18 resultados para Ostreopsis cf. ovata, Dimetilsolfoniopropionato (DMSP), Ovatossine, Interazioni microalga-batteri

em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna


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Il Dimetilsolfoniopropionato (DMSP) è un metabolita secondario prodotto da vari organismi marini, tra cui molte microalghe. Ad oggi pochi studi riguardano gli effetti dei fattori ambientali sulla produzione di DMSP nelle microalghe tossiche, tuttavia si ipotizza che la carenza di azoto (N-dep) possa influire sulla produzione di tossine e DMSP. In questo lavoro è stata indagata nella dinoflagellata Ostreopsis cf. ovata: la presenza e l’andamento del DMSP lungo tutte le fasi di crescita; i possibili effetti di differenti condizioni di crescita (i.e. bilanciata e N-dep) sulla produzione del metabolita e delle tossine. La scelta della dinoflagellata è giustificata dalle sue frequenti fioriture dannose nel Mediterraneo e dall’osservazione, in studi pregressi, di una comunità batterica associata ai suoi blooms in grado di utilizzare il DMSP come fonte energetica. Lo studio mostra per la prima volta da parte di O. cf ovata la produzione del DMSP, riportando un trend temporale simile nelle due condizioni. Si evidenzia: un minimo a fine fase esponenziale; un massimo nella prima fase stazionaria; una riduzione al termine della fase stazionaria. Il confronto fra le due condizioni evidenzia un effetto positivo di N-dep nella produzione di DMSP, evidenziato anche dal maggior tasso di produzione, che potrebbe avvenire per: utilizzare il DMSP rispetto ad altri osmoliti azotati; rilasciare nell’ambiente composti carboniosi e sulfurei, prodotti a seguito dello stress cellulare. I risultati indicherebbero come N-dep possa interferire nella sintesi di tossine e DMSP in maniera opposta, non per competizione diretta del nutriente nei processi di sintesi, ma a seguito dei cambiamenti fisiologici della microalga dovuti alla carenza nutrizionale. Infine la produzione di DMSP da parte della microalga conferma l’instaurarsi di una fase d’interazione mutualistica con i batteri ad essa associati facilitata dal DMSP, importante per lo sviluppo della popolazione algale e dei conseguenti rischi sanitari ed ecosistemici.

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Negli ultimi 10 anni i blooms attribuibili alla dinoflagellata bentonica Ostreopsis cf. ovata sono aumentati in termini di frequenza ed intensità lungo le coste del Mediterraneo, avendo ripercussioni negative sulla salute umana e forti impatti sulle comunità marine bentoniche, ciò a seguito della produzione di potenti tossine (composti palitossina-simili) da parte della microalga. Tra i fattori ecologici che innescano o regolano le dinamiche dei bloom tossici le interazioni tra microalghe e batteri sono in misura sempre maggiore oggetto di ricerca. In questo studio è stata analizzata la struttura filogenetica della comunità batterica associata ad O. cf. ovata in colture batch e valutate le dinamiche successionali della stessa in relazione alle differenti fasi di crescita della microalga (oltre che in relazione alle dinamiche di abbondanza virale). Lo studio filogenetico è stato effettuato tramite l’ausilio di metodiche molecolari di sequenziamento di next generation (Ion Torrent). Le abbondanze dei batteri e delle particelle virali sono state determinate tramite microscopia ad epifluorescenza; l’abbondanza cellulare algale è stata stimata tramite metodo Uthermohl. Il contributo della frazione batterica ad elevata attività respiratoria è stato determinato tramite doppia colorazione con coloranti DAPI e CTC. Dai dati emersi si evince che la comunità batterica attraversa due fasi di crescita distinte, una più marcata e concomitante con la fase esponenziale di O. cf. ovata, l'altra quando la microalga è in fase media stazionaria. Per quanto concerne la composizione filogenetica della comunità sono stati rilevati 12 phyla, 17 classi e 150 generi, sebbene i dati ottenuti abbiano rilevato una forte dominanza del phylum Proteobacteria con la classe Alphaproteobacteria, seguita dal phylum Bacteroidetes con la classe Sphingobacteria. Variazioni nella struttura filogenetica della comunità batterica, a livello di generi, tra le diverse fasi di crescita della microalga ha permesso di evidenziare ed ipotizzare particolari interazioni di tipo mutualistico e di tipo competitivo.

