3 resultados para Urbanització -- Rif (Marroc : Serralada)

em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna


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Il sisma del 6 aprile ha palesato delle criticità già presenti nel territorio aquilano. Dopo l'emergenza ci si chiede quindi quale debba essere il futuro della città. Quello che risulta più evidente è sicuramente la scomparsa di un'interdipendenza tra città e territorio circostante che era invece alla base della nascita stessa del nucleo storico. Questo era infatti concepito inizialmente come una serie di entità eterogenee separate, 99 rioni che avrebbero ospitato la popolazione di altrettanti villaggi e castelli, ed arriva nel corso dei secoli ad inglobare un territorio molto più ampio di centri minori che si riconoscono nel capoluogo. Anche con la successiva crescita non si è mai sentita la necessità di provvedere ad uno sviluppo organizzato attraverso la realizzazione di servizi, ma si è sempre cercato di mantenere il centro storico come unico contenitore, non solo per la città ma per l'intero territorio. Così lo sviluppo fuori le mura è avvenuto soprattutto per mano privata generando una periferia caotica e disorganizzata come risposta alla domanda di alloggi, a cui non è mai stato dato l'onere, se non in fase progettuale, di sopperire alle necessità urbane di servizi e infrastrutture e soprattutto ad una totale mancanza di pianificazione di sviluppo futuro. Con la completa distruzione del centro storico è scomparso il cuore pulsante del territorio aquilano, a cui è subito seguito anche lo spegnimento della periferia, che gravitava e si appoggiava su di esso per la sua sopravvivenza. A questo punto la scelta di agire sulla prima periferia, in una zona di cerniera con il centro storico, diventa una scelta fondamentale, poiché questa diventa una possibilità per dare luogo ad una rinascita non solo della città dentro le mura ma dell'Aquila moderna. Poiché questo sia possibile è chiaro come l'attenzione maggiore debba rivolgersi non solo alla risposta della domanda abitativa, ma anche alla progettazione di spazi per la collettività, servizi a diversa scala e sedi per il piccolo e medio commercio per rendere possibili nuove opportunità sociali ed economiche. In quest'ottica risulta indispensabile mantenere un collegamento, fisico e visivo, con il centro storico, attraverso la riqualificazione della fascia verde a ridosso delle mura e la sua naturale prosecuzione al di là della strada nell'area di progetto. Una delle problematiche principali è stata inoltre la definizione o meno di un confine. La scelta è stata quella di una struttura aperta: una maglia senza un limite preciso ma con una chiara direzionalità che si rifà a quella del centro storico e che risulta la più adatta ad accogliere gli sviluppi futuri della città. Il progetto cerca quindi di interfacciarsi sempre con quelle che sono le preesistenze (come nel caso della Chiesa di S. Maria Mediatrice), per cui si perde una lettura chiusa del quartiere, a favore di un intervento che vuole essere una ricucitura piuttosto che un'imposizione al luogo. Diretta conseguenza è stata quindi la scelta di lavorare sugli spazi aperti, diversificandoli e caratterizzandoli a seconda delle situazioni, intesi come elementi di relazione, generatori di una fluida sequenza di luoghi, in cui l'edificio che vi trova sede non può essere scisso dal contesto circostante, ma ne diventa elemento complementare. Lo spazio assume così diverse declinazioni nel passaggio dal pubblico al privato, privo di cesure nette, alla ricerca di un abitare collettivo senza rinunce alla propria individualità. Alla varietà dei luoghi, si affianca anche la progettazione diversificata degli alloggi, per rispondere alle contemporanee esigenze dell'abitare.

