7 resultados para Synthetic aperture techniques

em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna


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In the last twenty years aerospace and automotive industries started working widely with composite materials, which are not easy to test using classic Non-Destructive Inspection (NDI) techniques. Pairwise, the development of safety regulations sets higher and higher standards for the qualification and certification of those materials. In this thesis a new concept of a Non-Destructive defect detection technique is proposed, based on Ultrawide-Band (UWB) Synthetic Aperture Radar (SAR) imaging. Similar SAR methods are yet applied either in minefield [22] and head stroke [14] detection. Moreover feasibility studies have already demonstrated the validity of defect detection by means of UWB radars [12, 13]. The system was designed using a cheap commercial off-the-shelf radar device by Novelda and several tests of the developed system have been performed both on metallic specimen (aluminum plate) and on composite coupon (carbon fiber). The obtained results confirm the feasibility of the method and highlight the good performance of the developed system considered the radar resolution. In particular, the system is capable of discerning healthy coupons from damaged ones, and correctly reconstruct the reflectivity image of the tested defects, namely a 8 x 8 mm square bulge and a 5 mm drilled holes on metal specimen and a 5 mm drilled hole on composite coupon.

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La mia tesi dal titolo ”Applicazione della tecnica PSinSAR™ allo studio di fenomeni franosi lenti: casi di studio in Emilia-Romagna” ha avuto come obiettivo quello di mostrare le potenzialità e i limiti della tecnica PSinSAR nel monitoraggio di fenomeni franosi localizzati in Val Marecchia. Ho svolto, nel capitolo due, un’analisi preliminare dell’area di studio andando a evidenziare prima le caratteristiche climatiche, piogge medie annue e le temperature minime e massime, e a seguire sono passato a descrivere l’inquadramento geologico e geomorfologico. L’area della Val Marecchia è, da questo punto di vista, molto particolare poggiando su quella che è definita dagli autori “coltre della Val Marecchia”; essa è un complesso alloctono sovrascorso ai terreni autoctoni della successione Umbro – Romagnola - Marchigiana. La traslazione verso Est della coltre avvenne per "scatti", in funzione delle principali fasi tettoniche appenniniche, separati da momenti di pausa in cui sedimentarono le formazioni più recenti le quali poi si spostarono in modo solidale con la coltre. La coltre, infatti, è costituita da un insieme di formazioni di età diverse e in particolare ritroviamo, partendo da quella più antica l’unità ligure, l’unità subligure e infine l’unità epiligure. La presenza di formazioni più recenti sopra ad altre più antiche rende unica la morfologia della vallata con enormi blocchi rocciosi poggianti su un substrato in genere argilloso come nell’esempio più famoso della rupe di San Leo. Da queste analisi è emersa un’altra caratteristica peculiare della valle cioè la forte tendenza a essere interessata da dissesti di varie tipologie. Gli indici di franosità mostrano che nella zona alta della vallata circa il 50% del territorio è interessato da dissesti, valore che decresce leggermente nella parte media e bassa della valle. Il motivo di tale instabilità è da imputare in parte alla forte erosione che avviene sulle placche epiliguri e in parte alle caratteristiche scadenti del substrato che è per lo più composto di argille e arenarie. Per quanto riguarda le tipologie di frane in Val Marecchia la situazione è molto eterogenea; in particolari le tre tipologie più frequenti sono il colamento lento, lo scivolamento rotazionale/traslativo e le frane di tipo complesso. Nel terzo capitolo ho descritto la tecnica PSinSAR; essa si basa sull’elaborazione di scene riprese da satellite per giungere alla formazione di una rete di punti, i PS, di cui conosciamo i movimenti nel tempo. I Permanent Scatterer (PS) sono dei bersagli radar individuati sulla superficie terrestre dal sensori satellitari caratterizzati per il fatto di possedere un’elevata stabilità nel tempo alla risposta elettromagnetica. I PS nella maggior parte dei casi corrispondono a manufatti presenti sulla superficie quali edifici, monumenti, strade, antenne e tralicci oppure ad elementi naturali come per esempio rocce esposte o accumuli di detrito. Lo spostamento viene calcolato lungo la linea di vista del satellite, per cui il dato in uscita non mostra lo spostamento effettivo del terreno, ma l'allontanamento o l'avvicinamento del punto rispetto al satellite. La misure sono sempre differenziali, ovvero sono riferite spazialmente a un punto noto a terra chiamato reference point, mentre temporalmente alla data di acquisizione della prima immagine. La tecnica PSinSAR proprio per la sua natura è "cieca" rispetto ai movimenti in direzione Nord-Sud. Le scene utilizzate per la creazione dei dataset di PS derivano quasi interamente dai satelliti ERS e ENVISAT. Tuttora sono disponibili anche le scene dei satelliti TerraSAR-X, RADARSAT e Cosmo Skymed. I sensori utilizzati in questo ambito sono i SAR (Synthetic Aperture Radar) che sono sensori attivi, cioè emettono loro stessi l'energia necessaria per investigare la superficie terrestre al contrario dei sensori ottici. Questo permette di poter acquisire scene anche di notte e in condizioni di cielo nuvoloso. La tecnica PSinSAR presenta molti vantaggi rispetto alle tecniche interferometriche tradizionali essa, infatti, è immune agli errori di decorrelamento temporale e spaziale oltre agli errori atmosferici, che portavano ad avere precisioni non inferiori a qualche cm, mentre ora l’errore di misura sulla velocità media di spostamento si attesta in genere sui 2 mm. La precisione che si ha nella georeferenziazione dei punti è in genere di circa 4-7 m lungo la direzione Est e circa 1-2 m in quella Nord. L’evoluzione di PSinSAR, SqueeSAR, permette un numero maggiore di punti poiché oltre ai Permanent Scatterers PS, tramite un apposito algoritmo, calcola anche i Distribuited Scatterer DS. I dataset di dati PS che ho utilizzato nel mio lavoro di tesi (PSinSAR) derivano, come detto in precedenza, sia da scene riprese dal satellite ERS che da ENVISAT nelle due modalità ascendenti e discendenti; nel primo caso si hanno informazioni sui movimenti avvenuti tra il 1992 e il 2000 mentre per l’ENVISAT tra il 2002 e il 2008. La presenza di dati PS nelle due modalità di ripresa sulla stessa zona permette tramite alcuni calcoli di ricavare la direzione effettiva di spostamento. È importante però sottolineare che, a seconda della modalità di ripresa, alcune aree possono risultare in ombra, per questo nell’analisi dei vari casi di studio non sempre sono stati utilizzabili tutti i dataset. Per l'analisi dei vari casi di studio, presentati nel capitolo 4, ho utilizzato diverso materiale cartografico. In particolare mi sono servito delle Carte Tecniche Regionali (CTR) a scala 1:10000 e 1:5000, in formato digitale, come base cartografica. Sempre in formato digitale ho utilizzato anche le carte geologiche e geomorfologiche dell'area della Val Marecchia (fogli 266, 267, 278) oltre, per finire, agli shapefile presi dal database online del Piano stralcio dell’Assetto Idrogeologico PAI. Il software usato per la realizzazione del lavoro di tesi è stato ArcGIS di proprietà di ESRI. Per ogni caso di studio ho per prima cosa effettuato un'analisi dal punto di vista geologico e geomorfologico, in modo da fare un quadro delle formazioni presenti oltre ad eventuali fenomeni franosi mostrati dalle carte. A seguire ho svolto un confronto fra il dato PS, e quindi i valori di spostamento, e la perimetrazione mostrata nel PAI. Per alcuni casi di studio il dato PS ha mostrato movimenti in aree già perimetrate nel PAI come "in dissesto", mentre in altri il dato satellitare ha permesso di venire a conoscenza di fenomeni non conosciuti (come ad esempio nel caso di Monte Gregorio). Per ogni caso di studio ho inoltre scelto alcuni PS caratteristici (solitamente quelli a coerenza maggiore) e ho ricavato la relativa serie storica. In questo modo è stato possibile verificare lo spostamento durante tutti gli anni in cui sono state prese le scene (dal 1992 al 2000 per dati ERS, dal 2002 al 2008 per dati ENVISAT) potendo quindi mettere in luce accelerazioni o assestamenti dei fenomeni nel tempo, oltre a escludere la presenza di trend di spostamento anomali imputabili nella maggior parte dei casi a errori nel dato. L’obiettivo della tesi è stato da una parte di verificare la bontà del dato PS nell’interpretazione dei movimenti dovuti a dissesti franosi e dall’altra di fare un confronto tra il dato di spostamento ricavato dai PS e i vari inventari o carte di piano. Da questo confronto sono emerse informazioni molti interessanti perché è stato possibile avere conferme di movimento su dissesti già conosciuti (Sant’Agata Feltria, San Leo e altri) ma anche di venire a conoscenza di fenomeni non conosciuti (Monte Gregorio). In conclusione è emerso dal mio lavoro che il monitoraggio tramite tecnica PSinSAR necessita di essere integrato con le tecniche tradizionali poiché presenta alcune limitazioni importanti come l’impossibilità di "vedere" movimenti veloci o lungo la direzione Nord-Sud, oltre ad avere dati in aree vegetate o scarsamente abitate. I vantaggi sono però notevoli potendo monitorare con un’unica ripresa vaste porzioni di territorio oltre ad avere serie storiche consistenti, in grado di evidenziare i movimenti avvenuti nel passato. Tale tecnica quindi, secondo il mio parere, può essere utilizzata come supporto alla stesura di cartografia di fenomeni franosi fornendo informazioni aggiuntive rispetto alle varie tecniche tradizionali come il GPS, sondaggi geotecnici e sondaggi inclinometrici.

