necessaria preparazione del set up sperimentale antecedente la prova e il campo di applicabilità a cui si prestano tali programmi per un preciso ed autentico rilevamento delle deformazioni subite da un corpo sottoposto a sollecitazioni, al pari di un comune estensimetro.

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In questa tesi è stato trattato il problema della ricostruzione di immagini di tomografia computerizzata considerando un modello che utilizza la variazione totale come termine di regolarizzazione e la norma 1 come fidelity term (modello TV/L1). Il problema è stato risolto modificando un metodo di minimo alternato utilizzato per il deblurring e denoising di immagini affette da rumore puntuale. Il metodo è stato testato nel caso di rumore gaussiano e geometria fan beam e parallel beam. Infine vengono riportati i risultati ottenuti dalle sperimentazioni.

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La tomografia computerizzata (CT) è una metodica di diagnostica per immagini che consiste in una particolare applicazione dei raggi X. Essa, grazie ad una valutazione statistico-matematica (computerizzata) dell'assorbimento di tali raggi da parte delle strutture corporee esaminate, consente di ottenere immagini di sezioni assiali del corpo umano. Nonostante le dosi di radiazioni somministrate durante un esame siano contenute, questa tecnica rimane sconsigliata per pazienti sensibili, perciò nasce il tentativo della tomosintesi: ottenere lo stesso risultato della CT diminuendo le dosi somministrate. Infatti un esame di tomosintesi richiede poche proiezioni distribuite su un range angolare di appena 40°. Se da una parte la possibilità di una ingente diminuzione di dosi e tempi di somministrazione costituisce un grosso vantaggio dal punto di vista medico-diagnostico, dal punto di vista matematico esso comporta un nuovo problema di ricostruzione di immagini: infatti non è banale ottenere risultati validi come per la CT con un numero basso di proiezioni,cosa che va a infierire sulla mal posizione del problema di ricostruzione. Un possibile approccio al problema della ricostruzione di immagini è considerarlo un problema inverso mal posto e studiare tecniche di regolarizzazione opportune. In questa tesi viene discussa la regolarizzazione tramite variazione totale: verranno presentati tre algoritmi che implementano questa tecnica in modi differenti. Tali algoritmi verranno mostrati dal punto di vista matematico, dimostrandone ben posizione e convergenza, e valutati dal punto di vista qualitativo, attraverso alcune immagini ricostruite. Lo scopo è quindi stabilire se ci sia un metodo più vantaggioso e se si possano ottenere buoni risultati in tempi brevi, condizione necessaria per una applicazione diffusa della tomosintesi a livello diagnostico. Per la ricostruzione si è fatto riferimento a problemi-test cui è stato aggiunto del rumore, così da conoscere l'immagine originale e poter vedere quanto la ricostruzione sia ad essa fedele. Il lavoro principale dunque è stata la sperimentazione degli algoritmi su problemi test e la valutazione dei risultati, in particolare per gli algoritmi SGP e di Vogel, che in letteratura sono proposti per problemi di image deblurring.

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La tesi in oggetto propone un algoritmo che viene incontro alla necessità di segmentare in modo regolare immagini di nevi. Si è fatto uso di metodi level set region-based in una formulazione variazionale. Tale metodo ha permesso di ottenere una segmentazione precisa, adattabile a immagini di nevi con caratteristiche molto diverse ed in tempi computazionali molto bassi.