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The benthic dinoflagellate O. ovata represents a serious threat for human health and for the ecology of its blooming areas: thanks to its toxicity this microalga has been responsible for several cases of human intoxication and mass mortalities of benthic invertebrates. Although the large number of studies on this dinoflagellate, the mechanisms underpinning O. ovata growth and toxin production are still far to be fully understood. In this work we have enriched the dataset on this species by carrying out a new experiment on an Adriatic O. cf. ovata strain. Data from this experiment (named Beta) and from another comparable experiment previously conducted on the same strain (named Alpha), revealed some interesting aspects of this dinoflagellate: it is able to grow also in a condition of strong intracellular nutrient deficiency (C:P molar ratio > 400; C:N > 25), reaching extremely low values of chlorophyll-a to carbon ratio (0.0004). Was also found a significant inverse relationships (r > -0.7) between cellular toxin to carbon and cellular nutrient to carbon ratios of experiment Alpha. In the light of these result, we hypothesized that in O. cf. ovata nutrient-stress conditions (intended as intracellular nutrient deficiency) can cause: i) an increase in toxin production; ii) a strong decrease in chlorophyll-a synthesis; iii) a lowering of metabolism associated with the formation of a sort of resting stage. We then used a modelling approach to test and critically evaluate these hypotheses in a mechanistic way: newly developed formulation describing toxin production and fate, and ad hoc changes in the already existent formulations describing chlorophyll synthesis, rest respiration, and mortality, have been incorporated in a simplified version of the European Regional Seas Ecosystem Model (ERSEM), together with a new ad hoc parameterization. The adapted model was able to accurately reproduce many of the trends observed in the Alpha experiment, allowing us to support our hypotheses. Instead the simulations of the experiment Beta were not fully satisfying in quantitative terms. We explained this gap with the presumed different physiological behaviors between the algae of the two experiments, due to the different pre-experimental periods of acclimation: the model was not able to reproduce acclimation processes in its simulations of the experiment Beta. Thus we attempt to simulate the acclimation of the algae to nutrient-stress conditions by manual intervention on some parameters of nutrient-stress thresholds, but we received conflicting results. Further studies are required to shed light on this interesting aspect. In this work we also improve the range of applicability of a state of the art marine biogeochemical model (ERSEM) by implementing in it an ecological relevant process such as the production of toxic compounds.