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Il Global Positioning System (GPS) e l’Interferometric Synthetic Aperture Radar (InSAR) sono due tecniche osservative di grande importanza che utilizzano segnali nel campo delle microonde. Questa tesi intende contribuire a sviluppare una base di confronto tra i risultati derivati da queste due tecniche osservative. Una parte del lavoro riguarda uno studio delle deformazioni del suolo, in particolare, la stima dei movimenti verticali e di quelli che riguardano la componente Est della posizione delle stazioni. Un secondo ambito di ricerca è invece focalizzato alla determinazione del ritardo introdotto, nella propagazione dei segnali GPS e SAR, dal loro passaggio in atmosfera. In particolare, si è studiato l’effetto della componente umida della troposfera.

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The research project object of this thesis is focused on the development of an advanced analytical system based on the combination of an improved thin layer chromatography (TLC) plate coupled with infrared (FTIR) and Raman microscopies for the detection of synthetic dyes. Indeed, the characterization of organic colorants, which are commonly present in mixtures with other components and in a very limited amount, still represents a challenging task in scientific analyses of cultural heritage materials. The approach provides selective spectral fingerprints for each compound, foreseeing the complementary information obtained by micro ATR-RAIRS-FTIR and SERS-Raman analyses, which can be performed on the same separated spot. In particular, silver iodide (AgI) applied on a gold coated slide is proposed as an efficient stationary phase for the discrimination of complex analyte mixtures, such as dyes present in samples of art-historical interest. The gold-AgI-TLC plate shows high performances related both to the chromatographic separation of analytes and to the spectroscopic detection of components. The use of a mid-IR transparent inorganic salt as the stationary phase avoids interferences of the background absorption in FTIR investigations. Moreover, by ATR microscopy measurements performed on the gold-AgI surface, a considerable enhancement in the intensity of spectra is observed. Complementary information can be obtained by Raman analyses, foreseeing a SERS activity of the AgI substrate. The method has been tested for the characterization of a mixture of three synthetic organic colorants widely used in dyeing processes: Brilliant Green (BG1), Rhodamine B (BV10) and Methylene Blue (BB9).