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Questo studio si propone di realizzare un’applicazione per dispositivi Android che permetta, per mezzo di un gioco di ruolo strutturato come caccia al tesoro, di visitare in prima persona città d’arte e luoghi turistici. Gli utenti finali, grazie alle funzionalità dell’app stessa, potranno giocare, creare e condividere cacce al tesoro basate sulla ricerca di edifici, monumenti, luoghi di rilevanza artistico-storica o turistica; in particolare al fine di completare ciascuna tappa di una caccia al tesoro il giocatore dovrà scattare una fotografia al monumento o edificio descritto nell’obiettivo della caccia stessa. Il software grazie ai dati rilevati tramite GPS e giroscopio (qualora il dispositivo ne sia dotato) e per mezzo di un algoritmo di instance recognition sarà in grado di affermare se la foto scattata rappresenta la risposta corretta al quesito della tappa. L’applicazione GeoPhotoHunt rappresenta non solo uno strumento ludico per la visita di città turistiche o più in generale luoghi di interesse, lo studio propone, infatti come suo contributo originale, l’implementazione su piattaforma mobile di un Content Based Image Retrieval System (CBIR) del tutto indipendente da un supporto server. Nello specifico il server dell’applicazione non sarà altro che uno strumento di appoggio con il quale i membri della “community” di GeoPhotoHunt potranno pubblicare le cacce al tesoro da loro create e condividere i punteggi che hanno totalizzato partecipando a una caccia al tesoro. In questo modo quando un utente ha scaricato sul proprio smartphone i dati di una caccia al tesoro potrà iniziare l’avventura anche in assenza di una connessione internet. L’intero studio è stato suddiviso in più fasi, ognuna di queste corrisponde ad una specifica sezione dell’elaborato che segue. In primo luogo si sono effettuate delle ricerche, soprattutto nel web, con lo scopo di individuare altre applicazioni che implementano l’idea della caccia al tesoro su piattaforma mobile o applicazioni che implementassero algoritmi di instance recognition direttamente su smartphone. In secondo luogo si è ricercato in letteratura quali fossero gli algoritmi di riconoscimento di immagini più largamente diffusi e studiati in modo da avere una panoramica dei metodi da testare per poi fare la scelta dell’algoritmo più adatto al caso di studio. Quindi si è proceduto con lo sviluppo dell’applicazione GeoPhotoHunt stessa, sia per quanto riguarda l’app front-end per dispositivi Android sia la parte back-end server. Infine si è passati ad una fase di test di algoritmi di riconoscimento di immagini in modo di avere una sufficiente quantità di dati sperimentali da permettere di effettuare una scelta dell’algoritmo più adatto al caso di studio. Al termine della fase di testing si è deciso di implementare su Android un algoritmo basato sulla distanza tra istogrammi di colore costruiti sulla scala cromatica HSV, questo metodo pur non essendo robusto in presenza di variazioni di luminosità e contrasto, rappresenta un buon compromesso tra prestazioni, complessità computazionale in modo da rendere la user experience quanto più coinvolgente.

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In questa tesi viene analizzato un metodo di regolarizzazione nel quale il problema di regolarizzazione è formulato come un problema di ottimizzazione vincolata. In questa formulazione è fondamentale il termine noto del vincolo, parametro per il quale dipende la bontà della ricostruzione, che corrisponde ad una stima della norma del rumore sul dato. Il contributo della tesi è l'analisi di un algoritmo proposto per stimare il rumore in applicazioni di image deblurring utilizzando la decomposizione in valori singolari dell'operatore che descrive il blur. Sono stati fatti numerosi test per valutare sia i parametri dell'algoritmo di stima che l'efficacia della stima ottenuta quando è inserita nel termine noto del vincolo del problema di ottimizzazione per la ricostruzione dell'immagine.

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La tesi nasce da una collaborazione di ricerca, attiva da anni, tra il DISTART - Area Topografia ed il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna, impegnato da lungo tempo in scavi archeologici nella regione egiziana del Fayyum. Lo scopo di questa tesi è offrire un contributo alla creazione di un database multiscala di informazioni georeferenziate, che possa essere di supporto ad ulteriori approfondimenti sul territorio del Fayyum. Il raggiungimento degli obiettivi preposti è stato perseguito mediante l’utilizzo sistematico di algoritmi di classificazione su immagini satellitari a media risoluzione registrate ed ortorettificate. Per quanto riguarda la classificazione litologica, sulla base delle informazioni presenti in letteratura, è stata ottenuta una mappa della fascia desertica che circonda l’oasi, in cui sono distinte diverse tipologie: sabbie sciolte recenti, arenarie mioceniche, calcareniti dell’Eocene superiore, calcari dell’Eocene medio, basalti tardo-oligocenici. Inoltre è stata messa a punto una procedura per giungere ad una classificazione almeno in parte automatica di anomalie sul terreno che presentano una forma lineare. L’applicazione di questa procedura potrà rivelarsi utile per ulteriori indagini finalizzate alla individuazione di paleocanali, naturali o artificiali, ed alla ricostruzione dell’assetto idrografico nel passato.