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Le fioriture algali rappresentano un problema emergente che colpisce le attività ricreative costiere negli ultimi decenni e molta responsabilità è attribuita alla pressione antropica sulle coste, anche se fondamentalmente i fenomeni di fioriture dannose rimangono imprevedibili. Un tempo confinate in aree tropicali e sub-tropicali, nuove alghe tossiche produttrici di composti palitossina-simili, quali Ostreopsis spp., si sono diffuse anche in regioni temperate, come il Mediterraneo. Le condizioni di sviluppo di queste fioriture sono legate a fattori ambientali quali irraggiamento, temperatura, concentrazione di nutrienti e alle caratteristiche biologiche delle singole specie. Per valutare il rischio reale sulla salute dell’uomo, vi è necessità di conoscere i parametri ambientali ottimali alla proliferazione delle specie, in termini di temperatura, intensità luminosa e disponibilità di nutrienti, così come di chiarire la struttura delle tossine e le condizioni che possono favorire la loro produzione. In questo studio un ceppo della dinoflagellata Ostreopsis ovata e un ceppo della dinoflagellata Prorocentrum lima sono stati coltivati in colture batch a tre diverse temperature (20°C, 25°C, 30°C) come monocolture e come colture miste. La raccolta è avvenuta nel periodo della loro presunta fase stazionaria. Le informazioni circa il comportamento delle microalghe nelle diverse colture sono state raccolte tramite calcolo del tasso di crescita, analisi del consumo di nutrienti, valutazione dell’efficienza fotosintetica, produzione di tossine. E’ stato applicato un nuovo metodo di misura per il calcolo dei biovolumi. Tra le due microalghe, O. ovata ha esibito maggiore variabilità morfologica, tassi di crescita più elevati e migliore efficienza fotosintetica, mostrando però di subire stress alla temperatura di 30°C. P. lima ha presentato tassi di crescita inferiori, incompleto utilizzo dei nitrati e minore efficienza fotosintetica, accompagnata da grande dissipazione di energia sotto forma di calore. Nelle colture miste, l’uptake più rapido di nitrati da parte di O. ovata ha fatto sì che il numero di cellule di P. lima fosse notevolmente inferiore a quello sviluppatosi nelle colture pure. Ciononostante, la produzione di acido okadaico da parte di P. lima non si è modificata in presenza di O. ovata. Il ceppo di O. ovata utilizzato è stato in grado di produrre ovatossina-a, la tossina maggiormente presente nelle cellule, e quantità circa quattro volte inferiori di ovatossine d+e, oltre a piccole quantità di palitossina putativa. Non è stato invece in grado di produrre le altre due ovatossine conoscisute, l’ovatossina-b e l’ovatossina-c. La produzione di tossine ha dimostrato di essere correlata positivamente con l’aumento della temperatura quando espressa su unità di biovolume, ed è stata inferiore nelle colture miste rispetto alle colture pure. Grazie alla maggiore capacità di crescita, al miglior utilizzo di nutrienti e alla migliore efficienza fotosintetica, O. ovata si dimostra in grado di dare origine a importanti eventi di fioritura, mentre per P. lima i parametri di crescita studiati non evidenziano questa capacità. Le analisi in corso circa la quantità di tossine emesse nel mezzo di coltura permetterano di completare il quadro delineato dal presente studio. Allo stato attuale, non si può concludere che esista attività allelopatica di una specie nei confronti dell’altra.