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Correctness of information gathered in production environments is an essential part of quality assurance processes in many industries, this task is often performed by human resources who visually take annotations in various steps of the production flow. Depending on the performed task the correlation between where exactly the information is gathered and what it represents is more than often lost in the process. The lack of labeled data places a great boundary on the application of deep neural networks aimed at object detection tasks, moreover supervised training of deep models requires a great amount of data to be available. Reaching an adequate large collection of labeled images through classic techniques of data annotations is an exhausting and costly task to perform, not always suitable for every scenario. A possible solution is to generate synthetic data that replicates the real one and use it to fine-tune a deep neural network trained on one or more source domains to a different target domain. The purpose of this thesis is to show a real case scenario where the provided data were both in great scarcity and missing the required annotations. Sequentially a possible approach is presented where synthetic data has been generated to address those issues while standing as a training base of deep neural networks for object detection, capable of working on images taken in production-like environments. Lastly, it compares performance on different types of synthetic data and convolutional neural networks used as backbones for the model.

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As a consequence of the diffusion of next generation sequencing techniques, metagenomics databases have become one of the most promising repositories of information about features and behavior of microorganisms. One of the subjects that can be studied from those data are bacteria populations. Next generation sequencing techniques allow to study the bacteria population within an environment by sampling genetic material directly from it, without the needing of culturing a similar population in vitro and observing its behavior. As a drawback, it is quite complex to extract information from those data and usually there is more than one way to do that; AMR is no exception. In this study we will discuss how the quantified AMR, which regards the genotype of the bacteria, can be related to the bacteria phenotype and its actual level of resistance against the specific substance. In order to have a quantitative information about bacteria genotype, we will evaluate the resistome from the read libraries, aligning them against CARD database. With those data, we will test various machine learning algorithms for predicting the bacteria phenotype. The samples that we exploit should resemble those that could be obtained from a natural context, but are actually produced by a read libraries simulation tool. In this way we are able to design the populations with bacteria of known genotype, so that we can relay on a secure ground truth for training and testing our algorithms.

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Privacy issues and data scarcity in PET field call for efficient methods to expand datasets via synthetic generation of new data that cannot be traced back to real patients and that are also realistic. In this thesis, machine learning techniques were applied to 1001 amyloid-beta PET images, which had undergone a diagnosis of Alzheimer’s disease: the evaluations were 540 positive, 457 negative and 4 unknown. Isomap algorithm was used as a manifold learning method to reduce the dimensions of the PET dataset; a numerical scale-free interpolation method was applied to invert the dimensionality reduction map. The interpolant was tested on the PET images via LOOCV, where the removed images were compared with the reconstructed ones with the mean SSIM index (MSSIM = 0.76 ± 0.06). The effectiveness of this measure is questioned, since it indicated slightly higher performance for a method of comparison using PCA (MSSIM = 0.79 ± 0.06), which gave clearly poor quality reconstructed images with respect to those recovered by the numerical inverse mapping. Ten synthetic PET images were generated and, after having been mixed with ten originals, were sent to a team of clinicians for the visual assessment of their realism; no significant agreements were found either between clinicians and the true image labels or among the clinicians, meaning that original and synthetic images were indistinguishable. The future perspective of this thesis points to the improvement of the amyloid-beta PET research field by increasing available data, overcoming the constraints of data acquisition and privacy issues. Potential improvements can be achieved via refinements of the manifold learning and the inverse mapping stages during the PET image analysis, by exploring different combinations in the choice of algorithm parameters and by applying other non-linear dimensionality reduction algorithms. A final prospect of this work is the search for new methods to assess image reconstruction quality.