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CAPITOLO 1 INTRODUZIONE Il lavoro presentato è relativo all’utilizzo a fini metrici di immagini satellitari storiche a geometria panoramica; in particolare sono state elaborate immagini satellitari acquisite dalla piattaforma statunitense CORONA, progettata ed impiegata essenzialmente a scopi militari tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, e recentemente soggette ad una declassificazione che ne ha consentito l’accesso anche a scopi ed utenti non militari. Il tema del recupero di immagini aeree e satellitari del passato è di grande interesse per un ampio spettro di applicazioni sul territorio, dall’analisi dello sviluppo urbano o in ambito regionale fino ad indagini specifiche locali relative a siti di interesse archeologico, industriale, ambientale. Esiste infatti un grandissimo patrimonio informativo che potrebbe colmare le lacune della documentazione cartografica, di per sé, per ovvi motivi tecnici ed economici, limitata a rappresentare l’evoluzione territoriale in modo asincrono e sporadico, e con “forzature” e limitazioni nel contenuto informativo legate agli scopi ed alle modalità di rappresentazione delle carte nel corso del tempo e per diversi tipi di applicazioni. L’immagine di tipo fotografico offre una rappresentazione completa, ancorché non soggettiva, dell’esistente e può complementare molto efficacemente il dato cartografico o farne le veci laddove questo non esista. La maggior parte del patrimonio di immagini storiche è certamente legata a voli fotogrammetrici che, a partire dai primi decenni del ‘900, hanno interessato vaste aree dei paesi più avanzati, o regioni di interesse a fini bellici. Accanto a queste, ed ovviamente su periodi più vicini a noi, si collocano le immagini acquisite da piattaforma satellitare, tra le quali rivestono un grande interesse quelle realizzate a scopo di spionaggio militare, essendo ad alta risoluzione geometrica e di ottimo dettaglio. Purtroppo, questo ricco patrimonio è ancora oggi in gran parte inaccessibile, anche se recentemente sono state avviate iniziative per permetterne l’accesso a fini civili, in considerazione anche dell’obsolescenza del dato e della disponibilità di altre e migliori fonti di informazione che il moderno telerilevamento ci propone. L’impiego di immagini storiche, siano esse aeree o satellitari, è nella gran parte dei casi di carattere qualitativo, inteso ad investigare sulla presenza o assenza di oggetti o fenomeni, e di rado assume un carattere metrico ed oggettivo, che richiederebbe tra l’altro la conoscenza di dati tecnici (per esempio il certificato di calibrazione nel caso delle camere aerofotogrammetriche) che sono andati perduti o sono inaccessibili. Va ricordato anche che i mezzi di presa dell’epoca erano spesso soggetti a fenomeni di distorsione ottica o altro tipo di degrado delle immagini che ne rendevano difficile un uso metrico. D’altra parte, un utilizzo metrico di queste immagini consentirebbe di conferire all’analisi del territorio e delle modifiche in esso intercorse anche un significato oggettivo che sarebbe essenziale per diversi scopi: per esempio, per potere effettuare misure su oggetti non più esistenti o per potere confrontare con precisione o co-registrare le immagini storiche con quelle attuali opportunamente georeferenziate. Il caso delle immagini Corona è molto interessante, per una serie di specificità che esse presentano: in primo luogo esse associano ad una alta risoluzione (dimensione del pixel a terra fino a 1.80 metri) una ampia copertura a terra (i fotogrammi di alcune missioni coprono strisce lunghe fino a 250 chilometri). Queste due caratteristiche “derivano” dal principio adottato in fase di acquisizione delle immagini stesse, vale a dire la geometria panoramica scelta appunto perché l’unica che consente di associare le due caratteristiche predette e quindi molto indicata ai fini spionaggio. Inoltre, data la numerosità e la frequenza delle missioni all’interno dell’omonimo programma, le serie storiche di questi fotogrammi permettono una ricostruzione “ricca” e “minuziosa” degli assetti territoriali pregressi, data appunto la maggior quantità di informazioni e l’imparzialità associabili ai prodotti fotografici. Va precisato sin dall’inizio come queste immagini, seppur rappresentino una risorsa “storica” notevole (sono datate fra il 1959 ed il 1972 e coprono regioni moto ampie e di grandissimo interesse per analisi territoriali), siano state molto raramente impiegate a scopi metrici. Ciò è probabilmente