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Questo progetto, maturato in seguito a profonde riflessioni basate sull’analisi e la valutazione della situazione territoriale, è scaturito dalla volontà di fornire una risposta alle carenze funzionali e strutturali di un’area dalle molteplici potenzialità. La fascia costiera di Platamona è stata al centro di progetti di lottizzazione che, invece di tutelare l’aspetto naturalistico e unificare un sistema costiero che si estende per circa otto chilometri, hanno inserito strutture prevalentemente ricettive e turistiche in maniera piuttosto arbitraria e senza tener conto della possibilità di organizzare il progetto d’intervento tramite un apposito strumento urbanistico. Il risultato, un tessuto edilizio disomogeneo e disorganizzato, non contribuisce certo alla volontà di attribuire un carattere e un’identità al luogo; anzi, la frequenza di aree in stato di abbandono, che rischiano di diventare discariche a cielo aperto fa quasi pensare ad una situazione di stallo e di incuria sia da parte delle amministrazioni che dei privati. L’idea del progetto deriva da un approccio che ha come obiettivo il massimo sfruttamento delle risorse locali e il minor impatto possibile sul paesaggio e sul sistema attuale. La volontà è quella di riorganizzare e riqualificare gli spazi più significativi, inserendoli all’interno di un sistema di percorsi e connessioni che vogliono unificare e rendere fruibile l’intero sistema costiero fra Platamona e Marina di Sorso. Inoltre è da rivalutare l’aspetto naturalistico del SIC dello Stagno e Ginepreto di Platamona, un’oasi naturalistica che ha tutte le potenzialità per essere posta al centro di un’attività di ricerca e diventare la meta di un turismo mirato. Nel Piano di gestione dello stagno sono già stati previsti e realizzati percorsi su passerelle in legno che si snodano fra i canneti e la pineta limitrofa, con alcune torrette di avvistamento, attualmente posizionate nella zona a sud. Uno degli obiettivi è dunque quello di completare questi percorsi per gran parte del perimetro dello stagno e di stabilire un percorso ciclo-pedonale ad anello che circondi e renda fruibile l’intera area del SIC. A livello di percorsi e connessioni, oltre alla nuova pista ciclabile che correrà parallelamente alla SP 81, si cercherà di fornire nuovi collegamenti anche all’ambito della spiaggia. L’idea è di costruire una passeggiata sul fronte mare che si articoli con leggere passerelle in legno fra le dune irregolari. Si snoderebbe dalla rotonda di Platamona fino alla piazza di Marina di Sorso, per una lunghezza di circa otto chilometri. Il suo scopo è di rendere fruibile l’intera fascia di spiaggia in modo da evitare un eccessivo calpestio del sistema dunario, che purtroppo risente della forte presenza antropica dei mesi estivi. Nel ripensare questi collegamenti e percorsi, si rende necessaria la creazione di aree di sosta attrezzate che si presentano con una certa periodicità, dettata dai pettini e dalle discese a mare. Vi saranno punti di sosta ombreggiati con alberature, aiuole, sedute, fontane e giochi per bambini. Diventa dunque prioritario il fatto di rendere evidente il concetto di unitarietà del sistema costiero in questione, rendendolo riconoscibile tramite l’organizzazione di spazi, episodi e percorsi. Infine il tentativo che riguarda nello specifico il Lido Iride, è quello relativo al suo recupero. L’intento è di restaurarlo e destinarlo a nuove funzioni ricreative-culturali. La struttura principale è mantenuta invariata, soprattutto le stecche che costituivano le cabine sulla spiaggia (elementi alquanto evocativi e radicati nella memoria del luogo). Il complesso sarà riorganizzato in previsione di ospitare workshop e corsi formativi riguardanti la cultura del mare e della salvaguardia dell’ambiente. Molto attuale e sempre più emergente anche in Sardegna risulta l’archeologia subacquea, a cui sono già state dedicate apposite strutture nelle zone di Cagliari e di Orosei. Dunque si riadatteranno le cabine con lo scopo di farle divenire alloggi temporanei per coloro che seguiranno tali corsi, mentre gli altri edifici del complesso fungeranno da supporto per delle lezioni all’aperto (l’arena e la piscina) e per il ristoro o l’allestimento di spazi espositivi (l’edificio centrale del lido). A causa della posizione del complesso balneare (a ridosso della spiaggia) si presuppone che il suo utilizzo sarà prevalentemente stagionale; perciò si è pensato di fornire una struttura di supporto e d’ausilio, la cui fruizione sia auspicabile anche nei mesi invernali: il Nuovo Centro Studi di Platamona. Questo nuovo complesso consiste in una struttura dotata di laboratori, aule conferenze, alloggi e ristorante. Si attesterà sul fronte mare, seguendo la direttrice del nuovo camminamento e innalzandosi su piattaforme e palafitte per non essere eccessivamente invasivo sul sistema dunario. Consisterà in due edifici di testata alti rispettivamente tre e quattro piani, ed entrambi avranno la peculiarità di avere il basamento aperto, attraversato dall’asse della passeggiata sul mare. L’edificio a tre piani ospiterà i laboratori, l’altro il ristorante. Dietro l’edificio dei laboratori si svilupperà una corte porticata che permetterà di giungere alla sala conferenza. Nella parte retrostante i due edifici di testata saranno distribuiti delle stecche di alloggi su palafitte immerse nel verde, caratterizzate da coperture con volte a botte. Lo stile architettonico del nuovo complesso si rifà all’architettura mediterranea, che s’identifica tramite l’utilizzo di basamenti e piccole aperture in facciata, l’uso di pietre e materiali da costruzioni locali, le bianche superfici che riflettono la luce e il forte segno architettonico dei muri che marcano il terreno seguendone l’orografia fino a diventare un tutt’uno.

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Il massiccio di Beni Bousera (Marocco) è formato da diverse unità geologiche composte prevalentemente da rocce metamorfiche molto simili a quelle che si trovano nel massiccio di Ronda (Spagna). Queste due catene montuose erano connesse prima dell’estensione (iniziata nel Miocene inferiore) che le ha separate lasciando il posto al mare di Alborán. Questo studio sarà incentrato soltanto sul massiccio marocchino, in particolare sull’unità peridotitica di Beni Bousera. Questa unità è stata suddivisa in quattro domini, ognuno dei quali ha specifiche caratteristiche petrologiche e geochimiche, che sono il risultato di diverse condizioni metamorfiche e di diversi regimi tettonici. L’obiettivo di questo lavoro è di caratterizzare, dal punto di vista petrologico, un campione che è stato prelevato dal massiccio di Beni Bousera, nella zona costiera del mare di Alborán e di determinare a quale dominio esso appartiene.