2 resultados para Maria Rosa Lojo

em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna


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L’incremento mondiale nel consumo di materie plastiche registrato negli ultimi ottant’anni, ha portato all’insorgere di diverse problematiche ambientali, legate allo smaltimento dei rifiuti e all’eccessivo sfruttamento dei giacimenti petroliferi. La situazione risulta particolarmente difficoltosa nel settore di massimo utilizzo delle plastiche: il food packaging. Una delle possibili soluzioni è l’utilizzo di bioplastiche, soprattutto quelle derivanti da biomassa. Fra queste, di particolare interesse sono i biopolimeri a base di acido 2,5-furandicarbossilico (FDCA), come il poli(butilene furanoato) (PBF) dotato di ottime proprietà meccaniche, termiche e barriera, ma caratterizzato al contempo da eccessiva rigidità. Il presente lavoro di Tesi Magistrale si propone di modulare le proprietà del PBF, mediante copolimerizzazione con acido isoftalico, monomero biobased e in grado di conferire buone proprietà barriera al materiale finale. I due monomeri aromatici, in diversa percentuale molare, sono stati polimerizzati con 1,4-butandiolo, ottenendo un sistema copolimerico poli(butilene furanoato-co-isoftalato) 100% biobased. I materiali sintetizzati sono stati sottoposti a caratterizzazione molecolare (1H-NMR, 13C-NMR e GPC), termica (TGA e DSC), diffrattometrica (WAXS), analisi meccanica e prove barriera. Essi hanno mostrato ottime proprietà meccaniche, con riduzione del modulo elastico e aumento dell’allungamento a rottura all’aumentare della percentuale di unità isoftalica impiegata, ottima stabilità termica (oltre 350°C) e proprietà barriera confrontabili con quelle dei polimeri di derivazione petrolchimica, attualmente utilizzati nel campo degli imballaggi. I risultati ottenuti mostrano come la copolimerizzazione abbia permesso di migliorare le proprietà non soddisfacenti del PBF, senza andare a detrimento di quelle già buone, nell’ottica dell’applicazione finale.

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Il lavoro di tesi si è posto l'obiettivo di studiare il comportamento fluidodinamico di un reattore agitato meccanicamente, scale-down di un digestore anaerobico per la produzione di biogas, attraverso tecniche di diagnostica ottica. Le tecniche utilizzate sono state la Particle Image Velocimetry, PIV, e la Planar Laser Induced Fluorescence, PLIF. Le prove sono iniziate utilizzando acqua all’interno del reattore e sono proseguite utilizzando una soluzione di acqua e Carbometilcellulosa (CMC) a concentrazione di CMC progressivamente crescente per aumentare la viscosità apparente della soluzione non newtoniana con lo scopo di simulare il più realisticamente possibile la viscosità del contenuto reale del digestore. Tutte le diverse soluzioni sono state indagate per diverse velocità e diversi sensi di rotazione. Le prove di diagnostica ottica sono state progressivamente affiancate da prove al reometro di campioni di soluzione per il calcolo della viscosità apparente. La PIV ha fornito la misura del campo di moto di un piano, è stato scelto di analizzare un piano verticale. Il metodo di diagnostica ottica ho previsto l’utilizzo di quattro componenti: una sezione per il test otticamente trasparente contenente la soluzione inseminata con piccole particelle di tracciante (particelle di argento e vetro cavo) che seguono il flusso, una sorgente di illuminazione pulsata (laser), un dispositivo di registrazione (una telecamera digitale ad alta definizione) ed un software per la cross-correlazione delle immagini acquisite (DynamicStudio). La PLIF è stata implementata per lo studio del tempo caratteristico di miscelazione nel reattore. La strumentazione utilizzata è stata la stessa della PIV con un tracciante diverso a base di Rodhamina-6G. Lo studio ha riguardato il tempo necessario all’omogeneizzazione del tracciante mediante un’analisi del coefficiente di variazione, CoV, delle immagini acquisite.