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Individuazione dei valori ottimali di crescita di dinoflagellate bentoniche, valutazione della tossicità e di interazioni allelopatiche. Il fitoplancton rappresenta la base della catena trofica in ambiente marino, nonché oltre la metà  della produzione primaria a livello mondiale. Le dinoflagellate, assieme alle diatomee, costituiscono la maggior parte del fitoplancton, comprendendo numerose e diversificate specie di microalghe dalla differente distribuzione, ecologia e fisiologia. Alcune specie appartenenti a tale gruppo sono in grado di dare luogo, in determinate condizioni, a estesi fenomeni di fioriture algali, che diventano particolarmente impattanti se le specie coinvolte sono responsabili della produzione di biotossine, le quali possono direttamente uccidere altri organismi o accumularsi nei loro tessuti. Gli effetti nocivi di questi fenomeni si ripercuotono pesantemente sull'ecosistema marino, con ingenti morie di organismi acquatici (da pesci a molluschi, dal bentos al necton) e profonde alterazioni nelle comunità specifiche. Un forte coinvolgimento si ha di conseguenza anche per le attività umane, in seguito a forti esternalità negative su pesca, turismo, attività ricreative, o spesso con rischi direttamente correlati alla salute umana, dovuti perlopiù ad ingestione di organismi contaminati o all'inalazione di tossine per via aerea. Negli ultimi anni le fioriture algali tossiche si sono fortemente intensificate in distribuzione, estensione e frequenza, attirando l'interesse globale della comunità scientifica. Diversi studi condotti in questo senso hanno portato all'identificazione di numerose specie di dinoflagellate tossiche e all'isolamento di una lunga serie di composti chimici con effetti dannosi da esse sintetizzate. Tuttavia si conosce ancora ben poco sull'ecologia di queste specie, in particolare su quali siano i fattori che possano indurre o regolare la proliferazione e lo sviluppo di un bloom algale. Questo studio si è focalizzato su due specie di dinoflagellate bentoniche tossiche, Ostreopsis ovata e Coolia monotis, entrambe appartenenti alla famiglia Ostreopsidaceae, note già da tempo nei paesi tropicali poiché associate alla sindrome da ciguatera. Negli ultimi anni, Ostreopsis ovata è stata oggetto di numerose ricerche in Europa, poiché ha dato luogo a fenomeni di bloom, collegati con danni respiratori nell'uomo, anche lungo i litorali italiani; soltanto recentemente grazie ad una tecnica analitica basata sulla combinazione di cromatografia liquida e spettrometria di massa (LC-MS), è stato possibile isolare la diverse tossine responsabili. Durante i vari monitoraggi e campionamenti delle acque, questa dinoflagellata è stata sempre riscontrata in presenza di Coolia monotis (e Prorocentrum lima), di cui invece si conosce ben poco, visto che la sua tossicità in Mediterraneo non è ancora stata dimostrata, né la sua tossina caratterizzata. Il primo step di questo studio è stato quello di valutare, attraverso il mantenimento di colture in vitro, l'importanza della temperatura nella crescita di O. ovata e C. monotis (singolarmente) provenienti dalla zona del monte Conero (Ancona, Marche). Esistono già studi di questo tipo su ceppi adriatici di O. ovata, tuttavia è stato effettuato un esperimento similare utilizzando un nuovo ceppo, isolato in anni recenti; per C. monotis invece non sono presenti molti studi in letteratura, in particolare nessuno riguardante ceppi italiani. La valutazione della crescita è stata effettuata attraverso conteggio delle cellule, misura dell'efficienza fotosintetica e consumo dei macronutrienti. Quindi, visto che le due specie vivono in associazione nell'ambiente marino, si è cercato di evidenziare l'instaurarsi di eventuali processi competitivi o di fenomeni di allelopatia. Dall'analisi dei risultati è emerso che, se coltivate individualmente, sia C. monotis che O. ovata mostrano un optimum di crescita alla temperatura di 20°C, con tasso di crescita, numero di cellule e rendimento fotosintetico raggiunti più elevati, seppure non di molto rispetto alle colture a 25°C. Le colture a 30°C al contrario hanno mostrato valori sensibilmente inferiori. Se fatte crescere assieme, invece, C. monotis mantiene lo stesso pattern riscontrato nella monoculture a 20 e 25°C, seppur raggiungendo numeri di cellule inferiori, mentre a 30°C ha una crescita bassissima. Al contrario, O. ovata alla temperatura più elevata raggiunge lo stesso numero di cellule della monocultura, alla temperatura intermedia registra il tasso di crescita, ma non il numero di cellule, più elevato, mentre alla temperatura più bassa (che era l'optimum per la monocultura) si ha il maggior stress per la specie, evidenziando forti fenomeni di competizione. Esperimenti su C. monotis fatta crescere in un filtrato di O. ovata non hanno invece chiarito l'esistenza o meno di eventuali effetti allelopatici di Ostreopsis su Coolia, dato che non sono apparse differenze evidenti tra il controllo e il filtrato, mentre hanno messo in luce l'importanza dei batteri associati alle microalghe come supporto alla loro crescita, poiché le colture cresciute in filtrato sterile hanno manifestato tutte quante un rendimento quantico fotosintetico inferiore.

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La presenza di materia oscura nell'universo venne ipotizzata negli anni '30 a seguito di alcune anomalie nei risultati sperimentali ottenuti in astrofisica e cosmologia. La distribuzione di materia ottenuta non concordava infatti con i dati provenienti dalle osservazioni astronomiche e gli scienziati ipotizzarono l'esistenza di un tipo di materia, denominata appunto materia oscura, che interagisse debolmente con la radiazione elettromagnetica e fosse quindi interamente invisibile ai telescopi, sia che fossero a radiofrequenze che operanti nel campo del visibile o con raggi gamma e X, ma che producesse effetti gravitazionali. Nel corso degli anni si sono aggiunte ulteriori evidenze a sostegno dell'esistenza di materia oscura, provenienti anche dallo studio della cosmologia, e numerosi esperimenti (tra cui XENON, IGEX, DAMA/LIBRA) sono stati condotti per cercare di determinare tipo e massa delle particelle o la loro abbondanza (PLANCK). Il lavoro di questa tesi consiste in uno studio delle interazioni dei neutroni con lo xenon per l'esperimento XENON1T. I neutroni costituiscono un fondo particolarmente pericoloso per l'esperimento, in quanto producono uno scattering direttamente sul nucleo allo stesso modo delle particelle di materia oscura. Nel lavoro svolto sono state dapprima analizzate le caratteristiche delle singole interazioni con lo xenon contenuto nella camera, per poi passare ad uno studio più specifico sul comportamento dei neutroni prodotti dai fotomoltiplicatori del rivelatore. In seguito alle analisi svolte è stato possibile caratterizzare il fondo di neutroni in modo più preciso, permettendo di determinare alcuni criteri di selezione per il loro riconoscimento.