imputabile al fatto che il loro trattamento a fini metrici non è affatto semplice per tutta una serie di motivi che saranno evidenziati nei capitoli successivi. La sperimentazione condotta nell’ambito della tesi ha avuto due obiettivi primari, uno generale ed uno più particolare: da un lato il tentativo di valutare in senso lato le potenzialità dell’enorme patrimonio rappresentato da tali immagini (reperibili ad un costo basso in confronto a prodotti simili) e dall’altro l’opportunità di indagare la situazione territoriale locale per una zona della Turchia sud orientale (intorno al sito archeologico di Tilmen Höyük) sulla quale è attivo un progetto condotto dall’Università di Bologna (responsabile scientifico il Prof. Nicolò Marchetti del Dipartimento di Archeologia), a cui il DISTART collabora attivamente dal 2005. L’attività è condotta in collaborazione con l’Università di Istanbul ed il Museo Archeologico di Gaziantep. Questo lavoro si inserisce, inoltre, in un’ottica più ampia di quelle esposta, dello studio cioè a carattere regionale della zona in cui si trovano gli scavi archeologici di Tilmen Höyük; la disponibilità di immagini multitemporali su un ampio intervallo temporale, nonché di tipo multi sensore, con dati multispettrali, doterebbe questo studio di strumenti di conoscenza di altissimo interesse per la caratterizzazione dei cambiamenti intercorsi. Per quanto riguarda l’aspetto più generale, mettere a punto una procedura per il trattamento metrico delle immagini CORONA può rivelarsi utile all’intera comunità che ruota attorno al “mondo” dei GIS e del telerilevamento; come prima ricordato tali immagini (che coprono una superficie di quasi due milioni di chilometri quadrati) rappresentano un patrimonio storico fotografico immenso che potrebbe (e dovrebbe) essere utilizzato sia a scopi archeologici, sia come supporto per lo studio, in ambiente GIS, delle dinamiche territoriali di sviluppo di quelle zone in cui sono scarse o addirittura assenti immagini satellitari dati cartografici pregressi. Il lavoro è stato suddiviso in 6 capitoli, di cui il presente costituisce il primo. Il secondo capitolo è stato dedicato alla descrizione sommaria del progetto spaziale CORONA (progetto statunitense condotto a scopo di fotoricognizione del territorio dell’ex Unione Sovietica e delle aree Mediorientali politicamente correlate ad essa); in questa fase vengono riportate notizie in merito alla nascita e all’evoluzione di tale programma, vengono descritti piuttosto dettagliatamente gli aspetti concernenti le ottiche impiegate e le modalità di acquisizione delle immagini, vengono riportati tutti i riferimenti (storici e non) utili a chi volesse approfondire la conoscenza di questo straordinario programma spaziale. Nel terzo capitolo viene presentata una breve discussione in merito alle immagini panoramiche in generale, vale a dire le modalità di acquisizione, gli aspetti geometrici e prospettici alla base del principio panoramico, i pregi ed i difetti di questo tipo di immagini. Vengono inoltre presentati i diversi metodi rintracciabili in bibliografia per la correzione delle immagini panoramiche e quelli impiegati dai diversi autori (pochi per la verità) che hanno scelto di conferire un significato metrico (quindi quantitativo e non solo qualitativo come è accaduto per lungo tempo) alle immagini CORONA. Il quarto capitolo rappresenta una breve descrizione del sito archeologico di Tilmen Höyuk; collocazione geografica, cronologia delle varie campagne di studio che l’hanno riguardato, monumenti e suppellettili rinvenute nell’area e che hanno reso possibili una ricostruzione virtuale dell’aspetto originario della città ed una più profonda comprensione della situazione delle capitali del Mediterraneo durante il periodo del Bronzo Medio. Il quinto capitolo è dedicato allo “scopo” principe del lavoro affrontato, vale a dire la generazione dell’ortofotomosaico relativo alla zona di cui sopra. Dopo un’introduzione teorica in merito alla produzione di questo tipo di prodotto (procedure e trasformazioni utilizzabili, metodi di interpolazione dei pixel, qualità del DEM utilizzato), vengono presentati e commentati i risultati ottenuti, cercando di evidenziare le correlazioni fra gli stessi e le problematiche di diversa natura incontrate nella redazione di questo lavoro di tesi. Nel sesto ed ultimo capitolo sono contenute le conclusioni in merito al lavoro in questa sede presentato. Nell’appendice A vengono riportate le tabelle dei punti di controllo utilizzati in fase di orientamento esterno dei fotogrammi.