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La coltivazione massiva di microalghe ha lo scopo di produrre biomassa su larga scala per ottenere prodotti e processi utili, grazie al loro elevato contenuto di carboidrati, proteine, lipidi, pigmenti e altri composti, che sono utilizzati a livello industriale in campo alimentare, medico e nutraceutico. L’elevata potenzialità di utilizzo di questa biomassa ha assunto un ruolo primario nell’ambito della produzione di energia ecocompatibile o di processi utili per l’ambiente. Dalle microalghe è possibile estrarre lipidi da utilizzare come biocarburanti e possono trovare applicazione anche nel trattamento di reflui domestici ed industriali, nella produzione di composti bioattivi atti alla produzione di biopolimeri, fertilizzanti e ammendanti. Le problematiche inerenti ad una produzione industriale, riguardano la riduzione dell’impatto energetico, ambientale ed i costi di produzione con l’obbiettivo di massimizzare la resa della coltura; questo potrebbe essere realizzato attraverso l’utilizzo di sostanze di crescita che diversi studi mostrano come siano presenti naturalmente nelle microalghe. Il lavoro di questa tesi si è incentrato sulla valutazione degli effetti di ormoni vegetali sulla crescita e la composizione molecolare della microalga verde Desmodesmus communis, organismo noto nell’ambito del trattamento delle acque reflue e specie alternativa nella produzione di energia rinnovabile grazie alle sue caratteristiche fisiologiche. La crescita è stata monitorata attraverso conteggio cellulare, consumo di nutrienti, misurazione del peso secco e dell’efficienza fotosintetica; la composizione molecolare è stata quantificata analizzando il contenuto di polisaccaridi, proteine e lipidi delle cellule. Dapprima è stato eseguito uno screening preliminare di cinque fitormoni a concentrazioni diverse, allo scopo di selezionare lo stimolante biochimico con maggior effetto. Selezionato l’ormone, si è poi proceduto ad allestire colture batch, in cui il composto, l’auxina acido fenilacetico, è stato aggiunto alla concentrazione prescelta e successivamente, avvalendosi dell’utilizzo di due fotobioreattori colonnari, è stato valutato l’effetto dell’ormone selezionato in un sistema di coltura semicontinuo, ipotizzando una coltivazione industriale su larga scala.

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OPERA è un esperimento installato ai Laboratori del Gran Sasso, lungo la linea del fascio di neutrini CNGS prodotto al CERN. Il suo scopo principale è osservare - per la prima volta in modo diretto - il fenomeno dell'oscillazione di neutrini muonici del CNGS, in neutrini-tau. L'esperimento è attualmente in fase di analisi dati. Accanto al canale di oscillazione dominante nu_mu--> nu_tau OPERA può studiare anche il canale nu_mu--> nu_e grazie all'ottima capacità di identificazione degli elettroni. OPERA utilizza un bersaglio attivo, finemente segmentato in moduli ("brick") costituiti da pile di fogli di emulsioni nucleare e lastre di piombo. Ogni "brick", il cui spessore è equivalente a 10 lunghezze di radiazione, è un rivelatore "stand-alone" attraverso il quale è possibile identificare e ricostruire gli sciami elettromagnetici e quindi le interazioni a corrente carica di neutrini elettronici. Il progetto di tesi si inquadra in questo contesto. Gli obiettivi specifici sono: - implementazione di una nuova procedura di trigger applicata per l'identificazione degli sciami elettromagnetici; - validazione della suddetta procedura sui dati simulati.

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Uno dei cardini nel programma di ricerca attuale del Large Hadron Collider (LHC) al CERN è l’approfondimento della conoscenza relativa al bosone di Higgs e agli accoppiamenti di questa particella, di recente scoperta, con le altre del Modello Standard. Il prossimo Run di LHC sarà caratterizzato da collisioni di fasci di protoni con un'energia di 6.5 TeV ciascuno e renderà possibile l’acquisizione di grandi campioni di dati nei quali si prevede un aumento della statistica per tipologie di eventi che fino a questo momento è stato problematico studiare. Tra questi la produzione per Higgs-strahlung del bosone di Higgs associato al bosone vettore Z, che, essendo caratterizzata da una bassa sezione d’urto, è sempre stata considerata un processo molto difficile da investigare. Questa tesi fornisce uno studio preliminare della fattibilità di recuperare in modo efficiente questo canale, con l’obiettivo di individuare alcuni tagli che permettano di ripulire il grande fondo adronico prodotto nelle collisioni protone-protone a LHC. La presente analisi è stata effettuata su campioni di dati ottenuti tramite una generazione Monte Carlo e una simulazione parametrica del rivelatore ATLAS. Sebbene la statistica dei campioni MC sia ancora limitata e la simulazione della risposta del detector non sia dettagliata, le tecniche e i tagli utilizzati in questo lavoro di tesi potranno dare utili indicazioni per futuri studi più dettagliati e per l'investigazione di questo processo una volta che i dati del prossimo Run di LHC a √s=13 TeV saranno disponibili.

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In questo lavoro di tesi viene proposto un approccio semplice e innovativo allo sviluppo di un sistema catalitico modulabile in maniera reversibile, basato su catalizzatori tioureidici chirali. La modulazione dell’attività catalitica avviene attraverso interazioni tra un determinato anione e i due protoni tioureidici di questi catalizzatori. A seconda del carattere coordinante di un anione, l’interazione che si viene a creare con le tiouree può essere forte, nel caso di anioni coordinanti come gli alogenuri, o debole, nel caso di anioni debolmente coordinanti quali borati. Una forte interazione da parte dell’anione con il catalizzatore si traduce in una inibizione dell’attività catalitica, dal momento che il sito tioureidico non è più disponibile per promuovere eventuali reazioni. Al contrario, un anione debolmente coordinante lascia l’attività catalitica fondamentalmente inalterata, anche in termini di stereoselezione. La reversibilità di questa modulazione è ottenuta sfruttando reazioni di metatesi tra due sali che, risultando nella precipitazione di un sale insolubile, riescono a rimuovere un determinato anione dall’ambiente di reazione per sostituirlo con un altro.

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Smooth intercultural communication requires very complex tasks, especially when participants are very different in their cultural and linguistic backgrounds: this is the case of native Italian and Japanese speakers. A further difficulty in such a context can be found in the usage of a foreign language not mastered perfectly by speakers, which is the case for Italian intermediate learners of Japanese. The aim of this study is therefore to identify the linguistic difficulties common among Italian learners of Japanese as a foreign language and to further examine the consequences of incorrect pragma-linguistic deliveries in actual conversations. To this end, a series of linguistic aspects selected on the basis of the author's experience have been taken into consideration. Some aspects are expected to be difficult to master because of linguistic differences between Italian and Japanese, while some may be difficult due to their connection to the specific Japanese cultural context. The present study consists of six parts. The Introduction presents the state of the art on the research topic and defines the purpose of this research. Chapter 1 outlines the linguistic aspects of the Japanese language investigated in the study, specifically focusing on the following topics: writing system, phonology, loan words, numbers, ellipsis, levels of speech and honorifics. Chapter 2 presents an overview of the environment of teaching Japanese as a foreign language in the university setting in Italy. In Chapter 3 the first phase of the research is described, i.e. an online survey aimed at identifying the most problematic linguistic aspects. Chapter 4 presents the second phase of this study: a series of oral interactions between Japanese and Italian native speakers, conversing exclusively in Japanese, focusing on the management of misunderstandings with the use of actual linguistic data. The Conclusion outlines the results and possible future developments.

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La grande crescita e l'enorme distribuzione che hanno avuto negli ultimi tempi i moderni devices mobile (smartphones, tablet, dispositivi wearable, etc...) ha dato l'avvio ad un massiccio sviluppo di applicazioni mobile di qualunque genere, dall'health-care all'AR (Augmented Reality, realtà aumentata), dalle applicazioni social alle applicazioni che offrono servizi all'utente.